Medico competente, tutela della salute dei lavoratori e omicidio colposo: la Suprema Corte fa il punto sulla posizione di garanzia rivestita dal sanitario e sul giudizio controfattuale ai fini dell’affermazione della responsabilità penale a titolo di omicidio colposo

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 19856.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad un caso di omicidio colposo ascritto al medico competente, si sofferma sui temi della responsabilità penale connessa alla posizione di garanzia del medico del lavoro e del giudizio controfattuale volto ad accertare la sussistenza del nesso causale tra la condotta omissiva colposa del medico e l’evento lesivo.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità di medico competente, era contestato il delitto di omicidio colposo in ambito sanitario per aver cagionato la morte del dipendente della ditta per negligenza, imprudenza e imperizia, nonché per violazione delle regole che governano l’arte medica.

In particolare, al prevenuto era addebitato di aver omesso di valutare adeguatamente i risultati degli esami ematochimici ai fini della redazione dei certificati di idoneità lavorativa e di aver omesso di informare l’interessato ed il medico curante, provocando così un ritardo diagnostico della patologia tumorale che se tempestivamente diagnosticata, avrebbe scongiurato la morte del paziente o quanto meno ne avrebbe prolungato la sopravvivenza.

La Corte di appello di Milano riformava parzialmente – in punto di determinazione della pena –la sentenza con la quale il Tribunale di Como aveva condannato l’imputato per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile interponeva ricorso per cassazione contro la sentenza di secondo grado, deducendo, con un unico motivo, vizio di motivazione e inosservanza o erronea applicazione della legge.

In particolare con l’impugnazione di legittimità lamentava l’erroneità del giudizio controfattuale e l’insussistenza del nesso causale tra la condotta posta in essere e l’evento antigiuridico, nonché di profili di colpa rinvenibili in capo all’agente.

I Giudici di legittimità, nell’annullare la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della Corte territoriale, dopo una disamina della posizione di garanzia e dei correlati obblighi gravanti in capo alla figura del medico competente – per i quali si rimanda alla lettura della sentenza in commento – si esprimono in merito alla responsabilità penale a titolo di omicidio colposo e alle regole del giudizio controfattuale volto a verificare la sussistenza del nesso causale tra condotta colposa ed exitus infausto.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<Oltre che di tali reati propri, il medico competente risponde, nella qualità di titolare di un’autonoma posizione di garanzia, delle fattispecie di evento che risultano di volta in volta integrate dall’omissione colposa delle regole cautelari poste a presidio della salvaguardia del bene giuridico – salute dei lavoratori – sui luoghi di lavoro, direttamente riconducibili alla sua specifica funzione di controllo delle fonti di pericolo istituzionalmente attribuitagli dall’ordinamento giuridico.  […]

Il ragionamento sviluppato dalla Corte distrettuale e posto a fondamento della statuizione di condanna risulta affetto sia dal vizio di violazione di legge che dalle dedotte inconferenze motivazionali.

Ed invero, non risulta adeguatamente sviluppato il tema volto a verificare se, nello svolgimento delle visite periodiche eseguite dal [omissis]negli anni 2012 e 2013 nei confronti del [omissis], sulla base delle effettive conoscenze, sia cliniche che di lavoro, o, comunque, di quelle conoscibili, e nella correlata formulazione dei relativi giudizi di idoneità alle mansioni specifiche, sia ravvisabile, a suo carico, la sussistenza di una condotta colposa tenuto conto dei doveri cautelari attribuitigli dall’ordinamento giuridico in ragione della sua specifica posizione di garanzia rivestita.

Va in ogni caso considerato che il presupposto della rimproverabilità soggettiva nei confronti dell’imputato implica la prevedibilità dell’evento che va compiuta ex ante, riportandosi al momento in cui la condotta è stata posta in essere avendo riguardo anche alla potenziale idoneità della stessa a dar vita ad una situazione di danno e riferendosi alla concreta capacità del soggetto di uniformarsi alla regola cautelare, da commisurare al parametro del modello dell’homo eiusdem professionis et condicionis, arricchito dalle eventuali maggiori conoscenze da parte dell’agente concreto (Sez. 4, n. 53455 del 15/11/2018, Rv. 274500). Inoltre, a fronte di una condotta attiva indiziata di colpa che abbia cagionato un certo evento, occorre, poi, operare il giudizio controfattuale, ovvero chiedersi se, in caso di c.d. comportamento alternativo lecito, l’evento che ne è derivato si sarebbe verificato ugualmente e ne rappresenti la concretizzazione del rischio. Le argomentazioni sviluppate dai giudici di merito al riguardo sono meramente congetturali, illogiche ed inconferenti […]

Si rammenta, inoltre, che nelle ipotesi di omicidio o di lesioni colpose in campo medico, il ragionamento contro – fattuale, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, deve essere svolto dal giudice tenendo conto della specifica attività che sia stata specificamente richiesta al sanitario (diagnostica, terapeutica, di vigilanza o di controllo) e che si assume idonea, se realizzata, a scongiurare o ritardare l’evento lesivo, come in concreto verificatosi, con altro grado di credibilità razionale (Sez. 4, n. 30649 del 13/06/2014, Rv. 262239). Sussiste, pertanto, il nesso di causalità tra la condotta omissiva tenuta dal medico e il decesso del paziente allorquando risulti accertato che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore, rallentando significativamente il decorso della malattia, o con minore intensità lesiva (Sez. 4, n. 18573 del 14/02/2013, Rv. 256338)>.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di giudizio controfattuale per la responsabilità del medico:

Cassazione penale sez. IV, 04/03/2020, n.10175

In tema di responsabilità medica per omissione, l’accertamento del nesso causale, ed in particolare il giudizio controfattuale necessario per stabilire l’effetto salvifico delle cure omesse, deve essere effettuato secondo un giudizio di alta probabilità logica, tenendo conto non solo di affidabili informazioni scientifiche ma anche delle contingenze significative del caso concreto, ed in particolare, della condizione specifica del paziente. (Fattispecie relativa al decesso di una paziente per embolia polmonare conseguente alla omessa somministrazione di adeguata terapia antitrombotica, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità dei sanitari escludendo il rischio emorragico allegato dalla difesa, in adesione alle conclusioni dei consulenti della pubblica accusa fondate esclusivamente sulla mera valutazione di alcune situazioni astratte, indicate dalle linee guida, a cui si associa il rischio emorragico, ed omettendo, invece, di valutare le particolari condizioni in cui versava la paziente).

 

Cassazione penale sez. IV, 17/09/2019, n.41893

La responsabilità del medico per il decesso del paziente può essere affermata, in occasione del giudizio controfattuale da effettuare in caso di addebito a titolo di responsabilità omissiva, solo allorquando sia possibile sostenere che, se la condotta omessa fosse stata tenuta, l’evento non si sarebbe verificato con, probabilità confinante con la certezza, alla luce del sapere scientifico e delle specificità del caso concreto (condizioni del paziente) (da queste premesse, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per il reato di omicidio colposo pronunciata dalla corte di appello a carico di un sanitario del 118 cui era stato addebitata la morte di un paziente, per avere l’imputato, intervenuto in via d’urgenza, omesso di compiere tutte le manovre di rianimazione cardiopolmonari necessarie, così da aver provocato la morte a seguito di infarto; secondo la Corte, infatti, l’omissione addebitata all’imputato, secondo la stessa ricostruzione operata in sede di merito, aveva privato il paziente solo di marginali chances di sopravvivenza, stimate in un arco tra il 2% e l’11%, fino al 23% soltanto in caso di emersione di ritmo defribrillabile, onde la causalità non poteva dirsi sussistente sulla base del giudizio controfattuale imposto, alla stregua del canone della “certezza processuale”, ai fini della condanna).

 

Cassazione penale sez. IV, 15/11/2018, n.53455

In tema di reato colposo, il principio di colpevolezza va declinato tenendo conto del fatto che si verta in ipotesi di violazione di norme cautelari cosiddette “aperte” o di colpa generica (nella specie, trattavasi di addebito di negligenza), nel senso che, per configurare l’elemento soggettivo della colpa per violazione della regola precauzionale, s’impone, caso per caso un’attenta valutazione della prevedibilità ed evitabilità dell’evento, da considerarsi alla stregua dell’agente modello razionale, tenuto conto delle circostanze del caso concreto conosciute o conoscibili dall’agente reale (per l’effetto, in una vicenda in cui a tre Carabinieri si addebitava il decesso di una persona arrestata, per evento patologico verificatosi durante le operazioni di immobilizzazione, la Corte ha escluso la responsabilità – ipotizzata a titolo di negligenza – a carico degli operanti, valorizzando il limitatissimo lasso temporale entro cui gli stessi avrebbero potuto accorgersi dell’insorgenza della patologia, l’assenza di una disciplina cautelare specifica – intervenuta solo successivamente con circolare del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri -, l’impraticabilità di sostenere che gli stessi di fossero discostati dal comportamento che – con valutazione ex ante – avrebbe dovuto tenere l’agente modello).

 

Cassazione penale sez. III, 23/11/2016, n.6885 

In tema di sicurezza sul lavoro, la contravvenzione prevista dall’art. 25, comma primo, lett. b) del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, che sanziona l’inosservanza da parte del medico competente dei protocolli definiti in funzione dei rischi specifici dei lavoratori, sottoposti a visita periodica, ha natura di reato permanente e di pericolo astratto, per cui la condotta illecita si protrae sino al momento di ottemperanza dell’obbligo di legge e ai fini della sua configurazione non è necessario che dalla violazione delle prescrizioni derivi un danno alla salute o alla incolumità del lavoratore.

 

Cassazione penale sez. IV, 14/02/2013, n.18573

In tema di omicidio, sussiste il nesso di causalità tra l’omessa adozione da parte del medico specialistico di idonee misure atte a rallentare il decorso della patologia acuta, colposamente non diagnosticata, ed il decesso del paziente, quando risulta accertato, secondo il principio di contrafattualità, condotto sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica, universale o statistica, che la condotta doverosa avrebbe inciso positivamente sulla sopravvivenza del paziente, nel senso che l’evento non si sarebbe verificato ovvero si sarebbe verificato in epoca posteriore o con minore intensità lesiva. (Fattispecie nella quale il sanitario di turno presso il pronto soccorso non aveva disposto gli accertamenti clinici idonei ad individuare una malattia cardiaca in corso e, di conseguenza, non era intervenuto con una efficace terapia farmacologica di contrasto che avrebbe rallentato significativamente il decorso della malattia, così da rendere utilmente possibile il trasporto presso struttura ospedaliera specializzata e l’intervento chirurgico risolutivo).

 

Cassazione penale sez. III, 11/12/2012, n.1856

Con riguardo all’oggetto della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve essere necessariamente coadiuvato da soggetti quali il “medico competente”, portatori di specifiche conoscenze professionali tali da consentire un corretto espletamento dell’obbligo mediante l’apporto di qualificate cognizioni tecniche. L’espletamento di tali compiti da parte del “medico competente” comporta una effettiva integrazione nel contesto aziendale e non può essere limitato ad un ruolo meramente passivo in assenza di opportuna sollecitazione da parte del datore di lavoro, anche se il contributo propulsivo resta limitato alla specifica qualificazione professionale.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA