La cassazione conferma gli orientamenti di legittimità sulla particolare tenuità del fatto e sullo stato di necessità in relazione all’omesso versamento di ritenute certificate.
Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 52974/2018 – dep. 26.11.2018 resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione nell’ambito di un procedimento per omesso versamento di ritenute certificate, ove i giudici di Piazza Cavour hanno, ancora una volta, ritenuto di dare continuità al restrittivo orientamento di legittimità in merito all’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis c.p. e dello stato di necessità alle fattispecie di reato omissive previste e punite dal D.lgs. n. 74/2000.
La sentenza della Corte di Appello di Perugia impugnata, confermava la sentenza del Tribunale di Terni emessa all’esito di giudizio abbreviato, che aveva condannato l’imputato alla pena, sospesa, di mesi due e giorni venti di reclusione, oltre pene accessorie, in quanto colpevole del reato di cui all’art. 10 bis D. Lgs. 74/2000, perché in qualità di legale rappresentante di una s.r.l. non versava, entro il termine annuale del 22/08/2011, le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti per un ammontare di euro 162.746,92per l’anno di imposta 2010.
Le doglianze del ricorrente afferivano rispettivamente:
- i) alla violazione ex art. 606 lett. b) c.p.p. relativamente all’art. 131 bis c.p. Sosteneva, infatti, il ricorrente che la Corte d’Appello, nel negare l’applicabilità al caso concreto della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, avrebbe affermato un principio contrario a quanto affermato dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 13681/2016 in materia di stato di ebbrezza, laddove si è affermato il principio della non incompatibilità dell’istituto ex art. 131 bis c.p. ai reati che prevedono soglie di punibilità, sia con la giurisprudenza successiva in materia di reati tributari (tra tutte sentenza n. 6710 del 19 febbraio 2016), che ha sostenuto l’applicabilità a tali reati della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto;
- ii) violazione ex art. 606 lett. b) e e) c.p.p. in relazione all’art. 54 c.p. A sostegno della sussistenza della predetta causa di non punibilità, il ricorrente aveva allegato il ricorso alla procedura di concordato preventivo alla quale fu costretto l’imputato a seguito dell’assoluta carenza di liquidità aziendale.
La Suprema corte ha rigetta il ricorso per i motivi di seguito riportati:
“Quanto al primo motivo, va premesso come le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito il principio in base al quale non sussiste in astratto un’incompatibilità tra la causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131- bis cod. pen. e la presenza di soglie di punibilità all’interno della fattispecie tipica, anche nel caso in cui, al di sotto della soglia di rilevanza penale, vi sia una fattispecie che integra un illecito amministrativo. (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266589). Tuttavia questa Corte ha altresì affermato, proprio in tema di reati tributari per i quali il legislatore ha previsto delle soglie di punibilità, il principio secondo cui la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile solo se l’ammontare dell’imposta non corrisposta è di pochissimo superiore a quello fissato dalla soglia di punibilità, atteso che l’eventuale tenuità dell’offesa non deve essere valutata con riferimento alla sola eccedenza rispetto alla soglia di punibilità prevista dal legislatore, bensì in rapporto alla condotta nella sua interezza, avendo dunque riguardo all’ammontare complessivo dell’imposta non versata .
(…) E’ stato nella sostanza affermato che fini dell’applicabilità della causa di non punibilità per “particolare tenuità del fatto”, occorre sempre valutare la condotta in base ai criteri generali dettati dall’art. 131-bis cod. pen., con particolare riferimento alla sua reiterazione negli anni di imposta e alla messa in pericolo del bene protetto (cfr. Sez.3, n. 38488 del 21/04/2016, Masetti, Rv. 267945).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno considerato che (omissis) risulta avere omesso il versamento di oltre 162 mila euro, superando di 12 mila euro la soglia di punibilità prevista dalla fattispecie, pertanto l’inadempimento non poteva dunque essere considerato particolarmente tenue, con conseguente inapplicabilità dell’art. 131 bis c.p. La motivazione risulta in linea con gli indicati principi giurisprudenziali.
E sulla dedotta esistenza di uno stato di necessità:
“Infondato è altresì il secondo motivo di ricorso. La giurisprudenza di legittimità è concorde nell’affermare che nel reato di omesso versamento di ritenute certificate (art. 10-bis D.Lgs. n. 74 del 2000), la colpevolezza del sostituto di imposta non è esclusa dalla crisi di liquidità intervenuta al momento della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all’esercizio precedente, a meno che l’imputato non dimostri che le difficoltà finanziarie non siano a lui imputabili e che le stesse, inoltre, non possano essere altrimenti fronteggiate con idonee misure anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale(ex multis Sez. 3, n. 8352/15 del 24/06/2014, Schirosi, Rv. 263128 – Sez. 3, n. 20266 del 08/04/2014, P.G. in proc. Zanchi, Rv. 259190 – Sez. 3, n. 5467/14 del 05/12/2013, Mercutello, Rv. 258055).
Nel caso di specie la Corte d’Appello ha, escluso la sussistenza dello stato di necessità, in quanto il concordato preventivo, addotto dalla difesa dell’imputato come prova dell’impossibilità di far fronte agli obblighi tributari, è datato 16 ottobre 2013 (con apertura della procedura il 7 gennaio 2014), tre anni dopo l’inadempimento di cui all’imputazione. Se quindi il concordato è stato riconosciuto come valida prova della crisi dell’impresa cui il (omissis) era rappresentante legale, la Corte di merito ha altresì rilevato come tale arco temporale (dal 2010, anno in cui si è realizzato l’omesso pagamento dell’IVA al 2013, anno in cui l’imputato ha richiesto il concordato preventivo, accordato poi nel 2014) è dimostrativo della mancanza di repentinità della crisi stessa, della quale va pertanto esclusa l’asserita imprevedibilità, in quanto è assente la contestualità tra il comportamento omissivo e la scoperta, ovvero consapevolezza, da parte dell’imprenditore della situazione di dissesto della propria impresa”.
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Riferimenti normativi: art. 10-bis. d.lgs. n. 74/2000
Omesso versamento di ritenute dovute o certificate
“E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta”.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di omesso versamento di ritenute dovute o certificate:
Cassazione penale sez. III 12 luglio 2017 n. 3647
In tema di reati tributari, il delitto di omesso versamento di ritenute dovute o certificate di cui all’ art. 10-bis del d.lgs. 10 marzo 2000 n. 74 differisce da quello previsto dall’art. 10-ter del medesimo d.lgs. per l’oggetto, che solo nel primo caso è costituito da somme già nella disponibilità del debitore; ne consegue che, in caso di carenza di liquidità di impresa, se l’omesso versamento dell’iva può astrattamente derivare dall’inadempimento altrui, l’impossibilità di adempiere all’obbligazione di versamento delle ritenute non può essere giustificata, ai sensi dell’ art. 45 cod. pen. , dalla insolvenza dei debitori, essendo di pertinenza del sostituto d’imposta la decisione di distrarre a scopi diversi le somme di denaro dovute all’erario.
Cassazione penale sez. III 11 maggio 2017 n. 34362
La modifica dell’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 ad opera dell’art. 7, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 158 del 2015, che ha escluso la rilevanza penale dell’omesso versamento di ritenute dovute o certificate sino all’ammontare di E. 150.000,00, ha determinato una “abolitio criminis” parziale con riferimento alle condotte aventi ad oggetto somme pari o inferiori a detto importo, commesse in epoca antecedente.
Cassazione penale sez. III 16 dicembre 2016 n. 23784
In tema di reati tributari, la competenza per territorio per il delitto di omesso versamento delle certificate ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti (art. 10-bis D.Lgs. n. 74 del 2000) appartiene al giudice del luogo dove si compie, alla scadenza del termine previsto, l’omissione di cui al precetto normativo, luogo che di regola corrisponde, per le società, a quello in cui si trova la sede effettiva dell’impresa, intesa come centro della prevalente attività amministrativa e direttiva di organizzazione, coincidente o meno con la sede legale. (In motivazione, la S.C. – annullando la decisione di merito che, ritenendo erroneamente di dover applicare la regola fissata dall’art. 1182 cod. civ., aveva affermato la competenza del giudice del territorio ove era sita la Direzione provinciale della Agenzia delle Entrate destinataria del pagamento omesso – ha osservato che le fattispecie di cui agli artt. 10-bis e 10-ter, in quanto non comprese nei reati di cui al capo I del titolo II del D.Lgs. n. 74 del 2000, non partecipano della speciale disciplina della competenza a questi ultimi riservata dal secondo comma dell’art. 18 dello stesso decreto).
Cassazione penale sez. III 26 ottobre 2016 n. 6591
In tema di reati tributari, va esclusa la configurabilità del delitto di omesso versamento delle ritenute d’imposta dovute e certificate, in presenza di una transazione fiscale concordata ai sensi dell’art. 182-ter legge fallimentare, ove omologata prima della consumazione del reato coincidente con la data di scadenza prevista per il versamento omesso. (In motivazione, la S.C. ha osservato che l’accordo transattivo tempestivamente omologato muta gli elementi costitutivi del reato di cui all’art. 10-bis D.Lgs. n. 74 del 2000, incidendo sia sul termine di pagamento, che può essere dilazionato ovvero frazionato in più rate, sia sull’importo stesso del tributo che, nel caso di imposte diverse dall’Iva e di quelle armonizzate, può essere addirittura ridotto per effetto dell’accordo, con eventuale rimodulazione del debito al di sotto della soglia di punibilità; di modo che il titolo di pagamento non è più costituito dalla dichiarazione annuale di sostituto di imposta o dai certificati rilasciati ai sostituiti, bensì dalla transazione fiscale, il cui eventuale successivo inadempimento comporta la revoca della transazione stessa, ma non anche la reviviscenza del reato).
Cassazione penale sez. III 28 aprile 2016 n. 21987
In tema di reati tributari, il liquidatore di società risponde del delitto di omesso versamento delle ritenute certificate, previsto dall’art. 10-bis del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non per il mero fatto del mancato pagamento, con le attività di liquidazione, delle imposte dovute per il periodo della liquidazione medesima e per quelli anteriori, ma solo qualora distragga l’attivo della società in liquidazione dal fine di pagamento delle imposte e lo destini a scopi differenti. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che tali conclusioni sono imposte dalle limitazioni fissate, dall’art.36 del d.P.R. 602 del 1973, alla responsabilità in proprio del liquidatore, che sussiste solo qualora egli non provi di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci e creditori ovvero di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari).
Cassazione penale sez. III 30 marzo 2016 n. 40314
In tema di reati tributari, la causa di non punibilità contemplata dall’art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, come sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. n. 158 del 2015 – per la quale i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater del decreto 74 del 2000 non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti – è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento.
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