Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte: la Cassazione fa il punto sugli elementi costitutivi della fattispecie punita dall’art. 11 D.lgs. 74/2000.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 6926.2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di contestata sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte prevista e punita  dall’art. 11 D.lgs. 74/2000 realizzato mediante più cessioni di quote societarie, chiarisce la struttura e il perimetro punitivo del reato tributario, riproponendo i principi giurisprudenziali consolidati in materia cui ha ritenuto di aderire e dare continuità.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie, all’imputato, nella qualità di titolare della ditta individuale, era contestato il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte ex art. 11 D.lgs. 74/2000, per aver compiuto alienazione simulata o comunque atti fraudolenti idonei a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto e dei relativi interessi e sanzioni.

La Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza resa dal Tribunale di Monza, condannava il giudicabile per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto proponeva ricorso in cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando tre motivi di impugnazione, tra i quali, ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse quello relativo al vizio di motivazione della sentenza di secondo grado, nella parte in cui il Collegio di merito ha confermato la riconosciuta la responsabilità penale dell’imputato esclusivamente sulla base dell’esistenza di atti di disposizione patrimoniale senza però dare adeguata giustificazione alla ritenuta natura fraudolenta del negozio giuridico.

I Giudici di legittimità, nell’annullare la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale per un nuovo esame, stigmatizzano la contraddittorietà della pronuncia di secondo grado rispetto alla prova di una delle due condotte alternative tali da configurare il reato, ovvero: l’alienazione simulata o il compimento di atti fraudolenti.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della sentenza in commento:

in tema di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, allorquando, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, siano connotati da elementi di inganno o di artificio, cioè da uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.

In motivazione la Corte di cassazione ha ricordato che l’art. 11 del d. Igs. 74/2000 («sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte») sanziona, nell’ipotesi di cui al comma 1, la condotta di chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva, applicandosi una pena edittale più l’elevata laddove l’ammontare delle imposte, degli interessi e delle sanzioni, sia superiore a duecentomila euro. Per la concretizzazione del reato è sufficiente che l’azione sia idonea a rendere inefficace, in tutto o in parte, l’esecuzione esattoriale; il delitto è infatti un reato di pericolo concreto. La norma distingue chiaramente due diverse condotte: l’alienazione simulata e gli atti fraudolenti. L’alienazione è simulata quando è finalizzata a creare una situazione giuridica apparente diversa da quella reale: quando il programma contrattuale non corrisponde deliberatamente in tutto (simulazione assoluta) o in parte (simulazione relativa) all’effettiva volontà dei contraenti. Se invece il trasferimento del bene è effettivo, la condotta non può concretizzare l’atto simulato, ma deve essere valutata, esclusivamente quale possibile atto fraudolento. Secondo la giurisprudenza, atti fraudolenti, (cfr. Sez. 3, n. 25677 del 16/05/2012, Caneva, Rv. 252996), sono tutti quei comportamenti che, quand’anche formalmente leciti, siano tuttavia connotati da elementi di inganno o di artificio, dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione. Ai fini della configurabilità del reato, non è sufficiente la semplice idoneità dell’atto a ostacolare l’azione di recupero del bene da parte dell’Erario, essendo invece necessario il compimento di atti che, nell’essere diretti a questo fine, si caratterizzino per la loro natura simulatoria o fraudolenta>.

 

La norma incriminatrice:

Art. 11 D.lgs. 74/2000 – Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte

 E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte di ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva. Se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

E’ punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, al fine di ottenere per sé o per altri un pagamento parziale dei tributi e relativi accessori, indica nella documentazione presentata ai fini della procedura di transazione fiscale elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi fittizi per un ammontare complessivo superiore ad euro cinquantamila. Se l’ammontare di cui al periodo precedente è superiore ad euro duecentomila si applica la reclusione da un anno a sei anni.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46975

Il delitto previsto dall’art. 11 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo, integrato dal compimento di atti simulati o fraudolenti volti a occultare i propri o altrui beni, idonei – secondo un giudizio “ex ante” che valuti la sufficienza della consistenza patrimoniale del contribuente rispetto alla pretesa dell’Erario – a pregiudicare l’attività recuperatoria dell’amministrazione finanziaria. (Fattispecie di aumento del capitale sociale effettuato per consentire ad una società di acquistare l’unico cespite immobiliare di proprietà del contribuente in modo da far apparire, contrariamente al vero, che i beni del contribuente non potessero formare oggetto di soddisfazione della pretesa creditoria).

Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.29636

In tema di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, gli atti dispositivi compiuti dall’obbligato, oggettivamente idonei ad eludere l’esecuzione esattoriale, hanno natura fraudolenta, ai sensi dell’art. 11 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, allorquando, pur determinando un trasferimento effettivo del bene, siano connotati da elementi di inganno o di artificio, cioè da uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.

Cassazione penale sez. III, 02/03/2018, n.29636

Nella nozione di ‘atti fraudolenti’, rilevante ai fini della configurabilità del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, rientrano tutti quei comportamenti, anche se formalmente leciti, che siano connotati da elementi di inganno o di artificio dovendosi cioè ravvisare l’esistenza di uno stratagemma tendente a sottrarre le garanzie patrimoniali all’esecuzione.

Cassazione penale sez. III, 07/11/2017, n.20862

Integra il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte anche la stipulazione di un negozio giuridico simulato, poichè la necessità della declaratoria giudiziale per superare l’effetto segregativo dell’atto dispositivo rende più difficoltoso il recupero del credito erariale. (Fattispecie relativa al conferimento da parte dell’imputato dei beni in un trust cd. autodichiarato o “shame trust”, che ricorre quando il disponente mantiene il controllo del fondo oppure quando ne dispone come cosa propria, nella quale la Corte ha affermato la sussistenza del reato anche ove si ritenga l’atto non simulato, ma nullo o inesistente, precisando, inoltre, che il negozio compiuto al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto è da considerarsi comunque nullo, ai sensi dell’art. 1418 cod. civ., per la violazione della norma imperativa rappresentata dall’art. 11 del d.lgs. n. 74 del 2000).

Cassazione penale sez. III, 24/02/2016, n.13233

Il reato previsto dall’art. 11, del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è reato di pericolo integrato dall’uso di atti simulati o fraudolenti per occultare i propri o altrui beni al fine di sottrarsi al pagamento del debito tributario, delle sanzioni e relativi interessi, che, in base ad un giudizio ex ante, siano idonei a rendere in tutto o in parte inefficace l’attività recuperatoria dell’Amministrazione finanziaria. (Fattispecie in cui è stata ritenuta penalmente rilevante la condotta di colui che aveva realizzato la vendita di una particella immobiliare a società svizzera con soci non identificabili al solo fine di sottrarre il bene dalla procedura esecutiva promossa dall’Agenzia delle entrate).

Cassazione penale sez. III, 09/04/2013, n.39079

Al fine del perfezionamento del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, è sufficiente che la procedura di riscossione, benché ancora non iniziata, sia resa potenzialmente inefficace dal comportamento del contribuente.

Cassazione penale sez. III, 16/05/2012, n.25677

Al fine di potere disporre il sequestro per equivalente nei reati tributari non è sufficiente la configurabilità del reato, essendo altresì necessario che un profitto od un prezzo siano individuabili. Per profitto confiscabile deve intendersi non solo un positivo incremento del patrimonio personale ma qualsiasi vantaggio patrimoniale direttamente derivante dai reato anche se consistente in un risparmio di spesa; e, con riguardo in particolare al reato di cui all’art. 11 d.lg. n. 74/2000, il profitto va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio su cui il fisco ha diritto di soddisfarsi e, quindi, nella somma di denaro la cui sottrazione all’Erario viene perseguita, non importa se con esito favorevole o meno, attesa la struttura di pericolo della fattispecie, attraverso l’atto di vendita simulata o gli atti fraudolenti posti in essere.

By ClaudioRamelli© RIPRODUZIONE RISERVATA