Integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte la cartolarizzazione delle giacenze di conto corrente mediante emissione di assegni circolari che crea una falsa rappresentazione della realtà patrimoniale del contribuente.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 14217.2020, depositata l’11 maggio 2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, segnalata dall’Ufficio del massimario, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte realizzato mediante cartolarizzazione delle giacenze di conto corrente tramite emissione di assegni circolari, chiarisce la struttura del delitto tributario e la natura del concetto di atto fraudolento, enunciando il principio di diritto secondo il quale, ai fini dell’integrazione del reato, è necessario che l’atto fraudolento posto in essere sia idoneo a rappresentare ai terzi una realtà non corrispondente al vero, facendo apparire all’Erario che il bene sia effettivamente uscito dal patrimonio del debitore e rendendone impossibile o comunque difficoltoso il recupero.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie, agli imputati era contestato il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 D.lgs. 74/2000, per aver cartolarizzato le giacenze di conto corrente mediante emissione di assegni circolari.

La Corte di appello di Milano confermava la decisione di primo grado di condanna dei prevenuti per il reato loro ascritto.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa dei giudicabili proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale, articolando plurimi motivi di ricorso, tra i quali, ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse quello relativo all’inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 11 D.lgs. 74/2000.

Secondo la tesi difensiva, la condotta posta in essere dall’imputato non era qualificabile come fraudolenta, attesa la immodificata consistenza della garanzia patrimoniale e l’assenza di fraudolenza nell’effettuazione di prelievi dal conto corrente con modalità trasparenti e tracciabili.

La Suprema corte rigetta il ricorso, enunciando i principi di diritto che tratteggiano il perimetro  dell’atto fraudolento idoneo a configurazione il reato tributario oggetto dello scrutinio di legittimità.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia della Suprema Corte:

<”In conformità alla “ratio” della norma, per “atto fraudolento” deve intendersi qualsiasi atto che, non diversamente dalla alienazione simulata, sia idoneo a rappresentare ai terzi una realtà (la riduzione del patrimonio del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio o comunque rendendo più difficoltosa l’azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell’Erario.

Si è così affermato che integra la condotta, rilevante come sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte dovute da società, la messa in atto, da parte degli amministratori, di più operazioni di cessioni di aziende e di scissioni societarie simulate finalizzate a conferire ai nuovi soggetti societari immobili, dal momento che nella fattispecie criminosa indicata rientra qualsiasi stratagemma artificioso del contribuente tendente a sottrarre, in tutto o in parte, le garanzie patrimoniali alla riscossione coattiva del debito tributario (Sez. 3, n. 19595 del 09/02/2011, Vichi, Rv. 250471), la costituzione di un fondo patrimoniale (Sez. 3, n. 5824 del 18/12/2007, Soldera, Rv. 238821; si veda però Sez. 3, n. 9154 del 2015, infra), la vendita simulata mediante stipula di un apparente contratto di “sale and lease back” (Sez. 3, n. 14720 del 06/03/2008, Ghiglia, Rv. 239972); ma anche la costituzione fittizia di servitù, di diritti reali di godimento, la concessione di locazione, la ricognizione di debito, insomma ogni atto di disposizione del patrimonio che abbia la sua causa nel pregiudizio alle ragioni creditorie dell’Erario».

E’ piuttosto importante precisare (e ribadire) che oggetto di immediata tutela dell’incriminazione della condotta non è il patrimonio in sé del contribuente, che costituisce garanzia (generica) del debito erariale contratto, quanto, piuttosto, la necessità di preservare la riscossione del credito erariale da qualsiasi attività volta a depauperare in modo fraudolento tale garanzia così da ostacolare l’attività di riscossione coattiva del credito.

L’interpretazione della norma non dà adito a dubbi posto che la natura simulata ovvero fraudolenta, rispettivamente della vendita o dell’atto, qualifica l’azione sotto il profilo della sua offensività. Occorre, cioè, che per effetto della condotta si determini una situazione tale per la quale il bene simulatamente alienato o in relazione al quale sono stati compiuti atti fraudolenti appaia all’Erario effettivamente uscito dal patrimonio del debitore sì da rendere impossibile o comunque più difficile il recupero. Non rilevano, dunque, i fisiologici atti di disposizione del proprio patrimonio che il contribuente può liberamente compiere (si veda, sul punto, Sez. 3, n. 25677 del 2012, di cui oltre si dirà); rileva la disposizione fraudolenta, quella cioè oggettivamente idonea a ingannare il terzo sulla reale consistenza del patrimonio stesso.

Sotto questo profilo, le deduzioni difensive che fanno leva sulla immutata consistenza patrimoniale della società non colgono nel segno perché la fattispecie di reato presuppone proprio tale immutata consistenza che solo ai terzi non appare più tale>.

 

La norma incriminatrice:

Art. 11 D.lgs. 74/2000 – Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per se’ o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:  

Cassazione penale sez. V, 14/06/2019, n.37326

Seppure l’operazione di scissione è in se lecita ed ha portata neutrale, la sua eventuale natura fraudolenta può essere desunta dal concreto atteggiarsi della vicenda. Ai fini della individuazione del reato di sottrazione fraudolenta bisogna inoltre tenere conto del fatto che, in caso di cessione conforme a legge, la responsabilità del cessionario dell’azienda ha carattere sussidiario, con beneficium excussionis, ed è limitata, nel quantum, al valore della cessione e, nell’oggetto, alle imposte e sanzioni relative a violazioni commesse dal cedente nel triennio prima del contratto. In riferimento ai debiti tributari solo l’accertamento della natura simulata della cessione rende applicabile la responsabilità illimitata in solido, laddove, comunque, oggetto giuridico del reato di sottrazione fraudolenta non è il diritto di credito dell’Erario, bensì la garanzia generica rappresentata dai beni dell’obbligato.

Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46975

Il delitto previsto dall’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ante” che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria. (Fattispecie di aumento del capitale sociale effettuato per consentire ad una società di acquistare l’unico cespite immobiliare di proprietà del contribuente in modo da far apparire, contrariamente al vero, che i beni del contribuente non potessero formare oggetto di soddisfazione della pretesa creditoria).

Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.29636

Nella nozione di ‘atti fraudolenti’, rilevante ai fini della configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, rientrano tutti quei comportamenti, anche se formalmente leciti, che siano connotati da elementi di inganno o di artificio dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.

Cassazione penale sez. III, 16/05/2017, n.10161

Non può ritenersi configurabile il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte (art. 1l d.lg. n. 74/2000) per il solo fatto che il debitore d’imposta abbia posto in essere atti dispositivi di propri beni, pur così rendendo maggiormente difficoltosa ed incerta l’esazione del credito da parte del fisco, occorrendo invece, perché possa dirsi integrata la finalità fraudolenta necessaria per la sussistenza di detto reato, che l’atto dispositivo sia caratterizzato da un “quid pluris”, ovverossia dalla modalità ingannevole attraverso la quale esso viene realizzato giacché, altrimenti, il concetto di atto fraudolento verrebbe a dilatarsi oltre misura fino a far coincidere i presupposti del reato con quelli dell’azione revocatoria civile, frustrando, in contrasto con la stessa “littera legis”, la finalità perseguita dal legislatore penale che consiste nella punibilità del contribuente che intenzionalmente sottrae con modalità fraudolente i beni facenti parte del proprio patrimonio riducendo la garanzia del Fisco e così neutralizzando, secondo una prognosi da effettuarsi ex ante, in tutto od in parte la fruttuosità di una eventuale procedura esecutiva. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha censurato la decisione del giudice d’appello che, in riforma della pronuncia assolutoria di primo grado, aveva affermato la sussistenza del reato in un caso in cui l’imputato aveva effettuato la vendita, a prezzo di mercato, delle attrezzature della società da lui amministrata destinando quindi la somma ricavata al soddisfacimento di debiti diversi da quello erariale). 

Cassazione penale sez. III, 05/07/2016, n.3011

Ai fini della integrazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, l’alienazione è “simulata”, ossia finalizzata a creare una situazione giuridica apparente diversa da quella reale, allorquando il programma contrattuale non corrisponde deliberatamente in tutto (simulazione assoluta) o in parte (simulazione relativa) alla effettiva volontà dei contraenti; con la conseguenza che ove invece il trasferimento del bene sia effettivo, la relativa condotta non può essere considerata alla stregua di un atto simulato, ma deve essere valutata esclusivamente quale possibile “atto fraudolento”, idoneo a rappresentare una realtà non corrispondente al vero e a mettere a repentaglio o comunque ostacolare l’azione di recupero del bene da parte dell’Erario.

Cassazione penale sez. III, 24/02/2016, n.13233

Il reato previsto dall’art. 11, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni al fine di sottrarsi al pagamento del debito tributario, delle sanzioni e relativi interessi, che, in base ad un giudizio ex ante, siano idonei a rendere in tutto o in parte inefficace l’attività recuperatoria dell’Amministrazione finanziaria. (Fattispecie in cui è stata ritenuta penalmente rilevante la condotta di colui che aveva realizzato la vendita di una particella immobiliare a società svizzera con soci non identificabili al solo fine di sottrarre il bene dalla procedura esecutiva promossa dall’Agenzia delle entrate).

Cassazione penale sez. III, 16/05/2012, n.25677

Non integra il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte colui che, pur nella pendenza della procedura esattoriale, si limiti a disporre dei propri beni prelevando integralmente dal conto corrente bancario le somme in precedenza ivi depositate.

Cassazione penale sez. III, 09/02/2011, n.19595

Si è ritenuto che le operazioni compiute dalle società (scissioni, cessioni di azienda, conferimento di immobili) siano pienamente idonee a rendere in tutto o in parte inefficace la successiva procedura di riscossione coattiva dei crediti tributari vantati dallo Stato nei confronti delle “originarie” società. Anche se le società nate con le operazioni di scissione sono obbligate in solido con la cedente al pagamento delle imposte e delle sanzioni accertate a carico di quest’ultima, l’operazione fraudolenta avrebbe raggiunto lo scopo di far gravare su altri i debiti di imposta, anche perché l’art. 14 comma 1 d.lg. n. 472 del 1997 limita l’operatività dell’obbligazione solidale dei cessionari all’anno della cessione ed ai due anni precedenti, mentre la garanzia ex art. 2506 quater c.c. risulta solo parziale in quanto operante nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto.

By ClaudioRamelli© RIPRODUZIONE RISERVATA