Risponde del delitto di concussione il dirigente ospedaliero che opera pressioni e minacce nei confronti del collega per conseguire delle utilità.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n. 16573/2019, depositata in data 16.04.2019, in materia di reati commessi da sanitari contro la pubblica amministrazione.

L’imputazione penale e lo svolgimento del processo di merito.

La Corte di appello di Ancona riformava parzialmente, rideterminando le pene, la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno, con cui i tre imputati, nella rispettiva qualità di direttore di Zona territoriale della ASUR Marche, di medico presso  un ospedale locale e di capo dipartimento Area Medica del medesimo nosocomio, venivano riconosciuti colpevoli del delitto di concorso in tentata concussione in danno di un quarto sanitario, direttore dell’U.O. Cardiologia dello stesso ospedale.

La condotta concussiva, ritenuta sussistente dal Giudice di prime cure e confermata in punto di penale responsabilità dai giudici del gravame, sarebbe stata tenuta dal Direttore di Zona con supporto degli altri due imputati e finalizzata ad ottenere dal Direttore dell’U.O.C. di Cardiologia, la  proposta di nomina quale Direttore di Area di un professionista legato a determinati ambienti politici ai quali gli imputati erano vicini.

Interponevano ricorso per cassazione  avverso il provvedimento i difensori di due  dei condannati contestando, a vario titolo la motivazione resa dalla Corte territoriale e la configurazione del fatto di reato ovvero la qualificazione giuridica dello stesso.

La decisione della Cassazione e il principio di diritto.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi affermato i principi di diritto di seguito riportati estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento:

In piena corrispondenza con la struttura del fatto oggetto di contestazione la Corte territoriale ha rilevato che la condotta concussiva del Direttore di zona (omissis), tenuta con l’attivo supporto dei due ricorrenti, era volta ad ottenere dal dott. (omissis), Direttore dell’U.O.C. di Cardiologia, la proposta di nomina del dott. (omissis) quale Direttore della U.O.S. UTIC e, in un secondo momento, nel quadro della riorganizzazione delle Unità operative, quale Direttore di un’Unità diversa da quella (ecocardiografia) che il dott. (omissis) aveva indicato.

Correttamentela Corte ha dunque individuato proprio in quella proposta l’utilità perseguita dagli autori del reato, segnalando come costoro fossero ad essa specificamente interessati, a prescindere da motivazioni di carattere tecnico, ciò che del resto riflette il costante orientamento giurisprudenziale, secondo cui «il termine “utilità” indica tutto ciò che rappresenta un vantaggio per la persona, materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, oggettivamente apprezzabile, consistente tanto in un dare quanto in un “facere”» (Cass. Sez. U.n. 7 del 11/5/1993, R., rv. 193747; in senso conforme Cass. Sez. 4, n. 7597 del 8/11/2013, dep. nel 2014, Stuppia, rv. 259126 e, in materia di corruzione, Cass. Sez. 6, n. 18707 del 9/2/2016, Balducci, rv. 266991, secondo cui costituisce utilità «qualsiasi vantaggio materiale o morale, patrimoniale o non patrimoniale, che abbia valore per il pubblico agente»).

Inoltre è stato rilevato sulla base di precisi dati probatori che la proposta del dott. (omissis) era attesa e sollecitata da determinati ambienti politici, cui il citato (omissis) era effettivamente legato. Ma tale aspetto non incide direttamente sulla struttura del reato e sul processo di sussunzione del fatto, assumendo semmai rilievo ab extrinseco in relazione al movente dell’azione. Non è dunque rilevante che ciascun correo avesse direttamente ricevuto sollecitazioni politiche o coltivasse autonome prospettive di carriera. E’ invece significativo che il (omissis) e i due ricorrenti, quali che fossero gli ulteriori reconditi progetti di ciascuno, avessero in varia guisa perseguito l’obiettivo di costringere il dott. (omissis) a proporre il dott. (omissis), ciò che rappresentava per il (omissis) un’ineludibile utilità, condivisa dagli altri due, anche allo scopo di rendere certo e incontestabile in sede giudiziaria, a prescindere dalle rispettive competenze, la scelta operata a vantaggio del (omissis). A ben guardare anche il Tribunale ha ricostruito il fatto in modo analogo, attenendosi dunque alla struttura della contestazione, anche se ha ritenuto di poter individuare specifici profili dell’utilità politica in concreto rappresentata: sta di fatto che la Corte ha dato conto di ciò, rilevando come fosse bastevole ai fini del giudizio il riscontro della utilità direttamente perseguita, in piena assonanza con la struttura della contestazione.

A fronte di ciò risultano ultronei, al di là di quanto emergente dalle conversazioni intercettate, di cui si dà ampiamente conto nella sentenza del Tribunale, i rilievi difensivi in ordine alla sussistenza o meno di stretti rapporti di ciascuno dei ricorrenti con quegli ambienti politici e in ordine alla configurabilità o meno di prospettive di carriera da essi perseguibili, così come s’appalesa inconferente la disposta archiviazione della posizione di taluno dei politici le cui conversazioni erano state intercettate, giacché l’interesse politico sottostante non implicava altresì il diretto concorso nelle condotte concussive, oggetto del presente procedimento. Corrispondentemente non sono apprezzabili lacune della motivazione, correlate alla mancata integrazione dell’istruzione dibattimentale, prospettata in sede di appello e volta a far luce su quei temi (…).

La Corte territoriale, sul punto avvalendosi anche delle argomentazioni esposte nella sentenza di primo grado, ha debitamente motivato in ordine alla configurabilità del delitto di concussione e all’esclusione dei presupposti della fattispecie dell’induzione indebita di cui all’art. 319-quater cod. pen. Ha dato conto infatti del sistematico e progressivo ricorso da parte del (omissis), quale Direttore di zona dell’ASUR Marche, alla strumentalizzazione dei propri poteri, in modo da costringere il dott. (omissis) ad assecondare la richiesta di proporre il nominativo del dott. (omissis), secondo i desiderata condivisi dal dott. (omissis), nominato responsabile del Dipartimento Area medica, e dal dott. (omissis), anche nella veste di responsabile sindacale. (…)

Da tale complessivo quadro dunque la Corte ha correttamente desunto la configurabilità di un vero e proprio abuso costrittivo del pubblico ufficiale, caratterizzato dall’improprio e strumentale utilizzo di poteri a lui in astratto spettanti, ma in concreto rivolti allo scopo illecito di coartare la volontà altrui, cioè di costringere il dott. (omissis) con le plurime minacce a lui rivolte, sia direttamente (nella prima fase) sia indirettamente (attraverso la sottrazione della segretaria e la sottoposizione di costei ad un trattamento di particolare rigore, comunque gravante sulla libertà di determinazione del dott. (omissis)), ad assecondare il progetto, sollecitato da ambienti politici, di favorire il (omissis), che in effetti in prosieguo di tempo si sarebbe candidato in una tornata elettorale.

 L’analisi dei Giudici di merito si pone dunque in linea con arresti giurisprudenziali ormai consolidati, alla cui stregua dopo le modifiche introdotte dalla legge 190 del 2012 il delitto di concussione di cui all’art. 317 cod. pen. è «caratterizzato, dal punto di vista oggettivo, da un abuso costrittivo del pubblico agente che si attua mediante violenza o minaccia, esplicita o implicita, di un danno “contra ius” da cui deriva una grave limitazione della libertà di determinazione del destinatario che, senza alcun vantaggio indebito per sé, viene posto di fronte all’alternativa di subire un danno o di evitarlo con la dazione o la promessa di una utilità indebita e si distingue dal delitto di induzione indebita, previsto dall’art. 319 quater cod. pen. introdotto dalla medesima I. n. 190, la cui condotta si configura come persuasione, suggestione, inganno (sempre che quest’ultimo non si risolva in un’induzione in errore), di pressione morale con più tenue valore condizionante della libertà di autodeterminazione del destinatario il quale, disponendo di più ampi margini decisionali, finisce col prestare acquiescenza alla richiesta della prestazione non dovuta, perché motivata dalla prospettiva di conseguire un tornaconto personale, che giustifica la previsione di una sanzione a suo carico» (Cass. Sez. U. n. 12228 del 24/10/2013, dep. nel 2014, Maldera, rv. 258470).

Va al riguardo osservato come secondo la non illogica lettura fornita dalla Corte la condotta tenuta nei confronti del dott. (omissis) fosse volta ad esercitare una forte pressione su di lui attraverso la concreta prospettazione di conseguenze negative e come per contro non potesse dirsi alimentato a suo vantaggio alcuno scenario di indebito tornaconto personale, conseguente ad una proposta conforme ai desiderata del (omissis). Né avrebbe potuto di per sé assumere rilievo la circostanza che i soggetti coinvolti avessero in varia guisa titolo per occuparsi della questione, giacché l’abuso costrittivo è stato individuato nell’improprio utilizzo dei poteri conferiti e nella strumentalità delle condotte tenute”.

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Riferimenti normativi

 

Art. 314 c.p. Concussione

Il pubblico ufficialeo l’incaricato di un pubblico servizio che,abusando della sua qualitào dei suoi poteri, costringe taluno a dareo a promettereindebitamente, a lui o ad un terzo, denarood altrautilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

                

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Quadro Giurisprudenziale di riferimento in tema di concussione commessa dall’esercente la professione medica:

 

Cassazione penale, sez. VI, 15/11/2016, n. 53444

Integra il reato di concussione la condotta del medico in servizio presso il reparto di ginecologia di un ospedale, il quale, strumentalizzando la propria posizione in ambito ospedaliero (era uno dei sanitari non obiettori in servizio presso l’ambulatorio di interruzione volontaria della gravidanza), con la prospettazione di lungaggini nella pratica standard e ostacoli organizzativi, induca le donne gravide, che avevano necessità di abortire in tempi contenuti, a un aborto illegale a pagamento presso il proprio studio.

Cassazione penale, sez. VI, 15/11/2016, n. 1082

Integra il reato di concussione di cui all’art. 317 c.p. la condotta del dirigente medico in servizio presso un reparto di ginecologia di un ospedale pubblico che, speculando sui tempi della procedura legale di interruzione volontaria di gravidanza per prospettare inesistenti difficoltà e lungaggini, abbia spinto le donne gravide, che avevano necessità di abortire in tempi contenuti, ad un aborto illegale a pagamento presso il proprio studio privato, realizzando una radicale compressione della volontà negoziale delle vittime, esposte al presunto rischio di un disvelamento dello stato di gravidanza con conseguente compromissione del rapporto con il partner, di reazioni da parte dei parenti e di impossibilità di abortire nel termine legale di novanta giorni a Corte ha riconosciuto la qualità pubblicistica posta a base della concussione nella strumentalizzazione della pubblica funzione del medico nell’ambulatorio, a nulla rilevando la circostanza che gli aborti clandestini fossero realizzati da professionisti in uno studio privato).

Cassazione penale, sez. VI, 11/02/2013, n. 11793

È ravvisabile la concussione per costrizione nella condotta del medico ospedaliero che, approfittando del proprio ruolo professionale (nella specie, direttore dell’unità operativa di cardiochirurgia), chieda una somma di denaro per operare personalmente i pazienti, da sottoporre a rischiosi interventi al cuore, in ragione della condizione psicologica in cui in tale contesto venivano a trovarsi i pazienti stessi, per i quali il rifiutare il pagamento della somma pretesa significava in definitiva dover rinunciare alla esperienza e alla competenza del primario e tentare invece la “sorte” affidandosi al medico di turno.

Cassazione penale, sez. VI, 21/10/2009, n. 1998

Integra il reato di concussione, e non quello di truffa aggravata, la condotta del primario di un ente ospedaliero, che prospettando al paziente, ricoverato per essere sottoposto a un delicato intervento chirurgico, l’eventualità di una lunga degenza in ospedale e la probabilità di subire l’intervento ad opera di un altro medico (a fronte dei tempi molto più brevi di una struttura sanitaria ove egli operi privatamente), lo induca a consegnargli somme di denaro o altre utilità non dovute, affinché proceda egli stesso alla relativa operazione chirurgica.

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