La rassegna ragionata della giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità penale dei professionisti sanitari per i reati di lesioni colpose ed omicidio colposo.

Si segnala ai lettori del blog la rassegna giurisprudenziale aggiornata al mese di febbraio 2020 nella quale sono riportate le più significate decisioni della Corte di Cassazione pronunciate all’esito dello scrutinio di legittimità  di processi  nei quali il sanitario è stato tratto a giudizio per i reati di evento di omicidio colposo o lesioni personali colpose, la cui commissione è connessa all’ars medica esercitata presso strutture pubbliche o private, ovvero nel corso dell’attività  professionale privata.

Verranno quindi riportati gli arresti giurisprudenziali che affrontano i nodi che nella quotidiana pratica di trattazione dei procedimenti penali deve affrontare il legale nell’interesse ed a difesa del proprio assistito  e segnatamente:

(i) la posizione di garanzia ed il perimetro della responsabilità del sanitario;

(ii) il giudizio controfattuale con il quale le parti processuali nei rispettivi ruoli  si devono misurare per accertare la sussistenza o meno del nesso causale tra la condotta colposa contestata (commissiva od omissiva) al sanitario e l’evento lesivo (lesioni ed omicidio);

(iii) le novità introdotte dalla Legge Gelli Bianco e la giurisprudenza apicale sedimentata nei tre anni dalla sua entrata in vigore, con particolare riferimento alla individuazione dei rapporti intertemporali con il decreto Balduzzi con particolare riferimento alla individuazione della legge più favorevole e all’efficacia scriminante delle raccomandazioni cristallizzate nelle linee guida e le buone pratiche clinico-assistenziali alle quali fa riferimento l’art. 590 sexies cod. pen., norma introdotta dalle Legge Gelli Bianchi (L. 8 marzo 2017, n. 24).

Verrà infine riportata una sintetica rassegna delle pronunce di legittimità della III Sezioni Civile della Suprema Corte che si occupa della materia, con illustrazione dei temi di maggiore spessore che vengono in evidenza nella trattazione delle cause promosse dai pazienti (o dai loro aventi causa) contro il medico e/o la struttura con azione di risarcimento danni.

La posizione di garanzia del medico:

 

Cassazione penale sez. IV, 09/04/2019, n.24372

 

La posizione di garanzia del medico può essere generata anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche, mediante comportamento concludente.

 

In tema di reati omissivi colposi, la posizione di garanzia può essere generata non solo da investitura formale, ma anche dall’esercizio di fatto delle funzioni tipiche delle diverse figure di garante mediante un comportamento concludente dell’agente, consistente nella presa in carico del bene protetto (per l’effetto, relativamente ai due medici sociali che erano intervenuti, durante una partita di calcio, per soccorrere un calciatore – poi deceduto- che aveva avuto un malore durante l’incontro, la Corte ha ritenuto che entrambi avevano assunto una posizione di garanzia nei confronti dell’atleta, derivante dall’instaurazione della relazione terapeutica tra loro ed il calciatore: entrambi, si è argomentato, avevano infatti posto in essere una istintiva, pratica attuazione dei doveri deontologici consacrati dal giuramento professionale, comprendente il “dovere di prestare soccorso nei casi di urgenza”; con in più, per il medico sociale della squadra del calciatore, in aggiunta a tale dovere deontologico, l’obbligo gravante, quale medico sportivo, verso i calciatori della propria squadra; la Corte, peraltro, ha poi annullato con rinvio la sentenza di condanna, per carente motivazione in punto di nesso causale e di addebito di colpa).

 

Cassazione penale sez. IV, 29/03/2019, n.17491

 

Non risponde di lesioni il medico che, pur titolare di posizione di garanzia, non disponga dei poteri impeditivi degli eventi lesivi.

In tema di reati colposi, l’agente non può rispondere del verificarsi dell’evento se, pur titolare di una posizione di garanzia, non disponga dei necessari poteri impeditivi degli eventi dannosi. (Fattispecie in tema di lesioni conseguenti alla mancata tempestiva esecuzione di parto cesareo, in cui la Corte ha annullato la sentenza di condanna di medico ostetrico che, allontanatasi dal nosocomio in una situazione che si presentava non patologica, e permanendo in turno di reperibilità, era stata informata dalla collega di turno ospedaliero delle difficoltà insorte nel corso del parto naturale, avendo i giudici di merito omesso di valutare se l’imputata fosse concretamente in grado di influenzare il corso degli eventi).

Cassazione penale sez. IV, 19/02/2019, n.32477

 

Posizione di garanzia del direttore sanitario di casa di cura privata.

Al direttore sanitario di una casa di cura privata spettano poteri di gestione della struttura e doveri di vigilanza e organizzazione tecnico-sanitaria, compresi quelli di predisposizione di precisi protocolli inerenti al ricovero dei pazienti, all’accettazione dei medesimi, all’informativa interna di tutte le situazioni di rischio, alla gestione delle emergenze, alle modalità di contatto di altre strutture ospedaliere cui avviare i degenti in caso di necessità e all’adozione di scorte di sangue e/o di medicine in caso di necessità. Il conferimento di tali poteri comporta, quindi, l’attribuzione al direttore sanitario di una “posizione di garanzia” giuridicamente rilevante, tale da consentire di configurare una responsabilità colposa per fatto omissivo per mancata ed inadeguata organizzazione della casa di cura privata, qualora il reato non sia ascrivibile esclusivamente al medico e/o ad altri operatori della struttura (fattispecie in materia di omicidio colposo per la morte di una paziente a seguito di parto avvenuta in un casa di cura, per la quale, in sede di merito, erano stati condannati non solo il medico e l’anestesista, ma anche il direttore sanitario della clinica privata; la Corte, pur annullando il reato per prescrizione, ha ritenuto che ai fini civili correttamente era stata ravvisata la colpa anche del direttore sanitario, per la sua accertata responsabilità per le carenze strutturali della casa di cura, in particolare in conseguenza dell’omessa predisposizione di un adeguato meccanismo interno alla struttura di verifica delle condizioni dei pazienti all’ingresso e dell’omessa predisposizione di un protocollo per le situazioni di emergenza).

Cassazione penale sez. IV, 30/01/2019, n.27539

 

Posizione di garanzia e responsabilità dell’ostetrica che non avverta il medico dello stato di sofferenza fetale

La posizione di garanzia rivestita dall’ostetrica è ricavabile dallo statuto regolamentare della sua figura professionale (vedi la direttiva 80/155/Ce del 21 gennaio 1980; il d.lg. n. 206 del 2007; il regolamento per l’esercizio professionale della professione di ostetrica approvato dal Consiglio superiore di sanità il 10 febbraio 2000; il d.m. sanità n. 740 del 1994). In base a tale coacervo normativo, l’ostetrica, tra i vari compiti, deve: a) accertare la gravidanza e in seguito sorvegliare la gravidanza normale; b) effettuare gli esami necessari al controllo dell’evoluzione della gravidanza normale; c) attenersi ai protocolli previsti per il monitoraggio della gravidanza fisiologica; d) individuare le situazioni potenzialmente patologiche che richiedono intervento medico, adottando, ove occorrono, le eventuali misure di emergenza indifferibile; e) valutare eventuali anomalie dei tracciati e darne comunicazione ai sanitario (nel caso di specie, la sentenza impugnata, con congruo ed esauriente apparato argomentativo, aveva evidenziato che l’ostetrica, in conseguenza degli errori e delle omissioni precedenti commessi in violazione dei propri doveri istituzionali, non aveva sollecitato l’attenzione del dottore , il quale, se avesse conosciuto tempestivamente la situazione di sofferenza fetale, sarebbe potuto intervenire tempestivamente, scongiurando il verificarsi dell’evento letale).

Cassazione penale sez. IV, 05/10/2018, n.47801

 

Il medico che subentra ad un collega nel turno del reparto ospedaliero assume la relativa posizione di garanzia nei confronti dei pazienti.

In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. (Fattispecie in cui la S.C. ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità di un ginecologo per il reato di lesioni colpose ai danni di un feto, ritenendo irrilevante la tesi difensiva secondo la quale l’imputato era stato informato dello stato di sofferenza del feto solo a danno compiuto, essendosi accertato che i primi segnali di sofferenza erano emersi in epoca successiva all’inizio del turno ed egli aveva omesso di informarsi dello stato di salute dei pazienti).

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.7032     

 

Responsabilità del medico, titolare di posizione di garanzia, preposto al rilascio del certificato

medico propedeutico all’autorizzazione al porto d’armi.

 

Il medico di base preposto al rilascio del certificato medico anamnestico propedeutico all’autorizzazione al porto d’armi è titolare di una posizione di garanzia che comprende esclusivamente un obbligo di controllo diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti pregiudizievoli verso terzi e non di comportamenti autolesivi, atteso che le regole cautelari sottese alla regolamentazione del relativo procedimento amministrativo sono finalizzate alla salvaguardia dell’integrità fisica dei terzi e non di colui che richiede l’autorizzazione. (Fattispecie relativa alla uccisione di due persone per mano del paziente cui era stato rilasciato il porto d’armi e che si era poi suicidato, nella quale la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva escluso la responsabilità del medico per il suicidio, non essendo configurabile a suo carico l’obbligo di impedire l’evento, e lo aveva invece condannato, a titolo di colpa, per gli omicidi).

Cassazione penale sez. IV, 15/02/2018, n.24068

 

Il medico specialista chiamato per una consulenza non subentra nella posizione di garanzia dei medici del Pronto Soccorso.

In tema di responsabilità professionale nell’ambito di una struttura sanitaria complessa, il medico, a cui il paziente sia inviato dal Pronto Soccorso a titolo di consulto, ove non riscontri sotto il profilo di sua stretta competenza alcuna patologia di rilevante gravità e si limiti a richiedere un’altra consulenza, la quale indichi gli esami idonei a diagnosticare la patologia in atto, non assume – per il solo fatto di avere richiesto l’ulteriore consulenza – la posizione di garanzia, che resta a carico dei medici del pronto soccorso.

Cassazione penale sez. IV, 23/01/2018, n.22007

 

Responsabilità medica ed intervento chirurgico in « équipe »

In tema di colpa professionale, in caso di intervento chirurgico in «équipe», il principio per cui ogni sanitario è tenuto a vigilare sulla correttezza dell’attività altrui, se del caso ponendo rimedio ad errori, che siano evidenti e non settoriali, rilevabili ed emendabili con l’ausilio delle comuni conoscenze scientifiche del professionista medio, non opera in relazione alle fasi dell’intervento in cui i ruoli e i compiti di ciascun operatore sono nettamente distinti, dovendo trovare applicazione il diverso principio dell’affidamento per cui può rispondere dell’errore o dell’omissione solo colui che abbia in quel momento la direzione dell’intervento o che abbia commesso un errore riferibile alla sua specifica competenza medica, non potendosi trasformare l’onere di vigilanza in un obbligo generalizzato di costante raccomandazione al rispetto delle regole cautelari e di invasione negli spazi di competenza altrui.

Cassazione penale sez. IV, 23/01/2018, n.22007

 

Unitarietà dell’”equipe” medica: ogni medico deve  verificare che i colleghi eseguano correttamente la propria opera.

L’equipe medica deve essere considerata come un’entità unica e compatta e non come una collettività di professionisti in cui ciascuno si limita ad eseguire i propri compiti, sicché ogni medico dell’equipe dovrà, oltre a rispettare le leges artis della propria sfera di competenza, verificare che gli altri colleghi abbiano eseguito correttamente la propria opera. Detto controllo dovrà esercitarsi anche sugli errori altrui, evidenti e non settoriali, tali da poter essere rilevati con l’ausilio delle conoscenze del professionista medio.

 

Cassazione penale sez. IV, 21/06/2017, n.18334

 

Esenzione da responsabilità del medico in posizione apicale per il fatto commesso dal medico di livello funzionale inferiore.

 

Il medico in posizione apicale che abbia correttamente svolto i propri compiti di organizzazione, direzione, coordinamento e controllo, non risponde dell’evento lesivo conseguente alla condotta colposa del medico di livello funzionale inferiore a cui abbia trasferito la cura del singolo paziente, altrimenti configurandosi una responsabilità di posizione, in contrasto col principio costituzionale di personalità della responsabilità penale. (La S.C., in applicazione di tale principio, ha escluso la responsabilità penale di un primario di reparto per l’omicidio colposo di un paziente che non aveva visitato personalmente, verificatosi nell’arco di dieci giorni, senza che in tale ambito temporale gli fosse segnalato nulla dai medici della struttura).

 

Cassazione penale sez. IV, 21/11/2017, n.5

 

Posizione di garanzia dell’infermiere quale professionista sanitario.

Fermo restando che il fondamento della posizione di garanzia ricoperta dall’infermiere nei confronti del paziente è ravvisabile proprio nella sua autonoma professionalità, quale soggetto che svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente, essendo onerato di vigilare sul decorso post-operatorio ai fini di consentire, nel caso, l’intervento del medico, sussiste, in ipotesi di sua accertata condotta omissiva, una sua propria responsabilità professionale distinta da quella del medico, tanto da non esser oggi più considerato “ausiliario del medico” bensì un “professionista sanitario”.

 

Cassazione penale sez. IV, 19/09/2016, n.39838

 

Posizione di garanzia del medico che continua a prestare assistenza al paziente trasferito in altro reparto.

In tema di responsabilità professionale, assume una posizione di garanzia il medico del pronto soccorso che, dopo aver disposto il ricovero del paziente in un reparto specialistico, nuovamente interpellato dal personale paramedico per un consulto, senza che fosse stato previamente allertato il medico di turno responsabile del reparto, abbia continuato a prestare assistenza al paziente disponendo ulteriori trattamenti terapeutici. (Nella specie, relativa ad omicidio colposo, la S.C. ha anche precisato che, per ritenere operante la posizione di garanzia, è necessario che la continuità assistenziale assicurata dal personale infermieristico del reparto sia risultata idonea a rendere edotto il medico in ordine all’evoluzione del quadro clinico inizialmente riscontrato).

 

Le questioni processuali, il giudizio controfattuale, la condotta omissiva e l’elemento psicologico del reato nei reati colposi del medico.

 

Cassazione penale sez. IV, 21/03/2019, n.28102

 

Lesioni colpose: il termine per proporre querela decorre dal momento in cui il soggetto passivo viene a conoscenza dell’eventuale errore diagnostico o terapeutico del sanitario.

Il termine per proporre la querela per il reato di lesioni colpose determinate da responsabilità del sanitario inizia a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta bensì da quello, eventualmente successivo, in cui il soggetto passivo sia venuto a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l’hanno curata (ciò che nella specie era avvenuto allorquando la persona offesa si era sottoposta a un accertamento specialistico medico-legale). E comunque una eventuale situazione di incertezza in punto di tempestività della querela deve, essere considerata in favore del querelante, poiché il decorso del termine di cui all’articolo 124 del Cp importa decadenza e le decadenze vanno accertate secondo criteri rigorosi, non potendo ritenersi intervenute in base a semplici supposizioni, prive di adeguato supporto probatorio.

 

Cassazione penale sez. IV, 17/09/2019, n.41893

 

Il giudizio controfattuale impone di verificare che la condotta doverosa omessa avrebbe evitato l’evento con probabilità prossima alla certezza.

La responsabilità del medico per il decesso del paziente può essere affermata, in occasione del giudizio controfattuale da effettuare in caso di addebito a titolo di responsabilità omissiva, solo allorquando sia possibile sostenere che, se la condotta omessa fosse stata tenuta, l’evento non si sarebbe verificato con, probabilità confinante con la certezza, alla luce del sapere scientifico e delle specificità del caso concreto (condizioni del paziente) (da queste premesse, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo pronunciata dalla corte di appello a carico di un sanitario del 118 cui era stato addebitata la morte di un paziente, per avere l’imputato, intervenuto in via d’urgenza, omesso di compiere tutte le manovre di rianimazione cardiopolmonari necessarie, così da aver provocato la morte a seguito di infarto; secondo la Corte, infatti, l’omissione addebitata all’imputato, secondo la stessa ricostruzione operata in sede di merito, aveva privato il paziente solo di marginali chances di sopravvivenza, stimate in un arco tra il 2% e l’11%, fino al 23% soltanto in caso di emersione di ritmo defribrillabile, onde la causalità non poteva dirsi sussistente sulla base del giudizio controfattuale imposto, alla stregua del canone della “certezza processuale”, ai fini della condanna).

Cassazione penale sez. IV, 10/07/2019, n.39268

 

L’aggiunta di un ulteriore profilo di colpa nell’imputazione non comporta violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza di condanna.

Il principio secondo cui, in tema di reati colposi, non vi è violazione del principio di correlazione tra l’accusa e la sentenza di condanna qualora sia aggiunto un ulteriore profilo di colpa non menzionato nell’imputazione, sempre che l’imputato abbia avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione a ogni possibile profilo dell’addebito, presuppone pur sempre che il profilo di colpa “nuovo” attenga al medesimo fatto storico oggetto di imputazione, giacché, diversamente, è imprescindibile attivare i meccanismi processuali previsti – a garanzia del diritto di difesa – dall’art. 518 c.p.p. (da queste premesse, è stata annullata senza rinvio la sentenza di condanna pronunciata a carico di un medico per il reato di omicidio colposo, in relazione alla morte di una paziente, proprio per difetto di contestazione: infatti, rispetto alla contestazione che aveva a fondamento la ipotizzata responsabilità per la contestata erronea gestione dell’intervento di taglio cesareo e del decorso post operatorio, in sede di appello la condanna era intervenuta, in assenza di interlocuzione difensiva, per un fatto nuovo, ipotizzandosi profili di colpa nella condotta del medico nel corso della gravidanza).

Cassazione penale sez. IV, 15/05/2019, n.26906

 

È responsabile di omicidio colposo il medico che per imperizia non abbia proceduto a diagnosi differenziale su un paziente con dolori addominali nella fossa iliaca.

 

Risponde di omicidio colposo per imperizia, nell’accertamento della malattia, e per negligenza, per l’omissione delle indagini necessarie, il medico che, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie comunque pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del medico che, visitando un paziente che riferiva dolori addominali alla fossa iliaca sinistra, aveva proceduto solo ad un esame obiettivo, limitandosi agli accertamenti strumentali di base, con somministrazione di terapia medica per via endovenosa a mero scopo analgesico e dimissioni, senza considerare l’ipotesi di aneurisma aortico, riscontrabile con una semplice ecografia).

Cassazione penale sez. IV, 06/03/2019, n.20270

 

Risponde di omicidio colposo il medico specializzando che per imperizia prescrive un farmaco in quantità errata.

In tema di colpa, la valutazione in ordine alla prevedibilità dell’evento va compiuta avendo riguardo anche alla concreta capacità dell’agente di uniformarsi alla regola cautelare in ragione delle sue specifiche qualità personali, in relazione alle quali va individuata la specifica classe di agente modello di riferimento. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza di condanna del medico specializzando in fase avanzata che, per imperizia grave nella gestione della terapia di una paziente oncologica, aveva trascritto nel foglio di prescrizione interna un medicinale in quantità errata cagionandone il decesso).

 

Cassazione penale sez. IV, 05/10/2018, n.47801

 

Responsabilità penale del ginecologo e dell’ostetrica per aver cagionato lesioni colpose al neonato durante il parto.

In caso di lesioni colpose cagionate al neonato durante il parto, è configurabile una corresponsabilità del ginecologo, nel trascurare i segnali di sofferenza fetale, e delle ostetriche, nell’omessa segnalazione del peggioramento del tracciato cardiotocografico.

 

Cassazione penale sez. IV, 08/11/2018, n.8086

 

Risponde di omicidio colposo il medico endocrinologo che prescrive fendimetrazina in violazione di quanto stabilito nei decreti ministeriali.

Integra il reato di omicidio colposo di cui all’art. 589 c.p. la condotta del medico endocrinologo che, nel corso della dieta dimagrante sottoposta ad una paziente, ne abbia provocato il decesso attraverso la prescrizione del farmaco fendimetrazina nonostante il divieto disposto da diversi decreti ministeriali succedutisi negli anni, per un periodo superiore a tre mesi in violazione dell’art. 2, co. 2, lett. e), d.m. 18 settembre 1997, pur conoscendo i rischi legati all’uso di tale farmaco in combinazione ad altri, ed omettendo di acquisire le informazioni anamnesiche e di disporre gli accertamenti clinici strumentali necessari per valutare l’opportunità della cura per una paziente debilitata dalla perdita di 40 kg in sei mesi (nello specifico la suprema Corte ha ritenuto sussistente il nesso causale sulla base del giudizio controfattuale espresso dai periti, ad avviso dei quali la paziente “con elevato grado di probabilità logico-razionale” non sarebbe deceduta ove non avesse assunto le sostanze prescritte dall’imputato, “nelle forme e nella cronologia al dunque registrate”, attesa l’assenza di “chiavi di lettura alternative a quella complessivamente identificata come riconducibile al meccanismo di azione proprio dei simpaticomimetici).

Cassazione penale sez. IV, 03/05/2018, n.27420

 

Cure omeopatiche:  applicazione delle misure interdittive e rischio di reiterazione del reato di omicidio colposo.

In tema di applicazione di misure interdittive all’indagato per omicidio colposo per colpa professionale, l’attualità e concretezza del pericolo di reiterazione del reato può essere desunto anche dalla condotta tenuta dallo stesso nel caso concreto; deve, pertanto, ritenersi legittima l’applicazione della misura interdittiva della sospensione temporanea dall’esercizio della professione medica, nei confronti del medico che abbia manifestato la granitica convinzione della superiorità della terapia omeopatica, rispetto a quella antibiotica tradizionale, rivelatasi inidonea a evitare la morte di un bambino, in assenza di significativi miglioramenti delle condizioni del paziente, e in considerazione della mancanza di un vaglio critico manifestata dall’indagato dopo il fatto in ordine a tale convinzione.

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

 

Differenza tra imprudenza e negligenza.

In tema di colpa, l’imprudenza consiste nella realizzazione di un’attività positiva che non si accompagni nelle speciali circostanze del caso a quelle cautele che l’ordinaria esperienza suggerisce di impiegare a tutela dell’incolumità e degli interessi propri e altrui (affermazione resa nell’ambito di procedimento a carico di un medico, cui era stata qualifica come “imprudente” la condotta che si assumeva colposa assunta nella vicenda che aveva portato al decesso una paziente; la Corte, nell’annullare con rinvio la decisione di condanna, ha osservato come impropriamente fosse stata ravvisata l’imprudenza sul rilievo che la condotta tenuta dal medico, più che un’attività positiva, era consistita – secondo la stessa corte di merito – in un’omessa o incompleta diagnosi, accompagnata da una sottovalutazione della sintomatologia che la paziente presentava, dall’omessa prescrizione di accertamenti strumentali a fini diagnostici e dalla prescrizione di un presidio terapeutico generico: situazioni che, semmai, potevano ascriversi al profilo della negligenza, in parte, e sotto altro profilo, a quello dell’imperizia).

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

 

La valutazione dell’imperizia investe il singolo atto colposo e non il medico nella sua complessiva attività.

In tema di colpa medica, non si può escludere l’imperizia del medico solo in virtù del suo noto valore clinico, non dovendo la nozione di imperizia essere rivolta al soggetto nella sua complessiva attività e alle sue capacità professionali, ma al singolo atto qualificato come colposo e che viene a lui addebitato. (Nella fattispecie ha annullato con rinvio la sentenza di merito che aveva erroneamente qualificato come imprudente la condotta di un medico per la morte di una paziente deceduta in seguito alle complicazioni post-operatorie).

 

Cassazione penale sez. IV, 27/01/2017, n.10271

 

Risponde di lesioni colpose l’odontoiatra che non acquisisca il consenso informato per l’effettuazione dell’ intervento di implantologia e che non gestisca correttamente l’infezione del paziente.

Risponde del reato di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p. il medico odontoiatra cha abbia sottoposto un paziente ad un duplice intervento di implantologia destinato a creare la base di appoggio per protesi dentale mobile determinando un precoce insuccesso, senza informare il paziente dell’elevato rischio di insuccesso e senza gestire correttamente la presenza di un’infezione tra il primo e il secondo intervento (nello specifico l’odontoiatra non aveva rispettato la procedura formale che prevede l’acquisizione del consenso informato scritto da parte del paziente).

 

 

Cassazione penale sez. III, 01/03/2017, n.39497

 

Assistenza notturna post operatoria e giudizio controfattuale.

Non può essere condannata per il reato di lesioni colpose di cui all’art. 590 c.p. l’infermiera addetta all’assistenza notturna post operatoria di un paziente che, pur avendo ricevuto numerose richieste di soccorso dallo stesso, abbia omesso di avvisare il personale medico di guardia, al fine di consentire di accertare l’esistenza di un’emorragia in corso, in assenza del necessario giudizio controfattuale indicato come necessario per accertare la configurabilità dell’ineludibile relazione causale tra tale condotta e le conseguenze patite dal paziente medesimo (nello specifico la Suprema Corte ha rilevato come l’istruttoria dibattimentale non avesse consentito di accertare se la complicanza patita dal paziente, che aveva in seguito reso necessario un secondo intervento chirurgico, fosse conclamata e reversibile, nonché se la struttura sanitaria sarebbe stata in grado, nel periodo notturno, di eseguire gli esami diagnostici disposti la mattina successiva).

 

Cassazione penale sez. IV, 10/10/2017, n.50038

 

L’errore nella trasfusione al paziente di sangue di gruppo diverso costituisce errore grave, dotato di esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento.

L’errore nella trasfusione di sangue di gruppo diverso al paziente è un errore di gravità tale da dover essere considerato come dotato di “esclusiva forza propria nella determinazione dell’evento” anche rispetto ad un precedente errore medico, conseguendone che il processo causale innescato dalla consegna di sangue di un particolare gruppo destinato ad un paziente diverso dalla vittima è caratterizzato esclusivamente da errori che rappresentano lo sviluppo ulteriore dell’originario iter eziologico.

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2017, n.50975

 

Sussiste il nesso di causalità tra l’intempestiva diagnosi di tumore ed il decesso del paziente se la diagnosi tempestiva avrebbe consentito il ricorso a terapie.

 

In tema di omicidio colposo, sussiste il nesso di causalità tra l’intempestiva diagnosi di una malattia tumorale e il decesso del paziente, anche a fronte di una prospettazione della morte ritenuta inevitabile, laddove dal giudizio controfattuale risulti l’alta probabilità logica che la diagnosi tempestiva avrebbe consentito il ricorso a terapie atte a incidere positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che la morte si sarebbe verificata in epoca posteriore o con minore intensità lesiva.

 

Cassazione penale sez. IV, 11/07/2017, n.44622

 

Risponde di omicidio colposo il medico che, subentrando nel turno, omette di consultare la cartella clinica e di disporre esame endoscopico del paziente

In tema di colpa professionale, il medico che succede ad un collega nel turno in un reparto ospedaliero assume nei confronti dei pazienti ricoverati la medesima posizione di garanzia di cui quest’ultimo era titolare, circostanza che lo obbliga ad informarsi circa le condizioni di salute dei pazienti medesimi e delle particolari cure di cui necessitano. Fattispecie relativa alla riconosciuta responsabilità per omicidio colposo del medico subentrante nel turno che, omettendo di consultare la cartella clinica informatizzata, in un caso di “riferita ingestione di osso di pollo”, ometteva di disporre l’esame endoscopico del paziente, poi deceduto per shock emorragico provocato dal corpo estraneo infisso nella parete dell’esofago).

Cassazione penale sez. I, 22/06/2017, n.14776

 

Risponde a titolo di omicidio preterintenzionale o volontario il medico che provochi coscientemente un’inutile mutilazione al paziente, per fini estranei alla tutela della salute.

 

In caso di morte del paziente, che costituisca conseguenza causale diretta di un trattamento medico-chirurgico, che abbia provocato coscientemente un’inutile mutilazione, posto in essere per fini estranei alla tutela della salute della vittima, siano essi di natura lucrativa, scientifica,  dimostrativa, didattica, esibizionistica,  non può trovare alcuno spazio applicativo la fattispecie dell’omicidio colposo ex art. 589 c.p., ma il titolo di reato al quale deve essere ricondotta la responsabilità degli imputati è rappresentato alternativamente dall’omicidio preterintenzionale ex art. 584 c.p. oppure, nel caso di accertata esistenza dell’animus necandi, dall’omicidio volontario ex art. 575 c.p.

Cassazione penale sez. IV, 18/05/2017, n.43476

 

Risponde di omicidio colposo il medico psichiatra che abbia omesso di attivare le terapie volte a prevenire il suicidio della paziente affetta da schizofrenia paranoide cronica.

Il medico psichiatra è titolare di una posizione di garanzia che comprende un obbligo di controllo e di protezione del paziente, diretto a prevenire il pericolo di commissione di atti lesivi ai danni di terzi e di comportamenti pregiudizievoli per se stesso. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure l’affermazione di responsabilità per il reato di omicidio colposo di un medico del reparto di psichiatria di un ospedale pubblico per il suicidio di una paziente affetta da schizofrenia paranoide cronica, avvenuto qualche ora dopo che la paziente, presentatasi in ospedale dopo avere ingerito un intero flacone di Serenase, era stata dimessa dal medico, senza attivare alcuna terapia e alcun meccanismo di controllo) .

Cassazione penale sez. IV, 09/05/2017, n.42282

 

La causalità omissiva è sostenuta anche quando ricorrono criteri medio bassi di probabilità frequentista corroborati da riscontri probatori circa la non incidenza di fattori causali alternativi nella catena causale.

In tema di responsabilità penale del medico per omesso trattamento sanitario, la causalità omissiva è sostenuta non solo in presenza di leggi scientifiche universali o di leggi statistiche che esprimono un coefficiente prossimo alla certezza, ma può esserlo altresì quando ricorrano criteri medio bassi di probabilità cosiddetta frequentista corroborati da riscontri probatori circa la sicura non incidenza di altri fattori interagenti in via alternativa (nella fattispecie, la Suprema Corte ha confermato la condanna per omicidio colposo di un medico che aveva omesso interventi tempestivi su un paziente ricoverato e affetto da embolia polmonare e successivamente deceduto a causa di un trombo, laddove testi di letteratura scientifica indicano in una probabilità molto bassa (7%) i casi di morte in conseguenza di trombosi venosa profonda che sia stata correttamente diagnosticata e trattata).

Cassazione penale sez. IV, 20/04/2017, n.28187

 

Concorso colposo dello psichiatra, che omette di sottoporre a trattamento farmacologico il paziente,  nel delitto di omicidio doloso da questo realizzato.

Il concorso colposo risulta configurabile anche rispetto al delitto doloso, purché il reato del partecipe sia previsto dalla legge anche nella forma colposa e nella condotta siano effettivamente presenti tutti gli elementi che caratterizzano la colpa, dovendosi altresì verificare che la regola cautelare violata sia diretta a prevenire anche il rischio dell’atto doloso del terzo e che quest’ultimo risulti prevedibile per l’agente chiamato a rispondere a titolo di colpa (principio affermato, nella specie, con riguardo al caso di un medico psichiatra cui si addebitava di non avere sottoposto ad un trattamento farmacologico adeguato alla sua effettiva e riconoscibile pericolosità un soggetto affidato alle sue cure, il quale aveva quindi commesso un omicidio).

Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.33609

 

Risponde di omicidio colposo lo psichiatra che non abbia adottato le misure di protezione volte ad impedire il suicidio della paziente affetta da disturbo bipolare in fase depressiva.

 

É responsabile di omicidio colposo, per violazione dei parametri della colpa generica, il medico psichiatra in servizio presso il reparto di neuropsichiatria di una casa di cura il quale ometta l’adozione di adeguate misure di protezione idonee a impedire che una paziente, ricoverata con diagnosi di disturbo bipolare in fase depressiva con ideazione negativa a sfondo suicidario, si allontani dalla stanza in cui è ricoverata, raggiunga un’impalcatura allestita all’esterno della struttura ospedaliera e si uccida lasciandosi cadere nel vuoto.

Cassazione penale sez. IV, 14/06/2016, n.40703

 

Obbligo del ginecologo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti: l’omessa visita della paziente affetta da varicella assurge a reato di omicidio colposo.

In tema di responsabilità professionale medica, sussiste a carico del medico ginecologo l’obbligo di seguire con diligenza la gravidanza delle pazienti che a lui si affidano, avendo egli il dovere di assicurare attraverso i concordati controlli periodici, nonché interpretando e valorizzandole sintomatologie riferite, o comunque apprese, che la gravidanza possa giungere a compimento senza danni per la madre e per il nascituro. (Fattispecie in tema di omicidio colposo, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza di condanna di un ginecologo che, in presenza di una riferita infezione da varicella con gravi difficoltà respiratorie, aveva omesso di visitare la paziente e di disporre l’immediato ricovero in ospedale).

 

Cassazione penale sez. IV, 28/04/2016, n.39028

 

Non risponde di omicidio colposo il medico di guardia per il suicidio del detenuto se questo non era prevedibile.

 

Il medico di guardia all’interno di una struttura carceraria non risponde di omicidio colposo in caso di suicidio del detenuto, se il suicidio stesso non risulta prevedibile.

 

Cassazione penale sez. IV, 14/04/2016, n.31490

 

Il Giudice deve individuare la corretta manovra che il chirurgo avrebbe dovuto effettuare in luogo di quella imprudente posta in essere.

Ai fini dell’accertamento della responsabilità per fatto colposo, è sempre necessario individuare la regola cautelare, preesistente alla condotta, che ne indica le corrette modalità di svolgimento, non potendo il giudice limitarsi a fare ricorso ai concetti di prudenza, perizia e diligenza senza indicare in concreto quale sia il comportamento doveroso che tali regole cautelari imponevano di adottare. (In applicazione del principio, la Corte ha ritenuto non corretta la decisione impugnata che aveva affermato la responsabilità per omicidio colposo di un medico per il decesso di un paziente a seguito di un intervento chirurgico, ritenendo imprudente e/o imperita la manovra chirurgica attuata senza, tuttavia, indicare le modalità di condotta che prudenza e perizia prescrivevano di adottare nella fattispecie).

 

Le più significative pronunce della Giurisprudenza di legittimità sull’art. 590 sexies e sui rapporti tra la Legge Gelli Bianco e la precedente Legge Balduzzi:

 

Cassazione penale sez. IV, 21/03/2019, n.28102

 

In mancanza di linee guida approvate mediante il procedimento previsto dall’art. 5 Legge Gelli-Bianco possono richiamarsi le linee guida attualmente vigenti.

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 590-sexies c.p., in mancanza di linee – guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui all’art. 5 l. n. 24 del 2017, può farsi richiamo alle linee guida attualmente vigenti, considerandole alla stregua di buone pratiche clinico-assistenziali, pur nella consapevolezza che si tratta di una opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico, sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico-terapeutico più appropriato in specifiche circostanza cliniche.

Cassazione penale sez. IV, 29/01/2019, n.28086

 

L’art. 590 sexies co. 2 cod. pen. è norma più favorevole rispetto all’art. 3 co. 1 d.l. 158/2012.

Il secondo comma dell’ art. 590 sexies c.p., introdotto dalla l. 8 marzo 2017, n. 24 (c.d. legge Gelli-Bianco), è norma più favorevole rispetto all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158, in quanto prevede una causa di non punibilità dell’esercente la pro­fessione sanitaria collocata al di fuori dell’area di operatività della colpevolezza, operante nel solo caso di imperizia e indipendentemente dal grado della colpa, essendo compatibile il rispetto delle linee guida e delle buone pratiche con la condotta (anche gravemente) imperita nell’applicazione delle stesse. La pronunzia peraltro ha ritenuto inapplicabile al caso concreto la causa di non punibilità, essendo la colpa dell’agente connotata anche da imprudenza e negligenza.

Cassazione penale sez. IV, 09/01/2019, n.8115

 

Perimetro della causa di non punibilità ex art. 590 sexies co. 2 c.p.

In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’art. 590-sexies c.p. introdotto dall’art. 6 l. n. 24/2017, prevede una causa di non punibilità applicabile ai soli fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 o di quello dell’art. 590 c.p., e operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse; non trova, invece, applicazione la predetta causa di non punibilità nei casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né quando l’atto sanitario non sia per nulla governato da linee-guida o da buone pratiche, né quando queste siano individuate e, dunque, selezionate dall’esercente la professione sanitaria in maniera inadeguata con riferimento allo specifico caso, né, infine, in caso di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse.

Cassazione penale sez. IV, 19/04/2018, n.36723

 

L’art. 3 d.l. 158/2012, comportando una parziale abolitio criminis è norma più favorevole rispetto all’art. 6 L. 24/2017

In tema di successione di leggi in materia di responsabilità penale dell’esercente la professione sanitaria, in caso di errore dovuto ad imperizia non grave intervenuto nella fase esecutiva delle raccomandazioni previste dalle linee guida adeguate al caso specifico, la norma di cui all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158 (convertito in legge 8 novembre 2012, n. 189), prevedendo una parziale “abolitio criminis”, deve ritenersi più favorevole rispetto a quella di cui all’art. 590-sexies cod. pen., introdotto dall’art. 6, legge 8 marzo 2017, n. 24, che configura una mera causa di non punibilità.

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

 

Risponde del reato ex art. 590 sexies c.p. il medico che non ha diagnosticato una perforazione, per inosservanza delle buone pratiche clinico-assistenziali.

Non si può escludere l’imperizia del medico, scambiandola per imprudenza, impedendo l’applicabilità dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dalla legge Gelli Bianco, che esclude la punibilità proprio in caso di imperizia quando sono rispettate le linee guida o, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali. Ad affermarlo è la Cassazione che ha accolto il ricorso di un medico accusato di non aver diagnosticato una perforazione, che poteva essere verificata con appositi esami diagnostici, e di aver scelto una linea “attendista”, e perciò condannato in appello per omicidio colposo a seguito della morte del paziente avvenuta nel corso del post operatorio. Per la Corte nella fattispecie assume rilievo proprio l’osservanza delle buone pratiche clinico-assistenziali; nello specifico, in assenza di linee guida concordanti sul punto, il riferimento doveva essere ai criteri della vigile attesa accreditati dalla letteratura scientifica.

Cassazione penale sez. IV, 26/04/2018, n.24384

 

Fatti commessi prima della Legge Balduzzi: è viziata la motivazione della sentenza che non valuta la riconducibilità della condotta del medico alle linee guida.

 

In tema di responsabilità degli esercenti la professione sanitaria per fatti commessi prima dell’entrata in vigore del D.L. 13 settembre 2012, n. 158 è viziata la motivazione della sentenza che ometta di valutare se la condotta del sanitario sia riconducibile a raccomandazioni previste da linee guida o a buone pratiche clinico assistenziali, se si sia discostata da tali parametri, se integri colpa per imperizia, ovvero per negligenza o imprudenza, e se la colpa sia da considerare lieve o grave.

 

Cassazione penale sez. III, 12/06/2018, n.46957

 

Legge Balduzzi e Legge Gelli Bianco: esclusione della punibilità e responsabilità civile.

Nell’ambito della colpa lieve da imperizia del sanitario, purché questa attenga alla fase attuativa della prestazione medica, la disciplina del decreto Balduzzi e quella della legge Gelli-Bianco prevedono entrambe la non punibilità di chi se ne renda responsabile. Rimane ferma la responsabilità civile del sanitario, anche per colpa lieve, a prescindere dallo strumento con il quale il legislatore disciplina il difetto di rilevanza penale della condotta colposa da imperizia lieve.

 

Cassazione penale sez. IV, 22/06/2018, n.47748

 

Differenze tra linee guida e buone pratiche clinico-assistenziali.

In materia di responsabilità professionale del medico, il disposto dell’articolo 590-sexies, introdotto dalla legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta “legge Gelli-Bianco”) è subordinato, nella sua operatività all’emanazione di lenee-guida “come definite e pubblicate ai sensi di legge”. La norma richiama, infatti, l’articolo 5 della stessa legge, che detta un articolato iter di elaborazione e di emanazione delle linee-guida, di guisa che, in mancanza di lenee-guida approvate ed emanate mediante il procedimento di cui al citato articolo 5, non può farsi riferimento all’articolo 590-sexies de codice penale, se non nella parte in cui questa norma richiama le “buone pratiche clinico-assistenziali”. Ne deriva che la possibilità di riservare uno spazio applicativo all’articolo 590-sexies del codice penale è ancorata all’opzione ermeneutica consistente nel ritenere che le linee-guida attualmente vigenti, non approvate secondo procedimento di cui all’articolo 5 della legge n. 24 del 2017. possano venire in rilievo, nella prospettiva delineata dalla norma in esame, come buone pratiche clinico-assistenziali. Opzione ermeneutica non agevole ove si consideri che le linee guida differiscono notevolmente, sotto il profilo concettuale, prima ancora che tecnico-operativo, dalle buone pratiche clinico-assistenziali, sostanziandosi in raccomandazioni di comportamento clinico sviluppate attraverso un processo sistematico di elaborazione concettuale, volto a offrire indicazioni utili ai medici nel decidere quale sia il percorso diagnostico terapeutico più appropriato in specifiche circostanze cliniche: esse consistono, dunque, nell’indicazione di standards diagnostico-terapeutici conformi alle regole dettate dalla migliore scienza medica, a garanzia della salute del paziente e costituiscono il condensato delle acquisizioni scientifiche, tecnologiche e metodologiche concernenti i singoli ambiti operativi, e, quindi, si sostanziano in qualcosa dimolto diverso da una semplice buona pratica clinico-assistenziale.

Cassazione penale sez. IV, 16/10/2018, n.49884

 

Vizio di motivazione della sentenza che esclude la rilevanza delle linee guida.

In tema di responsabilità medica, poiché con la legge 8 marzo 2017, n. 24, il legislatore ha inteso costruire un sistema istituzionale, pubblicistico, di regolazione dell’attività sanitaria, che ne assicuri lo svolgimento in modo uniforme e conforme ad evidenze scientifiche controllate, rappresentate dalle linee guida, è viziata la motivazione della sentenza che abbia recisamente escluso la rilevanza di queste ultime per non aver l’imputato soddisfatto il relativo onere di allegazione.

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412

 

La responsabilità del medico va valutata in base ai parametri del diritto penale anche in caso di annullamento con rinvio ai soli effetti civili.

In caso di annullamento con rinvio ai soli effetti civili per intervenuta prescrizione del reato della sentenza di appello, il giudice civile del rinvio è tenuto a valutare la sussistenza della responsabilità dell’imputato secondo i parametri del diritto penale e non facendo applicazione delle regole proprie del giudizio civile. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.p. la sentenza d’appello che aveva confermato la sentenza di condanna di tre medici per il reato di omicidio colposo, demandando al giudice del rinvio la selezione della norma più favorevole tra quella di cui all’art. 590-sexies c.p. e quella di cui all’art. 3, comma 1, d.l. 13 settembre 2012, n. 158).

 

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412

 

Successione di leggi penali: la norma introdotta dalla Legge Balduzzi è più favorevole rispetto a quella prevista dalla Legge Gelli Bianco.

In tema di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, l’abrogato articolo 3 del decreto legge 13 settembre 2012 n. 158, come modificato dalla legge 8 novembre 2012 n. 189 (cosiddetta “legge Balduzzi“), si configura come norma più favorevole rispetto all’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dalla legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta “legge Gelli-Bianco”), sia in relazione alle condotte connotate da colpa lieve da negligenza o imprudenza, sia in caso di errore determinato da colpa lieve da imperizia intervenuto nella fase della scelta delle linee-guida adeguate al caso concreto (sezioni Unite, 21 dicembre 2017, Mariotti).

 

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733

 

Causa di non punibilità ex art. 590 sexies co. 2 c.p.

L’art. 590-sexiesc.p. prevede una causa di non punibilità applicabile ai fatti inquadrabili nel paradigma dell’art. 589 c.p. o di quello dell’art. 590 c.p., operante nei soli casi in cui l’esercente la professione sanitaria abbia individuato e adottato linee guida adeguate al caso concreto e versi in colpa lieve da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse” … in particolare «la suddetta causa di non punibilità non è applicabile ai casi di colpa da imprudenza e da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle stesse» (nel caso di specie, contraddistinto da colpa grave per negligenza, la Corte ha ritenuto inapplicabile l’art. 590-sexies c.p., la cui portata è, infatti, limitata ai soli casi di imperizia lieve nell’esecuzione delle linee guida adeguate al caso concreto).

Cassazione penale sez. IV, 19/07/2018, n.39733

 

Non è applicabile l’art. 590 sexies co. 2 c.p. in caso di imprudenza o negligenza ovvero colpa grave da imperizia nell’osservanza delle linee guida.

Non trova applicazione la causa di “non punibilità” prevista dall’art. 590 sexies c.p. introdotto dall’art. 6 l. n. 24/2017, qualora l’evento lesivo verificatosi in ambito sanitario sia dipeso da colpa da imprudenza o da negligenza, né in ipotesi di colpa grave da imperizia nella fase attuativa delle raccomandazioni previste dalle linee guida (nel caso di specie non trova applicazione l’art. 590 sexies c.p. risultando la condotta del chirurgo secondo operatore caratterizzata sia da negligenza esecutiva per disattenzione nell’assolvimento dei compiti allo stesso assegnati in seno all’equipe, sia da grave imperizia).

Cassazione penale sez. IV, 16/11/2018, n.412

 

Colpa lieve e colpa grave per imperizia.

Alla luce del disposto dell’articolo 590-sexies del codice penale, introdotto dall’articolo 6 della legge 8 marzo 2017 n. 24 (cosiddetta legge “Gelli-Bianco”), l’esercente la professione sanitaria risponde, a titolo di colpa, per morte o lesioni personali derivanti dall’esercizio di attività medico-chirurgica se l’evento si è verificato per colpa “grave” da imperizia nell’esecuzione di raccomandazioni di linee-guida o buone pratiche clinico-assistenziali adeguate, tenendo conto del grado di rischio da gestire e delle speciali difficoltà dell’atto medico. Pertanto, la distinzione tra colpa lieve e colpa grave per imperizia, nell’ambito della fase esecutiva delle raccomandazioni contenute nelle linee-guida che risultino adeguate al caso di specie, mantiene una sua attuale validità: ciò in quanto la colpa lieve per imperizia esecutiva delimita l’ambito di irresponsabilità penale del professionista sanitario. In questo sistema normativo, il professionista è tenuto ad attenersi alle raccomandazioni previste dalle linee-guida, sia pure con gli adattamenti propri della fattispecie concreta (cfr. articolo 5 della legge n. 24 del 2017) e, per converso, lo stesso professionista ha la legittima, coerente pretesa a vedere giudicato il proprio comportamento alla stregua delle medesime direttive impostegli. Ne deriva che la motivazione della sentenza di merito deve indicare se il caso concreto sia regolato da linee-guida o, in mancanza, da buone pratiche clinico-assistenziali, valutare il nesso di causa tenendo conto del comportamento salvifico indicato dai predetti parametri, specificare di quale forma di colpa si tratti (se di colpa generica o specifica, e se di colpa per imperizia, o per negligenza o imprudenza), appurare se e in quale misura la condotta del sanitario si sia discostata da linee-guida o da buone pratiche clinico-assistenziali.

 

Cassazione penale sez. un., 21/12/2017, n.8770

 

Successione di leggi penali nel tempo.

Alla luce del principio posto dall’art. 2, IV comma c.p. sulla successione delle leggi penali nel tempo e del connesso tema concernente l’individuazione della legge più favorevole, l’art. 3 della l. 189/12 (abrogato dal successivo art. 590-sexies c.p. della l  24/17), risulta più favorevole in relazione alle contestazioni per comportamenti del sanitario – commessi prima dell’entrata in vigore della l. 24/17 – connotati: a) da negligenza o imprudenza, con configurazione di colpa lieve, in quanto solo per la l. 189/12 erano esenti da responsabilità quando risultava provato il rispetto delle linee guida o delle buone pratiche accreditate; b) da imperizia, con configurazione di colpa lieve, nel momento selettivo delle linee-guida e ciò su quello della valutazione della appropriatezza della linea-guida in quanto coperto da esenzione da responsabilità. Quanto, invece, sempre nell’ambito dell’imperizia, ad errore determinato da colpa lieve nella sola fase attuativa, è ininfluente l’individuazione della legge più favorevole posto che la fattispecie è esente da responsabilità ex art. 3 l. 189/12 ed è altresì oggetto di causa di non punibilità in base all’art. 590-sexies c.p. ex legge 24/17.

 

Le pronunce della Giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità civile e sui rapporti tra Legge Balduzzi e Legge Gelli Bianco: 

Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28994

 

Irretroattività delle norme sostanziali della Legge Gelli Bianco

Le norme sostanziali contenute nella legge n. 189 del 2012, al pari di quelle di cui alla legge n. 24 del 2017, non hanno portata retroattiva e non possono applicarsi ai fatti avventi in epoca precedente alla loro entrata in vigore, a differenza di quelle che, richiamando gli articoli 138 e 139 del codice delle assicurazioni private in punto di liquidazione del danno, sono di immediata applicazione anche ai fatti pregressi. (Principio enunciato in motivazione, ai sensi dell’articolo 384 del codice di procedura civile).

 

Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28994

 

Responsabilità contrattuale ed extracontrattuale

Il comma 3, prima parte dell’articolo 7 della legge n. 24 del 2017 qualifica in termini di responsabilità extracontrattuale, ai sensi dell’articolo 2043 del Cc, la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria di cui ai precedenti commi 1 e 2 (ossia dei sanitari di cui si avvale la struttura sanitaria o sociosanitaria, pubblica e privata), salvo che abbia agito nell’adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente, sicché il sanitario risponde, in questo ultimo caso, a titolo di responsabilità contrattuale. La legge n. 24 del 2017 ha – quindi – operato in via immediata e diretta la qualificazione giuridica dei rapporti inerenti ai titoli di responsabilità civile riguardanti la struttura sanitaria e l’esercente la professione sanitaria, per un verso (quello concernente la struttura) recuperando la interpretazione fornita dalla giurisprudenza consolidatasi nel tempo, per altro verso (quello del sanitario operante nell’ambito della struttura, salva l’ipotesi residuale della obbligazioni assunta contrattualmente da quest’ultimo), discostandosi nettamente dal diritto vivente che, a far data dal 1999, aveva qualificato come di natura contrattuale la responsabilità dell’esercente la professione sanitaria, facendo leva sulla teorica del cosiddetto “contatto sociale”. Tale operazione il legislatore ha compiuto in base alle disposizioni del codice civile, senza che, dunque, via sia stata alcuna successione di leggi nel tempo che abbiano dettato tra loro una disciplina sostanziale (almeno in parte) differente.

Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28990

 

Legge Balduzzi e legge Gelli-Bianco.

In tema di risarcimento del danno alla salute conseguente ad attività sanitaria, la norma contenuta nell’art. 3, comma 3, del d.l. n. 158 del 2012 (convertito dalla l. n. 189 del 2012) e sostanzialmente riprodotta nell’art. 7, comma 4, della l. n. 24 del 2017 – la quale prevede il criterio equitativo di liquidazione del danno non patrimoniale fondato sulle tabelle elaborate in base agli artt. 138 e 139 del d.lgs. n. 209 del 2005 (Codice delle assicurazioni private) – trova applicazione anche nelle controversie relative ad illeciti commessi e a danni prodotti anteriormente alla sua entrata in vigore, nonché ai giudizi pendenti a tale data (con il solo limite del giudicato interno sul “quantum”), in quanto la disposizione, non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite al patrimonio del soggetto leso, ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l’ambito di discrezionalità e indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno.

Cassazione civile sez. III, 26/07/2017, n.18392

 

Grava sul paziente l’onere di provare il nesso causale tra l’aggravamento della patologia e la condotta del sanitario.

In tema di responsabilità contrattuale della struttura sanitaria, incombe sul paziente che agisce per il risarcimento del danno l’onere di provare il nesso di causalità tra l’aggravamento della patologia (o l’insorgenza di una nuova malattia) e l’azione o l’omissione dei sanitari, mentre, ove il danneggiato abbia assolto a tale onere, spetta alla struttura dimostrare l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile con l’ordinaria diligenza. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, che aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno proposta dalla vedova di un paziente deceduto, per arresto cardiaco, in seguito ad un intervento chirurgico di asportazione della prostata cui era seguita un’emorragia, sul rilievo che la mancata dimostrazione, da parte dell’attrice, della riconducibilità eziologica dell’arresto cardiaco all’intervento chirurgico e all’emorragia insorta, escludeva in radice la configurabilità di un onere probatorio in capo alla struttura).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA