Integra il reato illecito di commercio di ovuli la cessione dietro corrispettivo di gameti finalizzata alla fecondazione eterologa.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 36221/2019 – depositata il 19.08.2019, con la quale la Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi in ordine alla responsabilità penale di alcuni soggetti che si erano interposti nella vendita di ovuli, ha affermato il disvalore della condotta qualora non presenti i requisiti di gratuità e volontarietà propri della donazione lecita di cellule umane.

L’imputazione ed il doppio grado di merito.

Il Giudice dell’Udienza preliminare del Tribunale di Milano assolveva gli imputati con formula piena “perché il fatto non sussiste” che avevano chiesto applicarsi la pena concordata per il reato di cui all’art 12, comma 6 l. 40/2004, in quanto gli imputati, sfruttando la posizione di sanitari operanti presso strutture cliniche, in associazione fra di loro, commercializzavano gameti umani destinati a strutture sanitarie estere, che provvedevano all’acquisto delle cellule per effettuare tecniche di procreazione medicalmente assistita di natura eterologa, rivendute ad un prezzo maggiorato alle coppie richiedenti la prestazione sanitarie, per la cifra di € 500.00 per ciascun ovocita.

Gli imputati, secondo l’ipotesi accusatoria, avrebbero altresì assunto la qualità di intermediari fra le cliniche estere e le donatrici, che accettavano di sottoporsi a cure ormonali finalizzate alla successiva donazione, in cambio del pagamento di € 1.000,00, integrando un meccanismo finalizzato alla vendita illegittima di gameti.

Il ricorso per cassazione ed il principio di diritto.

Contro la sentenza assolutoria emessa dal G.u.p. di Milano interponeva ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica del Tribunale di Milano per ottenerne l’annullamento senza rinvio, articolando un unico motivo di impugnazione censurando, per quanto di interesse per l’analisi della sentenza in commento, vizio motivazionale per illogicità e contraddittorietà della motivazione in ordine al divieto disposto dalla norma incriminatrice p. e p. dall’art 12 l. 40/2004.

Secondo la tesi promossa dall’accusa la motivazione del Giudice per l’Udienza preliminare di Milano era censurabile per aver interpretato erroneamente il dato normativo escludendo l’astratta configurabilità del reato nell’ipotesi di fecondazione eterologa, in quanto la cessione dei gameti dietro corrispettivo realizzata dai giudicabili, rientrava a pieno titolo nella nozione di “commercio” prevista dalla norma incriminatrice e, come tale, era da qualificare come attività economica volta al trasferimento di beni dal produttore al consumatore, dietro corrispettivo.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso in riferimento alla censura sopra indicata, annullando senza rinvio la sentenza, con trasmissione degli atti al Tribunale di Milano per l’ulteriore corso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti del compendio motivazionale della sentenza in commento di particolare interesse per gli operatori di diritto in ambito sanitario.

(i) La ricostruzione delle condotte di rilevanza penale relative alla commercializzazione dei gameti.

“Si è già visto come la sanzione per la commercializzazione dei gameti, di cui all’art. 12 comma 6 della legge n. 40 del 2004, nell’originaria previsione del 2004, era coerente con l’illiceità della fecondazione eterologa, il cui divieto si perfezionava con la disposizione della sanzione penale per la commercializzazione dei gameti che costituiva lo strumento necessario per la pratica di fecondazione vietata.

Ora la Corte costituzionale ha eliminato il divieto e ha affermato che la fecondazione di tipo eterologo è un diritto costituzionale ( par.6 “espressione della fondamentale e generale libertà di autodeterminarsi, libertà che, come questa Corte ha affermato, sia pure ad altri fini ed in un ambito diverso, è riconducibile agli artt. 2, 3 e 31 Cost., poiché concerne la sfera privata e familiare”), ma ha poi ribadito che la sanzione penale rimane applicabile perché permane il divieto di commercializzazione di gameti.

Dunque, la condotta vietata come delineata dall’art. 12 comma 6, della legge n. 40 del 2004, deve essere interpretata, con riferimento al divieto di commercializzazione di gameti, alla luce della praticabilità e liceità di tale tipo di fecondazione, che implica necessariamente “il trasferimento di gameti” da un soggetto donatore.

Va, tuttavia, rilevato che lo Stato non si è avvalso della possibilità di stabilire un’indennità per i donatori come consentito dalla Direttiva medesima all’art. 12 comma 2., come invece, a titolo esemplificativo, ha fatto con riguardo al trapianto di midollo osseo con la legge n. 62 del 2011, norme di carattere speciale che non possono valere quanto al diverso campo della procreazione medicalmente assistita.

Di talchè, allo stato, alcuna forma di indennizzo è prevista nel caso di donazione di gameti che deve avvenire, si ripete, su base volontaria e improntata a gratuità. L’assenza di finalità lucrativa nella donazione trova conferma nei Decreti Ministeriali, che si sono succedutisi per regolare l’importazione e il trasferimento dei gameti, ed è stata ribadita anche dal Direttore del Centro Nazionale Trapianti con nota del 2016.

Tirando le fila del discorso, pare al Collegio che, a delineare il perimetro della fattispecie penale di commercializzazione di gameti, non si possa prescindere dai principi espressi dalla Direttiva del Consiglio d’Europa di “volontarietà” e “gratuità” della donazione, principi che concorrono a delineare l’area della rilevanza penale delle condotte di commercializzazione vietate dall’art. 12, comma 6, nel caso di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo (che necessita di donazione e trasferimento di gameti), nel senso che l’area della rilevanza penale deve essere individuata in quelle condotte, realizzate in qualunque forma, dirette ad immettere nel mercato (commercializzare) i gameti in violazione dei principi di volontarietà e gratuità della donazione.

In tale ambito rientrano nella condotta di commercializzazione anche quelle condotte di reclutamento di donatori/donatrici dietro la prospettazione/corresponsione di una remunerazione, chiaramente dirette alla immissione nel mercato dei gameti, in vista della procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo.

 (ii) l’errore di diritto in cui è incorso il G.u.p. ed il vizio di motivazione della sentenza impugnata.

Venendo al caso di specie, il Tribunale di Milano, ferma e non contestata la ricostruzione delle condotte contestate alle imputate (cfr. par.1), ha prosciolto per insussistenza del fatto, sul rilievo che non vi è commercio “allorché il trasferimento della cellula riproduttiva umana avviene all’interno di un trattamento di fecondazione c.d. eterologa”, proprio perché tale pratica richiede necessariamente il ricorso al gamete estraneo alla coppia. E da tale evidenza, il Giudice ha tratto la conclusione che l’applicazione della norma incriminatrice, laddove punisce la commercializzazione di gameti, doveva essere esclusa nei casi in cui essa era diretta ad una pratica di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo. L’interpretazione del Tribunale di Milano è erronea per le ragioni sopra esposte. Per quanto sopra argomentato, ritiene, il Collegio, che la norma incriminatrice continua a prevedere la sanzione penale per le condotte di commercio di gameti, cioè di condotte dirette a remunerare la produzione, il trasferimento, la circolazione, l’importazione di gameti, in vista dell’immissione nel mercato, in violazione del principio di “gratuità” della donazione. Al di fuori dei meri costi per l’esecuzione della prestazione medica (che la Regione Lombardia ha determinato a carico del richiedente nel caso di ricorso alla procreazione medicalmente assistita eseguita dal servizio sanitario nazionale), che restano fuori dall’ambito di rilevanza penale, costituiscono reato tutte le condotte dirette alla produzione e circolazione dei gameti, remunerate con corrispettivo in rapporto sinallagmatico con la condotta di produzione, circolazione e immissione nel mercato, condotte che costituiscono la mercificazione della procreazione assistita sanzionata dall’art. 12 comma 6 della legge n. 40 del 2004. In conclusione, ritiene il Collegio di affermare il seguente principio di diritto: “L’art. 12 comma 6 della legge n. 40 del 2004, all’esito della pronuncia della Corte costituzionale n. 162 del 2014, punisce chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza l’acquisizione di gameti in violazione dei principi di volontarietà e gratuità della donazione”.

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Riferimento normativo.

Quadro giurisprudenziale in tema di commercializzazione di cellule umane.

Art. 12, comma 6 legge n. 40 del 16/02/2004:

  1. Chiunquea qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall’articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro.

  2. Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell’articolo 5, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.

  3. Per l’accertamentodei requisiti di cui al comma 2 il medico si avvale di una dichiarazione sottoscritta dai soggetti richiedenti. In caso di dichiarazioni mendaci si applica l’articolo 76, commi 1 e 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
  4. Chiunque applica tecniche di procreazione medicalmente assistita senza avere raccolto il consenso secondo le modalità di cui all’articolo 6è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.
  5. Chiunque a qualsiasi titolo applica tecniche di procreazione medicalmente assistita in strutture diverse da quelle di cui all’articolo 10è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 300.000 euro.
  6. Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.
  7. Chiunquerealizza un processo volto ad ottenere un essere umano discendente da un’unica cellula di partenza, eventualmente identico, quanto al patrimonio genetico nucleare, ad un altro essere umano in vita o morto, è punito con la reclusione da dieci a venti anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Il medico è punito, altresì, con l’interdizione perpetua dall’esercizio della professione.
  8. Nonsono punibili l’uomo o la donna ai quali sono applicate le tecniche nei casi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5.
  9. E’ disposta la sospensione da uno a tre anni dall’esercizio professionale nei confronti dell’esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo, salvo quanto previsto dal comma
  10. L’autorizzazioneconcessa ai sensi dell’articolo 10alla struttura al cui interno è eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del presente articolo è sospesa per un anno. Nell’ipotesi di più violazioni dei divieti di cui al presente articolo o di recidiva l’autorizzazione può essere revocata.

by Claudio Ramelli © RIPRODUZIONE RISERVATA