Reati tributari e patteggiamento: è legittima la sentenza che applica la pena concordata tra le parti anche in assenza di pagamento del debito tributario quando il reato contestato è di mera condotta.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza n. 341124/2019 – depositata l’08.10.2019, con la quale la Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione presentato dal PG ha chiarito che per i reati di pura condotta (era contestato il reato di cui all’art 10 d.lgs 74/2000),  così come per i reati previsti e puniti dagli artt. 4, 5, 10-bis e 10-ter e art. 10-quater, comma 1, D.Lgs. n. 74 del 2000, l’accesso al rito speciale ex art. 444 c.p.p., non è condizionato all’avvenuto pagamento del debito tributario od al ravvedimento operoso.

L’imputazione e il doppio grado di giudizio.

Il Tribunale di Bergamo decidendo  su concorde richiesta della parti formulata in ordine al contestato reato di occultamento o distruzione delle scritture contabili applicava all’imputato la pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione per il reato di cui all’art 10 d.lgs 74/2000.

Il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

Contro la sentenza di applicazione pena interponeva ricorso per cassazione il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Brescia, con il quale lamentava la illegalità della pena concordata non ricorrendo le condizione di ammissibilità al rito alternativo imposte dall’art 13 d.lgs 74/2000

Il Collegio di legittimità ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi estratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento di maggiore interesse per gli operatori di diritto che si occupano della materia penale-tributaria.

(i) Le condizioni di ammissibilità al rito speciale del patteggiamento di cui all’art 13 d.lgs. 74/2000:

Osserva, infatti, la Corte che, in tema di reati tributari previsti dal decreto legislativo n. 74 del 2000, la possibilità per l’imputato di accedere al rito speciale comportante la applicazione concordata della pena è subordinata, di regola, alla ricorrenza di una duplice condizione sancita dall’art. 13-bis del medesimo decreto legislativo, disposizione, si badi, introdotta ed entrata in vigore solo a seguito della parziale riforma dei reati tributari disposta con il d.lgs. n. 158 del 2015; si tratta sia dell’integrale pagamento della somma dovuta a titolo di imposta, comprensiva di interessi e sanzioni, anche per come determinati a seguito delle procedure conciliative o per adesione previste dalla normativa di settore, sia del ravvedimento operoso.

“Lasciando in disparte questo secondo requisito, si rileva che tale regola, tuttavia, subisce delle non trascurabili eccezioni, dettate dallo stesso art. 13- bis, comma 2, cit.; infatti siffatta disposizione prevede espressamente la salvezza, rispetto alla predetta regola generale, delle ipotesi di cui all’art. 13, commi 1 e 2, del dlgs n. 74 del 2000, disposizione, quest’ultima, che prevede, nel caso dell’integrale versamento di imposte ed accessori dovuti, per come risultanti anche all’esito delle previste procedure conciliative et similia, anteriormente alla apertura del dibattimento penale in primo grado, una speciale ipotesi di non punibilità dei reati previsti dagli artt. 10-bis, 10-ter e 10- quater, limitatamente in questo caso alla ipotesi di cui al comma 1, del dlgs 74 del 2000, mentre per ciò che attiene ai reati previsti dagli artt. 4 e 5 del citato provvedimento legislativo l’analoga ipotesi di non punibilità riguarda il caso in cui i debiti tributari, comprese sanzioni ed interessi, siano stati integralmente estinti – a seguito di ravvedimento operoso o della presentazione della dichiarazione omessa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo – sempre che tali operazioni siano intervenute prima che l’autore del reato abbia avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali.

Deve pertanto ritenersi – peraltro in linea con la giurisprudenza di questa Corte iniziatasi a formare al riguardo – che per i reati suddetti, laddove non si voglia ritenere che il legislatore sia incorso in una insanabile contraddizione logica nella formulazione della norma, l’estinzione dei debiti tributari mediante il loro integrale pagamento in un momento anteriore alle scadenze sopra evidenziate non costituisca una condizione necessaria per accedere al rito speciale ex art. 444 cod. proc. pen., atteso che per tali reati l’eventuale operare di tale circostanza di fatto, lungi dal consentire l’applicazione concordata della pena, avrebbe l’effetto di una causa di non punibilità la quale renderebbe del tutto ingiustificata non solo la applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen., ma anche la irrogazione, in esito ad altro tipo di procedimento penale di qualsivoglia sanzione penale per le condotte riguardanti la violazione delle disposizioni sopra ricordate.”

(ii) Sull’autonomo accesso al rito speciale del patteggiamento per i reati tributari di mera condotta previsti dal d.lgs 74/2000:

Deve, pertanto, ritenersi che, con riferimento ai reati de quibus, e cioè la violazione degli artt. 4, 5, 10-bis, 10-ter e 10-quater, comma 1, del dlgs n. 74 del 2000, l’accesso al rito speciale ex art. 444 cod. proc. pen., non sia condizionato dall’avvenuto tempestivo pagamento delle somme dovute a titolo di imposta ed accessori dall’imputato all’Erario, potendo accendersi ad esso anche a prescindere da tale adempimento (cfr. sul punto: Corte di cassazione, Sezione III penale, 12 marzo 2019, n. 10800, nonché le sentenze ivi ulteriormente richiamate).”

“Condizionamento quello richiamato dall’art. 13-bis del dlgs n. 74 del 2000 che, in linea di principio, vale, pertanto, solamente per gli altri reati previsti dal ricordato dlgs n. 74 del 2000.

Ma, si rileva, anche in relazione ad essi è, tuttavia, necessario fare una precisazione, posto che, affinché la disposizione di cui all’art. 13-bis cod. proc. pen. possa avere una sua razionale applicazione, è necessario che la commissione del reato contestato abbia – o fra gli elementi strutturali della sua fattispecie ovvero in funzione della sua peculiare fenomenologia (si immagini il caso in cui, per effetto della condotta, sia stata, comunque irrogata una sanzione tributaria) – determinato l’insorgere di un’obbligazione tributaria non adempiuta del soggetto ad essa tenuto.

Infatti laddove si tratti, come è peraltro il caso ora in esame, di reati di mera condotta, l’integrazione della fattispecie penalmente rilevante potrebbe prescindere dalla esistenza di un debito tributario gravante sull’agente, il quale, pertanto, in una tale evenienza, si troverebbe, non potendo preventivamente soddisfare la condizione di ammissibilità della richiesta di “patteggiamento” prevista dall’art. 13 -bis, comma 2, del dlgs n. 74 del 2000, nella materiale impossibilità di essere ammesso al rito speciale, con la paradossale disparità di trattamento derivante dal fatto che egli, la cui condotta non ha comportato l’inadempimento di alcuna obbligazione tributaria, sarebbe sottoposto ad una disciplina normativa deteriore rispetto a quella riservata al soggetto che abbia adempiuto comunque in ritardo alla obbligazione nei confronti dell’Erario su di lui gravante.

“Deve, pertanto, ritenersi che in una situazione quale è quella da ultimo descritta, la subordinazione dell’accesso al “patteggiamento” all’adempimento delle obbligazioni tributarie gravanti sull’agente non possa operare in termini di automatismo normativo, dovendo preventivamente essere fornita la prova, da parte di chi abbia interesse a far valere la subordinazione del patteggiamento alla più volte citata condizione di ammissibilità (o, quanto meno, essere stata contestata una tale circostanza di fatto in sede di libello accusatorio) che sussista a carico dell’imputato un debito tributario non onorato, competendo, in tal caso, al soggetto che richieda l’accesso al rito speciale la dimostrazione dell’avvenuta soddisfazione della condizione prevista dall’art. 13 -bis del dlgs n. 74 del 2000, cioè il tempestivo pagamento del debito in questione.”

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La norma incriminatrice.

Art. 10.  Occultamento o distruzione di documenti contabili 

  1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l’evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari. (1)

(1) Comma così modificato dall’ art. 6, comma 1, D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158.

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Rassegna giurisprudenziale in tema di accesso al rito  ex art 444 cod. proc. pen. nei reati tributari:

Cassazione penale sez. III, 17/05/2019, n.39328:

“L’estinzione dei debiti tributari mediante integrale pagamento, da effettuarsi prima dell’apertura del dibattimento, non costituisce presupposto di legittimità del patteggiamento ai sensi del D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 13-bis in quanto il comma 2 di tale articolo fa salvo il precedente art. 13, comma 1, il quale configura detto comportamento come causa di non punibilità dei delitti previsti dagli artt. 10-bis, 10-ter e 10-quater del medesimo decreto e il patteggiamento non potrebbe certamente riguardare reati non punibili.”

Cassazione penale sez. III, 12/04/2018, n.38684

Per i reati di cui agli artt. 10-bis10-ter e 10-quater, d.lgs. n. 74/2000, l’integrale pagamento del debito, delle sanzioni e degli interessi, nonché il ravvedimento operoso costituiscono presupposti per l’assoluzione, ferma restando, in assenza di tali adempimenti, la possibilità di richiedere l’applicazione della pena su patteggiamento.

Cassazione penale sez. VII, 10/03/2017, n.25227:

In tema di reati tributari, la causa di non punibilità consistente nell’ìntegrale pagamento del debito tributario, contemplata dall’art. 13 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, come sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 158, non è applicabile al reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 2 D.Lgs. n. 74 del 2000.

Cassazione penale sez. III, 01/02/2017, n.15237:

La punibilità per il reato di omesso versamento dell’IVA, previsto dall’art. 10 ter d.lg. n. 74 del 2000, non può essere esclusa per il solo fatto che il contribuente, avendo avuto comunque a disposizione adeguate risorse finanziarie, abbia preferito, al fine di assicurare la “continuità aziendale”, destinarle al pagamento di dipendenti e fornitori anziché all’assolvimento del debito tributario.

Cassazione penale sez. III, 30/03/2016, n.40314:

In tema di reati tributari, la causa di non punibilità contemplata dall’art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, come sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. n. 158 del 2015 – per la quale i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater del decreto 74 del 2000 non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti – è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento.

by Claudio Ramelli @Riproduzione Riservata