Incidente mortale in cantiere e responsabilità del committente: la cassazione conferma la linea del rigore sull’obbligo della concreta e sostanziale verifica delle procedure antinfortunistiche.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 50292/2018, depositata il 07.11.2018, con la quale la Suprema corte è tornata sul tema della responsabilità penale derivante da inosservanza delle norme poste a presidio della sicurezza dei lavoratori, nell’ambito dei cantieri in cui più imprese partecipano alle lavorazioni con particolare riferimento alla posizione di garanzia di cui è investito il committente.

Nei gradi di merito, ai ricorrenti tutti, quali responsabili della sicurezza in cantiere e legali rappresentanti delle società coinvolte nelle lavorazioni, veniva ascritta la cooperazione colposa nel reato di cui all’art. 589, commi 1 e 2, cod. pen. (omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza) perché, con condotte autonome, ma convergenti rispetto all’evento avverso, cagionavano la morte di un operaio che, insieme ad un collega, in un momento in cui l’impianto appariva non in funzione, si introduceva, non visto, sotto una placca di evacuazione strati per sistemare, come richiesto, i tubicini di ingrassaggio e, a seguito  dell’improvvisa attivazione del macchinario, veniva schiacciato dallo stesso perdendo la vita a causa del trauma da schiacciamento al torace e connessa asfissia traumatica.

Di seguito è riportato il passaggio motivazionale di maggior interesse per gli operatori del diritto concernente la posizione del committente nell’ambito di lavori caratterizzati dal c.d. rischio interferenziale che sorregge la decisione di rigetto del ricorso:

Il sistema di sicurezza di cui al d. lgs. n.81/2008 si configura come procedimento di programmazione della prevenzione globale dei rischi e tale logica sottende anche alla gestione dei rischi in caso di compresenza di più imprese o di lavoratori autonomi coinvolti nei lavori che si svolgono, in successione o contestualmente, all’interno di una stessa area. Esiste, invero, l’obbligo di collaborare all’attuazione del sistema prevenzionistico globalmente inteso, sia mediante la programmazione della prevenzione concernente i rischi specifici della singola attività, rispetto ai quali la posizione di garanzia permane a carico di ciascun datore di lavoro, sia mediante la cooperazione nella prevenzione dei rischi generici derivanti dall’interferenza tra le diverse attività, rispetto ai quali la posizione di garanzia si estende a tutti i datori di lavoro ai quali siano riferibili le plurime attività coinvolte nel processo causale da cui ha tratto origine l’infortunio (Sez. 4, sent. n. 5420 del 15/12/2011, Intrevado; Sez. 4, sent. n. 36605 del 5/05/2011, Giordano; Sez.4, sent. n. 3211de1 25/03/2011, D’Acquisto).

Per interferenza deve intendersi non il solo contatto fisico, matutto quel complesso di attività preventive che le imprese che convivono in un certo luogo di lavoro devono compiere per evitare gli infortuni.Spetta al giudice di merito chiarire, preliminarmente, se una determinata attività abbia dato luogo ad un rischio interferenziale, in relazione al contesto spaziale e lavorativo in cui si è verificato l’evento, alla convergenza delle attività di lavoratori dipendenti dalle varie imprese presenti sul cantiere che può essere fonte di ulteriori rischi per i lavoratori di tutte le imprese coinvolte, non solo per il contatto rischioso tra lavoratori di imprese diverse che operano nel medesimo luogo di lavoro, ma anche per la coesistenza in un medesimo contesto di più organizzazioni (Sez.4, sent. n.30557, del 07/06/2016, Rv.267687; Sez.4, sent. n.44792 del7/06/2015, Rv.264957; Sez.4, sent. n.36398 del 23/05/2013, Mungiguerra).

(…) Questa Sezione ha recentemente riaffermato il principio che nei luoghi di lavoro (Sez. 4, sent. n. 25133 del 17.05.2018, Spinazzola ed altri) che prevedano il concorso di più imprese esecutrici la definizione dei relativi compiti e della connessa sfera di responsabilità discende anche dalla funzione di vigilanza generale che la legge demanda allo stesso committente e, per suo conto, al responsabile dei lavori. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, infatti, il committente, che è il soggetto che normalmente concepisce, programma, progetta e finanzia un’opera, è titolare ex lege di una posizione di garanzia che integra ed interagisce con quella di altre figure di garanti legali (datori di lavoro, dirigenti, preposti, etc.) e può designare un responsabile dei lavori, con un incarico formalmente rilasciato, accompagnato dal conferimento di poteri decisori, gestionali e di spesa, che gli consenta di essere esonerato dalle responsabilità sia pure entro i limiti dell’incarico medesimo, ferma restando la sua piena responsabilità per la redazione del piano di sicurezza, del fascicolo di protezione dai rischi e per la vigilanza sul coordinatore in ordine allo svolgimento del suo incarico e sul controllo delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza( Sez. 4, sent. n. 37738 del 28/05/2013, Gandolla e altri).

Ne consegue che al committente e al responsabile dei lavori non è attribuito dalla legge il compito di verifiche meramente formali, ma una posizione di garanzia particolarmente ampia, comprendente l’esecuzione di controlli sostanziali ed incisivi su tutto quel che concerne i temi della prevenzione, della sicurezza del luogo di lavoro e della tutela della salute del lavoratore(Sez. 4, n. 14012 del 12/02/2015, Zambelli, Rv. 263014)”.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di responsabilità penale del committente per infortuni sul lavoro:

Cassazione Penale, sez. III, 22/08/2016, n. 35185.

Ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare, in concreto, quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo.

Cassazione penale, sez. IV, 09/02/2016, n. 23171.

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche nel caso di affidamento dei lavori ad un’unica ditta appaltatrice (c.d. cantiere “sotto – soglia”), è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa – essendo tenuto agli obblighi di verifica imposti dall’art. 3, comma ottavo, D.Lgs. 14 agosto 1996, n. 494 – sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata, che aveva riconosciuto la responsabilità a titolo di omicidio colposo del committente, il quale aveva omesso non solo di verificare l’idoneità tecnico professionale della ditta appaltatrice, in relazione alla entità e tipologia dell’opera, ma anche di attivare i propri poteri di inibizione dei lavori, a fronte della inadeguatezza dimensionale dell’impresa e delle evidenti irregolarità del cantiere).

Cassazione penale, sez. IV, 15/07/2015, n. 44131.

In materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione di opera, il committente, anche quando non si ingerisce nella loro esecuzione, rimane comunque obbligato a verificare l’idoneità tecnico – professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione ai lavori affidati, dovendosi, peraltro, escludere che la non idoneità possa essere ritenuta per il solo fatto dell’avvenuto infortunio, in quanto il difetto di diligenza nella scelta dell’impresa esecutrice deve formare oggetto di specifica motivazione da parte del giudice.

Cassazione penale, sez. III, 25/02/2015, n. 12228.

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto d’appalto, il committente è esonerato dagli obblighi in materia antinfortunistica, con esclusivo riguardo alle precauzioni che richiedono una specifica competenza tecnica nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell’utilizzazione di speciali tecniche o nell’uso di determinate macchine. (In applicazione del principio, la Corte ha escluso che potesse andare esente da responsabilità il committente che aveva omesso di attivarsi per prevenire il rischio, non specifico, di caduta dall’alto di un operaio operante su un lucernaio).

Cassazione penale, sez. IV, 24/06/2009, n. 28230.

Il socio di fatto che presta la sua attività per conto della società è contemporaneamente oggetto e destinatario delle norme antinfortunistiche e di quelle di comune prudenza e di buona tecnica, sicché deve provvedere, a tutela dell’incolumità propria e degli altri lavoratori, anche eventualmente soci, della società, a che il lavoro si svolga con l’osservanza delle norme antinfortunistiche e di quelle di comune prudenza. (Nel caso specifico gli imputati − che hanno stipulato con un condominio un contratto di prestazione d’opera con assunzione di un soggetto per l’esecuzione del lavoro, poi rimasto vittima di un incidente e deceduto − hanno ammesso la mancata adozione di cautele per la prevenzione degli infortuni pur asserendo la loro estraneità alla causazione dell’evento).

Cassazione penale, sez. IV, 14/01/2008, n. 8589.

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, l’assenza di indici formali, quali il contratto di assunzione, il versamento dei contributi o la costituzione dei libri paga, non è elemento sufficiente ad escludere l’instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato e della conseguente attribuzione degli obblighi posti dalla legge a carico del datore di lavoro, potendo il giudice trarre la prova dell’esistenza di tale rapporto anche da elementi ulteriori che ne dimostrino l’instaurazione di fatto. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittimo il riconoscimento della subordinazione lavorativa sulla base del fatto che il committente aveva incaricato il datore di lavoro, che il lavoratore era retribuito ad ore dal datore di lavoro, pagato invece a “corpo” dal committente, che il lavoratore riceveva istruzioni esclusivamente dal datore di lavoro e non dal committente).

 

Per la pertinenza con gli argomenti trattati dall’articolo in commento si riporta anche il  quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di responsabilità civile del committente per infortuni sul lavoro:

Cassazione civile, sez. II, 05/08/2016, n. 16596.

In tema di contratto d’opera professionale, ove il committente abbia receduto “ad nutum” ex art. 2237 c.c., il professionista (nella specie, un geometra) che abbia agito nei suoi confronti in via risarcitoria, chiedendone la condanna a titolo di responsabilità contrattuale, non può successivamente, in tale giudizio, invocare l’applicazione delle clausole contrattuali che fissano il compenso per il caso di recesso del committente ovvero dell’indennità di cui all’art. 10, comma 1, della l. n. 143 del 1949, trattandosi di domanda nuova, di natura indennitaria, che si fonda sull’esercizio di una facoltà spettante “ex lege” al committente e non già su di un suo atto illegittimo.

Cassazione civile, sez. III, 14/05/2013, n. 11548.

In materia di contratto d’opera intellettuale, nel caso in cui risulti provato l’inadempimento del professionista per negligente svolgimento della prestazione, il danno derivante da eventuali sue omissioni deve ritenersi sussistente, qualora, sulla scorta di criteri probabilistici, si accerti che senza quell’omissione il risultato sarebbe stato conseguito. (Nel caso di specie, in difetto di prova, anche presuntiva, dell’esistenza di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente valutabile, è stata rigettata la domanda volta a conseguire il risarcimento del danno da perdita di “chance” avanzata in relazione al comportamento omissivo di un professionista).

Cassazione civile, sez. III, 26/01/1995, n. 933.

Nel contratto d’opera – caratterizzato dall’autonomia del prestatore d’opera nella scelta dei mezzi e nell’organizzazione della propria attività volta al conseguimento dell’opus – non trovano applicazione le norme speciali antinfortunistiche, che, di regola, presuppongono l’inserimento del prestatore nell’impresa del soggetto destinatario della prestazione, nè la norma di cui all’art. 2087 c.c., la quale, integrando le richiamate leggi speciali, impone all’imprenditore la adozione delle misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro; con la conseguenza che, nell’indicato contratto, non è ipotizzabile un generale dovere di controllo del committente, in ordine all’attitudine del prestatore, all’efficacia o adeguatezza dell’organizzazione da lui predisposta e delle concrete modalità di svolgimento dell’opera (nella specie, la S.C. ha annullato la decisione di merito – che aveva ritenuto il committente responsabile di aver consentito la esecuzione del montaggio di una parete in legno di uno “stand” fieristico ad un artigiano, privo dei mezzi necessari – per non avere adeguatamente accertato le caratteristiche e le modalità di esecuzione dell’opera, alle quali ricondurre un dovere di controllo del committente.

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