Non configura riciclaggio la condotta dell’agente che sostituisce somme nell’interesse di altro soggetto consentendogli di ridurre il reddito imponibile presentando dichiarazioni fiscali infedeli

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 30889.2020, depositata il 5 novembre 2020, resa dalla II Sezione penale della Corte di Cassazione, chiamata allo scrutinio di legittimità su una imputazione di riciclaggio contestata all’imputata  in riferimento al reato di  dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici commessa da un terzo.

In particolare, con la interessante sentenza in commento, la Suprema Corte ha enunciato il principio di diritto secondo il quale il delitto di riciclaggio non è configurabile nelle attività di sostituzione di somme sottratte al pagamento delle imposte mediante delitti in materia di dichiarazione se il termine di presentazione della dichiarazione non è ancora decorso e la stessa non è stata ancora presentata.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Nel caso di specie all’imputato era contestato il delitto di riciclaggio per aver ricevuto assegni bancari emessi da clienti di un avvocato al quale poi venivano restituite le somme, il quale non aveva emesso fatture per le prestazioni effettuate (con conseguente contestazione, a suo carico, del delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici ex art. 3 D.lgs. 74/2000).

La Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza resa dal GUP del Tribunale di Latina, riduceva la pena inflitta dal primo giudice limitatamente alla pena, confermando il capo di sentenza di condanna per il reato previsto e punito  dall’art. 648 bis c.p..

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando due motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste particolare interesse la deduzione del vizio di motivazione dell’erronea applicazione della legge in ordine alla ritenuta configurazione del delitto di riciclaggio, in assenza della necessaria realizzazione del reato presupposto.

La Suprema Corte, nell’accogliere il motivo di ricorso e nell’annullare senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste, dopo un excursus normativo e giurisprudenziale in merito alle fattispecie di riciclaggio e reati tributari dichiarativi – per il quale si rimanda alla lettura della decisione – ha statuito quanto segue:

<I principi affermati dalle Sezioni Unite e dalla Corte costituzionale risultano pacificamente recepiti dalla giurisprudenza delle sezioni semplici di questa corte di legittimità; al proposito, basta richiamare quella pronuncia (Sez. 3, n. 52752 del 20/05/2014, Rv. 262358) secondo cui in tema di reati tributari, i delitti di dichiarazione fraudolenta previsti dagli artt. 2 e 3, D.Lgs. n. 74 del 2000, si consumano nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, essendo penalmente irrilevanti tutti i comportamenti prodromici tenuti dall’agente, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi ovvero di false rappresentazioni con l’uso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento.

Tale ricostruzione dei fatti rende chiaro ed evidente che il reato di riciclaggio non è configurabile perché l’attività del [omissis]è avvenuta prima della consumazione del delitto di dichiarazione fraudolenta e, per definizione, il riciclaggio non può essere consumato prima del delitto presupposto poiché, a quel momento, il denaro ricevuto non ha ancora il carattere di illecito profitto di altro fatto rilevante penalmente. Difatti, come ripetutamente già affermato, il riciclaggio non può avere ad oggetto somme che al momento della movimentazione non avevano ancora carattere e natura illecita e tali sono le somme sottratte al pagamento dell’obbligo fiscale di versamento delle imposte che si consuma solo al termine di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Ne consegue affermare il seguente principio di diritto:” il delitto di riciclaggio non è configurabile nelle attività di sostituzione di somme sottratte al pagamento delle imposte mediante delitti in materia di dichiarazione se il termine di presentazione della dichiarazione non è ancora decorso e la stessa non è stata ancora presentata”>.

Le norme incriminatrici:

Art. 648 bis c.p. – Riciclaggio

Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 euro a 25.000 euro.

La pena è aumentata [64] quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

La pena è diminuita [65] se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.

 

Art. 3 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici

Fuori dai casi previsti dall’articolo 2, e’ punito con la reclusione da tre a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, compiendo operazioni simulate oggettivamente o soggettivamente ovvero avvalendosi di documenti falsi o di altri mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l’accertamento e ad indurre in errore l’amministrazione finanziaria, indica in una delle dichiarazioni relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi o crediti e ritenute fittizi, quando, congiuntamente:

  1. a) l’imposta evasa e’ superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro trentamila;
  2. b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi fittizi, e’ superiore al cinque per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione, o comunque, e’ superiore a euro un milione cinquecentomila, ovvero qualora l’ammontare complessivo dei crediti e delle ritenute fittizie in diminuzione dell’imposta, e’ superiore al cinque per cento dell’ammontare dell’imposta medesima o comunque a euro trentamila.

Il fatto si considera commesso avvalendosi di documenti falsi quando tali documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie o sono detenuti a fini di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria. 

Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. II, 28/05/2019, n.29689

Ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio, pur non essendo necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, tuttavia occorre che esso sia individuato nella sua tipologia. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo, in cui la Corte ha censurato l’ordinanza del tribunale che aveva ravvisato il “fumus” del delitto di cui all’art. 648-bis c.p. senza fornire elementi sufficienti per individuare la provenienza delittuosa del denaro trovato in possesso degli indagati, occultato sulla persona per sfuggire ai controlli valutari nell’aeroporto di arrivo in Italia).

 

Cassazione penale sez. III, 15/02/2019, n.15500

Il reato di cui all’art. 3 d.lg. n. 74 del 2000, caratterizzato da struttura bifasica, presuppone la compilazione e presentazione di una dichiarazione mendace nonché la realizzazione di una attività ingannatoria prodromica, purché di quest’ultima, ove posta in essere da altri, il soggetto agente abbia consapevolezza al momento della presentazione della dichiarazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto correttamente motivata la integrazione del reato in relazione alla dichiarazione presentata dall’imputato che era a conoscenza degli atti prodromici all’evasione, costituiti da un falso contratto preliminare di vendita, da una fraudolenta cessione di quote sociali e da operazioni di svalutazione del valore delle partecipazioni societarie).

 

Cassazione penale sez. III, 20/05/2014, n.52752

In tema di reati tributari, i delitti di dichiarazione fraudolenta previsti dagli art. 2 e 3, d.lg. n. 74 del 2000, si consumano nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, essendo penalmente irrilevanti tutti i comportamenti prodromici tenuti dall’agente, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi ovvero di false rappresentazioni con l’uso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l’accertamento. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza impugnata che aveva affermato la responsabilità dell’imputato in ordine al reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, per verificare se a seguito dell’annotazione contabile del fittizio acquisto di un immobile tali elementi fossero poi confluiti nella dichiarazione dei redditi).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA