Bancarotta fraudolenta per distrazione per l’imprenditore che effettua investimenti contrari alla ragionevolezza imprenditoriale.

Si segnala per la peculiarità della fattispecie l’interessante sentenza n.ro 47503/2018, depositata il 18.10.2018, con la quale la Corte di Cassazione si è pronunciata su un fatto contestato e qualificato dai giudici di merito come bancarotta fraudolenta per distrazione con rilevanza penale attribuita agli investimenti “irragionevoli”, fatti rientrare nel perimetro punitivo del reato de quo.

Nel caso di specie, all’esito del giudizio di appello, veniva confermata la condanna dell’imputato, quale amministratore di una s.r.l., alla pena di giustizia per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e preferenziale (dichiarato prescritto), nonché per bancarotta fraudolenta documentale, attesa la irregolare tenuta delle scritture contabili.

Nei motivi di ricorso la difesa, contestava il capo della sentenza resa dalla Corte distrettuale di Milano che aveva qualificato come atti distrattivi del patrimonio sociale alcuni investimenti che non hanno premiato le casse aziendali.

In particolare, il ricorrente, in merito al finanziamento effettuato a favore di una società di marketing politico – ritenuto antieconomico e privo di giustificazione dai giudici di merito – deduceva che l’investimento aveva registrato un esito infausto solo in ragione della riforma della legge elettorale del 2005, non ipotizzabile al momento della disposizione patrimoniale.

Veniva, altresì, censurata l’erroneità della decisione della Corte territoriale nella parte in cui aveva ritenuto l’investimento quale atto distrattivo malgrado la subita truffa per la quale il curatore fallimentare aveva sporto querela.

La Corte di Piazza Cavour ha rigettato il ricorso perché infondato.

Di seguito, per quanto di interesse per il presente commento, si riporta il significativo passaggio della motivazione della sentenza in commento.

a)sulla rilevanza della condotta materiale:

In relazione alla condotta distrattiva consistita nell’aver finanziato ingiustificatamente la società (omissis), occorre osservare come non possa accogliersi la tesi della difesa circa le ripercussioni negative, in termini economici, delle modifiche apportate dalla riforma elettorale risalente al 2005. All’epoca del finanziamento, avvenuto tra il 2004-2005, infatti, i profili di riforma e, in particolare, l’impossibilità per gli elettori di indicare singole preferenze, seppur formalmente entrati in vigore dal dicembre 2005, erano noti e avrebbero dovuto esserlo ancor più nel settore all’interno del quale operava l’odierno ricorrente. La giustificazione addotta, pertanto, non risulta adeguata a smentire la prospettazione accusatoria, recepita dai Giudici del merito, che hanno ravvisato nel finanziamento a (omissis) un’operazione idonea ad incidere sull’integrità patrimoniale della società, essendo già in stato di crisi l’impresa del ricorrente.

  1. b) sulla ricorrenza nel caso di specie della componente volitiva richiesta dalla norma incriminatrice:

Secondo quanto chiarito dalle SU di questa Corte ( sent 22474 del 31.3.2016 Passarelli) una volta intervenuta la sentenza dichiarativa di fallimento, i fatti distrattivi assumono rilievo in qualsiasi momento essi siano stati commessi e, quindi, anche quando l’impresa non versava in condizioni di insolvenza. Ciò a maggior ragione quando – come nel caso in esame – la sussistenza dell’elemento soggettivo (dolo generico) sia agevolmente desumibile da evidenti “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta, alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale. La verifica di tali indici è considerata necessaria a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa. (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017 – dep. 01/08/2017, Sgaramella e altro, Rv. 27076301).

Applicando tali principi al caso di specie risulta evidente come l’operazione contestata, avuto riguardo ai dati già richiamati dell’entità dell’esborso patrimoniale, della capacità economica della società nel contesto nel quale aveva operato, abbia concretamente messo in pericolo l’integrità patrimoniale della stessa.

  1. c) sulla natura della querela per truffa e la sua inidoneità ad escludere la configurabilità del reato di bancarotta:

(…) In relazione alla condotta distrattiva di euro 101.000, la doglianza della difesa risulta infondata. La configurazione della truffa come causa della perdita economica subita dalla società non si ritiene verosimile per come descritta dal ricorrente. L’esborso di una somma cosi elevata a titolo di prestito personale a fronte di un futuro ed incerto finanziamento risulta al di fuori da ogni canone di ragionevolezza. Per altro verso, il carattere surreale della dinamica dei fatti per come presentata dal ricorrente – e riassunta a pag 3) della sentenza – non può essere superato dalla semplice presenza della querela sporta dal curatore, che non assume di per sè carattere di prova circa l’effettiva verificazione della truffa”.

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Riferimenti normativi


Bancarotta fraudolenta: Art.216 R.D. n. 267/1942.

“È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento delle più recenti pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta:

Cassazione penale sez. V,  25 giugno 2018 n. 40100.  

Poiché il fallimento determinato da operazioni dolose configura un’eccezionale ipotesi di fattispecie a sfondo preterintenzionale, l’onere probatorio dell’accusa si esaurisce nella dimostrazione della consapevolezza e volontà della natura dolosa dell’operazione alla quale segue il dissesto, nonché dell’astratta prevedibilità di tale evento quale effetto dell’azione antidoverosa, non essendo necessarie, ai fini dell’integrazione dell’elemento soggettivo, la rappresentazione e volontà dell’evento fallimentare.

Cassazione penale sez. V, 05 giugno 2018 n. 30105.  

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la condotta dell’amministratore che prelevi dalle casse sociali somme a lui spettanti come retribuzione, se tali compensi sono solo genericamente indicati nello statuto e non vi sia stata determinazione di essi con delibera assembleare, perchè, in tal caso, il credito è da considerarsi illiquido, in quanto, sebbene certo nell'”an”, non è determinato anche nel “quantum”. (In motivazione, la Corte ha chiarito che non è giustificabile alcuna autoliquidazione dei compensi dell’amministratore).

Cassazione penale sez. III  20 aprile 2018 n. 33380  

Integra il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione la restituzione da parte dell’amministratore della società emittente fatture per operazioni inesistenti del corrispettivo versato dal simulato acquirente, transitato nel patrimonio della società e restituito decurtato dal compenso pattuito per l’emittente anche il temporaneo ingresso nel patrimonio della fallita di beni che in forza di un patto illecito vengano restituiti al dante causa determina, invero, un incremento dello stesso che espande le garanzie dei creditori, con la conseguenza che la restituzione costituisce atto ingiustificato idoneo a integrare la condotta di distrazione.

 

 

Cassazione penale sez. V  27 marzo 2018 n. 27141  

Non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui il giudice di appello, in parziale riforma della sentenza di condanna di primo grado relativa al reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, riqualifichi il fatto come bancarotta preferenziale, in quanto l’atto dispositivo tipico di tale fattispecie criminosa costituisce una “species” del più ampio “genus” di sottrazioni di risorse del patrimonio della società, che caratterizza la bancarotta per distrazione.

Cassazione penale sez. I, 09 marzo 2018 n. 14783  

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, ai fini della configurabilità del concorso dell’amministratore privo di delega per omesso impedimento dell’evento, è necessario che, nel quadro di una specifica contestualizzazione delle distrazioni in rapporto alle concrete modalità di funzionamento del consiglio di amministrazione, emerga la prova, da un lato, dell’effettiva conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società o, quanto meno, di “segnali di allarme” inequivocabili dai quali desumere l’accettazione del rischio – secondo i criteri propri del dolo eventuale – del verificarsi dell’evento illecito e, dall’altro, della volontà – in guisa di dolo indiretto – di non attivarsi per scongiurare detto evento.

Cassazione penale sez. V,  23 giugno 2017 n. 38396  

La fattispecie della bancarotta fraudolenta patrimoniale è reato di pericolo concreto, sicché, per il suo perfezionamento, è esclusa la necessità di un nesso causale tra i fatti di bancarotta ed il successivo fallimento, laddove i fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa ancora non versava in condizioni di insolvenza. In quanto reato di pericolo concreto è comunque necessario che il fatto di bancarotta abbia determinato un effettivo depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la integrità del patrimonio dell’impresa, da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori.

Cassazione penale sez. un.  31 marzo 2016 n. 22474  

L’elemento soggettivo del delitto di bancarotta fraudolenta è costituito dal dolo generico, per la cui sussistenza non è necessaria la consapevolezza dello stato di insolvenza dell’impresa, né lo scopo di recare pregiudizio ai creditori, essendo sufficiente la consapevole volontà di dare al patrimonio sociale una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni contratte.

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