Risponde di omissione di atti d’ufficio la guardia medica in servizio che rifiuti di aderire alla richiesta di visita domiciliare malgrado abbia ravvisato il carattere di urgenza dell’intervento avendo suggerito di chiamare il 118.

Si segnala ai lettori del blog la recente sentenza numero 8277.2020, resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, decidendo in ordine ad una imputazione di rifiuto di atti d’ufficio ascritta ad una guardia medica in servizio per aver omesso di effettuare una visita domiciliare, delinea i contorni della fattispecie di reato e richiama il consolidato orientamento giurisprudenziale sedimentato intorno alla norma incriminatrice dal quale ha tratto i principi applicati al caso di specie, censurando la condotta tenuta dal sanitario.

Il caso clinico, il capo di imputazione ed il doppio grado di merito.

All’imputato, in qualità di guardia medica in servizio, veniva contestato il reato di omissione di atti d’ufficio perché, secondo l’ipotesi accusatoria, malgrado la telefonata effettuata dal figlio della paziente malata terminale di cancro che lamentava dei forti dolori, ometteva di recarsi presso il domicilio della donna limitandosi a consigliare di rivolgersi al 118.

Seguiva il decesso della paziente circa un’ora dopo la telefonata alla guardia medica.

Secondo il PM la condotta omissiva tenuta dal sanitario integrava il reato previsto e punito dall’art.328 cod. pen. in quanto, per ragioni di tutela del diritto alla salute il giudicabile avrebbe dovuto effettuare l’intervento domiciliare senza ritardo, allo scopo di individuare il presidio terapeutico più opportuno per alleviare le sofferenze della paziente.

Il Tribunale di Bolzano all’esito del giudizio di primo grado assolveva l’imputato con la formula perché il fatto non costituisce reato, riconducendo il fatto ritenuto tenue nell’alveo dell’art. 131 bis cod. pen.

Il Pubblico Ministero interponeva appello avverso la sentenza del primo giudice.

La Corte distrettuale di Trento – sezione distaccata di Bolzano, riformava la pronuncia di primo grado, condannando l’imputato per il reato di omissione di atti d’ufficio originariamente contestato.

Il ricorso per cassazione e la questione di diritto

Avverso la sentenza resa dalla Corte territoriale la difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione, deducendo plurimi motivi di ricorso.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendo infondati i motivi di impugnazione attesa la corretta qualificazione dei fatti operata dal Collegio di merito che aveva fatto buon governo dei principi di diritto da applicare nella fattispecie per cui è processo.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento:

<La Corte di appello ha fondato la responsabilità dell’imputato sulla sua violazione dell’obbligo di effettuare – nelle circostanze date – la visita domiciliare per valutare di persona la situazione e verificare un possibile diverso immediato trattamento per alleviare il dolore, anche praticando iniezioni, che rientravano nella sua competenza, con farmaco in fiale diverso dalla morfina, pur a fronte della situazione di emergenza rappresentata dall’utente.

Il Giudice di appello ha smentito – senza incorrere in censure – la circostanza addotta dalla difesa dell’imputato secondo la quale il suo mancato intervento fosse dovuto allo stato di agitazione dell’utente (figlio della donna) che non avrebbe fornito i propri dati né il luogo dove andare, interrompendo bruscamente la telefonata in quanto era risultato – invece – che la telefonata era stata interrotta a causa del comportamento omissivo del [omissis], che non sarebbe intervenuto, indirizzando il richiedente al 118.

Ritiene questo Collegio che, pertanto, non è incorsa in vizi logici e giuridici la sentenza impugnata nell’affermare la rilevante omissione del ricorrente, nell’assenza di altre soluzioni, come una consulenza telefonica in ordine ad indicazioni terapeutiche, oppure una visita in ambulatorio, in una situazione di grave compromissione della salute della madre dell’utente che aveva interpellato il predetto medico.

La conclusione cui è pervenuto il giudice di merito è conforme all’orientamento di legittimità secondo il quale sussiste il reato di omissione di atti d’ufficio nell’ipotesi in cui un sanitario addetto al servizio di guardia medica non aderisca alla richiesta di intervento domiciliare urgente, limitandosi a suggerire al paziente l’opportunità di richiedere l’intervento del “118” per il trasporto in ospedale, dimostrando così di essersi reso conto che la situazione denunciata richiedeva il tempestivo intervento di un sanitario (Sez. 6, n. 35344 del 28/05/2008, Nikfam, Rv. 241250); come pure è stato affermato che integra il delitto di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di recarsi al domicilio di un paziente malato terminale per la prescrizione di un antidolorifico per via endovena e si limiti a formulare per via telefonica le sue valutazioni tecniche e a consigliare la somministrazione di un altro farmaco di cui il paziente già dispone, trattandosi di un intervento improcrastinabile che, in assenza di altre esigenze del servizio idonee a determinare un conflitto di doveri, deve essere attuato con urgenza, valutando specificamente le peculiari condizioni del paziente (Sez. 6, n. 43123 del 12/07/2017, Giancristofaro, Rv. 271378), essendo stato chiarito che il delitto descritto nell’art. 328 cod. pen. è reato di pericolo, perché prescinde dalla causazione di un danno effettivo e postula semplicemente la potenzialità del rifiuto a produrre un danno o una lesione e questa Corte ha costantemente affermato il principio che l’esercizio del potere dovere del medico di valutare la necessità della visita domiciliare ex art. 13, comma 3, d.P.R. n. 41/1991 è pienamente sindacabile da parte del giudice sulla base degli elementi di prova acquisiti (ex multis: Sez. 6, n. 23817 del 30/10/2012, dep. 31/05/2013, Rv. 255715; Sez. 6, n. 35526 del 06/07/2011, Rv. 250876; Sez. 6, n. 12143 del 11/02/2009, Rv. 242922)>.

La norma incriminatrice:

Art. 328 – Rifiuto di atti d’ufficio. Omissione.

1.Il pubblico ufficiale [357] o l’incaricato di un pubblico servizio [358], che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio [366, 3885] che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni.

2.Fuori dei casi previsti dal primo comma il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che entro trenta giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad un anno o con la multa fino a 1.032 euro. Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta ed il termine di trenta giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

 

Cassazione penale sez. VI, 12/07/2017, n.43123

Integra il delitto di rifiuto di atti d’ufficio la condotta del sanitario in servizio di guardia medica che non aderisca alla richiesta di recarsi al domicilio di un paziente malato terminale per la prescrizione di un antidolorifico per via endovena e si limiti a formulare per via telefonica le sue valutazioni tecniche e a consigliare la somministrazione di un altro farmaco di cui il paziente già dispone, trattandosi di un intervento improcrastinabile che, in assenza di altre esigenze del servizio idonee a determinare un conflitto di doveri, deve essere attuato con urgenza, valutando specificamente le peculiari condizioni del paziente. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto, in virtù delle peculiari condizioni in cui versava il paziente, che il medico sarebbe dovuto intervenire con urgenza per evitare che si consumassero le ragioni della sua necessità).

Cassazione penale sez. VI, 29/05/2017, n.35233

Il reato di rifiuto di atti d’ufficio è un reato di pericolo; la violazione dell’interesse tutelato dalla norma incriminatrice ricorre tutte le volte in cui viene negato un atto non ritardabile alla luce delle esigenze protette e considerate dall’ordinamento, a prescindere dall’esito concreto dell’omissione (confermata la condanna per l’imputato che, in qualità di medico di base, aveva rifiutato di prescrivere dei farmaci di cui una donna aveva bisogno, tentando, fra l’altro, di spingerla fuori dallo studio).

Cassazione penale sez. VI, 30/03/2017, n.21631

Il reato di rifiuto di atti d’ufficio di cui all’art. 328, comma 1, c.p. è un reato di pericolo che prescinde dal concreto esito dell’omissione e che, in ambito sanitario, si configura non solo a fronte di una richiesta o di un ordine, ma anche quando sussista un’urgenza sostanziale, impositiva del compimento dell’atto, essendo del tutto privo di fondamento, pertanto, l’assunto per cui la configurabilità del reato in parola ricorrerebbe solo con riguardo all’attività del medico di guardia che ometta di recarsi a visitare il paziente presso il proprio domicilio e non anche, a determinate condizioni, con riguardo al sanitario che presti tale attività presso una struttura ospedaliera in cui il paziente è assistito da personale infermieristico dedito a monitorarne le condizioni fisiche e i parametri vitali.

Cassazione penale sez. III, 17/02/2015, n.9809

Non è configurabile il delitto di omissione di atti d’ufficio, di cui all’art. 328 c.p., a carico del medico di guardia medica non intervenuto al domicilio del paziente, poi deceduto, qualora non sussista alcun collegamento eziologico tra l’omissione contestata al medico di guardia e il decesso del paziente.

Cassazione penale sez. VI, 20/01/2015, n.10130

Non risponde del delitto di rifiuto di atti d’ufficio il medico che, durante il turno di guardia medica, anziché recarsi di persona a visitare il paziente che denunci i sintomi di una malattia, ritenga sufficiente prescrivere una terapia farmacologica, allorquando non si accerti che la visita domiciliare fosse effettivamente obbligatoria in ragione del contesto della vicenda, e ciò in ragione dello spazio di discrezionalità scientifica comunque attribuita al sanitario.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA