Per la Cassazione va condannato il farmacista che detiene nel proprio esercizio commerciale farmaci scaduti anche se trattasi di rimedi omeopatici privi di principi attivi.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza di legittimità n. 35627/2019, depositata il 05.08.2019, con la quale la Suprema Corte ha ritenuto sussistente a carico del farmacista il reato di  vendita e detenzione per la messa in commercio di farmaci scaduti anche se si tratta di presidi omeopatici.

In particolare, il Collegio di legittimità, ha ritenuto priva di pregio la prospettazione difensiva secondo la quale il rimedio omeopatico, in quanto privo di efficacia terapeutica validata scientificamente, non potevano essere considerati farmaco in senso stretto  e come tale non poteva essere ricondotto nell’alveo della norma incriminatrice prevista e punita dall’art. 443 cod. pen. affermando il seguente principio di diritto:

Non è minimamente dubitabile, rispetto al quarto motivo, la riconducibilità del farmaco omeopatico al concetto di medicinale, stante l’ampia definizione allo scopo fornita dall’art. 1, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 219 del 2006, che vi include «ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane» (punto 1 della disposizione), nonché «ogni sostanza o associazione di sostanze che può essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica» (punto 2). E’ dunque palesemente errato restringere il concetto di medicinale ai soli preparati che svolgono una funzione terapeutica validata, e del resto il decreto legislativo citato – che attua la direttiva europea n. 2001/83/CE, e successive modificazioni, relativa ad un codice comunitario concernente i medicinali per uso umano – ricomprende nel suo ambito i prodotti omeopatici, sottoponendoli a procedure di registrazione, in taluni casi semplificata, ed etichettatura, al rispetto di standard di sicurezza e, di regola, a farmaco-vigilanza. Anche il farmaco omeopatico scaduto costituisce dunque un medicinale «imperfetto», nel senso richiesto dall’art. 443 cod. pen.

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