Colpa medica e posizione di garanzia: è responsabile di lesioni colpose il chirurgo che ometta di seguire il decorso post-operatorio del paziente.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 31420.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di lesioni personali colpose in campo medico, si sofferma sui profili della posizione di garanzia del professionista sanitario.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha  enunciato il principio di diritto secondo cui il medico chirurgo è titolare di una posizione di garanzia che estende la sua portata anche alla fase post-operatoria, con la conseguenza che sarà possibile muovere un rimprovero penale laddove il sanitario, avendo omesso di seguire la degenza del paziente, abbia mancato di riconoscere e valutare adeguatamente i segni premonitori della patologia contratta dal paziente successivamente all’intervento praticato. 

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di posizione di garanzia dei professionisti sanitari, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il caso clinico, il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato, tratto a giudizio nella sua qualità di medico chirurgo, era stato contestato –  in concorso con altro professionista sanitario – il delitto di lesioni personali colpose in danno del paziente.

In particolare, l’operato del sanitario era stato censurato per aver errato, in sede di trapianto di rene, nel procedere all’accesso trans-femorale di destra, nonché nel non riconoscere i segnali della dissecazione iliaca, trascurando di procedere a tentativi di riparazione in emergenza idonei ad evitare l’ischemia acuta del rene trapiantato, con ciò determinando la lacerazione dell’intima dell’arteria iliaca e la dissecazione della parete vasale da cui derivava la necrosi del rene impiantato e il conseguente espianto dell’organo con conseguente restaurazione della condizione di insufficienza renale cronica acuta.

La Corte distrettuale investita di rituale impugnazione dichiarava l’intervenuta estinzione del reato confermava, tuttavia, la sentenza di condanna agli effetti civili.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il giudicabile e l’azienda ospedaliera responsabile civile proponevano, per il tramite dei rispettivi difensori, ricorso per cassazione avverso la decisione di appello.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’imputato e dichiara inammissibile il ricorso del responsabile civile per rinuncia allo stesso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“Il secondo motivo di ricorso, che attinge il riconoscimento del rapporto di causalità tra la condotta del sanitario e l’evento risulta infondato.

Riconosciuta invero la portata salvifica sul rene trapiantato di un tempestivo intervento sulla dissecazione dell’arteria iliaca, le sentenze di merito hanno adeguatamente posto in collegamento i plurimi profili di colpa contestati al sanitario con la dissezione iliaca di destra e con la conseguente ischemia acuta del rene trapianto che, in considerazione degli esiti degli accertamenti tecnici e sulla base delle regole di giudizio dell’alta probabilità logica e della certezza processuale avrebbe potuto essere prevenuta da un precoce riconoscimento dei segni premonitori anche a mezzo di accertamenti diagnostici successivi al trattamento e al tentativo di riparazione in emergenza (sez.4, n.3380 del 15.11.2005, Rv.233237; sez.4, n.24691 del 11.5.2016, Rv.267734; n.16843 del 24.2.2021, Rv.281074).

Quanto ai profili di colpa, alla riconducibilità dei rimproveri mossi nei confronti del sanitario alla disciplina della colpa lieve e al rilievo della concorrente responsabilità dei sanitari che avevano seguito il turno del [omissis] la Corte di Appello ha fornito adeguata e non contraddittoria motivazione. Ha in primo luogo evidenziato il giudice del merito che il [omissis] era investito dell’obbligo di procedere ad una ricognizione globale dei dati del paziente nel corso della degenza del paziente anche a seguito del trattamento praticato laddove, pure nel caso di colpa medica in trattamento somministrato in equipe, il chirurgo è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del paziente che non è limitata all’ambito strettamente chirurgico, ma si estende al successivo decorso post operatorio, con la conseguenza che è ravvisabile la sua responsabilità ove, terminato l’intervento, si allontani senza avere affidato il paziente ad altri sanitari, debitamente edotti, in grado di seguire il decorso post operatorio (sez.4, n.22007 del 23.1.2018, Rv.272744; n.32871 del 22.10.2020, n.m.)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 590 c.p. – Lesioni personali colpose

Chiunque cagiona ad altri per colpa [43] una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.

Se la lesione è grave [5831] la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima [5832], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

 

Le più recenti massime in tema di posizione di garanzia del sanitario:

Cassazione penale sez. IV, 29/01/2021, n.16132

L’infermiere è ex lege portatore di una posizione di garanzia, espressione dell’obbligo di solidarietà, costituzionalmente imposto dagli articoli 2 e 32 della Costituzione, nei confronti dei pazienti/degenti, la cui salute egli deve tutelare contro qualsivoglia pericolo che ne minacci l’integrità; l’obbligo di protezione perdura per l’intero tempo del turno di lavoro (fattispecie in cui il reato di lesioni colpose è stato ravvisato, tra gli altri, a carico di una infermiera professionale, in servizio presso una Rsa, cui era stato contestato di avere, per colpa, consistita in negligenza, imprudenza e imperizia, provocato lesioni personali gravi a una paziente, non accudita con attenzione e cura, comunque non avvedendosi delle ingravescenti condizioni generali di salute della medesima e omettendo le dovute informazioni al medico o ai responsabili della struttura residenziale ovvero al medico di fiducia).

Cassazione penale sez. IV, 13/01/2021, n.12144

In tema di responsabilità medica, la posizione di garanzia del medico di pronto soccorso comporta l’obbligo di questi di rapido inquadramento diagnostico e di determinazione degli eventuali accertamenti indispensabili a confermare la diagnosi, ai fini della predisposizione del pronto intervento per la risoluzione della patologia, senza che lo stesso possa fare affidamento – nella indicazione di priorità degli interventi e degli accertamenti diagnostici – sull’ordine degli interventi dei medici del pronto soccorsa attribuito dalla procedura del “triage”, di competenza infermieristica. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto immune da censure l’affermazione di responsabilità, per il reato di omicidio colposo, di un medico del pronto soccorso che – nel trattamento di una paziente vittima di violenza sessuale e con difficoltà respiratorie, alla quale in sede di “triage” era stato attribuito codice rosso – nel prescrivere una radiografia toracica ed una consulenza ginecologica, aveva omesso di segnalare, confidando nell’urgenza di entrambi gli esami derivante da detto codice, la priorità del primo, sì da non consentire di diagnosticare con immediatezza la patologia pneumologica che avrebbe poi determinato il decesso).

 

Cassazione penale sez. IV, 29/09/2020, n.28316

In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto (per l’effetto, relativamente a ipotesi di responsabilità medica, si è ravvisata sussistente la responsabilità a carico di un medico pneumologo addetto al reparto ove si trovava ricoverato un paziente, il quale sanitario, non solo aveva sollecitato una consulenza dei medici chirurghi, avendo apprezzato un peggioramento delle condizioni di salute del paziente, ma aveva anche prestato materiale ausilio alla realizzazione dell’atto chirurgico – toracentesi- sia pure attraverso il breve atto di reggere il paziente, facendogli assumere la posizione più idonea all’intervento, improvvidamente eseguito – con esito letale – sul polmone sano, senza pretendere che detto intervento venisse effettuato con guida ecografica e senza controllare l’operato dei colleghi nel corso dell’attività operatoria, verificando che si intervenisse effettivamente sul polmone malato).

Cassazione penale sez. IV, 21/01/2020, n.19856

Il medico competente può rispondere, nella qualità di titolare di un’autonoma posizione di garanzia delle fattispecie di evento che risultano di volta in volta integrate dall’omissione colposa delle regole cautelari poste a presidio della salvaguardia del bene giuridico – salute dei lavoratori – sui luoghi di lavoro, direttamente riconducibili alla sua specifica funzione di controllo delle fonti di pericolo istituzionalmente attribuitagli dall’ordinamento giuridico. Nelle ipotesi di omicidio o di lesioni colpose in campo medico, il ragionamento contro-fattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, deve essere svolto dal giudice tenendo conto della specifica attività che sia stata richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza o di controllo) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con altro grado di credibilità razionale.

Cassazione penale sez. IV, 20/11/2019, n.1350

In tema di successione di posizioni di garanzia, quando l’obbligo di impedire l’evento connesso ad una situazione di pericolo grava su più persone obbligate ad intervenire in tempi diversi, l’accertamento del nesso causale rispetto all’evento verificatosi deve essere compiuto con riguardo alla condotta e al ruolo di ciascun titolare della posizione di garanzia, stabilendo cosa sarebbe accaduto nel caso in cui la condotta dovuta da ciascuno dei garanti fosse stata tenuta, anche verificando se la situazione di pericolo non si fosse modificata per effetto del tempo trascorso o di un comportamento dei successivi garanti. (Fattispecie in tema di colpa medica di tre sanitari che si erano succeduti nella cura di un bambino, deceduto per la perforazione dell’intestino conseguita all’effettuazione di un clisma opaco senza la previa necessaria idratazione, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza di condanna dei medici intervenuti prima di quello che aveva eseguito il predetto esame strumentale, per non avere verificato se essi avessero contribuito all’omessa idratazione del paziente, quale fosse il livello di disidratazione raggiunto in concomitanza con il loro intervento, e se i rischi connessi alla disidratazione si fossero aggravati in considerazione della decisione, presa da altri medici, di sottoporre il paziente al clisma opaco).

Cassazione penale sez. IV, 09/04/2019, n.24372

In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto (per l’effetto, relativamente ai due medici sociali che erano intervenuti, durante una partita di calcio, per soccorrere un calciatore – poi deceduto- che aveva avuto un malore durante l’incontro, la Corte ha ritenuto che entrambi avevano assunto una posizione di garanzia nei confronti dell’atleta, derivante dall’instaurazione della relazione terapeutica tra loro ed il calciatore: entrambi, si è argomentato, avevano infatti posto in essere una istintiva, pratica attuazione dei doveri deontologici consacrati dal giuramento professionale, comprendente il “dovere di prestare soccorso nei casi di urgenza”; con in più, per il medico sociale della squadra del calciatore, in aggiunta a tale dovere deontologico, l’obbligo gravante, quale medico sportivo, verso i calciatori della propria squadra; la Corte, peraltro, ha poi annullato con rinvio la sentenza di condanna, per carente motivazione in punto di nesso causale e di addebito di colpa).

 Cassazione penale sez. IV, 29/03/2019, n.17491

In tema di reati colposi, l’agente non può rispondere del verificarsi dell’evento se, pur titolare di una posizione di garanzia, non disponga dei necessari poteri impeditivi degli eventi dannosi. (Fattispecie in tema di lesioni conseguenti alla mancata tempestiva esecuzione di parto cesareo, in cui la Corte ha annullato la sentenza di condanna di medico ostetrico che, allontanatasi dal nosocomio in una situazione che si presentava non patologica, e permanendo in turno di reperibilità, era stata informata dalla collega di turno ospedaliero delle difficoltà insorte nel corso del parto naturale, avendo i giudici di merito omesso di valutare se l’imputata fosse concretamente in grado di influenzare il corso degli eventi).

Cassazione penale sez. IV, 19/02/2019, n.32477

Al direttore sanitario di una casa di cura privata spettano poteri di gestione della struttura e doveri di vigilanza e organizzazione tecnico-sanitaria, compresi quelli di predisposizione di precisi protocolli inerenti al ricovero dei pazienti, all’accettazione dei medesimi, all’informativa interna di tutte le situazioni di rischio, alla gestione delle emergenze, alle modalità di contatto di altre strutture ospedaliere cui avviare i degenti in caso di necessità e all’adozione di scorte di sangue e/o di medicine in caso di necessità. Il conferimento di tali poteri comporta, quindi, l’attribuzione al direttore sanitario di una “posizione di garanzia” giuridicamente rilevante, tale da consentire di configurare una responsabilità colposa per fatto omissivo per mancata ed inadeguata organizzazione della casa di cura privata, qualora il reato non sia ascrivibile esclusivamente al medico e/o ad altri operatori della struttura (fattispecie in materia di omicidio colposo per la morte di una paziente a seguito di parto avvenuta in un casa di cura, per la quale, in sede di merito, erano stati condannati non solo il medico e l’anestesista, ma anche il direttore sanitario della clinica privata; la Corte, pur annullando il reato per prescrizione, ha ritenuto che ai fini civili correttamente era stata ravvisata la colpa anche del direttore sanitario, per la sua accertata responsabilità per le carenze strutturali della casa di cura, in particolare in conseguenza dell’omessa predisposizione di un adeguato meccanismo interno alla struttura di verifica delle condizioni dei pazienti all’ingresso e dell’omessa predisposizione di un protocollo per le situazioni di emergenza).

Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.27539

La posizione di garanzia rivestita dall’ostetrica è ricavabile dallo statuto regolamentare della sua figura professionale (vedi la direttiva 80/155/Ce del 21 gennaio 1980; il d.lg. n. 206 del 2007; il regolamento per l’esercizio professionale della professione di ostetrica approvato dal Consiglio superiore di sanità il 10 febbraio 2000; il d.m. sanità n. 740 del 1994). In base a tale coacervo normativo, l’ostetrica, tra i vari compiti, deve: a) accertare la gravidanza e in seguito sorvegliare la gravidanza normale; b) effettuare gli esami necessari al controllo dell’evoluzione della gravidanza normale; c) attenersi ai protocolli previsti per il monitoraggio della gravidanza fisiologica; d) individuare le situazioni potenzialmente patologiche che richiedono intervento medico, adottando, ove occorrono, le eventuali misure di emergenza indifferibile; e) valutare eventuali anomalie dei tracciati e darne comunicazione ai sanitario (nel caso di specie, la sentenza impugnata, con congruo ed esauriente apparato argomentativo, aveva evidenziato che l’ostetrica, in conseguenza degli errori e delle omissioni precedenti commessi in violazione dei propri doveri istituzionali, non aveva sollecitato l’attenzione del dottore , il quale, se avesse conosciuto tempestivamente la situazione di sofferenza fetale, sarebbe potuto intervenire tempestivamente, scongiurando il verificarsi dell’evento letale).

Cassazione penale sez. IV, 05/10/2018, n.47801

In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un ginecologo per il reato di lesioni colpose ai danni di un feto, ritenendo irrilevante la tesi difensiva secondo la quale l’imputato era stato informato dello stato di sofferenza del feto solo a danno compiuto, essendosi accertato che i primi segnali di sofferenza erano emersi in epoca successiva all’inizio del turno ed egli aveva omesso di informarsi dello stato di salute dei pazienti).

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.7032     

Il medico di base preposto al rilascio del certificato medico anamnestico propedeutico all’autorizzazione al porto d’armi è titolare di una posizione di garanzia che comprende esclusivamente un obbligo di controllo diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti pregiudizievoli verso terzi e non di comportamenti autolesivi, atteso che le regole cautelari sottese alla regolamentazione del relativo procedimento amministrativo sono finalizzate alla salvaguardia dell’integrità fisica dei terzi e non di colui che richiede l’autorizzazione. (Fattispecie relativa alla uccisione di due persone per mano del paziente cui era stato rilasciato il porto d’armi e che si era poi suicidato, nella quale la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità del medico per il suicidio, non essendo configurabile a suo carico l’obbligo di impedire l’evento, e lo aveva invece condannato, a titolo di colpa, per gli omicidi).

Cassazione penale sez. IV, 15/02/2018, n.24068

In tema di responsabilità professionale nell’ambito di una struttura sanitaria complessa, il medico, a cui il paziente sia inviato dal Pronto Soccorso a titolo di consulto, ove non riscontri sotto il profilo di sua stretta competenza alcuna patologia di rilevante gravità e si limiti a richiedere un’altra consulenza, la quale indichi gli esami idonei a diagnosticare la patologia in atto, non assume – per il solo fatto di avere richiesto l’ulteriore consulenza – la posizione di garanzia, che resta a carico dei medici del pronto soccorso.

Cassazione penale sez. IV, 23/01/2018, n.22007

In tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in «équipe», il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori, che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui.

Cassazione penale sez. IV, 23/01/2018, n.22007

L’equipe medica deve essere considerata come un’entità unica e compatta e non come una collettività di professionisti in cui ciascuno si limita ad eseguire i propri compiti, sicché ogni medico dell’equipe dovrà, oltre a rispettare le leges artis della propria sfera di competenza, verificare che gli altri colleghi abbiano eseguito correttamente la propria opera. Detto controllo dovrà esercitarsi anche sugli errori altrui, evidenti e non settoriali, tali da poter essere rilevati con l’ausilio delle conoscenze del professionista medio.

 Cassazione penale sez. IV, 21/06/2017, n.18334

Il medico in posizione apicale che abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo, non risponde dell’evento lesivo conseguente alla condotta colposa del medico di livello funzionale inferiore a cui abbia trasferito la cura del singolo paziente, altrimenti configurandosi una responsabilità di posizione, in contrasto col principio costituzionale di personalità della responsabilità penale. (La S.C., in applicazione di tale principio, ha escluso la responsabilità penale di un primario di reparto per l’omicidio colposo di un paziente che non aveva visitato personalmente, verificatosi nell’arco di dieci giorni, senza che in tale ambito temporale gli fosse segnalato nulla dai medici della struttura).

 Cassazione penale sez. IV, 21/11/2017, n.5

Fermo restando che il fondamento della posizione di garanzia ricoperta dall’infermiere nei confronti del paziente è ravvisabile proprio nella sua autonoma professionalità, quale soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, essendo onerato di vigilare sul decorso post-operatorio ai fini di consentire, nel caso, l’intervento del medico, sussiste, in ipotesi di sua accertata condotta omissiva, una sua propria responsabilità professionale distinta da quella del medico, tanto da non esser oggi più considerato “ausiliario del medico” bensì un “professionista sanitario”.

 Cassazione penale sez. IV, 19/09/2016, n.39838

In tema di responsabilità professionale, assume una posizione di garanzia il medico del pronto soccorso che, dopo aver disposto il ricovero del paziente in un reparto specialistico, nuovamente interpellato dal personale paramedico per un consulto, senza che fosse stato previamente allertato il medico di turno responsabile del reparto, abbia continuato a prestare assistenza al paziente disponendo ulteriori trattamenti terapeutici. (Nella specie, relativa ad omicidio colposo, la S.C. ha anche precisato che, per ritenere operante la posizione di garanzia, è necessario che la continuità assistenziale assicurata dal personale infermieristico del reparto sia risultata idonea a rendere edotto il medico in ordine all’evoluzione del quadro clinico inizialmente riscontrato).

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