Risponde di lesioni colpose il datore di lavoro se la dipendente scivola e si ferisce a causa del pavimento sprovvisto di copertura antisdrucciolo.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 58272/2018 – depositata il 27.12.2018, con la quale la IV Sezione della Corte di Cassazione, ha rigettato il ricorso per cassazione interposto da un datore di lavoro condannato per lesioni colpose aggravate nel doppio grado di merito, dando continuità al consolidato e rigoroso orientamento di legittimità in tema di responsabilità della parte datoriale in caso di incidente sul lavoro connesso alla violazione delle norme antinfortunistiche.

La sentenza di rigetto del ricorso per cassazione risulta estremamente interessante per gli operatori di diritto che si occupano della materia del diritto penale del lavoro, perché contiene l’elencazione dei richiami giurisprudenziali con descrizione  delle fattispecie per le quali la condotta esorbitante  dell’operaio è stata ritenuta idonea ad interrompere il nesso causale tra l’evento dannoso del lavoratore e la condotta (attiva od omissiva) del datore di lavoro, escludendo la responsabilità di quest’ultimo, quale primo garante della salute dei lavoratori impegnati nell’attività produttiva.

Si riporta, pertanto, il passaggio della motivazione di interesse perché contenente le utili esemplificazioni giurisprudenziali:

Si deve, a tal fine, ricordare che, in una recente sentenza di questa Sezione (Sez. 4, n. 49821 del 23/11/2012, Lovison, Rv. 25409401), sono state richiamate le pronunce della Corte nelle quali si è ritenuto che il comportamento del lavoratore avesse interrotto il nesso di causalità tra l’azione o l’omissione del datore di lavoro e l’evento e, in dettaglio, le seguenti:

  1. a) un dipendente di un albergo in una località termale, terminato il turno di lavoro, si era diretto verso l’auto parcheggiata nei pressi e, per guadagnare tempo, invece di percorrere la strada normale, si era introdotto abusivamente in un’area di pertinenza di un attiguo albergo ed aveva percorso un marciapiede posto a margine di una vasca con fango termale alla temperatura di circa 80 gradi. L’area era protetta da ringhiere metalliche ed il passaggio era sbarrato da due catenelle, mentre non esisteva alcuna protezione all’interno dell’area stessa, sui passaggi che fiancheggiavano le vasche. In prossimità dell’area si trovavano segnali di pericolo. L’uomo, che conosceva molto bene la zona, aveva scavalcato le catenelle e si era incamminato lungo i marciapiedi, ma aveva messo un piede in fallo cadendo nella vasca e perdendovi la vita (Sez. 4, n. 11311 del 07/05/1985, Bernardi, Rv. 17121501). La pronunzia assolutoria, confermata dal giudice di legittimità, era motivata dal fatto che il lavoratore conosceva benissimo i luoghi e fosse ben consapevole dei pericoli derivanti dal fango ad alta temperatura, dai vapori che ne emanavano e dal buio;
  2. b) un operaio addetto ad una pala meccanica che si era improvvisamente bloccata era sceso dal mezzo senza spegnere il motore e, sdraiatosi sotto di essa tra i cingoli, aveva sbloccato a mano la frizione difettosa sicché il veicolo, muovendosi, lo aveva travolto. La Corte ha, in tale occasione, affermato il principio che la responsabilità dell’imprenditore deve essere esclusa allorché l’infortunio si sia verificato a causa di una condotta del lavoratore inopinabile ed esorbitante dal procedimento di lavoro cui è addetto, oppure a causa di inosservanza di precise disposizioni antinfortunistiche (Sez.4, n.3510 del 10/11/1989, dep.1990, Addesso, Rv.18363301);
  3. c) un lavoratore, addetto ad una macchina dotata di fresatrice, con il compito di introdurvi manualmente degli elementi di legno, aveva inserito la mano all’interno dell’apparato, «eseguendo una manovra tanto spontanea quanto imprudente», per rimuovere residui di lavorazione, subendone l’amputazione. L’imputazione riguardava il reato di cui all’art. 590 cod. pen. in relazione all’art. 68 d.P.R. n.547/55 per la mancata adozione di idonei dispositivi di sicurezza. La Corte d’appello aveva affermato la responsabilità del titolare della ditta e del preposto ai lavori. La Corte di Cassazione ha, invece, annullato con rinvio ai giudice di merito perché verificasse se l’incongruo intervento del lavoratore fosse stato richiesto da particolari esigenze tecniche, osservando che l’operazione compiuta era rigorosamente vietata; che la macchina era dotata di idoneo strumento aspiratore; che il lavoratore era perfettamente consapevole che la fresatrice fosse in movimento; che qualunque accorgimento tecnico volto ad obbligare l’operatore a tenere ambo le mani impegnate per far andare la macchina avrebbe dovuto fare i conti con il tipo di lavorazione, nel quale la manualità dell’operatore era totalmente assorbita nell’introduzione del legno nell’apparato (Sez.4, n. 10733 del 25/09/1995, Dal Pont, Rv. 20322301).

La condotta colposa del lavoratore è stata, in altra pronuncia ritenuta idonea ad escludere la responsabilità dell’imprenditore, dei dirigenti e dei preposti in quanto esorbitante dal procedimento di lavoro al quale egli era addetto oppure concretantesi nella inosservanza di precise norme antinfortunistiche (Sez. 4, n. 1484 del 08/11/1989, dep.1990, Dell’Oro, Rv.18319901). In alcune sentenze il principio è stato ribadito, e si è altresì sottolineato che la condotta esorbitante deve essere incompatibile con il sistema di lavorazione o, pur rientrandovi, deve consistere in qualcosa di radicalmente, ontologicamente, lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro, tali non essendo i comportamenti tipici del lavoratore abituato al lavoro di routine (Sez. 4, n. 40164 del 03/06/2004, Giustiniani, Rv.229564; Sez. 4, n. 9568 del 11/02/1991, Lapi, Rv. 18820201); in altre si è sostenuto che l’inopinabilità può essere desunta o dalla estraneità al processo produttivo o dall’estraneità alle mansioni attribuite (Sez.4, n. 12115 del 03/06/1999, Grande, Rv.21499801; Sez.4, n.8676 del 14/06/1996, Ieritano, Rv. 20601201), o dal carattere del tutto anomalo della condotta del lavoratore (Sez.4, n. 2172 del 13/11/1984, dep.1986, Accettura, Rv.17216001).

Se, dunque, da un lato, è stato posto l’accento sulle mansioni del lavoratore, quale criterio idoneo a discriminare il comportamento anomalo da quello che non lo è, nel concetto di esorbitanza si è ritenuto di includere anche l’inosservanza di precise norme antinfortunistiche, ovvero la condotta del lavoratore contraria a precise direttive organizzative ricevute, a condizione che l’infortunio non risulti determinato da assenza o inidoneità delle misure di sicurezza adottate dal datore di lavoro (Sez.4, n.3455 del 03/11/2004, dep. 2005, Volpi, Rv.23077001).

In sintesi, si può cogliere nella giurisprudenza di legittimità la tendenza a considerare interruttiva del nesso di condizionamento la condotta abnorme del lavoratore non solo quando essa si collochi in qualche modo al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso ma anche quando, pur collocandosi nell’area di rischio, sia esorbitante dalle precise direttive ricevute ed, in sostanza, consapevolmente idonea a neutralizzare i presidi antinfortunistici posti in essere dal datore di lavoro; cionondimeno, quest’ultimo, dal canto suo, deve aver previsto il rischio ed adottato le misure prevenzionistiche esigibili in relazione alle particolarità del lavoro”.

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Quadro giurisprudenziale (penale e della sezione lavoro) di riferimento in tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle norme antinfortunistiche e sulla causa di interruzione del nesso causale per condotta abnorme del lavoratore.

 

Cassazione penale sez. IV, 29/05/2018, n.26858

Il comportamento colposo concausativo dell’infortunio del lavoratore non esclude la responsabilità primaria del suo superiore e non deve essere confuso con la condotta abnorme del dipendete, che è la sola che può condurre all’esonero del datore di lavoro.

Cassazione civile sez. lav., 10/10/2018, n.25102

La responsabilità datoriale per l’infortunio occorso al dipendente può fondarsi sulla violazione degli obblighi di informazione e formazione del lavoratore quanto ai pericoli connessi allo svolgimento della specifica operazione lavorativa ed alle misure di sicurezza per prevenirli. La condotta del dipendente, non abnorme, benché imprudente, non può considerarsi concausa dell’evento dannoso quante volte, la stessa imprudenza, sia riconducibile all’inadempimento del datore di lavoro e questi non dimostri di aver fornito al lavoratore tutte le necessarie istruzioni per evitare di commettere l’errore che fu causa dell’infortunio.

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.43852

In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta colposa del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia eccezionale ed imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. Non integra il “comportamento abnorme”, idoneo a escludere il nesso di causalità tra la condotta omissiva del datore di lavoro e l’evento lesivo o mortale patito dal lavoratore, il compimento da parte di quest’ultimo di un’operazione che, seppure inutile e imprudente, non risulti eccentrica rispetto alle mansioni a lui specificamente assegnate nell’ambito del ciclo produttivo, che il garante è chiamato a governare.

Cassazione civile sez. lav., 23/05/2018, n.12807

Il rischio elettivo si determina allorquando venga tenuto dal lavoratore una condotta “abnorme, inopinabile ed esorbitante” che si pone al di fuori dell’attività lavorativa e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico” con la prestazione e quindi non rientrante nella copertura dell’obbligo di sicurezza datoriale, notoriamente esteso, viceversa, alla prevenzione rispetto ad eventuali comportamenti meramente colposi del lavoratore (confermata, nella specie, la responsabilità del datore per l’infortunio occorso al lavoratore causato dalla caduta del dipendente che in quel momento stava fumando appoggiato al camion della raccolta rifiuti e si era sorretto alla barra laterale e non a quella orizzontale, così finendo con la mano schiacciata tra tale barra ed il muro del limitrofo edificio).

Cassazione penale sez. IV, 29/03/2018, n.31615

In tema di responsabilità per violazione della normativa antinfortunistica, compito del datore di lavoro, titolare della posizione di garanzia, è quello di evitare che si verifichino eventi lesivi dell’incolumità fisica intrinsecamente connaturati all’esercizio dell’attività lavorativa, anche nell’ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti a eventuali negligenze, imprudenze e disattenzioni dei lavoratori subordinati, la cui incolumità deve essere protetta con appropriate cautele. Il garante, dunque, ove abbia negligentemente omesso di attivarsi per impedire l’evento, non può invocare, quale causa di esenzione dalla colpa, la legittima aspettativa in ordine all’assenza di condotte imprudenti, negligenti o imperite da parte dei lavoratori, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l’incolumità del lavoratore anche dai rischi derivanti dalle sue stesse imprudenze e negligenze o dai suoi stessi errori, purché connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa. Il datore di lavoro, quindi, non può essere considerato esente da responsabilità ove il lavoratore esplichi un incombente che, anche se inutile e imprudente, rientri comunque nelle sue attribuzioni e non risulti eccentrico rispetto alle mansioni a lui specificatamente assegnate, nell’ambito del ciclo produttivo. Vi è però esonero da responsabilità del datore di lavoro ove, a norma dell’articolo 41, comma 2, del Cp, il nesso causale tra la sua condotta in ipotesi colposa e l’evento lesivo risulti interrotto da una causa sopravvenuta, sufficiente sa sola a determinare l’evento, ciò che si verifica nei casi in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e del tutto incongruo rispetto al rischio originario, attivato dalla prima condotta. Tale interruzione del nesso causale è ravvisabile qualora il lavoratore ponga in essere una condotta del tutto esorbitante dalle procedure operative alle quali è addetto e incompatibile con il sistema di lavorazione ovvero non osservi precise disposizioni antinfortunistiche, ponendo in essere un comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro. In questi casi è configurabile la colpa dell’infortunato nella produzione dell’evento, con esclusione della responsabilità penale del titolare della posizione di garanzia (nella specie, la Corte ha annullato la sentenza di condanna pronunciata a carico del titolare della posizione di garanzia evidenziando come nella eziologia dell’incidente fosse subentrata una manovra compiuta dall’infortunato che aveva innescato una categoria di rischio del tutto nuova rispetto a quella determinata dal difetto di un’adeguata manutenzione del macchinario oggetto di contestazione: il comportamento del lavoratore doveva considerarsi abnorme essendosi risolto, nella vicenda, in una condotta radicalmente, ontologicamente, lontana dalle ipotizzabili, e quindi prevedibili, scelte, anche imprudenti, di un lavoratore, nell’esecuzione del lavoro, con conseguente esonero da responsabilità del titolare della posizione di garanzia).

Cassazione penale sez. IV, 20/03/2018, n.17404

Nel sistema della normativa antinfortunistica, per potere considerare interrotto il nesso causale tra l’incidente e la condotta del datore di lavoro, è necessario che la condotta del lavoratore cui si vuole ricondurre la causa esclusiva dell’evento sia caratterizzata dalla cosiddetta “abnormità”; ossia da quel comportamento del lavoratore che assume valenza interruttiva nel nesso di causalità fra la condotta del garante in tema di sicurezza e l’evento dannoso verificatosi a suo danno: tale condizione, peraltro, si verifica non perché il comportamento del lavoratore qualificato come abnorme sia “eccezionale”, ma perché esso risulta eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (cfr. sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn e altri) (ciò che la Corte, nella specie, ha escluso, versandosi in un’ipotesi disciplinata dall’articolo 71, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, che pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di mettere “a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo 70, idonee ai fini della salute e della sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie”).

Cassazione civile sez. lav., 15/01/2018, n.749

L’art. 2087 c.c., nella misura in cui costruisce quale oggetto dell’obbligazione datoriale un facere consistente nell’adozione delle “misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità dei prestatori di lavoro”, permette di imputare al datore di lavoro non qualsiasi evento lesivo della salute dei propri dipendenti, ma solo quello che concretizzi le astratte qualifiche di negligenza, imprudenza, imperizia o inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline, dovendo per contro escludersi la responsabilità datoriale ogni qualvolta la condotta sia stata diligente ovvero non sia stata negligente (imprudente, imperita, ecc.) in ordine allo specifico pericolo di cagionare proprio quell’evento concreto che in fatto si è cagionato (nella specie, relativa all’infortunio occorso ad una insegnante colpita ad un occhio da un tappo di bottiglia aperta da un alunno durante dei festeggiamenti, il non aver proibito l’iniziativa del festeggiamento attesa la partecipazione di ragazzi maggiorenni o comunque prossimi alla maturità, e dunque in età adolescenziale avanzata, e il carattere usuale della stessa, non consentivano di ravvisare un aggravamento del rischio professionale; non vi erano elementi che consentivano di affermare che l’uso di alcolici fosse stato assentito; non vi era evidenza che la manovra inopinata dell’alunno fosse in qualche modo determinata da sue condizioni di alterazione per intossicazione alcolica. La condotta abnorme e imprevedibile dell’alunno non consentiva di ravvisare una serie causale prevedibile e adeguata rispetto alla permessa organizzazione del festeggiamento durante l’ordinario orario di lezione scolastiche).

Cassazione penale sez. IV, 13/12/2016, n.15124

In tema di prevenzione antinfortunistica, perché la condotta colposa del lavoratore possa ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia. (Fattispecie in cui la S.C. ha escluso l’abnormità della condotta di due lavoratori che erano deceduti, per mancanza di ossigeno, all’interno di una cisterna in cui si erano calati per svolgere le proprie mansioni, ma senza attendere l’arrivo del responsabile della manutenzione e senza utilizzare dispositivi di protezione).

Cassazione penale sez. IV, 30/09/2016, n.44327

Le norme dettate in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro perseguono il fine di tutelare il lavoratore persino in ordine a incidenti derivanti da sua negligenza, imprudenza e imperizia, sicché la condotta imprudente dell’infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio inerente all’attività svolta dal lavoratore e all’omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro. Piuttosto, è interruttiva del nesso causale la condotta abnorme del lavoratore se e quando si collochi al di fuori dell’area di rischio definita dalla lavorazione in corso: tale comportamento è interruttivo non perché “eccezionale” ma perché “eccentrico” rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (sezioni Unite, 24 aprile 2014, E. e altri) (fattispecie in cui si è esclusa la valenza interruttiva della responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio occorso al lavoratore, il quale imprudentemente aveva utilizzato un macchinario cui era stata rimossa la protezione per sveltire le operazioni di lavoro trattandosi di situazione appartenente all’area di rischio lavorativo rientrante nei compiti di controllo del titolare della posizione di garanzia).

 

Cassazione penale sez. IV, 22/10/2015, n.44811

L’unica circostanza idonea ad escludere la responsabilità del datore di lavoro, che abbia violato le norme in materia antinfortunistica, è la condotta abnorme del lavoratore, dovendosi intendere con tale espressione il comportamento che, per la sua imprevedibilità, si collochi al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte dei soggetti preposti all’attuazione delle misure di prevenzione; la mera colpa concorrente del lavoratore, dunque, non esclude la responsabilità del datore di lavoro (fattispecie relativa all’infortunio occorso ad un lavoratore dipendente che aveva usato un

Cassazione penale sez. IV, 14/07/2015, n.36882

Posto che, in caso di infortunio subìto dal lavoratore, soltanto la condotta c.d. abnorme di quest’ultimo è idonea ad interrompere il nesso causale tra la condotta ascritta al datore di lavoro e l’evento lesivo, sussiste la responsabilità di quest’ultimo in caso di carenza dei dispositivi di sicurezza poiché la stessa non può essere sostituita dall’affidamento sull’osservanza, da parte del lavoratore, di una condotta prudente e diligente.

Cassazione penale sez. IV, 17/06/2015, n.29794

In linea di principio, la condotta colposa del lavoratore infortunato può escludere la responsabilità del datore di lavoro solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità e dell’abnormità, potendosi attribuire però tale carattere non solo alla condotta del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite (come ad esempio, nel caso che il lavoratore si dedichi a un’altra macchina o a un altro lavoro, magari esorbitando nelle competenze attribuite ad altro lavoratore), ma anche a quella che, pur rientrando nelle mansioni proprie del lavoratore, sia consistita in qualcosa di radicalmente, ontologicamente lontano dalle pur ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nell’esecuzione del lavoro (da queste premesse, rigettando il ricorso del datore di lavoro, la Corte ha comunque escluso potesse attribuirsi il carattere di comportamento abnorme e imprevedibile a un comportamento definito come “istintivo” del lavoratore, che non risultava abnorme ed esorbitante rispetto alla procedura di lavoro da determinare l’interruzione del nesso causale e di cui si doveva piuttosto tener conto nella previsione delle procedure di sicurezza del lavoro).

Cassazione penale sez. IV, 05/05/2015, n.41486

Nel sistema della normativa antinfortunistica, trasformatosi ormai da un modello iperprotettivo, interamente incentrato sulla figura del datore di lavoro investito di un obbligo di vigilanza assoluta sui lavoratori, a un modello collaborativo, in cui gli obblighi sono ripartiti tra più soggetti, compresi gli stessi lavoratori, il datore di lavoro non ha più, dunque, un obbligo di vigilanza assoluta rispetto al lavoratore, ma una volta che abbia fornito tutti i mezzi idonei alla prevenzione e abbia adempiuto a tutte le obbligazioni proprie della sua posizione di garanzia, egli non risponderà dell’evento derivante da una condotta imprevedibilmente colposa del lavoratore. Ciò non solo, ovviamente, in presenza di un comportamento abnorme del lavoratore (nozione che si riferisce a quelle condotte poste in essere in maniera imprevedibile dal prestatore di lavoro al di fuori del contesto lavorativo e che, quindi, nulla hanno a che vedere con l’attività svolta), ma anche in presenza di un comportamento esorbitante del lavoratore (nozione che riguarda quelle condotte che fuoriescono dall’area di rischio che il datore di lavoro è chiamato a valutare in via preventiva, e che non rientrano nell’ambito delle mansioni, ordini, disposizioni concernenti il contesto lavorativo). (Nella specie, peraltro, la Corte ha escluso che potesse invocarsi la colpa del lavoratore, per escludere la responsabilità del datore di lavoro, giacché era rimasto provato che quest’ultimo aveva omesso di valutare il rischio nel piano di sicurezza, non potendosi ritenere sufficiente il richiamo a una pretesa prassi operativa aziendale, inidonea a essere considerata equipollente al documento di valutazione dei rischi).

Cassazione penale sez. IV, 25/09/2014, n.46437

L’ipotesi tipica del comportamento ‘abnorme’ è quella del lavoratore che provochi l’infortunio ponendo in essere, colposamente, un’attività del tutto estranea al processo produttivo o alle mansioni attribuite, realizzando in tal modo un comportamento esorbitante rispetto al lavoro che gli è proprio, assolutamente imprevedibile (ed inevitabile) per il datore di lavoro (esclusa, nella specie, l’abnormità della condotta del lavoratore che, nello smontare, sporgendosi, degli elementi di un ponteggio, privo della cintura di sicurezza collegata alla fune di trattenuta, era precipitato da un’altezza di circa 14 metri).

Cassazione penale sez. IV, 25/06/2014, n.46820

In materia di infortuni sul lavoro, la condotta colposa del lavoratore infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a produrre l’evento quando sia comunque riconducibile all’area di rischio propria della lavorazione svolta: in tal senso il datore di lavoro è esonerato da responsabilità solo quando il comportamento del lavoratore, e le sue conseguenze, presentino i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità, dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle direttive di organizzazione ricevute (nella fattispecie, si è escluso costituisse comportamento abnorme quello tenuto dal lavoratore che aveva utilizzato in modo anomalo una scala, giacché trattavasi di condotta tenuta durante l’ordinaria attività di lavoro mentre si utilizzava un mezzo di lavoro messo a disposizione dall’azienda).

Cassazione penale sez. IV, 03/11/2004, n.3455

In tema di infortuni sul lavoro, poiché le norme di prevenzione mirano a tutelare il lavoratore anche in ordine ad incidenti che possano derivare da sua negligenza, imprudenza e imperizia, la responsabilità del datore di lavoro e, in generale, del destinatario dell’obbligo di adozione delle misure di prevenzione può essere esclusa, per causa sopravvenuta, solo in presenza di un comportamento del lavoratore del tutto imprevedibile e opinabile e tale, dunque, da presentare i caratteri dell’eccezionalità, dell’abnormità e dell’esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo e alle precise direttive organizzative ricevute, sempre che l’infortunio non risulti determinato da assenza o inidoneità delle misure di sicurezza, nel qual caso nessuna efficienza causale può essere attribuita alla condotta del lavoratore che abbia dato occasione all’evento.

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