Reati tributari: per la Cassazione l’indagato che ha subito l’ablazione per equivalente non ha diritto alla riduzione dell’importo del sequestro se non dimostra l’interesse concreto alla restituzione di somme.

Si segnala ai lettori del blogla recente sentenza n. 25061/2019 – depositata il 07.06.2019 che giudicando sulla misura cautelare reale disposta per reati fiscali e sugli effetti che si producono sul quantum sequestrato ai fini della confisca in caso di accordo con l’amministrazione finanziaria e pagamento reale dell’imposta e, soprattutto, dell’interesse concreto ad agire che deve sostenere l’impugnazione.

L’incolpazione provvisoria ed il giudizio cautelare.

Nei confronti dell’indagato, quale legale rappresentante di alcuni consorzi ed amministratore di fatto di altre società, venivano ipotizzati plurimi reati fiscali, sia di natura dichiarativa sia fraudolenta, per i quali il G.i.p. del Tribunale di Latina disponeva il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta da eseguire sul patrimonio delle persone giuridiche, e, in caso di incapienza o impossibilità di eseguirlo, per equivalente sul patrimonio personale del soggetto raggiunto da indizi di reità.

La difesa dell’indagato presentava al G.i.p. emittente il provvedimento ablatorio genetico richiesta di revoca e/o riforma del decreto di sequestro preventivo che veniva accolta con riduzione del  “quantum” del sequestro limitatamente ad alcune somme corrisposte all’Erario.

Investito dell’impugnazione cautelare il Tribunale delle Libertà di Latina rigettava l’appello proposto dall’imputato.

Il ricorso per cassazione.

Contro l’ordinanza di rigetto del Collegio cautelare la difesa del giudicabile  interponeva ricorso per cassazione ex art. 325 c.p.p.; venivano articolati sette motivi di ricorso per la cognizione dei quali si rimanda alla lettura della sentenza in commento.

Il giudizio di legittimità ed i principi di diritto.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento di maggiore interesse per gli operatori di diritto che si occupano della materia penale tributaria:

L’accordo con l’Amministrazione finanziaria e l’indefettibile presupposto dell’interesse ad agire.

“(…)In punto di diritto, secondo la giurisprudenza (cfr. Cass. Sez. 3, n. 20887 del 15/04/2015, Aumenta, Rv. 263409 – 01) in tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuto sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa.

Il Tribunale del riesame ha però ritenuto che il ricorrente non avesse interesse alla mera riduzione dell’importo del profitto «sequestrabile», perché i beni in sequestro erano di valore di gran lunga inferiore a tale valore e l’eventuale riduzione di quel valore non avrebbe prodotto alcun effetto restitutorio.Orbene, rispetto a tale decisione, il ricorrente ha riproposto la questione in diritto, ma non ha in alcun modo dimostrato in che modo la riduzione del valore possa incidere sulla restituzione dei beni a lui sequestrati.

Va ricordato che nei procedimenti cautelari reali (cfr. Cass. Sez. 3 n. 3602/2019, Solinas), l’interesse concreto ed attuale va individuato nella restituzione della cosa come effetto del dissequestro.

La sussistenza dell’interesse ad impugnare non può presumersi dalla legittimazione ad impugnare.

È infatti onere di chi impugna dedurre la sussistenza dell’interesse ad impugnare, ai sensi degli artt. 568 comma 4 e 581 comma 1 lett. d) cod. proc. pen. Nei procedimenti reali, infatti, la sussistenza dell’interesse è strettamente collegata alla richiesta di restituzione del bene, sicché è onere di chi impugna indicare, a pena di inammissibilità, oltre all’avvenuta esecuzione del sequestro, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua relazione con la cosa sottoposta a sequestro, relazione che consentirebbe la restituzione del bene a chi impugna.”

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Quadro normativo di riferimento in materia di reati tributari e misure reale cautelari:

Art 2 d.lgs. 74/2000, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti:

  1. E’ punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni ((…)) relative a dette imposte elementi passivi fittizi.
  2. Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Art 10-bis del d.lgs. 74/2000, omesso versamento di ritenute dovute o certificate:

1.E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta ritenute dovute sulla base della stessa dichiarazione o risultanti dalla certificazione 11/6/2016 rilasciata ai sostituiti, per un ammontare superiore a centocinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta.

Art.10-terdel d.lgs. 74/2000, Omesso versamento di IVA:

  1. E’ punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo d’imposta successivo, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla dichiarazione annuale, per un ammontare superiore a euro duecentocinquantamila per ciascun periodo d’imposta.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di responsabilità penale per plurimi reati tributari e di legittimità della misure cautelare reale:

Cassazione penale sez. III, 20/09/2018, n.3591:

In caso di reati tributari commessi dall’amministratore di una società, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente può essere disposto, nei confronti dello stesso, solo quando, all’esito di una valutazione allo stato degli atti sullo stato patrimoniale della persona giuridica, risulti impossibile il sequestro diretto del profitto del reato nei confronti dell’ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato. Tuttavia, la verifica di tale impossibilità non deve comportare la preventiva infruttuosa “escussione” del patrimonio della società, essendo sufficiente l’esistenza di indicazioni logicamente contrarie alla affermazione della disponibilità di beni in capo alla persona giuridica, non essendo tenuta la pubblica accusa a una preventiva ricerca di liquidità ovvero di altri cespiti riferibili alla persona giuridica ove, dagli atti, emerga, sia pure in termini deduttivi e non materialmente accertati, una situazione di incapienza del patrimonio sociale. In tale situazione, piuttosto, sarà onere della persona fisica indagata, incisa dalla misura cautelare reale, laddove voglia liberarsi dal vincolo in tal modo gravante sui suoi beni, indicare, in sede di impugnazione della misura cautelare reale, l’esistenza e la consistenza di beni patrimoniali riferibili alla società, sui quali imporre, ricorrendone i presupposti, il sequestro nella forma diretta (nella specie, la Cassazione, accogliendo il ricorso del pubblico ministero avverso l’ordinanza del tribunale del riesame che aveva annullato il sequestro adottato nei confronti della persona dell’indagato, ha evidenziato come si fosse legittimamente proceduto nei confronti dell’indagato, e non del patrimonio dell’ente, giacché in atti risultava essersi accertata l’assenza di beni immobili e di beni mobili registrati in capo a quest’ultimo, mentre la stessa persona indagata, nel giustificare le inadempienze tributarie, aveva rappresentato della crisi di liquidità della società, tanto che questa era stata posta in liquidazione e poi aveva fatto richiesta di concordato preventivo).

Cassazione penale sez. III, 08/06/2018, n.39696:

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non è configurabile il “fumus” del reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 per l’omesso versamento del debito IVA scaduto, nel caso in cui il debitore sia stato ammesso, prima della scadenza, al concordato preventivo con pagamento dilazionato e/o parziale dell’imposta, in quanto in forza dell’art. 182-ter r.d. 16 marzo 1942, n. 267, come modificato dall’art. 1, comma 81, legge 11 dicembre 2016, n. 232, anche per l’IVA è possibile un accordo nel concordato preventivo per un pagamento dilazionato o parziale.

Cassazione penale sez. III, 15/02/2017, n.35781:

In tema di reati tributari, la revoca parziale del sequestro preventivo finalizzato alla confisca del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, nel caso di intervenuta rateizzazione del debito tributario, deve essere richiesta dall’interessato al P.M., previa dimostrazione del “quantum” corrisposto per i ratei di imposta al netto di interessi e sanzioni, mentre non può essere domandata, in difetto di tali indicazioni, al Tribunale del riesame o dell’appello cautelare, essendo tale organo sprovvisto di potere istruttori e, quindi, salvi i casi di immediata soluzione sulla base degli atti, non in condizione di dirimere le questioni contabili derivanti dal pagamento parziale.

Cassazione penale sez. III, 20/01/2017, n.28047:

In tema di reati tributari, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, che costituisce profitto del reato dichiarativo di frode fiscale di cui all’art. 2 del D.Lgs. 10 marzo 2000 n. 74, e non può avere ad oggetto le sanzioni dovute a seguito dell’accertamento del debito, che rappresentano, invece, il costo del reato stesso, derivante dalla sua commissione. (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il sequestro e la confisca delle sanzioni irrogate con l’avviso di accertamento è, invece, configurabile con riferimento alla fattispecie di sottrazione fraudolenta di cui all’art. 11 del medesimo d.lg. n. 74 del 2000, in quanto il profitto dell’attività distrattiva dei beni oggetto di possibile apprensione da parte dell’Erario deve essere calcolato con riferimento all’intero debito erariale, comprensivo delle sanzioni collegate e di tutti gli accessori esigibili).

Cassazione penale sez. III, 14/01/2016, n.5728:

In tema di reati tributari, il comma 2 dell’art. 12-bis del d.lg. n. 74 del 2000 (norma introdotta dal d.lg. n.158 del 2015), nel disporre che la confisca diretta o di valore dei beni costituenti profitto o prodotto del reato «non opera per la parte che il contribuente si impegna a versare all’erario anche in presenza di sequestro» e che «nel caso di mancato versamento la confisca è sempre disposta», non preclude l’adozione del sequestro preventivo ad essa confisca finalizzato, relativamente agli importi non ancora corrisposti. (In motivazione, la Corte ha osservato che la funzione del vincolo cautelare è quella di garantire che l’adottata misura ablativa, inefficace con riguardo alla parte coperta dall’impegno, esplichi i propri effetti qualora il versamento “promesso” non si verifichi).

Cassazione penale sez. III, 12/03/2015, n.15853:

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, non è configurabile il fumus commissi delicti del reato di cui all’art. 10-ter d.lg. 10 marzo 2000, n. 74 per il mancato versamento del debito IVA scaduto, nel caso in cui il debitore sia stato ammesso al concordato preventivo in epoca anteriore alla scadenza del termine per il relativo versamento, per effetto della inclusione nel piano concordatario del debito d’imposta, degli interessi e delle sanzioni amministrative.

Cassazione penale sez. III, 15/04/2015, n.20887:

In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, qualora sia stato perfezionato un accordo tra il contribuente e l’Amministrazione finanziaria per la rateizzazione del debito tributario, non può essere mantenuto sull’intero ammontare del profitto derivante dal mancato pagamento dell’imposta evasa, ma deve essere ridotto in misura corrispondente ai ratei versati per effetto della convenzione, poiché, altrimenti, verrebbe a determinarsi una inammissibile duplicazione sanzionatoria, in contrasto con il principio secondo il quale l’ablazione definitiva di un bene non può mai essere superiore al vantaggio economico conseguito dall’azione delittuosa.

Cassazione penale sez. III, 14/05/2013, n.40992:

In tema di reati tributari, il tribunale del riesame, chiamato a decidere sul sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, non può rideterminare l’ammontare della imposta evasa (nella specie, calcolata induttivamente mediante studi di settore) e, quindi, il “quantum” da sottoporre al vincolo reale trattandosi di valutazione riservata al giudizio di merito.

Cassazione penale sez. III, 02/12/2011, n.1199:

In tema di reati tributari, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, disposto per il reato di omessa dichiarazione (art. 5, D. Lgs. 10 marzo 2000, n. 74) è riferibile all’ammontare dell’imposta evasa, in quanto quest’ultima costituisce un indubbio vantaggio patrimoniale direttamente derivante dalla condotta illecita e, come tale, riconducibile alla nozione di “profitto” del reato in questione. (In motivazione la Corte ha precisato che il profitto è costituito dal risparmio economico da cui consegue l’effettiva sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, di cui certamente beneficia il reo).

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