Omesso versamento dell’IVA: illegittima la confisca disposta anche sull’importo delle sanzioni tributarie.
Si segnala ai lettori del blog l’interessante sentenza n. 17535/2019, depositata il 24.04.2019, in materia di reati tributari e confisca del profitto del reato.
In particolare, la III Sezione penale della Suprema Corte, dando continuità ad un orientamento giurisprudenziale già sedimentato intorno all’art. 2 d.lgs 74/2000, ha statuito la non assimilabilità delle sanzioni tributarie al profitto del reato e, quindi, la non assoggettabilità delle stesse al sequestro preventivo finalizzato alla confisca.
L’imputazione e il processo di merito.
Il Tribunale di Macerata, in accoglimento della richiesta di applicazione pena ex art. 444 cod. proc. pen., applicava all’imputato la pena di un anno di reclusione, condizionalmente sospesa, relativamente a tre violazioni dell’art. 10 ter d.lgs. n. 74 del 2000, nonché per il delitto di cui all’art. 5 d.lgs. n. 74 del 2000. Per l’effetto, ai sensi dell’art. 12 bis d.lgs. n. 74/2000 la medesima Autorità giudiziaria disponeva la confisca dei beni costituenti il profitto del reato ovvero nella disponibilità dell’imputato per equivalente, in misura corrispondente all’ammontare dell’iva complessivamente evasa, oltre ad interessi e sanzioni, detratte eventualmente le somme già versate all’erario.
La sentenza di “patteggiamento” veniva impugnata a mezzo ricorso per cassazione lamentando, tra l’altro,chele sanzioni – se non anche gli interessi – non potrebbero considerarsi profitto del reato e, pertanto, resterebbero estranee alla confisca.
Secondo la prospettazione del ricorrente, infatti, le sanzioni non costituirebbero una voce del risparmio lucrato dall’evasore fiscale ma solo una conseguenza del mancato adempimento nei termini della obbligazione tributaria.
Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.
La Suprema Corte ha accolto il ricorso limitatamente al profilo della confisca relativa alle sanzioni amministrative, dichiarandolo inammissibile nel resto.
Di seguito si riportano i passaggi del compendio motivazionale di maggiore interesse per gli operatori del diritto:
“Va quindi data continuità al principio – che, seppure enunciato in relazione al delitto di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, è estensibile al caso in esame -, secondo cui in tema di reati tributari, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, che costituisce profitto del reato di omesso versamento dell’IVA di cui all’art. 10 ter d.lgs. n. 74 del 2000, e non può avere ad oggetto le sanzioni dovute a seguito dell’accertamento del debito, che rappresentano, invece, il costo del reato stesso, derivante dalla sua commissione (Sez. 3, n. 28047 del 20/01/2017 – dep. 07/06/2017, Giani e altro, Rv. 270429). In tale decisione si è condivisibilmente chiarito con riferimento “ai reati dichiarativi (come quelli nella specie contestati di cui all’art. 2) caratterizzati dalla evasione di imposta, la sanzione, lungi dal potere rientrare nel concetto di profitto del reato è, esattamente al contrario, il costo del reato stesso, originato infatti dalla sua commissione e, per tale ragione, necessariamente successivo ad essa”. In altri termini, nei reati dichiarativi, connotati dall’evasione di imposta, o nei reati di omesso versamento, la sanzione tributaria rientra nel concetto non di “profitto”, ma di “costo” del reato, che trova origine nella commissione dello stesso e, di conseguenza, la commisurazione della confisca anche sull’importo della sanzione tributaria deve ritenersi illegittima dovendo il profitto essere individuato nella sola imposta evasa: il solo risparmio che ottiene il contribuente infedele.
La circostanza che il mancato versamento di un tributo determini l’ulteriore obbligo di corrispondere altre somme a titolo di sanzione è una conseguenza prevista dal sistema tributario, sicché l’importo di tale somme non può rientrare nel calcolo del risparmio di spesa, che il contribuente ha ricavato non pagando l’originario importo dovuto a titolo di imposta, ciò che integra il profitto del reato”.
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Riferimenti normativi
Art. 10-ter D.Lgs. n. 74/2000. Omesso versamento di IVA
E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.
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Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di omesso versamento dell’IVA:
Cassazione penale sez. III, 12/12/2018, n.9
Per la configurabilità del reato di omesso versamento IVA in capo al legale rappresentante di un’impresa non rileva quale causa di forza maggiore lo stato di crisi finanziaria imputabile alla precedente gestione laddove l’agente, al momento della nomina, sia consapevole della crisi di liquidità.
Cassazione penale sez. III, 09/11/2018, n.54699
È configurabile il reato di omesso versamento dell’i.v.a. nei confronti di un soggetto che, subentrato nella carica di liquidatore di una società di capitali successivamente alla presentazione della dichiarazione annuale di imposta ma prima della scadenza del termine per il relativo versamento, abbia omesso di compiere le necessarie verifiche sugli ultimi adempimenti fiscali e non abbia versato all’erario le somme dovute in base alla dichiarazione. (Fattispecie nella quale la S.C., nel dichiarare inammissibile il ricorso dell’imputato avverso la sentenza con la quale la Corte d’appello aveva confermato la condanna inflitta in primo grado per il reato di cui all’art. 10-ter d.lg. n. 74/2000, ha ritenuto non rilevante la circostanza che l’iscrizione alla camera di commercio della nomina alla carica di liquidatore della società fosse avvenuta dopo la scadenza del termine per il versamento dell’imposta).
Cassazione penale sez. III, 08/06/2018, n.39696
È necessario operare un bilanciamento tra l’interesse dell’Erario e l’interesse degli altri creditori: secondo tale impostazione, in caso di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non è configurabile il fumus commissi delicti del reato di omessoversamento dell’IVA nel caso in cui il debitore sia stato ammesso al concordato preventivo in epoca anteriore alla scadenza del termine per il versamento del tributo, per effetto della inclusione nel piano concordatario del debito d’imposta, degli interessi e delle sanzioni amministrative.
Cassazione penale sez. III 13/03/2018 n. 15172
La nuova fattispecie di reato di cui all’ art. 10 ter, d.lgs. n. 74 del 2000 , come modificata dall’ art. 8, d.lgs. n. 158 del 2015 , che ha elevato a Euro 250.000,00 la soglia di punibilità, ha determinato l’abolizione parziale del reato commesso in epoca antecedente che aveva ad oggetto somme pari o inferiori a detto importo, e in considerazione dell’abrogazione parziale trovano applicazione gli art. 2, comma secondo, cod. pen. (e non il quarto comma dell’ art. 2, cod. pen. ), e 673, comma primo, cod. proc. pen.
Cassazione penale sez. III 23/01/2018 n. 6220
In tema di omesso versamento dell’ IVA, il reato omissivo previsto dall’ art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 consiste nel mancato versamento all’erario delle somme dovute sulla base della dichiarazione annuale che, tranne i casi di applicabilità del regime di “IVA per cassa”, è ordinariamente svincolato dalla effettiva riscossione delle somme-corrispettivo relative alle prestazioni effettuate.
Cassazione penale sez. III 23/11/2017 n. 4750
In caso di omesso versamento, la confisca va disposta anche se non risultano disponibilità di beni da parte dell’imputato. A ricordarlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso della pubblica accusa contro la scelta del Tribunale di condannare l’imputato per violazione dell’ articolo 10-ter del Dlgs 74/2000 , senza disporre, però, la confisca per insussistenza dei mezzi. Si tratta, infatti di un preciso obbligo di legge che sfugge a qualunque considerazione da parte del giudice, potendo essere colpiti anche beni futuri. L’applicazione di tale confisca, in sostanza, è sottratta alla discrezionalità del giudice.
Cassazione penale sez. IV 17/10/2017 n. 52542
Non è corretto attribuire prevalenza alla norma penale che sanziona l’omesso versamento dell’IVA rispetto al contrapposto divieto di versamento dell’IVA, imposto da un legittimo ordine del giudice (divieto di eseguire pagamenti per crediti anteriori alla richiesta di ammissione alla procedura concorsuale di concordato), che deriva da precise norme giuridiche aventi pari valore ed efficacia rispetto alla normativa tributaria.
Cassazione penale sez. III 12/04/2017 n. 39503
Deve essere confermata la condanna per omesso versamento di IVA se l’imputato non dimostra che la crisi finanziaria sia stata imprevedibile, repentina e che egli, da amministratore, abbia fatto tutto quanto nelle sue disponibilità per evitare l’omissione del versamento.
Cassazione penale sez. III 15/02/2017 n. 35786
Solo l’omologazione, e non anche la semplice ammissione al concordato preventivo – sia pure intervenuta antecedentemente alla scadenza del termine per il versamento dell’imposta -, può escludere il reato di omesso versamento i.v.a. ex art. 10 ter d.lg. n. 74 del 2000.
Cassazione penale sez. III 15/02/2017 n. 35786
Ai fini dell’integrazione dei reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, rispettivamente in tema di omesso versamento di ritenute dovute o certificate e dell’IVA, è sufficiente il consapevole inadempimento, da parte del contribuente, dell’obbligazione tributaria così come risultante dalle dichiarazioni annuali dal medesimo presentate, non essendo necessario che egli sia preventivamente messo a conoscenza della pretesa avanzata dagli organi accertatori in sede amministrativa né che detta pretesa abbia un positivo riconoscimento, attesa l’autonomia del procedimento penale dal procedimento e dal processo tributario.
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