Chirurgia estetica: il grave errore tecnico dovuto ad imprudenza e negligenza del chirurgo in fase intraoperatoria esclude l’applicazione della causa di non punibilità dell’art. 590 sexies cod. pen.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza n.28086/2019 -depositata il 27.06.2019, con la quale la Suprema Corte, tornata a pronunciarsi sul tema della responsabilità medica, ha escluso l’applicazione della causa di non punibilità introdotta dalla legge Gelli-Bianco invocata dalla difesa del medico chirurgo che, secondo l’ipotesi accusatoria, in fase intraoperatoria con imprudenza, negligenza ed imperizia nell’utilizzo degli strumenti chirurgici, cagionava lesioni gravi personali alla paziente.

Il caso clinico, l’imputazione ed il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Napoli confermava la sentenza del Tribunale in sede con la quale il giudicabile era stato condannato alla pena di giustizia condizionalmente sospesa per il reato di cui all’art. 590 cod. pen. nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita perché, quale chirurgo operatore, nell’eseguire l’intervento di mastoplastica additiva sulla paziente presso una clinica privata, per colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia e, più specificatamente, nel non sottoporre la paziente a indagini strumentali volte ad acquisire l’esatta conformazione del torace; nell’effettuare lo scollamento di preparazione dell’alloggio di preparazione in profondità provocava la lacerazione dei muscoli intercostali interni ed esterni della pleura parietale e del tessuto vascolare, così determinando un indebolimento permanente dell’organo respiratorio e fisiognomico.

 

Il ricorso per cassazione.

Avverso la sentenza della Corte di appello napoletana interponevano due distinti ricorsi la parte civile e l’imputato, quest’ultimo censurando il provvedimento de quocon plurimi motivi di impugnazione, afferenti violazione di legge e vizio motivazionale in ordine all’artt. 3 della L. 189/2012 e  6 L. 24/2017, rilevando la sussistenza della causa di non punibilità  in relazione al reato per cui si è a processo, nonché vizi di legge e di motivazione sul diniego da parte della Corte territoriale della richiesta rinnovazione dell’istruttoria in grado di appello.

Il giudizio di cassazione ed il principio di diritto.

Il Supremo Collegio ha annullato la sentenza impugnata, senza rinvio agli effetti penali dichiarando l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione, rigettando nel resto il ricorso presentato dall’imputato e quello presentato dalla parte civile agli effetti civili che lamentava il mancato riconoscimento della provvisionale.

Di particolare interesse per il presente commento è il passaggio della motivazione che richiama i principi delineati dalla Corte di Cassazione (anche a Sezioni Unite Penali) sulla disciplina dettata dalla legge Gelli-Bianco in punto di colpa medica per condotta commissiva:

 “Il terzo motivo di ricorso, con cui si invoca il riconoscimento della causa di non punibilità prevista dall’art 590 sexies cod. pen o, in subordine, di quella disciplinata all’art 131 bis cod. pen., è infondato. Relativamente alla prima censura, va osservato che il secondo comma dell’art 590-sexies cod.pen., introdotto dalla legge 8 marzo 2017,n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), è norma più favorevole rispetto all’art 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n.158, in quanto prevede una causa di non punibilità dell’esercente la professione sanitaria collocata al di fuori dell’area di operatività della colpevolezza, operante- ricorrendo le condizioni previste dalla disposizione normativa (rispetto delle linee guida o, in mancanza, delle buone pratiche clinico-assistenziali, adeguate alla specificità del caso)- nel caso di imperizia e indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida delle buone pratiche con la condotta ( anche gravemente) imperita nell’applicazione delle stesse (Sez. 4, n. 50078 del 19/10/2017, Cavazza, Rv. 270985).

La fattispecie in esame, come meglio precisato dal par. 3, non integra un’ipotesi di colpa lieve per sola imperizia disciplinata dall’art 590 sexies cod. pen. , avendo i giudici di merito configurato la colpa anche sotto i profili dell’imprudenza e della negligenza, in particolare, delle modalità inappropriate di uso degli strumenti chirurgici.

Il taglio provocato per effetto dell’uso maldestro dell’elettrobisturi è del tutto estraneo alla tematica del rispetto delle linee guida.

Poiché il medico non ha valutato la conseguenza negativa conosciuta o conoscibile di un intervento chirurgico, non può dirsi che abbia applicato le linee guida. Il rispetto delle linee guida è stato riconosciuto dai giudici di merito nelle condotte del sanitario immediatamente successive al fatto (l’incisione per procurare il necessario drenaggio, che aveva comunque procurato una lesione di cm.1 e l’immediato invio della paziente all’ospedale munito di reparto di terapia intensiva. In considerazione dell’attuazione di tali tempestivi ed efficaci comportamenti il Tribunale ha riconosciuto le circostanze attenuanti generiche in favore dell’omissis.

“(…) In riferimento al diniego della causa di non punibilità prevista dall’art 131 bis cod. pen., la Corte di appello ha logicamente evidenziato i plurimi profili di responsabilità e il rilevante errore tecnico, circostanze tutte distoniche con la causa di non punibilità invocata. Il ricorrente segnala quali presunti elementi rilevabili a proprio favore la responsabilità di un terzo soggetto, evenienza non riscontrata all’esito dell’istruttoria dibattimentale ,o la mancata messa in pericolo di vita della paziente, ipotesi già esclusa dalla tipologia di reato contestata. Si tratta in ogni caso di censure non deducibili in sede di legittimità.”

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Riferimenti normativi di interesse per la responsabilità penale del professionista sanitario:

Art. 590 c.p., Lesioni personali colpose:

Chiunque cagiona ad altri per colpa una lesione personale è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.

Se la lesione è grave  la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima, della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale

Art. 6 Legge del 08/03/2017 – N. 24, Responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria:

  1. Dopo l’articolo 590-quinquies del codice penaleè inserito il seguente:

«Art. 590-sexies (Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario). – Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma.

Qualora l’evento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto».

  1. All’articolo 3 del decreto-legge 13 settembre 2012, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 8 novembre 2012, n. 189, il comma 1 è abrogato.

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Quadro giurisprudenziale di riferimento in materia di responsabilità penale del medico-chirurgo:

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412:

Alla luce del disposto dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta legge “Gelli-Bianco”), l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico. Pertanto, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell’ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee-guida che risultino adeguate al caso di specie, mantiene una sua attuale validità: ciò in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva delimita l’ambito di irresponsabilità penale del professionista sanitario. In questo sistema normativo, il professionista è tenuto ad attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee-guida, sia pure con gli adattamenti propri della fattispecie concreta (cfr. articolo 5 della legge n. 24 del 2017) e, per converso, lo stesso professionista ha la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli. Ne deriva che la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se e in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.

Cassazione penale sez. IV, 22/06/2018, n.37794:

In tema di responsabilità colposa per morte o lesioni in ambito medico, alla luce della nuova disciplina introdotta dalla L. n. 24/2017, c.d. legge Gelli-Bianco, occorre distinguere tra una condotta del medico connotata da colpa per imperizia, per negligenza o per imprudenza, prendendo come parametro per la valutazione dell’operato del sanitario le linee-guida o, in mancanza, le buone pratiche clinico-assistenziali. (Sulla base di questo principio la S.C. ha ritenuto non conforme alle finalità della legge la motivazione della pronuncia impugnata che non aveva indicato in modo specifico il grado di colpa del sanitario, omettendo di verificare la misura dello scostamento della sua condotta dalle linee-guida o dalle buone prassi).

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384:

La nozione di imperizia non va rivolta al soggetto nella sua complessiva attività e alle sue capacità professionali, ma al singolo atto qualificato come colposo che viene a lui addebitato.

Cassazione penale sez. un., 21/12/2017, n.8770:

In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 590-sexies c.p., introdotto dall’art. 6 della legge 8 marzo 2017, n. 24, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 cod. pen., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; la suddetta causa di non punibilità non è applicabile, invece, né ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e dunque selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse.

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