Reati tributari: la Cassazione chiarisce la nozione di “profitto” del reato e le conseguenze che ne derivano sui limiti del sequestro preventivo.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n.51345/2018 – depositata 12.11.2018 – con la quale la Corte di cassazione offre interessanti spunti di riflessione agli operatori del diritto in materia cautelare reale con riferimento ai delitti di cui al D.L.vo n.74/2000.
In particolare, il Collegio del diritto, ha riscostruito il concetto di “profitto” di reato (tributario) e definito il perimetro della legittimità del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca nell’ambito dei procedimenti penali in fase di indagine per reati fiscali.
La questione sottoposta allo scrutinio di legittimità traeva origine dal ricorso ex art. 325 c.p.p. proposto dai giudicabili indagati di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di illeciti tributari con il quale è stata impugnata l’ordinanza del Tribunale del riesame di Chieti che in una precedente fase rescissoria relativa ad un annullamento con rinvio, aveva accolto parzialmente un precedente ricorso per cassazione degli aventi diritto riducendo l’importo del provvedimento di sequestro preventivo.
Di seguito si riporta un passaggio della motivazione della sentenza in commento di interesse per la sintesi dei più recenti approdi giurisprudenziali in materia di sequestro preventivo e reati tributari:
“… in tema di reati tributari, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, può essere disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato. (sez. 3, n. 23108 del 23.4.2013, Nacci, rv. 255446, nella cui motivazione la Corte ha precisato che il principio rimane valido anche dopo le modifiche apportate all’art. 322 ter cod. pen. dalla I. n. 190 del 2012; conf. sez. 3 n. 35807 del 7.7.2010, Bellonzi e altri, rv. 248618; sez. 3 n. 25890 del 26.5.2010, Molon, rv. 248058).
Il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente (art. 322- ter cod. pen.) può essere applicato ai beni anche nella sola disponibilità dell’indagato, per quest’ultima intendendosi, al pari della nozione civilistica del possesso, tutte quelle situazioni nelle quali i beni stessi ricadano nella sfera degli interessi economici del reo, ancorché il potere dispositivo su di essi venga esercitato per il tramite di terzi (cfr. Sez. 3, n. 15210/2012).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno rilevato, in proposito, che non è rinvenibile in alcuna disposizione legislativa una definizione della nozione di “profitto del reato” e che tale locuzione viene utilizzata in maniera meramente enunciativa nelle varie fattispecie in cui è inserita, assumendo quindi un’ampia “latitudine semantica” da colmare in via interpretativa (Sezioni Unite, 2.7.2008, n. 26654, Fisia Italimpianti S.p.A. ed altri).
In detta pronuncia (con riferimento alla confisca di valore prevista dall’art. 19 del d.Lgs. 8.6.2001, n. 231) sono state richiamate le consolidate affermazioni giurisprudenziali sulla nozione di “profitto del reato” contenuta nell’art. 240 cod. pen., secondo le quali: “il profitto a cui fa riferimento l’art. 240, comma 1, cod. pen., deve essere identificato col vantaggio economico ricavato in via immediata e diretta dal reato” (vedi Sez. Unite 24.2.1993, n. 1811, Bissoli; 17.10.1996, n. 9149, Chabni Samir).
Come affermato dalla condivisibile giurisprudenza di questa Suprema Corte, inoltre, in tema di reati tributari, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente prevista dall’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007 va riferito all’ammontare dell’imposta evasa, che costituisce un indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, in quanto tale, riconducibile alla nozione di profitto del reato, costituito dal risparmio economico conseguente alla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, di cui certamente beneficia il reo; a tal fine, per la quantificazione di questo risparmio, deve tenersi conto anche del mancato pagamento degli interessi e delle sanzioni dovute in seguito all’accertamento del debito tributario(così questa sez. 3, 23 ottobre 2012, n. 45849).
(…)
Le SSUU Gubert del 2014, dal canto loro, avevano in precedenza chiarito che, qualora il profitto derivante dal reato fosse costituito da denaro, il sequestro delle somme, di cui il soggetto aveva la disponibilità, dovesse essere sempre qualificato come sequestro cd. diretto e, in considerazione della natura del bene, non necessita della prova del nesso di derivazione diretta tra la somma materialmente oggetto del vincolo preventivo e il reato.
Gioverà ricordare i principi di diritto affermati dalle SSUU Gubert: I.E’ consentito nei confronti di una persona giuridica il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario commesso dagli organi della persona giuridica stessa, quando tale profitto (o beni direttamente riconducibili al profitto) sia nella disponibilità di tale persona giuridica. II.Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti di una persona giuridica qualora non sia stato reperito il profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio. III.Non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica per reati tributari da costoro commessi, quando sia possibile il sequestro finalizzato alla confisca di denaro o di altri beni fungibili o di beni direttamente riconducibili al profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa in capo a costoro o a persona (compresa quella giuridica) non estranea al reato. IV.La impossibilità del sequestro del profitto del reato può essere anche solo transitoria, senza che sia necessaria la preventiva ricerca generalizzata dei beni costituenti il profitto di reato.
I reati tributari – va ricordato- non sono ricompresi (ai sensi del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231) nella lista di quelli che consentono il sequestro per equivalente nei confronti di una persona giuridica.
Va peraltro evidenziato che in tema di misure cautelari reali, il Tribunale del riesame che proceda alla conferma del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non deve accertare, ai fini del rispetto del principio di proporzionalità, l’esatta corrispondenza tra profitto del reato e “quantum” sottoposto a vincolo cautelare, essendo, invece, sufficiente che motivi sulla non esorbitanza del valore dei beni sequestrati rispetto al credito garantito (sez. 3, n. 39091 del 23.4.2013, Cianfrone, rv. 257284).
Ne consegue che, laddove la valutazione del giudice risponda a tali criteri, essa è insindacabile in sede di legittimità”.
Riferimenti normativi
Art. 321c.p. (oggetto del sequestro preventivo)
- Quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato possaaggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati, a richiesta del pubblico ministero il giudice competente a pronunciarsi nel merito ne dispone il sequestro con decreto motivato. Prima dell’esercizio dell’azione penale provvede il giudice per le indagini preliminari.
- Il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca.
2-bis. Nel corso del procedimento penale relativo a delitti previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale il giudice dispone il sequestro dei beni di cui è consentita la confisca.
- Il sequestro è immediatamente revocato a richiesta del pubblico ministero o dell’interessato
quando risultano mancanti, anche per fatti sopravvenuti, le condizioni di applicabilità previste dal comma 1. Nel corso delle indagini preliminari provvede il pubblico ministero con decreto motivato, che è notificato a coloro che hanno diritto di proporre impugnazione. Se vi è richiesta di revoca dell’interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni. La richiesta è trasmessa non oltre il giorno successivo a quello del deposito nella segreteria.
3-bis. Nel corso delle indagini preliminari, quando non è possibile, per la situazione di urgenza, attendere il provvedimento del giudice, il sequestro è disposto con decreto motivato dal pubblico ministero. Negli stessi casi, prima dell’intervento del pubblico ministero, al sequestro procedono ufficiali di polizia giudiziaria, i quali, nelle quarantotto ore successive, trasmettono il verbale al pubblico ministero del luogo in cui il sequestro è stato eseguito. Questi, se non dispone la restituzione delle cose sequestrate, richiede al giudice la convalida e l’emissione del decreto previsto dal comma 1 entro quarantotto ore dal sequestro, se disposto dallo stesso pubblico ministero, o dalla ricezione del verbale, se il sequestro è stato eseguito di iniziativa dalla polizia giudiziaria.
3-ter. Il sequestro perde efficacia se non sono osservati i termini previsti dal comma 3-bis ovvero se il giudice non emette l’ordinanza di convalida entro dieci giorni dalla ricezione della richiesta. Copia dell’ordinanza è immediatamente notificata alla persona alla quale le cose sono state sequestrate.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di sequestro preventivo e reati tributari:
Cassazione penale, sez. III, 05/12/2017, n. 56451.
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo per equivalente, in vista della confisca prevista dall’art. 12 bis d.lg. n. 74/2000, può essere disposto, entro i limiti quantitativi del profitto, indifferentemente nei confronti di uno o più degli autori la condotta criminosa, non essendo esso ricollegato all’arricchimento personale di ciascuno dei correi bensì alla corresponsabilità di tutti nella commissione dell’illecito.
Cassazione penale, sez. III, 12/07/2017, n. 45552.
In tema di omesso versamento di ritenute dichiarate o certificate ex art. 10-bis d.lg. n. 74/2000 commesse dal legale rappresentante di una società, può essere disposto il sequestro preventivo per equivalente sui beni della persona fisica del soggetto attivo del reato laddove emerga un’oggettiva situazione di illiquidità della persona giuridica e il profitto del reato non risulti nella disponibilità della società.
Cassazione penale, sez. III, 15/04/2015, n. 20887
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuto sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa.
Cassazione penale, sez. III, 24/03/2015, n. 14604.
In tema di sequestro preventivo, solo ove non sia possibile rinvenire il profitto del reato o dei beni riconducibili ad esso presso la persona giuridica, il rappresentante legale o altro soggetto non estraneo al reato, è consentito il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente nei confronti degli organi della persona giuridica (per reati da loro commessi) e della stessa persona giuridica quando questa costituisca uno schermo fittizio (fattispecie relativa al sequestro preventivo per equivalente ai danni di un indagato, presidente del Consiglio di Amministrazione di una cooperativa, accusato di omesso versamento dell’IVA).
Cassazione penale, sez. III, 06/02/2014, n. 18308.
In tema di omesso versamento Iva, è legittimo il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, dell’importo corrispondente all’imposta evasa nella sua totalità e non alla sola parte che eccede la soglia di punibilità prevista dalla legge, in quanto il profitto del reato si identifica nell’intero ammontare del tributo non versato.
Cassazione penale, sez. un., 30/01/2014, n. 10561.
In tema di reati tributari, laddove pure non è prevista la responsabilità dell’ente ex decreto legislativo n. 231 del 2001, è possibile la confisca “diretta” del profitto del reato commesso dal legale rappresentante o da altro organo della persona giuridica, quando il profitto sia rimasto nella disponibilità dell’ente. Mentre, al contrario, non è consentito il sequestro preventivo finalizzato alla confisca “per equivalente” nei confronti della persona giuridica, qualora non sia stato reperito il profitto di reato tributario compiuto dagli organi della persona giuridica stessa, salvo che la persona giuridica sia uno schermo fittizio.
Cassazione penale, sez. III, 08/01/2014, n. 6635.
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto corrispondente all’imposta evasa non può essere mantenuto qualora, a seguito di procedura coattiva di pignoramento presso terzi, intrapresa dall’agente della riscossione ex art. 72 bis d.P.R. n. 602 del 1973, il debito di imposta sia stato integralmente adempiuto dal terzo debitore in luogo del contribuente effettivamente obbligato verso l’ amministrazione finanziaria, posto che, per effetto di questa operazione solutoria, non residua all’indagato alcun indebito arricchimento o vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa.
Cassazione penale, sez. III, 04/07/2013, n. 8699
In caso di reati tributari commessi dall’amministratore di una società, non è possibile procedere al sequestro preventivo a fini di confisca per equivalente dei beni della società, non risultando i reati fiscali compresi tra i reati presupposto che, in base al d.lg. 8 giugno 2001 n. 231, consentono l’adozione di tale misura cautelare nei confronti dell’ente per fatti illeciti commessi dal suo amministratore.
Cassazione penale, sez. III, 14/02/2013, n. 24519
Il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dall’art. 19, comma 2, d.lg. 8 giugno 2001 n. 231, non può essere disposto sui beni appartenenti alla persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, atteso che gli art. 24 ss. del citato decreto non prevedono i reati fiscali tra i reati presupposto che possono dare luogo a responsabilità dell’ente da reato e, quindi, in grado di giustificare l’adozione del provvedimento; ciò salva solo l’ipotesi in cui la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio utilizzato dal reo per commettere gli illeciti, così che ogni cosa intestata alla società risulterebbe immediatamente riconducibile alla disponibilità dell’autore del reato.
Cassazione penale, sez. un., 31/01/2013, n. 18374
In tema di reati tributari, il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui all’art. 11 d.lg n. 74 del 2000, è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario.
Cassazione penale, sez. III, 19/09/2012, n. 1256
L’attuale sistema giuridico non prevede la responsabilità degli enti di cui al d.lg. 8 giugno 2001 n. 231 in relazione ai reati tributari e, di conseguenza, non può essere applicata la confisca per equivalente (ed il sequestro preventivo alla stessa finalizzato) in caso di reati di questo genere allo stato ascrivibili solo agli indagati-persone fisiche.
Cassazione penale, sez. III, 12/07/2012, n. 46726
In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ex art. 1 comma 143 l. n. 244 del 2007 va riferito all’ammontare dell’imposta evasa, sicché, qualora l’agente provveda al versamento delle somme indicate all’Erario, difetta la stessa ragion d’essere della misura cautelare, da rinvenirsi proprio nella necessità di evitare che il conseguimento dell’illecito profitto del reato si consolidi in capo al reo; la natura prevalentemente sanzionatoria della confisca per equivalente, infatti, non deve portare ad un indiscriminato automatismo nella sua applicazione, senza tener conto che con l’adempimento, sia pure tardivo, dell’obbligazione tributaria, viene meno quel profitto del reato che la misura ablatoria è destinata ad aggredire, di talché il mantenimento del vincolo, in tal caso, darebbe luogo ad una inammissibile duplicazione sanzionatoria.
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