Omesso versamento di ritenute INPS: le scelte di politica imprenditoriale non rientrano nell’ambito della forza maggiore idonea a scriminare il reato

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 16433.2020, depositata il 29 maggio 2020, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di omesso versamento delle ritenute INPS, enuncia il principio di diritto secondo cui l’inadempimento dell’obbligazione può essere scriminato dalla forza maggiore o dallo stato di necessità solo laddove derivante da fatti non imputabili all’imprenditore che sfuggono al suo dominio finalistico.

Risultano pertanto irrilevanti tutte quelle circostanze di fatto legate alle vicissitudini di mercato che determinano la mancanza di provvista necessaria ad adempiere all’obbligo previdenziale che vengono fatte rientrare nelle scelte di politica aziendale.

 

Il reato contestato e il giudizio di merito

Nel caso di specie, all’imputato era contestato il delitto di omissione del versamento delle ritenute INPS ex art. 2 comma 1 bis dl 463/1983.

La Corte di appello di Caltanissetta riformava parzialmente, in punto di determinazione della pena, la sentenza di condanna inflitta dal locale Tribunale..

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando due motivi di gravame.

Ai fini del presente commento, riveste maggiore interesse la deduzione della violazione di legge in relazione alla fattispecie incriminatrice e agli artt. 42 e 45 cod. pen..

Secondo la tesi difensiva la condotta del giudicabile non integrerebbe gli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice per carenza di dolo in capo al soggetto agente, avendo egli omesso il comportamento doveroso per causa di forza maggiore, rappresentata dalla crisi economica subita dall’impresa.

I Giudici di legittimità, nel dichiarare inammissibile il ricorso, richiamano il consolidato e rigoroso principio di diritto in materia di perimetro applicativo delle scriminanti – forza maggiore e stato di necessità – nell’ambito della crisi di impresa, individuando nel pagamento delle retribuzioni un indice sintomatico della scelta che assume carattere antigiuridico.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<Relativamente alla crisi d’impresa (e alla ricorrenza della forza maggiore o dello stato di necessità) la sentenza impugnata, con applicazione corretta delle decisioni di questa Corte di Cassazione, con motivazione adeguata ed immune da contraddizioni o da manifeste illogicità, ha ritenuto che la crisi di liquidità, pur sussistente, non ha cagionato uno stato di assoluta forza maggiore all’adempimento degli obblighi contributivi sia per il pagamento delle retribuzioni e sia perché la crisi è derivata da scelte gestionali comunque riferibili al ricorrente, che da tempo amministrava la società.

Del resto, lo stesso pagamento delle retribuzioni (non contestato dal ricorrente, anzi prospettato come scelta doverosa ai sensi dell’art. 54 cod. pen.) è una scelta imprenditoriale rilevante che non può far escludere il dolo da omissione. Le omissioni, inoltre, sono relative al solo mese di aprile 2012, in un periodo di molto antecedente alla dichiarazione di fallimento (infatti, solo il 16 gennaio 2015 era richiesto il concordato prefallimentare). Peraltro, lo stesso adempimento per i mesi antecedenti e successivi esclude di fatto lo stato di necessità.

Sul punto la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione è costante nel ritenere che l’inadempimento della obbligazione può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore, ai quali non abbia potuto tempestivamente porre rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico; la Cassazione ha, infatti, escluso che potesse essere ascrivibile a forza maggiore la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione (contributiva o fiscale) per effetto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità (Sez. 3, n. 8352 del 24/06/2014 – dep. 25/02/2015, Schirosi, Rv. 26312801). Si tratta di una questione di fatto, insindacabile in sede di legittimità, se ben motivata come nel caso in esame>.

 

La norma incriminatrice:

Art. 2 comma 1 bis D.l. 463/1983

L’omesso versamento delle ritenute di cui al comma 1, per un importo superiore a euro 10.000 annui, è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a euro 1.032. Se l’importo omesso non è superiore a euro 10.000 annui, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 10.000 a euro 50.000. Il datore di lavoro non è punibile, ne’ assoggettabile alla sanzione amministrativa, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema forza maggiore nell’ambito del reato di omesso versamento INPS:

Cassazione penale sez. III, 04/10/2019, n.50007

Poiché la forza maggiore (art. 45 c.p.) postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto e imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, si da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo a un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente, deve escludersi che le difficoltà economiche in cui versa il soggetto agente possano integrare la forza maggiore penalmente rilevante idonea a escludere il reato di cui all’art. 10-ter d.lg. 10 marzo 2000 n. 74.

Cassazione penale sez. III, 12/12/2018, n.9

Per la configurabilità del reato di omesso versamento IVA in capo al legale rappresentante di un’impresa non rileva quale causa di forza maggiore lo stato di crisi finanziaria imputabile alla precedente gestione laddove l’agente, al momento della nomina, sia consapevole della crisi di liquidità.

Cassazione penale sez. III, 13/11/2018, n.12906

Il reato di omesso versamento dell’Iva è integrato dalla scelta consapevole di omettere i versamenti dovuti, non rilevando la circostanza che la società attraversi una fase di criticità e destini risorse finanziarie per far fronte al pagamento di debiti ritenuti più urgenti, elemento che rientra nell’ordinario rischio d’impresa e che non può certamente comportare l’inadempimento dell’obbligazione contratta con l’erario. Tale elemento può rilevare come causa di forza maggiore di cui all’articolo 45 del codice penale, solo se siano assolti gli oneri di allegazione idonei a dimostrare non solo l’asserita crisi di liquidità, ma anche che detta crisi non sarebbe stata fronteggiabile tramite il ricorso ad apposite procedure da valutarsi in concreto, non ultimo il ricorso al credito bancario. L’imprenditore, quindi, deve provare, di aver posto in essere, senza successo per causa a lui non imputabile, tutte le misure (anche sfavorevoli per il proprio patrimonio personale) idonee a reperire la liquidità necessaria per adempiere il proprio debito fiscale (nella specie, l’imprenditore imputato si era limitato ad asserire l’esistenza di una pregressa crisi di impresa, senza allegare elementi idonei a dimostrare l’entità della crisi, le incolpevoli cause della stessa e l’impossibilità di superarla tramite il ricorso a idonei strumenti da valutarsi in concreto).

Cassazione penale sez. III, 19/09/2018, n.47482

In materia di omesso versamento delle ritenute, la scelta dell’imprenditore di destinare le risorse finanziarie disponibili al pagamento dei dipendenti e fornitori e non alle imposte non integra la causa di forza maggiore idonea a escludere il reato. Lo afferma la Cassazione sottolineando che laddove vi sia un margine di scelta non sussiste la forza maggiore. Per la Corte l’imprenditore, al fine di evitare possibili conseguenze penali in caso di crisi di liquidità, avrebbe dovuto ripartire le risorse esistenti all’atto della corresponsione delle retribuzioni in modo da poter adempiere al proprio obbligo tributario, anche a scapito del pagamento dei compensi ai dipendenti nel loro intero ammontare.

Cassazione penale sez. III, 24/06/2014, n.8352

In tema omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, l’inadempimento della obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore che non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. (Fattispecie, nella quale la Corte ha escluso che potesse essere ascrivibile a forza maggiore la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria per effetto di una scelta di politica imprenditoriale volta a fronteggiare una crisi di liquidità).

Cassazione penale sez. III, 12/06/2013, n.37528

Nel reato di omesso versamento delle ritenute certificate, la situazione di difficoltà finanziaria dell’imprenditore non costituisce causa di forza maggiore che esclude la responsabilità prevista dall’art.10 bis d.lg.. n. 74 del 2000.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA