Incidente mortale durante uno scavo: la posizione di garanzia del datore di lavoro e la prova della delega di funzioni quale causa di esonero della responsabilità.

Con sentenza n.14352/2018 la III sezione penale della Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro affrontando il tema della responsabilità del datore di lavoro in relazione all’onere della prova su di lui gravante per dimostrare la esistenza ed efficacia scriminante della delega di funzioni quale causa di esclusione della responsabilità penale.

L’infortunio e l’imputazione penale.

Con sentenza del gennaio 2017, la Corte d’appello di Reggio Calabria, giudicando l’imputato – datore di lavoro – in sede di rinvio a seguito di sentenza di annullamento precedentemente pronunciata dalla Corte di cassazione, in riforma della sentenza di condanna del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria, ha ridotto la pena inflitta al predetto, a mesi otto di reclusione, in relazione al reato di cui agli artt. 113 e 40 c.p., art. 589 c.p., comma 1 e 2, per avere quale datore di lavoro responsabile e direttore di cantiere, per colpa consistita in imprudenza, negligenza, imperizia e violazioni delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro (D.P.R. 164 del 1956, art. 13 comma 1, art. 77, D.P.R. n. 164 del 1956, artt. 14 e 77, D.P.R. n. 547 del 1955, art. 4, lett. c), e art.289, lett. C) cagionato la morte di un lavoratore il quale, collocato sul fondo dello scavo in qualità di addetto al controllo delle fasi di scavo per individuare la quota della falda di acqua, in assenza delle prescritte armature di sostegno dello scavo, privo di casco e ogni dispositivo di sicurezza e di adeguata formazione, per un franamento di una porzione di parete dello scavo veniva travolto e decedeva in conseguenza di uno schiacciamento toracico con emorragia addominale.

Lo svolgimento del processo.

Il Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Reggio Calabria, all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato i due imputati tratti a giudizio nelle rispettive qualità, rispettivamente, di datore di lavoro responsabile e direttore del cantiere e di direttore di cantiere e preposto, responsabili del reato di omicidio colposo a loro ascritto condannandoli alla pena di giustizia. La Corte d’appello di Reggio Calabria, pronunciandosi sull’appello degli imputati, confermava la sentenza del Giudice dell’Udienza preliminare del locale Tribunale.

Investita dell’impugnazione del solo imputato – datore di lavoro della vittima – la sentenza resa dalla Corte reggina è stata annullata dalla Corte di cassazione che ne ha censurato l’iter logico argomentativo sull’imputazione soggettiva dell’evento di danno, avendo la sentenza impugnata fatto confusione sulle diverse figure del delegato e del preposto, disponendo, per l’effetto, il rinvio alla Corte distrettuale per un nuovo giudizio al fine di fare chiarezza tale specifico profilo.

La Corte d’appello di Reggio Calabria, all’esito del giudizio di rinvio, previa declaratoria di estinzione delle contravvenzioni per intervenuta prescrizione, ha ridotto la pena inflitta all’imputato confermando nel resto la sentenza.

Avverso la sentenza hanno presentato ricorso per cassazione i difensori di fiducia dell’imputato e ne hanno chiesto l’annullamento con un unico articolato motivo deducendo la nullità della sentenza per mancanza di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

La decisione della Cassazione ed il punto di diritto sulla delega di funzioni.

La Corte investita della impugnazione ha rigettato il ricorso giudicando la sentenza impugnata fondata su una ratio decidendi screvra da errori in diritto ed adeguatamente motivata.

Per quanto di interesse in punto di diritto nella parte motiva della sentenza la Suprema Corte in linea con l’orientamento dominante ha affermato nuovamente il seguente principio:

Secondo giurisprudenza costante di questa Corte, a partire da S.U. 14 ottobre 1992 n. 9874, Giuliani Rv. 191185, l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e sull’igiene del lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto (ossia alla sua funzione formale). Sotto altro profilo, la più recente giurisprudenza di legittimità, come ricordato dal ricorrente, ritiene che in materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti ad altri soggetti a condizione che il relativo atto di delega, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, ex art. 16, riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa, fermo restando, comunque, l’obbligo per il datore di lavoro di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (cfr. S.U., n. 38343 del 24/04/2014, P.G., R.C., Espenhahn e altri, Rv. 261108; Sez. 4, n. 4350 del 16/12/2015, Raccuglia, Rv 265947; Sez. 4, n. 39158 del 18/01/2013, Zugno, Rv. 256878) e, quanto alla forma della stessa, all’esito di una elaborazione giurisprudenziale formatasi nel corso degli anni, l’efficacia devolutiva della delega di funzioni è subordinata all’esistenza di un atto traslativo dei compiti connessi alla posizione di garanzia del titolare, che sia connotato dai requisiti della chiarezza e della certezza, i quali possono sussistere a prescindere dalla forma impiegata, non essendo richiesta per la sua validità la forma scritta nè “ad substantiam” nè “ad probationem” (Sez. 3, n. 3107 del 02/10/2013, Caruso, Rv 259091; Sez. 4, n. 2592 del 28/09/2006, Di Lorenzo, Rv. 235564; Sez. 4, n. 36774 del 30/06/2004, Capaldo, Rv. 229694, Sez, 4, n. 22345 del 21/05/2003, Ribaldi ed altri, nella quale espressamente si ritiene necessario “che sia rigorosamente provata l’esistenza di una delega espressamente e formalmente conferita”, dove il secondo avverbio viene riferito ad una delega in forma scritta, però, “ad probationem”, ed ancora sulla necessità di un atto “espresso, inequivoco e certo”, Sez. 3, 18 giugno 2003 n. 26189, Piombini; Sez. 4, 1 luglio 2003 n. 27939, Benedetti; Sez. 3, 26 maggio 2003 n. 22931, Conci).

La sentenza impugnata ha ritenuto che non vi fosse una delega di funzioni al preposto e ciò sulla scorta dell’accertamento compiuto dal consulente del P.M. che, non avendo trovato alcuno scritto contenente una delega di funzioni, aveva chiesto espressamente dell’esistenza dell’atto alla società di cui l’imputato è legale rappresentante, non ottenendo da questi alcuna risposta, circostanza fattuale non contestata dalla difesa, sulla scorta della quale, in ragione di un corretto sillogismo, immune da profili di illogicità, ha ritenuto l’assenza di delega di funzioni da parte del B. in capo al preposto T.

(…) la Corte d’appello non ha escluso l’esistenza di una delega di funzioni per l’assenza di un atto di delega avente forma scritta e, dunque, non ha ritenuto la necessità che delega di funzioni debba essere conferita con la forma scritta e provata con la medesima forma, ma ha escluso il conferimento di una delega di funzioni perché non provata in alcun modo e, dunque, non esistente.

(…) va ricordato che i nodi problematici che riguardano l’onere della prova della delega ed i requisiti di forma sono stati risolti nella giurisprudenza di legittimità e, quanto al primo profilo, dai principi generali secondo cui la prova del fatto costituente reato deve essere fornita dalla pubblica accusa, mentre la delega di funzioni, trattandosi di una causa di esclusione di responsabilità, deve essere dimostrata da chi l’allega (Sez. 4, n. 39158 del 18/01/2013, Zugno, Rv. 256878; Sez. 3, n. 19642 del 06/03/2003, Rossetto, Rv. 224848; Sez. 4, n. 37470 del 02/10/2003, Rv. 226228)”.

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di causa di esclusione della responsabilità e delega di funzioni:

Cassazione penale sez. III  01 giugno 2017 n. 31364 

In materia ambientale, come peraltro in materia di sicurezza sul lavoro, allorquando si tratti di aziende di non modeste dimensioni, il legale rappresentante può, a fronte della molteplicità dei compiti istituzionali o della complessità dell’organizzazione aziendale, affidare in base a precise disposizioni preventivamente adottate secondo le disposizioni statutarie, la direzione di singoli rami o impianti a persone, dotate di capacità tecnica e autonomia decisionale: in tal caso, la responsabilità penale ricade su questi ultimi soggetti, quando si accerti che il titolare stesso non abbia interferito nella loro attività. Peraltro, per attribuirsi rilevanza penale all’istituto della delega di funzioni, è necessaria la compresenza di precisi requisiti: a) la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discrezionale; b) il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli; c) il trasferimento delle funzioni delegate deve essere giustificato in base alle dimensioni dell’impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa; d) la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa; e) l’esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo.

Cassazione penale sez. IV  06 maggio 2016 n. 24136 

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, le responsabilità del dirigente e del preposto non trovano la propria origine necessariamente nel conferimento di una delega da parte del datore di lavoro, potendo derivare, comunque, dall’investitura formale o dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garanti.

Cassazione penale sez. IV  21 aprile 2016 n. 22837 

In tema di infortuni sul lavoro, la delega di funzioni – ora disciplinata precipuamente dall’art. 16 T.U. sulla sicurezza – non esclude l’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite e, tuttavia, detta vigilanza non può avere per oggetto la concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni – che la legge affida al garante – concernendo, invece, la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato; ne consegue che l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato – al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo – e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle singole lavorazioni.

Cassazione penale sez. un.  24 aprile 2014 n. 38343 

In materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 d.lg. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa.

Cassazione penale sez. IV  16 dicembre 2015 n. 4350 

In materia di infortuni sul lavoro, gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, possono essere trasferiti ad altri soggetti a condizione che il relativo atto di delega, ex art. 16 d.lg. 9 aprile 2008, n. 81, riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa.

Cassazione penale sez. IV  28 settembre 2006 n. 2592 

In tema di infortuni sul lavoro, il legale rappresentante di una società di notevoli dimensioni non è responsabile allorché l’azienda sia stata preventivamente suddivisa in distinti settori, rami o servizi ed a ciascuno di questi siano stati in concreto preposti soggetti qualificati ed idonei, nonchè dotati della necessaria autonomia e dei poteri indispensabili per la completa gestione degli affari inerenti a determinati servizi. (La Corte ha precisato che, quantunque la delega di responsabilità – organizzativa e di vigilanza – può presumersi anche in assenza di un atto scritto, è dalla stessa carenza di suddivisione in ordine agli oneri di controllo e di vigilanza, accertata in fatto, che può trarsi la responsabilità dell’imputato).

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di causa di esclusione di responsabilità del datore di lavoro, anche di fatto:

Cassazione penale, sez. IV, 12/01/2017, n. 18090.

In tema di infortuni sul lavoro, ai sensi dell’art. 299, D.Lgs. n. 81 del 2008, la posizione di garanzia grava anche su colui che, non essendone formalmente investito, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al datore di lavoro e ad altri garanti ivi indicati, sicché l’individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate, che prevalgono, quindi, rispetto alla carica attribuita al soggetto, ossia alla sua funzione formale. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità dell’imputato per il decesso di un lavoratore perché assumendo il compito di organizzare e dirigere un sopralluogo, per conto del datore di lavoro, aveva assunto anche l’obbligo di garantire la sicurezza dei partecipi).

Cassazione penale, sez. IV, 28/02/2014, n. 22246.

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, il che non vale, tuttavia, a rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge.

Cassazione penale, sez. IV, 28/02/2013, n. 43987.

In tema di infortuni sul lavoro, a norma dell’art. 2087 c.c., il datore di lavoro è tenuto ad adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, siano necessarie a tutelare l’integrità fisica e morale del lavoratore, anche quando l’attività richiestagli sia di breve durata. (Fattispecie in cui è stata riconosciuta la responsabilità del datore di lavoro per il decesso dell’operaio incaricato, dopo l’ultimazione dei lavori, di rimuovere il cartellone contenente la descrizione dei lavori di cantiere, posto ad oltre tre metri di altezza rispetto al sottostante terreno, in assenza di impalcature e senza che gli fossero stati forniti di altri mezzi di protezione).

Cassazione penale, sez. IV, 06/07/2007, n. 37610.

In materia di violazione della normativa antinfortunistica risponde della contravvenzione di cui all’art. 374, d.P.R. 24 aprile 1995, n. 547, il datore di lavoro che non abbia adottato tutte le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie per assicurare e conservare l’efficienza degli impianti di sicurezza, al fine di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori, né può ritenersi sussistente una delega di funzioni idonea a mandare il datore di lavoro esente da responsabilità, quando la violazione attiene alle scelte aziendali di livello più alto relative alla organizzazione delle lavorazioni ovvero a carenze strutturali che attingono direttamente la sfera di responsabilità del medesimo e rispetto alle quali nessuna capacità di intervento può realisticamente attribuirsi al delegato alla sicurezza.

Cassazione penale, sez. IV, 28/06/2000, n. 10773.

In tema di responsabilità per incidente sul lavoro derivante dall’omissione di condotte dovute in forza di una posizione di garanzia, non si ha violazione del principio di correlazione tra accusa contestata e sentenza quando, fermo restando il fatto storico addebitato, consistente nell’omissione di un comportamento dovuto, in sentenza sia stata individuata una diversa fonte (normativa, regolamentare o pattizia) dell’obbligo gravante sull’imputato.