L’interpretazione della Cassazione sull’art. 437 cod. pen. : per la configurazione del reato contro l’incolumità pubblica la condotta dell’imputato deve aver posto in pericolo l’integrità fisica di una collettività di lavoratori.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 7939.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di lesioni colpose commesse in violazione della normativa a tutela della sicurezza sul lavoro e di rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro, si sofferma sui rapporti tra il reato contro la persona e il delitto contro l’incolumità pubblica, nonché sugli elementi costitutivi di quest’ultima fattispecie, definendone il perimetro applicativo.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia due principi di diritto:

(i)  il delitto di lesioni colpose ex art. 590 c.p. e quello di rimozione o omissione dolosa di cautele di cui all’art. 437 c.p. possono concorrere, non sussistendo tra i medesimi un rapporto di specialità, in ragione della diversità degli elementi materiale e psicologico dei reati, sempre che di quest’ultimo ne ricorrano gli elementi costitutivi.

(ii) Quanto al delitto contro la pubblica incolumità – previsto e punito dall’art. 437 cod. pen. –  esso rappresenta un reato di comune pericolo, per la cui integrazione è necessario che la condotta di rimozione, omissione o danneggiamento doloso degli impianti o apparecchi destinati a prevenire gli infortuni sul lavoro, sia astrattamente idonea a pregiudicare l’incolumità fisica di una collettività di lavoratori, ovvero di un gruppo indeterminato di persone comunque gravitanti sul luogo di lavoro.

In caso diverso, come statuito dal Supremo Consesso facendo applicazione dell’orientamento dominante al caso di specie, ricorrono in astratto solo le condizioni per valutare la responsabilità penale per il delitto colposo di evento.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo delle fattispecie incriminatrici;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza numero 7939.2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, oltre agli approfondimenti sul diritto penale della sicurezza sul lavoro, che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

L’infortunio sul lavoro, i reati contestati e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie la persona offesa, impegnata nel posizionamento della cesoia rotativo del macchinario, saliva su una piattaforma priva delle protezioni periferiche antinfortunistiche e veniva attinto dalla spalla mobile del macchinario, riportando lesioni personali.

Agli imputati, nella rispettiva qualità di datore di lavoro e responsabile del servizio di prevenzione e protezione, erano stati contestati i delitti di lesioni personali colpose ex art. 590 c.p. e di rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro di cui all’art. 437 c.p., per aver omesso di collocare apparecchi e segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro sul macchinario e segnatamente le protezioni periferiche antinfortunistiche previste dalla ditta costruttrice, così cagionando al lavoratore lesioni personali.

La Corte di appello di Torino, in riforma parziale della sentenza di primo grado resa dal locale Tribunale, dichiarava estinto per prescrizione il delitto di lesioni colpose e confermava la dichiarazione di responsabilità dei prevenuti a titolo di rimozione e omissione di cautele antinfortunistiche, in quanto il secondo comma dell’art. 437 cod. pen. prevede una prescrizione ben più lunga delle lesioni colpose.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il comune difensore dei giudicabili proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando due motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

Va, innanzitutto, ricordato che “In materia di prevenzione di infortuni sul lavoro, in caso di lesioni personali colpose derivanti dall’omessa adozione delle cautele necessarie ad eliminare la pericolosità di un macchinario, deve escludersi il rapporto di specialità tra la disposizione di cui all’art. 437 cod. pen. – che prevede il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele – e quella di cui all’art. 590, secondo comma, cod. pen., mancando un rapporto di continenza tra tali norme, per la diversità, nei due reati, dell’elemento soggettivo (dolo nel primo caso e colpa nel secondo), della condotta (non essendo inclusa nello schema legale del primo la condotta costitutiva del secondo) e dell’evento (costituito, nel primo caso, dal comune pericolo di disastro o di un infortunio – il cui effettivo verificarsi non è elemento costitutivo del reato medesimo perché costituisce ove si realizzi, circostanza aggravante – e dalle lesioni nel secondo caso). (Sez. 4, n. 6156 del 19/12/2017 – dep. 08/02/2018, Rv. 271970).

Ciò premesso, ritiene questo Collegio che debba darsi continuità all’orientamento secondo cui “Ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa descritta dall’art. 437 cod. pen., è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l’integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo. (Sez. 1, n. 4890 del 23/01/2018 – dep. 31/01/2019, Rv. 276164; Sez. 1, n. 18168 del 20/01/2016, Rv. 266881; Sez.1, n. 6393 del 02/12/2005, dep. 2006, Rv. 233826).

La norma incriminatrice, infatti, è collocata fra i delitti contro la pubblica incolumità o di comune pericolo (Titolo II, capo VI del codice penale), accomunati dalla caratteristica potenza espansiva del danno che la condotta dolosa sanzionata può arrecare all’integrità personale di una pluralità di persone. La diffusività del pericolo giustifica l’anticipazione della soglia di punibilità ad un momento che precede l’eventuale evento dannoso, che si pone, laddove si realizzi, come una circostanza aggravante del reato. Si tratta di ipotesi caratterizzate -nella comune esperienza- per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita o all’incolumità personale, che esprimono cioè una capacità lesiva in grado di coinvolgere una pluralità di persone, in un modo che non è precisamente definibile. Di qui l’idea di indeterminatezza del danno che caratterizza i reati di comune pericolo. […]

La necessaria diffusività del pericolo si riflette anche sulla dimensione spazio-temporale della minaccia, che deve sempre comprendere una pluralità di soggetti, ancorché individuabili in una comunità, com’è quella dei lavoratori di uno stabilimento produttivo. Ne discende, nondimeno, che laddove l’impianto o l’apparecchiatura difettante delle cautele destinate a prevenire infortuni, per la volontaria omissione o rimozione delle medesime, non preveda l’utilizzazione contemporanea da parte di una pluralità di lavoratori o non sia idonea a sprigionare una forza dirompente, in grado di coinvolgere numerose persone, in un modo che non è precisamente definibile o calcolabile, il reato di cui all’art. 437 cod. pen. non può ritenersi integrato perché non è configurabile il pericolo comune, non avendo l’azione criminosa l’attitudine a coinvolgere una molteplicità di individui”.

 

Le fattispecie incriminatrici:

Art. 437 c.p. – Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro

Chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro, ovvero li rimuove o li danneggia, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

Se dal fatto deriva un disastro o un infortunio, la pena è della reclusione da tre a dieci anni [449, 451].

 

Art. 590 c.p. – Lesioni personali colpose

Chiunque cagiona ad altri per colpa [43] una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.

Se la lesione è grave [5831] la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima [5832], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi e’ della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime e’ della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

 

Le sentenze citate nella pronuncia in commento:

Cassazione penale sez. I, 23/01/2018, n.4890

Ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa descritta dall’art. 437 c.p., è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l’integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo.

 

Cassazione penale sez. IV, 19/12/2017, n.6156

In materia di prevenzione di infortuni sul lavoro, in caso di lesioni personali colpose derivanti dall’omessa adozione delle cautele necessarie ad eliminare la pericolosità di un macchinario, deve escludersi il rapporto di specialità tra la disposizione di cui all’art. 437 cod. pen. – che prevede il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele – e quella di cui all’art. 590, secondo comma, cod. pen., mancando un rapporto di continenza tra tali norme, per la diversità, nei due reati, dell’elemento soggettivo (dolo nel primo caso e colpa nel secondo), della condotta (non essendo inclusa nello schema legale del primo la condotta costitutiva del secondo) e dell’evento (costituito, nel primo caso, dal comune pericolo di disastro o di un infortunio – il cui effettivo verificarsi non è elemento costitutivo del reato medesimo perché costituisce ove si realizzi, circostanza aggravante – e dalle lesioni nel secondo caso).

 

Cassazione penale sez. I, 20/01/2016, n.18168

Ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa descritta dall’art. 437 cod. pen., è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno astratta, anche se non abbisognevole di concreta verifica, a pregiudicare l’integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro.

 

Cassazione penale sez. I, 02/12/2005, n.6393

Nel reato di cui all’art. 437 c.p. il pericolo derivante dalla rimozione od omissione di apparecchi destinati a prevenire infortuni sul lavoro deve avere il carattere della diffusività, nel senso che l’insufficienza deve avere l’attitudine di pregiudicare, anche solo astrattamente, l’integrità fisica delle persone gravitanti attorno l’ambiente di lavoro. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto corretta la sentenza del giudice di merito che aveva ravvisato il suddetto reato nella mancata collocazione di presidi antinfortunistici in una cartiera di modeste dimensioni, in considerazione del numero dei macchinari interessati, della plurima necessità di intervento di diversi operatori, nonché della contemporanea attivazione di più linee di produzione).

 

La rassegna delle più significative massime in tema di rimozione o omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro:

Cassazione penale sez. IV, 04/02/2020, n.7564

Il reato di cui all’articolo 437, comma 1, del Cp, ove la condotta consista nell’omissione (e non nella rimozione) di cautele contro infortuni sul lavoro, ha natura permanente, e la permanenza cessa quando il dispositivo omesso sia collocato o non sia più utilmente collocabile ovvero, trattandosi di reato proprio, quando la posizione di garanzia venga dismessa.

 

Cassazione penale sez. IV, 13/06/2019, n.45935

La natura dolosa del reato di cui all’articolo 437 c.p. richiede che l’agente, cui sia addebitabile la condotta omissiva o commissiva, sia consapevole che la cautela che non adotta o quella che rimuove servano (oltre che per eventuali altri usi) per evitare il verificarsi di eventi dannosi (infortuni o disastri): quel che rileva è cioè la consapevolezza dell’idoneità dell’oggetto a creare la situazione di pericolo.

 

Cassazione penale sez. I, 23/01/2018, n.4890

Ai fini della configurabilità dell’ipotesi delittuosa descritta dall’art. 437 c.p., è necessario che l’omissione, la rimozione o il danneggiamento dolosi degli impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire infortuni sul lavoro si inserisca in un contesto imprenditoriale nel quale la mancanza o l’inefficienza di quei presidi antinfortunistici abbia l’attitudine, almeno in via astratta, a pregiudicare l’integrità fisica di una collettività di lavoratori, o, comunque, di un numero di persone gravitanti attorno all’ambiente di lavoro sufficiente a realizzare la condizione di una indeterminata estensione del pericolo.

 

Cassazione penale sez. IV, 19/12/2017, n.6156

In materia di prevenzione di infortuni sul lavoro, in caso di lesioni personali colpose derivanti dall’omessa adozione delle cautele necessarie ad eliminare la pericolosità di un macchinario, deve escludersi il rapporto di specialità tra la disposizione di cui all’art. 437 cod. pen. – che prevede il delitto di rimozione od omissione dolosa di cautele – e quella di cui all’art. 590, secondo comma, cod. pen., mancando un rapporto di continenza tra tali norme, per la diversità, nei due reati, dell’elemento soggettivo (dolo nel primo caso e colpa nel secondo), della condotta (non essendo inclusa nello schema legale del primo la condotta costitutiva del secondo) e dell’evento (costituito, nel primo caso, dal comune pericolo di disastro o di un infortunio – il cui effettivo verificarsi non è elemento costitutivo del reato medesimo perché costituisce ove si realizzi, circostanza aggravante – e dalle lesioni nel secondo caso).

 

Cassazione penale sez. IV, 24/11/2017, n.57673

Il reato di cui all’art. 437 cod. pen. è integrato anche nel caso in cui il pericolo interessi soltanto il singolo lavoratore addetto alla macchina priva del dispositivo atto a prevenire gli infortuni.

 

Cassazione penale sez. IV, 14/11/2017, n.16715

Il reato di cui all’art. 437, primo comma, cod. pen., ove la condotta consista nell’omissione (e non nella rimozione) di cautele contro infortuni sul lavoro, ha natura permanente, e la permanenza cessa quando il dispositivo omesso sia collocato o non sia più utilmente collocabile ovvero, trattandosi di reato proprio, quando la posizione di garanzia venga dismessa. (Nella fattispecie, relativa all’omessa adozione di cautele contro l’esposizione dei lavoratori ad amianto, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva dichiarato estinto il reato per prescrizione, ritenendo che il relativo termine decorresse, per ciascun imputato, dalla data di cessazione della carica).

 

Cassazione penale sez. I, 12/09/2017, n.2200

Il conducente del mezzo che circola con il cronotachigrafo manomesso o alterato è soggetto alla sola sanzione amministrativa prevista dall’art. 179 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, sussistendo rapporto di specialità tra detto illecito e il reato di cui all’art. 437 cod. pen., che punisce l’omessa collocazione, la rimozione o il danneggiamento di apparecchiature destinate a prevenire infortuni sul lavoro. (In motivazione la Corte ha precisato che integra invece l’illecito penale la condotta del datore di lavoro dell’autista del mezzo che realizza o impone la manomissione degli strumenti di controllo).

 

Cassazione penale sez. I, 09/03/2017, n.13937

Non ricorrono i presupposti del principio di specialità di cui all’articolo 9 della legge 689 del 1981, in forza del quale dovrebbe applicarsi la sola disposizione di cui all’articolo 179 del codice della strada, sul presupposto del suo carattere di norma speciale, ma è al contrario ravvisabile il concorso tra tale violazione e il reato di cui all’articolo 437 del Cp, nell’ipotesi del titolare dell’impresa proprietaria di un veicolo che abbia installato su un mezzo aziendale un dispositivo atto ad alterare il cronotachigrafo e il limitatore della velocità. Infatti, a tacere della diversità strutturale delle due fattispecie, le finalità di tutela proprie dell’articolo 437 del Cp esprimono una specificità propria, non sovrapponibile a quelle del codice della strada, così da non potersi ritenere la norma codicistica generale rispetto a quella di cui all’articolo 179 del codice della strada. E ciò dovendosi anche considerare che l’articolo 437 del Cp ha un ambito di applicazione che coinvolge non solo i lavoratori esposti allo specifico rischio lavorativo, ma anche i terzi, così dovendosi ricomprendere, nella condotta di che trattasi, attinente la circolazione stradale, i terzi (cioè, gli utenti della strada) che possono venire in contatto con la fonte di pericolo.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA