La Cassazione annulla la sentenza che non motiva adeguatamente sul dolo specifico della frode fiscale.

Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 3761.2022, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di dichiarazione fraudolenta ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, si sofferma sull’elemento soggettivo dei due speculari delitti tributari.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha espresso il principio di diritto secondo il quale ai fini della sussistenza del dolo specifico del delitto di dichiarazione fraudolenta, occorre accertare la consapevole indicazione di elementi passivi fittizi nella dichiarazione fiscale annuale al fine di evadere le imposte.

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie, a ciascuno degli imputati erano contestati i delitti di emissione di fatture per operazioni inesistenti ex art. 8 d.lgs. 74/2000 commesso tramite due diverse persone giuridiche, nonché il concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti di cui all’art. 2 d.lgs. 74/2000 consumato con altra società di capitali che, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbe utilizzato i documenti fiscali emessi dalle prime.

La Corte di appello di Bologna confermava la sentenza con la quale il GUP presso il Tribunale di Ravenna, all’esito del giudizio abbreviato, aveva condannato i prevenuti per i delitti loro ascritti.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

I giudicabili, per il tramite del comune difensore di fiducia, proponevano ricorso per cassazione avvero la decisione di secondo grado.

La Suprema Corte ha annullato bla sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di Appello di Bologna.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“In riferimento al reato di cui all’art.2 d. Igs. 74/2000, va ricordato che lo stesso è integrato dalla mera indicazione, in una delle dichiarazioni annuali relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, di elementi passivi fittizi, effettuata avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e finalizzata ad evadere le dette imposte: non è affatto necessario per l’integrazione della fattispecie che alla presentazione della dichiarazione recante tale fraudolenta indicazione faccia immediatamente seguito lo sfruttamento “economico” del falso credito Iva (mediante rimborso o mediante compensazione).

Occorre quindi la consapevole indicazione degli elementi passivi documentati dalle fatture emesse per operazioni inesistenti nel precedente anno di imposta, in relazione alle quali non sussiste il diritto alla detrazione ai sensi dell’art. 19, d.P.R. n. 633 del 1973, che conduce alla logica conclusione della sussistenza del dolo.

Per quanto attiene al dolo specifico di evasione in riferimento all’emissione delle fatture, avvenuta in precedenza, di cui all’art. 8 D.Igs. n. 74 del 2000 è stato osservato che l’elemento soggettivo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è rappresentato dal dolo specifico di favorire l’evasione fiscale di terzi (Cfr. Sez. 3, n. 17525 del 17/03/2010, Mura, Rv. 246991 – 01), dolo che può peraltro coesistere anche con altre finalità”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA