Bancarotta fraudolenta: no alla misura cautelare in carcere se non c’è concretezza nel rischio di reiterazione del reato.
Con la sentenza n. 57582/2017 la Suprema corte scrutinando una ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta si è nuovamente pronunciata sui criteri di applicabilità della più afflittiva misura cautelare personale.
L’ipotesi di reato e la misura cautelare.
Il commercialista indagato risulta sottoposto alla misura coercitiva personale intramuraria in forza di ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Milano.
Secondo l’ipotesi accusatoria il professionista avrebbe contribuito – attraverso alcune società ungheresi a lui riferibili, utilizzate per operazioni di cessione di beni e quote, nonché di scissione – alla distrazione di rilevanti risorse dal patrimonio di una società per azioni dichiarata fallita nel novembre 2014.
Inoltre, sempre secondo l’ipotesi accusatoria, egli avrebbe realizzato successive condotte, ritenute integranti la fattispecie di autoriciclaggio ex art. 648-ter 1 cod. pen., volte all’impiego ed al trasferimento di somme di provenienza illecita (provenienza correlata agli addebiti sopra ricordati), onde occultarne l’origine.
Lo svolgimento del processo.
In relazione alle imputazioni sopra descritte i difensori dell’indagato hanno proposto richiesta di riesame contro l’ordinanza custodiale del G.i.p. rigettata dal Tribunale della Libertà di Milano.
Contro l’ordinanza reiettiva dell’impugnazione cautelare è stato proposto ricorso per cassazione per violazione di legge e vizi motivazionali.
La decisione della Cassazione e il punto di diritto.
La Corte di legittimità ha ritenuto fondato il ricorso quanto alle censure mosse dalla difesa alla proposta motivazionale del Tribunale del riesame sul punto della sussistenza delle esigenze cautelari poste a sostegno della misura coercitiva personale; per l’effetto, ha annullato l’ordinanza impugnata e rinviato al Tribunale del riesame per una nuova valutazione delle stesse.
Prima di esaminare il caso concreto i Giudici di legittimità ripercorrono i principi normativi della materia cautelare, come modificati a seguito della novella della l. n. 47/2015 riaffermando il seguente principio: “per ritenere “attuale” il pericolo “concreto” di reiterazione del reato, non è più sufficiente ipotizzare che la persona sottoposta alle indagini/imputata, presentandosene l’occasione, sicuramente (o con elevato grado di probabilità) continuerà a delinquere e/o a commettere i gravi reati indicati dall’art. 274, lett. c), cod. proc. pen., ma è necessario ipotizzare anche la certezza o comunque l’elevata probabilità che l’occasione del delitto si verificherà” (Cass., Sez. III, n. 36919/2015).
In ordine al requisito della attualità della pericolosità sociale hanno inoltro osservato che: “la contestuale necessità che il pericolo di recidiva specifica sia concreto ed attuale impone – come già illustrato – che il soggetto abbia occasioni di ricaduta nell’illecito penale non solo effettive (piuttosto che meramente ipotetiche), ma altresì di vicina, seppure non imminente, probabilità di verificazione. (…) La giurisprudenza posteriore alla legge n. 47/2015 ha avvertito come l’indagine sulla sussistenza del requisito dell’attualità assuma «rilievo ancora maggiore, quanto più ampio sia lo spettro cronologico che divide i fatti contestati dall’ordinanza cautelare» (Cass., Sez. III, n. 49318 del 27/10/2015, Barone), per poi ribadire che le esigenze cautelari volte ad impedire la reiterazione del reato devono avere riguardo alla sopravvivenza del pericolo di recidiva al momento dell’adozione della misura, «in relazione al tempo trascorso dal fatto contestato ed alle peculiarità della vicenda cautelare in esame»”.
Facendo applicazione dei principi di diritto al caso di specie, la Suprema Corte ha censurato la motivazione addotta dal Tribunale del riesame a sostegno del provvedimento di rigetto per non aver illustrato se le condotte dell’indagato, un commercialista che ha offerto le proprie competenze professionali per il compimento di operazioni finanziarie illecite, si siano limitate al solo caso di bancarotta in esame oppure se siano effettivamente condotte abituali, potendo, solo in tal caso, essere giustificata la misura maggiormente afflittiva.
Inoltre, la Corte, no ha condiviso il ragionamento del Tribunale a quo secondo cui ad una maggiore ampiezza temporale delle condotte criminose corrisponde un maggior rischio di ricaduta nell’illecito, infatti in tal senso viene precisato che: “ove un’attività umana contra legem (nella specie, consistente in più operazioni finanziarie collegate tra loro) richieda giocoforza passaggi molteplici, fino a dilatarsi nell’arco di mesi od anni, essa rimane non di meno unitaria, ed una volta esauritasi quella non se ne può ricavare ex se la dimostrazione della verosimile inclinazione dell’autore a ripeterne di simili.”
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di misure cautelari personali e delitto di bancarotta fraudolenta:
Cassazione penale, sez. II, 15/09/2016, n. 39361.
Nonostante la dichiarazione di fallimento sia presupposto del reato di bancarotta fraudolenta, è legittima l’applicazione di misure cautelari personali per detto reato anche prima della pronunzia della sentenza dichiarativa di fallimento, qualora ricorrano le condizioni previste dall’art. 238, comma 2, l. fall. per l’esercizio anticipato dell’azione penale, ossia quando concorrano gravi motivi e già esista o sia contemporaneamente presentata domanda per ottenere la dichiarazione suddetta.
Cassazione penale, sez. V, 14/07/2016, n. 52301.
In tema di presupposti per l’applicazione di misure coercitive personali, il concetto di “reati della stessa specie” di cui all’art. 274, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. deve riferirsi non solo a reati che offendono il medesimo bene giuridico, ma anche alle fattispecie criminose che, pur non previste dalla stessa disposizione di legge, presentano “uguaglianza di natura” in relazione al bene tutelato ed alle modalità esecutive. (Fattispecie in cui la S.C. ha considerato “della stessa specie”, agli effetti di cui all’art. 274 lett. c), il reato di bancarotta documentale e quello di uso di atto falso, che l’imputato aveva commesso per coprire condotte di distrazione).
Cassazione penale, sez. III, 27/10/2015, n. 49318.
In tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari, la l. 16 aprile 2015, n. 47 ha introdotto nell’art. 274, lett. c), c.p.p., accanto al requisito della concretezza, quello dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, individuabile nella riconosciuta esistenza di occasioni prossime favorevoli alla commissione di nuovi reati, non meramente ipotetiche ed astratte, ma probabili nel loro vicino verificarsi.
Cassazione penale, sez. V, 24/09/2015, n. 43083.
In tema di presupposti per l’applicazione delle misure cautelari personali, la legge 16 aprile 2015, n. 47, introducendo nell’art. 274, lett. c), cod. proc. pen. il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione del reato, ha evidenziato la necessità che tale aspetto sia specificamente valutato dal giudice emittente la misura, avendo riguardo alla sopravvivenza del pericolo di recidivanza al momento della adozione della misura in relazione al tempo trascorso dal fatto contestato ed alle peculiarità della vicenda cautelare. (In motivazione, la S.C. ha peraltro precisato che la sussistenza di un onere motivazionale sull’attualità delle esigenze cautelari era già desumibile, nell’assetto normativo previgente, dall’art. 292, comma secondo, lett. c), cod. proc. pen.).
Cassazione penale, sez. III, 19/05/2015, n. 36919.
In tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al “tempo trascorso dalla commissione del reato” di cui all’art. 292, comma 2, lett. c), c.p.p., impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché a una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari (sezioni Unite, 24 settembre 2009, L.). Per l’effetto, ai fini dell’apprezzamento del rischio di recidiva, è necessario indicare gli elementi concreti sulla base dei quali è possibile affermare che l’indagato/imputato, verificandosene l’occasione, potrà commettere reati della stessa specie, mentre non assolve a tale obbligo la motivazione che valorizzasse il tempo trascorso esclusivamente per scegliere una misura cautelare meno afflittiva.
Cassazione penale, sez. V, 14/10/2014, n. 9280.
In tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta, il tempo trascorso dalla commissione del fatto deve essere determinato avendo riguardo all’epoca in cui le condotte illecite sono state poste in essere e non al momento in cui è intervenuta la dichiarazione di giudiziale di insolvenza, la quale, ancorché determini il momento consumativo del reato, non costituisce riferimento utile per vagliare il comportamento dell’indagato, ai sensi dell’art. 274 cod. proc. pen., collocandosi fuori della sua sfera volitiva.
Cassazione penale, sez. V, 08/04/2014, n. 25458.
In tema di misure cautelari personali, ai fini della valutazione delle esigenze cautelari in relazione al delitto di bancarotta fraudolenta, il tempo trascorso dalla commissione del fatto deve essere determinato avendo riguardo all’epoca in cui le condotte illecite sono state poste in essere e non al momento in cui è intervenuta la dichiarazione giudiziale di insolvenza, la quale, ancorché determini il momento consumativo del reato, non costituisce riferimento utile per vagliare il comportamento dell’indagato, ai sensi dell’art. 274 c.p.p., collocandosi fuori della sua sfera volitiva.
Cassazione penale, sez. IV, 21/11/2013, n. 49112.
In tema di misure coercitive, la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione sulla richiesta di sostituzione della misura cautelare in atto comporta un rigoroso obbligo di motivazione in ordine sia all’attualità sia all’intensità delle esigenze cautelari. (In applicazione del principio la Corte ha annullato il provvedimento di rigetto di un’istanza modificativa della custodia cautelare in carcere disposta per fatti risalenti ad oltre cinque anni prima, ritenendo carente la motivazione sull’attualità ed intensità delle esigenze cautelari).
Cassazione penale, sez. V, 10/02/2012, n. 16000.
È legittima l’applicazione di misure cautelari personali per il reato di bancarotta anche prima della pronunzia della sentenza dichiarativa del fallimento qualora ricorrano le condizioni previste dall’art. 238 comma 2 l.fall. per l’esercizio anticipato dell’azione penale.
Cassazione penale, sez. un., 24/09/2009, n. 40538.
In tema di misure cautelari, il riferimento in ordine al “tempo trascorso dalla commissione del reato” di cui all’art. 292, comma 2, lett. c) c.p.p., impone al giudice di motivare sotto il profilo della valutazione della pericolosità del soggetto in proporzione diretta al tempo intercorrente tra tale momento e la decisione sulla misura cautelare, giacché ad una maggiore distanza temporale dai fatti corrisponde un affievolimento delle esigenze cautelari. (Fattispecie di ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa in relazione a fatti commessi più di tre anni prima).