Reati fallimentare: è la finalità di arrecare danno ai creditori l’unico discrimine tra la bancarotta fraudolenta documentale e quella semplice quando è contestata la condotta di omessa tenuta dei libri contabili.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 8435.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in tema di elemento soggettivo del reato di bancarotta documentale, delinea la differenza tra le distinte fattispecie di bancarotta fraudolenta e semplice documentale.

Nel caso di specie, la Corte di appello di Bologna confermava la condanna inflitta  dal locale Tribunale all’imputato tratto a giudizio nella qualità di liquidatore della società dichiarata fallita, per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale ex art. 216 comma 1, n. 2  L. fallimentare.

Avverso la predetta sentenza la difesa del prevenuto interponeva ricorso in cassazione.

Particolare interesse riveste il motivo di ricorso della violazione di legge in punto di qualificazione della condotta come bancarotta fraudolenta documentale ex art. 216 L. fall., anziché, come bancarotta semplice documentale di cui all’art. 17 L. fall.

I Giudici di legittimità chiamati ad esprimersi sul punto, preliminarmente chiariscono il perimetro della fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale ex art. 216 comma 1, n. 2, per poi enunciare il principio di diritto inerente alla diversa declinazione dell’elemento soggettivo con riguardo alle due fattispecie alternative previste dalla norma annullando, per l’effetto, la sentenza di appello impugnata.

Di seguito si riporta il principio di diritto espresso dalla Suprema Corte ed i più significativi passaggi tratti dal compendio motivazionale della sentenza con la quale la Suprema Corte accoglie il motivo di doglianza del ricorrente.

< L’ipotesi di omessa tenuta dei libri contabili può essere ricondotta nell’alveo di tipicità dell’art. 216 comma 1 n.2 legge fall. solo qualora si accerti che scopo dell’omissione sia quello di recare pregiudizio ai creditori, perché altrimenti risulterebbe impossibile distinguere tale fattispecie da quella analoga sotto il profilo materiale, prevista dall’art. 217 legge fall. e punita sotto il titolo di bancarotta semplice documentale (Sez. 5, n. 25432 del 11 aprile 2012, De Mitri e altri, Rv. 252992).

Nel caso in esame, anche a trascurare la confusione ingenerata dalla motivazione della sentenza sulla specifica condotta omissiva addebitata all’imputato, deve comunque rilevarsi l’inosservanza dei principi sopra esposti. Prima si cita la deposizione del Maresciallo [omissis]della Guardia di Finanza che riferisce che le scritture contabili della fallita “non erano complete, perché non erano state aggiornate” (pagg. 3 sentenza impugnata), fatto che di per sé sarebbe riconducibile alla ipotesi di cui all’art. 217 legge fall. Nei passaggi successivi la decisione sembra assestarsi sulla omessa tenuta dei libri e delle altre scritture contabili per il periodo della liquidazione, nel senso di ritenere che la documentazione contabile non è stata consegnata al curatore, non è stata in alcun modo reperita e le giustificazioni fornite dall’imputato non sono attendibili (pag. 4).

Resta il fatto, in ogni caso, che la Corte di appello – chiamata a dirimere la questione circa la configurabilità del reato di cui all’art. 217 legge fall. in luogo di quello più grave previsto dall’art. 216 legge fall. – si è limitata a evidenziare che l’imputato non ha tenuto le scritture contabili per il periodo della liquidazione (condotta comune alle due fattispecie di reato), ma nulla dice sul dolo specifico che connota la bancarotta fraudolenta, né indica alcun elemento concreto dal quale desume che l’imputato abbia agito allo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori>.

Le due norme incriminatrici.

 

Art. 216 – Bancarotta fraudolenta

È punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che:

1) ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;

2) ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari.

La stessa pena si applica all’imprenditore, dichiarato fallito, che, durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i libri o le altre scritture contabili.

È punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito, che, prima o durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di prelazione.

Salve le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente articolo importa per la durata di dieci anni l’inabilitazione all’esercizio di una impresa commerciale e l’incapacità per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa 

 

Art. 217 – Bancarotta semplice

È punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato fallito, l’imprenditore, che, fuori dai casi preveduti nell’articolo precedente:

1) ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua condizione economica;

2) ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di pura sorte o manifestamente imprudenti;

3) ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il fallimento;

4) ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;

5) non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato preventivo o fallimentare.

La stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento ovvero dall’inizio dell’impresa, se questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera irregolare o incompleta.

Salve le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del codice penale, la condanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacità ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a due anni.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 30/10/2019, n.77

In tema di reati fallimentari, l’articolo 216, comma, 1, numero 2, l. fall. configura due diverse ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale. La prima consiste nella sottrazione, distruzione o falsificazione delle scritture ed è caratterizzata dal dolo specifico di procurare a sé o ad altri un ingiusto, profitto o di recare pregiudizio ai creditori. La seconda – cosiddetta “generale” – si configura quando la contabilità sia tenuta in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari, ciò sia nel caso in cui detta impossibilità sia assoluta, sia quando essa semplicemente ostacoli (con difficoltà superabili solo con particolare diligenza) gli accertamenti da parte degli organi fallimentari. Avuto riguardo al versante soggettivo, questa seconda forma di bancarotta documentale è reato a dolo generico, che consiste nella consapevolezza, in capo all’agente, che, attraverso la volontaria tenuta della contabilità in maniera incompleta o confusa, possa risultare impossibile la ricostruzione delle vicende del patrimonio o dell’andamento degli affari; è esclusa, di contro, l’esigenza che il dolo sia integrato dall’intenzione di impedire detta ricostruzione, in quanto la locuzione in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari connota la condotta – della quale costituisce una caratteristica – e non la volontà dell’agente, sicché è da respingere l’idea che essa richieda il dolo specifico.

Cassazione penale sez. V, 08/04/2019, n.32001                                                                                  

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale, ex articolo 216 comma 1 n. 2 della Legge fallimentare, prevede due fattispecie alternative: quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico; e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita, che richiede il dolo generico. Pertanto, in caso di contestazione della prima ipotesi, ovvero sottrazione, distruzione od omessa tenuta dei libri e delle altre scritture contabili, è necessaria la dimostrazione del dolo specifico, consistente nello scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizi ai creditori. A ricordarlo è la Cassazione per la quale, nel caso di specie, il generico riferimento alla impossibilità di ricostruire il patrimonio o il movimento di affari è un elemento estraneo alla fattispecie, che invece rientra nel raggio d’azione del dolo generico della seconda ipotesi.

Cassazione penale sez. V, 05/03/2019, n.26379     

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, l’occultamento delle scritture contabili, per la cui sussistenza è necessario il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori, consistendo nella fisica sottrazione delle stesse alla disponibilità degli organi fallimentari, anche sotto forma della loro omessa tenuta, costituisce una fattispecie autonoma ed alternativa – in seno all’art. 216, comma primo, n. 2), l. fall. – rispetto alla fraudolenta tenuta di tali scritture che, invece, integra un’ipotesi di reato a dolo generico e presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi. (Nella specie, la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che, a fronte della contestazione di un’ipotesi di sottrazione o distruzione della contabilità, aveva affermato la responsabilità dell’imputato per la diversa ipotesi di concorso nell’omessa regolare tenuta delle scritture contabili, dando peraltro atto nella motivazione dell’assenza della prova di una “sia pur parziale tenuta delle scritture contabili”).

Cassazione penale sez. V, 19/02/2019, n.10647

In tema di reati fallimentari, la bancarotta fraudolenta documentale di cui all’art. 216, comma 1, n. 2 l. fall. prevede due fattispecie alternative, quella di sottrazione o distruzione dei libri e delle altre scritture contabili, che richiede il dolo specifico, e quella di tenuta della contabilità in modo da rendere impossibile la ricostruzione del movimento degli affari e del patrimonio della fallita che, diversamente dalla prima ipotesi, presuppone un accertamento condotto su libri contabili effettivamente rinvenuti ed esaminati dai predetti organi e richiede il dolo generico (nella specie, la Corte ha ritenuto necessario un nuovo esame per l’imputato che, avendo sottratto i libri e le altre scritture contabili dalla propria impresa individuale, era stato condannato per bancarotta fraudolenta documentale senza però che venisse accertata la sussistenza del dolo specifico).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA