Il componente del CDA risponde penalmente per i reati sul lavoro quando risulta a lui conferito il potere decisionale e di spesa sulla sicurezza.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 21522.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di lesioni colpose in violazione della normativa a tutela della sicurezza sul lavoro, si sofferma sui profili di responsabilità attribuibili ai componenti del consiglio di amministrazione nelle società di capitali.

In particolare, la Suprema Corte, con ala sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui, nell’ambito delle organizzazioni aziendali complesse, la posizione di garanzia del datore di lavoro non sempre coincide con la qualifica formale di componente del consiglio di amministrazione, ma va ravvisata in capo al soggetto che eserciti concretamente i poteri decisionali e di spesa ad essi attribuiti.

La ripartizione delle attribuzioni dell’ambito delle organizzazioni di grandi dimensioni può assumere la forma della delega di funzioni come disciplinata dal D.lgs. 81/08, ma anche essere implicita perché ricavabile dal perimetro dell’incarico conferito al singolo amministratore.

Tuttavia, l’esonero da responsabilità dei componenti del CDA che non esercitano in maniera effettiva i poteri decisionali e di spesa propri della figura datoriale, incontra un limite nell’obbligo di vigilanza sull’operato dei soggetti ai quali tali poteri sono conferiti.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo delle fattispecie incriminatrici;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 21522/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di delega di funzioni, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

L’infortunio sul lavoro, il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie, il lavoratore che operava sulla postazione dell’isola di fusione, veniva colpito alle spalle dalla tazza di caricamento che trasferiva il metallo fuso dal forno alla conchigliatrice, rimanendo così incastrato tra questa e il forno, riportando lesioni personali.

Agli imputati, tratti  a giudizio  nella qualità di componenti del CDA della società, venivano contestati i delitti di lesioni personali gravissime e di omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro, reati rispettivamente previsti e puniti dagli artt. 590, 451 c.p., nonché reati contravvenzionali di cui al D.lgs. 81/08.

Alla società veniva addebitato l’illecito amministrativo dipendente dal reato di lesioni colpose ex art. 25 septies D.lgs. 231/01.

La Corte di appello di Milano, riformando parzialmente, in punto di trattamento sanzionatorio, la sentenza resa dal Tribunale di Busto Arsizio, confermava la declaratoria della responsabilità penale dei prevenuti per i reati loro ascritti, nonché della responsabilità amministrativa dipendente da reato dell’ente.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

I giudicabili e la persona giuridica, a mezzo dei rispettivi difensori, proponevano ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado.

La Suprema Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di uno degli imputati per estinzione di alcuni reati per intervenuta prescrizione, rigettando nel resto i ricorsi.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

La questione posta, che inerisce all’individuazione della figura su cui gravano gli obblighi del datore di lavoro nelle società di capitali, deve essere risolta, secondo gli insegnamenti di questa Corte di legittimità, tenendo in considerazione la complessità dell’organizzazione.

Perché se, in linea teorica, rivestono la qualifica di datore di lavoro tutti i componenti del consiglio amministratore, che gestisce ed organizza l’attività di impresa (cfr. Sez. 4, Sentenza n. 6280 del 11/12/2007, dep. 08/02/2008, Rv. 238958), nondimeno, in concreto, nelle realtà più articolate ed in aziende di rilevanti dimensioni, l’individuazione della figura del datore di lavoro può non coincidere con la mera assunzione formale della carica di consigliere, laddove all’interno dell’organo deliberativo siano individuati soggetti cui vengono specificamente assegnati gli obblighi prevenzionistici […] (Sez. 4, Sentenza n. 8118 del 01/02/2017, Rv. 269133; Sez. 3, Sentenza n. 12370 del 09/03/2005, Rv. 231076).

[…] l’assunzione della veste di garante può derivare dalla formale investitura, dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche della figura o dal trasferimento di poteri e funzioni da parte del soggetto che ne è titolare. Se, infatti “le figure dei garanti hanno una originaria sfera di responsabilità che non ha bisogno di deleghe per essere operante, ma deriva direttamente dall’investitura o dal fatto, la delega, è invece qualcosa di diverso: essa, nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera la traslazione dal delegante al delegato di poteri e responsabilità che sono proprie del delegante medesimo” (Sez. 4, n. 37738 del 28/05/2013, in motivazione).

Ciò che identifica il datore di lavoro è, dunque, la titolarità del potere decisionale sull’impresa e del potere di spesa, cui corrisponde l’obbligo prevenzionistico derivante dallo stesso esercizio dell’impresa. E’ proprio l’art. 2, comma 1, lett. b) del d.lgs. 81/2008 a stabilire il legame fra l’obbligo prevenzionistico ed il soggetto titolare della responsabilità decisionale, organizzativa e di spesa dell’impresa.

Ed è la stessa disposizione che chiarisce come un simile rapporto derivi dal tipo di assetto organizzativo in cui il lavoratore presta la propria attività, modulando la figura di datore di lavoro non solo sulla titolarità dell’impresa e del rapporto di lavoro, ma sulla sua gestione attraverso l’esercizio dei poteri decisionali e di spesa.

Nell’ambito di complesse organizzazioni imprenditoriali, in forma societaria, ciò legittima la distinzione fra ambiti gestori diversi derivanti dalla modulazione delle attribuzioni fra componenti del consiglio di amministrazione.

L’estesa articolazione dell’organizzazione giustifica la ripartizione delle attribuzioni, in quanto funzionale al raggiungimento degli scopi dell’impresa. La forma può essere analoga a quella della delega di funzioni, ma anche implicita nell’incarico attribuito, consistente nel conferimento ad uno o più membri dell’organo deliberante di poteri esclusivi propri di quest’ultimo, senza che a ciò corrisponda ad una separazione tra il potere decisionale dell’imprenditore, nella sua forma societaria, e la sua gestione parcellizzata, convalidata dall’effettività del potere decisionale e di spesa conferito. Il limite dell’esonero degli altri componenti del consiglio di amministrazione è delineato dall’obbligo della vigilanza, cui l’organo deliberativo non può in alcun caso sottrarsi, in quanto organo che conferisce un potere proprio. […]

E’ muovendo da queste premesse che il giudice di primo grado -e più sinteticamente quello d’appello- affermano la responsabilità dell’imputata. Non, dunque, come ritenuto dalla ricorrente sulla base di una responsabilità oggettiva, inerente alla ‘posizione’ ricoperta, ma in forza della sua partecipazione all’organo deliberativo, titolare del potere decisionale ed organizzativo dell’impresa e del potere di spesa, che identificano, nel loro riflesso sul rapporto di lavoro, la figura del datore di lavoro, come delineata dal d.lgs. 81/2008”.

 

Le fattispecie incriminatrici:

Art. 590 c.p. – Lesioni personali colpose

Chiunque cagiona ad altri per colpa [43] una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.

Se la lesione è grave [5831] la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima [5832], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi e’ della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime e’ della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

 

Art. 451 c.p. – Omissione colposa di cautele o difese contro disastri o infortuni sul lavoro

 Chiunque, per colpa [43, 437], omette di collocare, ovvero rimuove o rende inservibili apparecchi o altri mezzi destinati alla estinzione di un incendio, o al salvataggio o al soccorso contro disastri o infortuni sul lavoro, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 103 euro a 516 euro.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. IV, 28/05/2013, n.37738

La normativa antinfortunistica delinea diverse figure di garanti che incarnano distinte funzioni e diversi livelli di responsabilità organizzativa e gestionale. La prima figura è quella del datore di lavoro, che è il soggetto che ha la responsabilità dell’organizzazione dell’azienda o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa: i suoi poteri sono indirettamente definiti dall’art. 16 d.lg. n. 81 del 2008, che, con riferimento alla delega di funzioni, si occupa del potere di organizzazione, gestione, controllo e spesa. Il dirigente costituisce il livello di responsabilità intermedio: è colui che attua le direttive del datore di lavoro, organizzando l’attività lavorativa e vigilando su di essa, in virtù di competenze professionali e di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli. Infine, il preposto è colui che sovrintende alle attività, attua le direttive ricevute controllandone l’esecuzione, sulla base e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati all’incarico. I poteri e le responsabilità del dirigente e del preposto non nascono necessariamente da una delega, giacché trattasi di figure che hanno una originaria sfera di responsabilità che non ha bisogno di deleghe per essere operante, ma deriva direttamente dall’investitura o dal fatto (art. 299 d.lg. n. 81 del 2008). La delega è, infatti, qualcosa di diverso, giacché, nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera la traslazione dal delegante al delegato di poteri e responsabilità che sono propri del delegante. In questa prospettiva, onde apprezzare, in concreto, il titolare della posizione di garanzia occorre partire dalla identificazione del rischio che si è concretizzato, del settore, in orizzontale, e del livello, in verticale, in cui si colloca il soggetto che era deputato al governo del rischio stesso, in relazione al ruolo che questi rivestiva; non potendosi peraltro escludere che, sempre nel concreto, si apprezzi la sussistenza di una pluralità di soggetti chiamati concorrentemente a governare il rischio: ciò che è ben possibile, specie in organizzazioni di una qualche complessità, laddove vi siano persone, con diversi ruoli e competenze, chiamati a ricoprire il ruolo di garanzia.

 

Cassazione penale sez. IV, 11/12/2007, n.6280

Nelle imprese gestite da società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro, gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione.

 

Cassazione penale sez. III, 09/03/2005, n.12370

In tema di sicurezza e di igiene del lavoro, nelle società di capitali il datore di lavoro si identifica con i soggetti effettivamente titolari dei poteri decisionali e di spesa all’interno dell’azienda, e quindi con i vertici dell’azienda stessa, ovvero nel presidente del consiglio di amministrazione, o amministratore delegato o componente del consiglio di ammnistrazione cui siano state attribuite le relative funzioni. (Nell’occasione la Corte ha ulteriormente precisato che nell’eventualità di una ripartizione di funzioni nell’ambito del consiglio di amministrazione ex art. 2381 c.c. gli altri componenti rispondono anch’essi del fatto illecito allorché abbiano dolosamente omesso di vigilare o, una volta venuti a conoscenza di atti illeciti o dell’inidoneità del delegato, non siano intervenuti).

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di delega di funzioni:

Cassazione penale sez. III, 16/06/2020, n.27587

In tema di individuazione delle responsabilità penali all’interno di una struttura aziendale complessa operante nel settore alimentare, il mero rilascio di una delega di funzioni non è sufficiente per escludere la responsabilità del delegante in mancanza di elementi che depongano per l’effettiva competenza tecnica del delegato, per il positivo esercizio dei poteri conferiti, per l’autonomia di intervento e per l’adozione di modelli organizzativi e gestionali idonei a prevenire pericoli di contaminazione degli alimenti. (In applicazione del principio, la Corte ha riconosciuto la responsabilità del legale rappresentante di una società operante nella ristorazione, avente 18 centri di cottura e 390 impianti, pur in presenza di una delega, trattandosi di deficit strutturali e non occasionali del processo produttivo in materia di sicurezza alimentare).

 

Cassazione penale sez. IV, 25/02/2020, n.10161

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, nel caso di delega di funzioni spettanti al datore di lavoro, è necessario effettuare una verifica in merito agli effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell’ambiente di lavoro conferiti al delegato, indipendentemente dal contenuto formale dell’atto di nomina, fermo restando che i compiti di formazione ed informazione del lavoratore in ordine ai rischi connessi alle mansioni svolte fanno capo al datore di lavoro e non sono da quest’ultimo delegabili. (Nel caso di specie, la S.C. ha rigettato il ricorso dell’imputato condannato per avere, in qualità di datore di lavoro, cagionato lesioni personali gravi ad un lavoratore addetto al reparto cucina di un presidio ospedaliero, dal momento che il giudice di merito aveva correttamente rilevato la violazione da parte dell’imputato di norme di prevenzione, per aver consentito l’utilizzo di una macchina affettatrice per la carne prima di adeguati dispositivi di protezione e senza aver fornito al lavoratore un’adeguata formazione in relazione all’utilizzo di tale macchina, a nulla rilevando la nomina di un direttore di mensa ed un responsabile di cucina con il ruolo di preposti, in mancanza tra l’altro di una concreta prova circa l’affidamento a tali soggetti di ruoli specifici e dei relativi poteri).

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2019, n.44141

In tema di infortuni sul lavoro, la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite, pur non potendo avere detta vigilanza per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni – che la legge affida al garante – concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato. In ogni caso, peraltro, l’articolo 16 del decreto legislativo n. 81 del 2008 subordina l’ammissibilità della delega di funzioni alla condizione che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate.

 

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2019, n.44141

In materia di infortuni sul lavoro, l’onere della prova circa l’avvenuto conferimento della delega di funzioni – e del conseguente trasferimento ad altri soggetti degli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro – grava su chi l’allega, trattandosi di una causa di esclusione di responsabilità.

 

Cassazione penale sez. IV, 18/01/2019, n.18334

Il medico in posizione apicale che abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo, non risponde dell’evento lesivo conseguente alla condotta colposa del medico di livello funzionale inferiore a cui abbia trasferito la cura del singolo paziente, altrimenti configurandosi una responsabilità di posizione, in contrasto con il principio costituzionale di personalità della responsabilità penale (La S.C. in applicazione di tale principio, ha escluso la responsabilità penale di un primario di reparto per l’omicidio colposo di un paziente che non aveva visitato personalmente, verificatosi nell’arco di dieci giorni, senza che in tale ambito temporale gli fosse segnalato nulla dai medici della struttura).

 

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.8094

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il direttore generale di una struttura aziendale è destinatario “iure proprio”, al pari del datore di lavoro, dei precetti antinfortunistici, indipendentemente dal conferimento di una delega di funzioni, in quanto, in virtù del ruolo apicale ricoperto, assume una posizione di garanzia a tutela della incolumità e della salute dei lavoratori.

 

Cassazione penale sez. III, 27/03/2018, n.31421

La disciplina della delega di funzioni prevista dall’art. 16 del d.lg. 9 aprile 2008, n. 81, sebbene espressamente dettata per la materia della sicurezza del lavoro, si estende anche alla delega conferita in altri settori tra i quali quello relativo agli obblighi previdenziali e assistenziali.

 

Cassazione penale sez. III, 01/06/2017, n.31364

In materia ambientale, come peraltro in materia di sicurezza sul lavoro, allorquando si tratti di aziende di non modeste dimensioni, il legale rappresentante può, a fronte della molteplicità dei compiti istituzionali o della complessità dell’organizzazione aziendale, affidare in base a precise disposizioni preventivamente adottate secondo le disposizioni statutarie, la direzione di singoli rami o impianti a persone, dotate di capacità tecnica e autonomia decisionale: in tal caso, la responsabilità penale ricade su questi ultimi soggetti, quando si accerti che il titolare stesso non abbia interferito nella loro attività. Peraltro, per attribuirsi rilevanza penale all’istituto della delega di funzioni, è necessaria la compresenza di precisi requisiti: a) la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discrezionale; b) il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; c) il trasferimento delle funzioni delegate deve essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa; d) la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; e) l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo.

 

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2017, n.24958 

La mera designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione non costituisce una delega di funzioni e non è dunque sufficiente a sollevare il datore di lavoro ed i dirigenti dalle rispettive responsabilità in tema di violazione degli obblighi dettati per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. (In motivazione, la Corte ha precisato che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione svolge un ruolo di consulente in materia antinfortunistica del datore di lavoro ed è privo di effettivo potere decisionale).

 

Cassazione penale sez. IV, 21/04/2016, n.22837

In tema di infortuni sul lavoro, la delega di funzioni – ora disciplinata precipuamente dall’art. 16 T.U. sulla sicurezza – non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e, tuttavia, detta vigilanza non può avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni – che la legge affida al garante – concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato; ne consegue che l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato – al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo – e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni.

 

Cassazione penale sez. IV, 16/12/2015, n.4350

In materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti ad altri soggetti a condizione che il relativo atto di delega, ex art. 16 d.lg. 9 aprile 2008, n. 81, riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA