Sequestro preventivo del sito internet: per la cassazione la tutela penale tipica prevista dalla legge sul diritto di autore per la banca dati online non può essere applicata se l’opera difetta del requisito della creatività.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n.6734/2019, in tema di violazione della normativa sul diritto d’autore, in relazione al caso specifico della tutela penale delle banche dati pubblicate online.

Nel merito delle vicende processuali per le quali è stata investita la Suprema Corte, il Tribunale di Lucca, adito in sede di riesame, confermava con ordinanza il sequestro preventivo del sito “www.(omissis).it” tramite oscuramento e blocco degli account riferibili ad una s.r.l., avente ad oggetto attività di servizi e consulenza finalizzata all’acquisto di immobili alle aste giudiziarie, il cui amministratore, veniva indagato del reato di cui all’art. 171 bis l.n. 633/1941 per aver, al fine di trarne profitto, utilizzato il materiale disponibile sul sito internet (omissis) consistente in fotografie, planimetrie e schede con le principali caratteristiche degli immobili soggetti a procedura esecutiva, pubblicandolo su vari altri siti internet.

Avverso il suddetto provvedimento sia l’indagato, in proprio, che la società da questo amministrata proponevano, per il tramite del difensore, ricorso per cassazione articolando diversi motivi, lamentando la non riconducibilità della persona offesa dal reato alla qualifica di costitutore di banche dati ai sensi della l.n.633/1941, la insussistenza del pregiudizio patito e contestando il diritto di questi ad avvalersi delle tutele della proprietà intellettuale ivi previste.

La Suprema corte ha ritenuto fondato il ricorso annullando senza rinvio l’ordinanza impugnata e, per l’effetto, ha dichiarato la perdita di efficacia della misura cautelare reale.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal tessuto motivazione del provvedimento di legittimità di maggiore interesse per singole questioni di diritto affrontate nelle sentenza in commento:

 

  1. Il concetto di banca dati nell’ambito della disciplina della proprietà intellettuale.

Il Tribunale del riesame fonda il fumus del reato in contestazione sia sulla tutelabilità dei dati raccolti presso gli uffici giudiziari ed organizzati in via esclusiva, attraverso la formazione di schede contenenti elementi informativi non presenti nelle unità documentali originarie, dalla s.p.a. (omissis), all’uopo qualificata come soggetto costitutore di una banca dati a norma dell’art. 102 bis I. 633/1941, sia sulla violazione da parte della (omissis) s.r.l., mediante l’attività di estrazione dei dati pubblici contenuti nelle suddette schede informative, del divieto di cui al nono comma del citato art. 102-bis, per essere stata in tal modo compromessa, riducendo il numero e la qualità degli accessi sul sito (omissis).it a fronte di un accesso non autorizzato e perciò suscettibile di arrecare alla p.o. un pregiudizio ingiustificato, l’efficienza dell’incarico pubblicitario alla stessa commissionato.

(…)Va innanzi tutto chiarito che l’ingresso del concetto di banca dati all’interno della legge 633/1941 è di gran lunga ad essa successivo, essendo stato introdotto dal d.lgs. 169/1999, emanato in attuazione della specifica direttiva 96/9/CE che, nell’aggiungerla all’elenco delle opere dell’ingegno meritevoli di tutela contenuto nell’art. 2 della stessa legge, la definisce come “raccolta di opere, dati o altri elementi indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti ed individualmente accessibili mediante mezzi elettronici o in altro modo”, definizione poi sinteticamente ripresa nel Codice della Privacy secondo cui in tale accezione va ricompreso “qualsiasi complesso organizzato di dati personali (ovverosia informazioni relative a persona fisica, giuridica, ente od associazione identificati od identificabili), ripartito in una o più unità dislocate in uno o più siti” (art.4 d.lgs 196/2003). 

(…) è opportuno ricordare che, in materia di creatività dell’opera, si contrappongono due nozioni: una oggettiva tendente a ritenere che sia creativa un’opera oggettivamente caratterizzata da elementi originali ed innovativi tali da distinguerla da qualsiasi altra opera preesistente, ed una soggettiva secondo la quale dovrebbe ritenersi creativa l’opera che presenti l’impronta personale del suo autore. La giurisprudenza di questa Corte ha optato per la nozione soggettiva sottolineando che l’oggetto della tutela non è necessariamente l’idea in sè, la quale può essere alla base di diverse opere dell’ingegno, bensì la forma particolare che assume a prescindere dalla sua novità e dal valore intrinseco del suo contenuto (cfr Cass. civ. sez. 1″ 11 agosto 2004 n. 15496), tutela che è stata estesa dalle più recenti pronunce in relazione al reato di cui all’art. 171 bis L.633/1941 anche ai programmi per elaboratore elettronico che abbiano carattere di originalità (…).

Sulla medesima linea interpretativa si colloca anche la giurisprudenza sovrannazionale, avendo la Corte di Giustizia puntualizzato nella sentenza dell’1.3.2012 pronunciata nella causa C-604/10, in merito alla tutela giuridica accordata alle banche dati sulla scorta del diritto di autore, che la stessa possa trovare applicazione solo “se la scelta o la disposizione del contenuto costituisce una creazione intellettuale del proprio autore”, così rinviando unicamente al criterio di originalità”.

 

  1. Il sistema di pubblicità via internet delle vendite giudiziarie tra Pubblica Amministrazione e privati.

Ciò premesso, sembra doversi escludere che a tali caratteristiche corrispondano i dati pubblicati sul sito (omissis).it, sia con riferimento alla loro annoverabilità nell’ambito di una banca dati, sia alla loro originalità.

Deve infatti essere rilevato che il peculiare sistema di pubblicità previsto in materia di vendite giudiziarie, effettuate cioè nell’ambito di procedure esecutive o concorsuali, nonché in tutti gli altri procedimenti in cui la pubblicazione sia prevista dalla legge si fonda sull’art. 490 cod. proc. civ.(…). Due sono quindi le forme di pubblicità previste nell’ipotesi, come nel caso di specie, di vendita di beni immobili: quella sul portale del Ministero e quella su almeno uno dei siti internet di pubblicità, espressamente autorizzati dallo stesso Ministero in conformità alle direttive di cui al D.M. 31.10.2006 e contenuti in un apposito elenco in cui figura anche il sito (omissis).it.

(…) Da tale sistema si evince chiaramente come il sito (omissis).it sia solo un soggetto gestore della pubblicità delle vendite giudiziarie che in tale veste collaziona e pubblica, senza alcun margine di autonomia e tanto meno di elaborazione, i dati trasmessigli dal portale del Ministero, destinati a restare ivi inseriti per un tempo limitato (dovendo essere eliminati a seguito dell’apertura della procedura di vendita, teoricamente decorsi 45 giorni dalla pubblicazione): quantunque si tratti di una forma di pubblicità obbligatoria, la pubblicazione non è svolta autonomamente dal titolare del sito, ovverosia da Aste Giudiziarie Inlinea, essendo il portale del Ministero a trasmetterle i dati identificativi della procedura e dei lotti o dei beni oggetto della vendita (descrizione, data vendita, luogo vendita, prezzo base, offerta minima, descrizione beni, indirizzo beni, dati catastali beni, disponibilità beni, ecc.), cui fa seguito l’inoltro a cura del professionista incaricato dei relativi documenti (ordinanza di vendita, avviso di vendita, perizia, foto, etc.). Pertanto deve escludersi che i dati dalla stessa pubblicati siano sussumibili, attesa la temporaneità della loro permanenza sul sito, e dunque la loro inidoneità a confluire in un archivio, nell’ambito della nozione giuridica di banca dati e che comunque la raccolta di tali dati da parte della (omissis) sia tutelabile in forza delle prerogative accordate dalla legge sul diritto di autore, in quanto priva dei requisiti della creatività e dell’originalità, limitandosi la p.o. a riportare i dati trasmessile dal Ministero della Giustizia, che è l’unico soggetto deputato alla loro elaborazione ai fini della pubblicazione, nonché chiamato a supervisionare il funzionamento di tutti i siti internet selezionati a fini pubblicitari. Non si tratta perciò né di una banca dati selettiva, i cui contenuti siano scelti in modo originale dall’autore, né di una banca dati in cui, pur non risultando creativa la selezione, risulti ciò nondimeno originale la disposizione dei materiali all’interno della banca medesima”.

 

  1. I rimedi previsti per la tutela della banca dati dalla l.n. 633/1941

Va al riguardo chiarito che proprio il citato decreto legislativo 169/1999 ha introdotto nella legge 633/1941, unitamente all’ampliamento della sfera tradizionale di tutela estesa, come si è visto, alle banche dati, nonché ai programmi per elaboratore elettronico (art. 2 nn. 8 e 9), per questi ultimi prevedendo lo specifico reato di cui all’art. 171 bis, una forma di tutela variamente denominata dalla dottrina come “atipica” o “sui generis”, ma che comunque è concordemente individuata come un binario parallelo di protezione, che si affianca a quella tradizionale in materia di banca dati. L’art.102 bis, in attuazione della normativa CE in materia di protezione di banche dati, individua la figura del costitutore della banca di dati, inteso come colui che “effettua investimenti rilevanti per la costituzione di una banca dati o per la sua verifica o presentazione, impegnando a tal fine mezzi finanziari, tempo o lavoro”, cui attribuisce il diritto di vietare operazioni di estrazione e/o reimpiego della totalità o di una parte sostanziale del contenuto della stessa, valutata in termini qualitativi o quantitativi. Ciò significa che la norma in questione riserva tale tutela, alle banche dati che rispondono ad un criterio preciso: che il conseguimento, la verifica o la presentazione del loro contenuto attestino un investimento di rilievo sotto il profilo qualitativo o quantitativo.La ratio di detta protezione mira infatti a salvaguardare il titolare della banca dati in riferimento agli investimenti economicamente valutabili ed ai costi sostenuti, in modo tale da dissuadere ogni possibile contraffazione dell’archivio eseguita attraverso l’estrazione ed il reimpiego del contenuto della banca dati, indipendentemente dalla tutelabilità della stessa, come specifica il terzo comma della stessa disposizione, a norma del diritto di autore. Che del resto si tratti di un diritto totalmente indipendente dall’eventuale diritto d’autore esistente sulla stessa banca di dati, e totalmente svincolato dal carattere creativo o originale della stessa, trova riscontro nella sua stessa durata: mentre infatti la tutela della banca dati ai sensi della disciplina sul diritto d’autore dura per tutta la vita del suo autore e fino a 70 anni dopo la sua morte, la tutela sui generis stabilita dalla nuova normativa è limitata a 15 anni (calcolati a partire dal 1° gennaio dell’anno successivo al completamento dell’archivio), salvo il rinnovo nel caso di nuovi e rilevanti investimenti fatti dal costitutore. 

Ma quel che va sottolineato ancora è che l’individuazione della p.o. come costitutore di una banca dati, e perciò fruitore della tutela sui generis riconosciutagli dall’art. 102 bis alle condizioni ivi delineate, non equivale in nessun modo a conferire al costitutore la tutela tipica della legge sul diritto di autore, comprensiva sia degli strumenti accordati in campo civilistico in relazione al diritto morale e a quello di utilizzazione economica, sia delle fattispecie criminose previste in campo penale dagli artt. 171 ss., in mancanza della creatività,configurante requisito indispensabile per tutte le opere dell’ingegno rientranti nell’ambito di applicabilità ordinaria della stessa legge”.

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Riferimenti normativi

Art. 171-bis. L.n. 633/1941.

1 . Chiunque abusivamente duplica, per trarne profitto, programmi per elaboratore o aimedesimi fini importa, distribuisce, vende, detiene a scopo commerciale o imprenditoriale o concede in locazione programmi contenuti in supporti non contrassegnati dalla Società italiana degli autori ed editori (SIAE), è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da lire cinque milioni a lire trenta milioni. La stessa pena si applica se il fatto concerne qualsiasi mezzo inteso unicamente a consentire o facilitare la rimozione arbitraria o l’elusione funzionale di dispositivi applicati a protezione di un programma per elaboratori. La pena non è inferiore nel minimo a due anni di reclusione e la multa a lire trenta milioni se il fatto è di rilevante gravità.

2 . Chiunque, al fine di trarne profitto, su supporti non contrassegnati SIAE riproduce, trasferisce su altro supporto, distribuisce, comunica, presenta o dimostra in pubblico il contenuto di una banca di dati in violazione delle disposizioni di cui agli articoli articoli 64-quinquies e 64-sexies, ovvero esegue l’estrazione o il reimpiego della banca di dati in violazione delle disposizioni di cui agli articoli articoli 102-bis e 102-ter, ovvero distribuisce, vende o concede in locazione una banca di dati, è soggetto alla pena della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da lire cinque milioni a lire trenta milioni. La pena non è inferiore nel minimo a due anni di reclusione e la multa a lire trenta milioni se il fatto è di rilevante gravità.

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Giurisprudenza recente in materia di tutela penale del diritto d’autore:

Cassazione penale sez. III, 16/03/2018, n.30047

Mentre non integra il reato di cui all’art. 171 bis, comma primo, L. 27 aprile 1941, n. 633, la detenzione ed utilizzazione, nell’ambito di un’attività libero professionale, di programmi per elaboratore privi di contrassegno SIAE, non rientrando tale attività in quella “commerciale o imprenditoriale” contemplata dalla fattispecie incriminatrice (l’estensione analogica non sarebbe possibile in quanto vietata ex art. 14 Preleggi, risolvendosi in un’applicazione “in malam partem”), la stessa detenzione ed utilizzazione di programmi software (nella specie Windows, e programmi di grafica, Autocad o Catia) nel campo commerciale o industriale (nella specie, esercente attività di progettazione meccanica ed elettronica nel settore auto motive) integra il reato in oggetto, con la possibilità del sequestro per l’accertamento della duplicazione.

Cassazione penale sez. III, 07/02/2017, n.34172

In tema di tutela del diritto d’autore, il reato di diffusione di tracce musicali altrui in assenza di titolo abilitativo previsto dall’art, 171, comma 1, lett. a), l. n. 633 del 1941 è istantaneo, sicché la sua consumazione avviene al momento della fruizione dell’opera, anche soltanto con un singolo atto, fermo restando la possibilità che reiterate condotte di indebito utilizzo configurino altrettante violazioni della legge penale, in ipotesi unificate dal vincolo della continuazione. (Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto che la regolarizzazione della diffusione delle tracce musicali per mezzo della stipula, successivamente al controllo di polizia, di un contratto di licenza d’uso non avesse alcun rilievo rispetto alla consumazione dell’illecito, ormai già intervenuta).

Cassazione penale, sez. III , 28/09/2017 , n. 52434

La prescrizione del reato di diffusione abusiva a scopo di lucro di opere tutelate dal diritto d’autore, di cui all’articolo 171-ter lettera a) della legge 633/1941, impedisce la confisca e la distruzione dei files illecitamente utilizzati.

Cassazione penale, sez. III, 17/02/2017 , n. 22267

In tema di tutela penale del diritto d’autore, premesso che la condotta descritta nell’art. 171 ter, comma secondo, della legge n. 633/1941 costituisce titolo autonomo di reato e non mera circostanza aggravante, deve ritenersi che costituisca attività di “messa in commercio” di supporti audiovisivi, rilevante ai fini della configurabilità dell’illecito, quando il quantitativo sia superiore al numero di cinquanta, anche quella che, indipendentemente dalla sorpresa in flagranza dell’agente nell’atto di compiere singoli atti di vendita, sia desumibile dalle modalità del rinvenimento e dal luogo di detenzione della merce (principio affermato, nella specie, con riferimento ad un caso in cui la merce era esposta ai passanti su di una bancarella piazzata nella pubblica via).

Cassazione penale, sez. III, 15/04/2015 , n. 21621

Integra il reato previsto dall’art. 171-ter, comma 1, lett. f-bis), l. 22 aprile 1941, n. 633, la condotta di chi pone in vendita consolle modificate per poter leggere ed utilizzare anche videogames masterizzati o abusivamente duplicati in violazione delle norme sulla proprietà intellettuale.

Cassazione penale, sez. III, 14/11/2012 , n. 48639

Integra il reato di cui all’art. 171 ter comma 1 lett. f bis della legge n. 633/1941 la condotta di chi vende kit sharer che permettono di eludere il sistema (composto dal decoder e dalla smart card) posto in essere per consentire l’accesso condizionato a trasmissioni televisive da parte dei soli utenti che abbiano corrisposto il prezzo necessario.

Cassazione penale, sez. III, 09/02/2011 , n. 8791

Rientrano nella fattispecie penale prevista dall’art. 171 ter comma 1 lett. f bis) l. 22 aprile 1941 n. 633, tutti i congegni principalmente finalizzati a rendere possibile l’elusione delle misure tecnologiche di protezione apposte su materiali od opere protette dal diritto d’autore, non richiedendo la norma incriminatrice la loro diretta apposizione sulle opere o sui materiali tutelati.

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