Bancarotta fraudolenta impropria per l’amministratore di fatto che falsifica il bilancio della società per ottenere credito bancario e forniture, determinando così l’aggravamento del dissesto della società poi fallita.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 323.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi su un caso di bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta fraudolenta impropria per falsificazione delle annotazioni in bilancio e per il compimento di operazioni dolose atte a cagionare il fallimento.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui la condotta dell’amministratore che, mediante false indicazioni in bilancio, simuli uno stato di floridità dell’impresa, tale da favorire l’ottenimento di nuovi finanziamenti bancari, integra il delitto di bancarotta fraudolenta impropria, in quanto l’agevolazione dell’aumento dell’esposizione debitoria determina l’aggravamento del dissesto.

In tale ipotesi, al verificarsi del fallimento dell’impresa, l’amministratore sarà chiamato a rispondere di bancarotta fraudolenta impropria – e non di false comunicazioni sociali ex art. 2621 c.c., che è reato che rimane assorbito in quello fallimentare – nonché di bancarotta propria documentale, se integrata da condotte diverse dalla falsificazione delle scritture contabili.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo delle fattispecie incriminatrici;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 323/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta impropria, oltre agli approfondimenti sul reato fallimentare, che il lettore può nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie agli imputati, tratti a giudizio nella qualità di amministratori di fatto della società fallita, erano stati contestati i delitti di bancarotta fraudolenta per distrazione e documentale, nonché di bancarotta fraudolenta impropria per falsificazione delle annotazioni di bilancio e per il compimento di operazioni dolose atte a cagionare il fallimento dell’impresa.

La Corte di appello di Roma confermava la sentenza di primo grado di condanna dei prevenuti per i reati fallimentari loro ascritti.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa dei giudicabili proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alla durata delle pene accessorie, con rinvio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Ne viene che, desumendosi dalla motivazione rassegnata che il debito accumulato dalla società verso le banche, per Euro 875.749,00 – il quale costitutiva una porzione significativa del passivo fallimentare – fosse stato determinato proprio dalle predette condotte di falsificazione dei bilanci, che avevano creato: «una situazione di apparente floridità del patrimonio dell’impresa, tale da influire sulla determinazione a contrattare con essa di banche, clienti e fornitori», non può essere messo in dubbio che le condotte medesime abbiano contribuito a cagionare il dissesto della società, integrando, pertanto, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria da falso in bilancio.

La giurisprudenza di legittimità è, infatti, costante nell’affermare che commette il reato di bancarotta impropria da reato societario l’amministratore che, attraverso mendaci postazioni nei bilanci, simuli un inesistente stato di solidità della società, consentendo così alla stessa di ottenere nuovi finanziamenti bancari ed ulteriori forniture, giacché, agevolando in tal modo l’aumento dell’esposizione debitoria della fallita, determina l’aggravamento del suo dissesto (Sez. 5, n. 17021 del 11/01/2013, Rv. 255089) ovvero esponga nel bilancio dati non veri al fine di occultare l’esistenza di perdite e consentire, quindi, la prosecuzione dell’attività di impresa in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione, con conseguente accumulo di perdite ulteriori, poiché l’evento tipico di questa fattispecie delittuosa comprende non solo la produzione, ma anche il semplice aggravamento del dissesto (Sez. 5, n. 42811 del 18/06/2014, Rv. 261759).

Deve, quindi, ribadirsi che l’ipotesi di falso in bilancio seguito da fallimento della società di cui all’art. 223, comma 2, n. 1, L.F., costituisce un’ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria e si distingue sia dal falso in bilancio previsto dall’art. 2621 cod.civ., che è reato sussidiario punito a prescindere dall’evento fallimentare, sia dalla bancarotta documentale propria concernente ipotesi di falsificazione di libri o di altre scritture contabili.

Pertanto, verificatosi il fallimento, il fatto di cui all’art. 2621 cod.civ. è assorbito nel reato di bancarotta impropria, mentre concorre con i delitti di bancarotta propria documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2, L.F., ove integrate da condotte diverse dalla falsificazione (Sez. 5, n. 7293 del 28/05/1996 – dep. 19/07/1996, Rv. 205987)”.

 

Le fattispecie incriminatrici:

Art. 216 legge fallimentare – Bancarotta fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

 

Art. 223 legge fallimentare – Fatti di bancarotta fraudolenta

Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.

Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se:

1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;

2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.

Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. V, 18/06/2014, n.42811

Integra il reato di bancarotta impropria da reato societario la condotta dell’amministratore che espone nel bilancio dati non veri al fine di occultare la esistenza di perdite e consentire quindi la prosecuzione dell’attività di impresa in assenza di interventi di ricapitalizzazione o di liquidazione, con conseguente accumulo di perdite ulteriori, poiché l’evento tipico di questa fattispecie delittuosa comprende non solo la produzione, ma anche il semplice aggravamento del dissesto.

 

 Cassazione penale sez. V, 11/01/2013, n.17021

Integra il reato di bancarotta impropria da reato societario l’amministratore che, attraverso mendaci appostazioni nei bilanci, simuli un inesistente stato di solidità della società, consentendo così alla stessa di ottenere nuovi finanziamenti bancari ed ulteriori forniture, giacché, agevolando in tal modo l’aumento dell’esposizione debitoria della fallita, determina l’aggravamento del suo dissesto.

 

Cassazione penale sez. V, 28/05/1996, n.7293

L’ipotesi di falso in bilancio seguito da fallimento della società di cui all’art. 223 comma 2 n. 1 r.d. 16 marzo 1942 n. 267, costituisce un’ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria e si distingue sia dal falso in bilancio previsto dall’art. 2621 c.c., che è reato sussidiario punito a prescindere dall’evento fallimentare, sia dalla bancarotta documentale propria concernente ipotesi di falsificazione di libri o di altre scritture contabili. Pertanto, verificatosi il fallimento, il fatto di cui all’art. 2621 c.c. è assorbito nel reato di bancarotta impropria mentre concorre con i delitti di bancarotta propria documentale di cui all’art. 216 r.d. 1942 n. 267.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di bancarotta fraudolenta impropria:

Cassazione penale sez. V, 01/07/2020, n.27930

In caso di contestazione alternativa, la decisione che prescelga una delle qualificazioni giuridiche del medesimo fatto proposte, definisce un solo capo della sentenza e non dà luogo alla formazione del giudicato sull’ipotesi di reato esclusa, né ad alcuna preclusione, con la conseguenza che, in caso di impugnazione, la formulazione alternativa viene devoluta al giudice del gravame. (Fattispecie relativa alla contestazione in via alternativa del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta impropria da operazioni dolose causative del dissesto).

 

Cassazione penale sez. V, 12/12/2019, n.10995

Il fallimento per effetto di operazioni dolose implica la commissione di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero di atti intrinsecamente pericolosi per la salute economico-finanziaria della impresa e che postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo – distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione – bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato.

 

Cassazione penale sez. V, 27/02/2020, n.13284

I principi cristallizzati nell’art. 2634 c.c. debbono trovare applicazione non solo nell’ambito della bancarotta da reato societario, ma altresì con riguardo a quella impropria patrimoniale al fine di determinare il carattere distrattivo o dissipativo di un’operazione infragruppo. In tal senso, nel valutare come distrattiva un’operazione di diminuzione patrimoniale senza apparente corrispettivo per una delle società collegate, occorre tenere conto del rapporto di gruppo, perché il reato resta escluso se i benefici indiretti per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente sfavorevoli, sì da rendere l’operazione stessa incapace di incidere negativamente sulle ragioni dei creditori della società fallita. II vantaggio compensativo derivante alla società fallita dall’operazione infragruppo per la stessa sfavorevole nell’immediato non può peraltro coincidere con la mera partecipazione al gruppo, né può identificarsi con la generica utilità ritratta da quest’ultimo o con quello ricavato dalla società controllante. In altri termini, il difetto di tipicità della condotta non può in alcun modo derivare dal mero sacrificio imposto al patrimonio di una componente del gruppo al fine di assicurare la continuità di quest’ultimo o di altre sue componenti, a meno che non si dimostri – e il relativo onere grava per cui grava su chi invochi l’applicazione del! art. 2634 comma 3 c.c. – che tale risultato si sia tradotto o sia fondatamente destinato a tradursi concretamente (e non solo in termini astratti) in un vantaggio, ancorché indiretto, in  grado quantomeno di corrispondere il suddetto sacrificio. 

 

Cassazione penale sez. V, 05/04/2019, n.30735

Integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose previsto dall’art. 223, secondo comma, n. 2), legge fall., l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto e dei contributi previdenziali e assistenziali che abbia causato il dissesto della società, potendo il reato fallimentare concorrere con quello tributario e con quello previdenziale in ragione della diversità sia dei beni tutelati sia della struttura dei reati.

 

Cassazione penale sez. V, 15/02/2019, n.22488

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, l. fall., possono consistere anche nella compensazione dell’ingente esposizione debitoria della società nei confronti del fisco con crediti inesistenti, in quanto siffatta operazione, comportando l’azzeramento meramente formale dei debiti, consente alla società di operare e contribuisce, in modo prevedibile, ad aggravare il dissesto della stessa determinando il maturarsi di ulteriori debiti con il fisco.

 

Cassazione penale sez. V, 19/09/2018, n.49506

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2 l. fall., diverse da quelle integranti una condotta distrattiva, possono consistere anche nell’aver omesso, in presenza di una riduzione del capitale sociale al di sotto della soglia di minimo legale, di convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo, o la trasformazione della società secondo quanto imposto dall’art. 2447 c.c.

 

Cassazione penale sez. V, 19/02/2018, n.24752

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali.

 

Cassazione penale , sez. I , 09/03/2018 , n. 14783

Nel caso di fallimento di società di capitali derivato anche da operazioni dolose, protrattesi nel tempo, in danno di soggetto diverso da una pubblica amministrazione ovvero di un ente pubblico, determinanti nel breve periodo un arricchimento del patrimonio sociale, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria è configurabile, sotto il profilo soggettivo, quando il dissesto della società come effetto di tali condotte illecite divenga astrattamente prevedibile da parte degli amministratori per effetto della loro concreta previsione dell’accertamento delle pregresse attività illecite da parte del soggetto immediatamente danneggiato da tali attività.

 

Cassazione penale , sez. V , 29/01/2018 , n. 18089

In materia di reati fallimentari, non sussiste la possibilità di ritenere assorbito il reato di insolvenza fraudolenta e quello di bancarotta impropria se i fatti che sono alla base delle imputazioni sono diversi. Non può sostenersi, infatti, che vi sia identità delle condotte se manca la corrispondenza storico naturalistica. Ad affermarlo è la Cassazione che respinge il ricorso dell’imputato contro la sentenza della corte d’appello che aveva negato la possibilità di assorbire il reato di insolvenza fraudolenta in quello di bancarotta impropria. Per la Corte però nella fattispecie non c’è ne bis in idem, in quanto manca l’identità tra le due condotte che scatta quando c’è una “corrispondenza storico naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo di luogo e di persona”.

 

Cassazione penale , sez. V , 29/01/2018 , n. 18089

Il delitto di bancarotta impropria ex art. 223, comma 2, n. 2, l.fall . può concorrere con quello di insolvenza fraudolenta ex art. 641 c.p. qualora la condotta di acquisizione di obbligazioni con il proposito di non adempierle si collochi storicamente solo come antefatto di una serie di più complesse operazioni fraudolente finalizzate a causare (od aggravare) il dissesto della società fallita.

 

Cassazione penale sez. fer., 10/08/2017, n.52433       

L’art. 223, comma 2, n. 2, legge fallimentare comprende due ipotesi autonome che, dal punto di vista oggettivo, non presentano sostanziali differenze, mentre da quello soggettivo vanno tenute distinte perché, nella causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, mentre nel fallimento conseguente ad operazioni dolose, esso è solo l’effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell’operazione ha accettato il rischio dello stesso, pertanto la prima fattispecie è a dolo specifico mentre la seconda è a dolo generico.

 

Cassazione penale , sez. V , 07/12/2017 , n. 11956

In tema di bancarotta fraudolenta impropria, integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose, previsto dall’ art. 223, comma 2, n. 2, l. fall ., il meccanismo di frode fiscale realizzato attraverso la formazione e l’utilizzazione, mediante annotazione nella contabilità, di fatture per operazioni inesistenti, quando le sanzioni conseguenti all’accertamento ed alla contestazione dell’illecito fiscale abbiano determinato la situazione di dissesto della società.

 

Cassazione penale , sez. V , 14/09/2017 , n. 50081

La presentazione per lo sconto presso diversi istituti bancari delle medesime fatture concreta quelle operazioni dolose che inevitabilmente, aumentando il passivo (ottenendo più anticipazioni a fronte del medesimo ed unico credito), conducono all’aggravamento dello stato di dissesto e, quindi, al fallimento. Una simile condotta integra gli elementi costitutivi della bancarotta impropria e non configura la diversa ipotesi del ricorso abusivo al credito, posto che tale fattispecie si concreta nel caso in cui si ottengano finanziamenti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza, in assenza, quindi, degli ulteriori elementi che caratterizzano il delitto di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, seconda ipotesi, e cioè il cagionare il fallimento attraverso operazioni dolose.

 

Cassazione penale , sez. V , 24/03/2017 , n. 17819

La condotta consistente nella vendita sottocosto di un cespite conferito nel capitale sociale, con acquisizione di liquidità per la società e contestuale vantaggio (anche solo indiretto) dell’amministratore di questa, può integrare infedeltà patrimoniale, ex art. 2634 c.c., ma perché tale condotta venga qualificata come bancarotta fraudolenta impropria, ex art. 223, comma 2, n. 1) l. fall., deve aver cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società.

Cassazione penale , sez. V , 14/10/2016 , n. 533

Non è configurabile il concorso formale tra il reato di bancarotta fraudolenta e quello di bancarotta impropria di cui all’art. 223, comma 2, l. fall., che deve considerarsi assorbito nel primo quando l’azione diretta a causare il fallimento sia la stessa sussunta nel modello descrittivo della bancarotta fraudolenta.

 

Cassazione penale , sez. V , 04/10/2016 , n. 47683

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’art. 216, comma primo, n. 2, l. fall. (In motivazione, la Corte ha precisato che, invece, eventuali omissioni nei bilanci, sussistendone i presupposti, possono integrare solo la fattispecie di bancarotta impropria da reato societario).

By ClaudioRamelli© RIPRODUZIONE RISERVATA