E’ possibile in concorso tra il delitto previsto e punito dagli artt. 2 d.lgs 74/2000 e la contravvenzione di intermediazione illecita di manodopera sanzionata dall’art. 18 d.lgs. n. 276 del 2003 se vi è prova della dissimulazione realizzata a mezzo contratti di appalto fittizi

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 20901.2020, depositata i 15 luglio 2020 resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione, segnalata per l’annotazione all’Ufficio del Massimario, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in sede cautelare reale in ordine ad una incolpazione provvisoria  di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture inesistenti e di intermediazione illecita di manodopera, enuncia il principio della astratta configurabilità del  concorso del reato tributario e del reato contravvenzionale, nel caso in cui venga provata la interposizione illegale di manodopera, esclusa nel caso di specie dal Tribunale della Libertà per assenza del presupposto del fumus commissi delicti .

Il reato provvisoriamente contestato e la fase cautelare reale

Nel caso di specie all’indagato, nella qualità di legale rappresentante della società, era contestato il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture inesistenti ex art. 2 D.lgs. 74/2000, per aver indicato nelle dichiarazioni IVA elementi passivi fittizi costituiti da fatture relative ad operazioni inesistenti, poiché emesse da società che effettuavano illecita somministrazione di manodopera dissimulata da contratti di appalto fittizi.

Il Tribunale cautelare di Ravenna rigettava l’appello interposto dal Pubblico ministero avverso il decreto di rigetto della richiesta di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. in sede ritenendo insussistenti gli indizi di colpevolezza.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il pubblico ministero proponeva ricorso per cassazione avverso la predetta ordinanza, deducendo l’inosservanza e l’erronea applicazione della legge penale.

In particolare, la parte pubblica ricorrente, contestava l’affermazione del Tribunale secondo la quale nel caso in cui a fronte di una prestazione pur diversa da quella riportata in fattura, sia comunque avvenuto il pagamento, si configura non già un’operazione inesistente, bensì un’operazione fatturata per diversa prestazione.

I Giudici di legittimità, nel rigettare il ricorso, dopo aver richiamato i consolidati principi di diritto in tema di operazioni soggettivamente e oggettivamente inesistenti, incidentalmente affermano il principio della sussistenza concorso formale tra il delitto tributario e la contravvenzione di illecita somministrazione di manodopera.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della sentenza in commento:

<Sulla base di questa ricostruzione, si è costantemente affermato il principio – con cui non si confronta il Tribunale cautelare – secondo cui il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000) è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’IVA – ciò che rileva nella vicenda in esame – esso comprende anche la inesistenza soggettiva, ovvero quella relativa alla diversità tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura (Sez. 3, n. 6935 del 23/11/2017 – dep. 13/02/2018, Fiorin, Rv. 272814; Sez. 3, n. 27392 del 27/04/2012 – dep. 11/07/2012, P.M. in proc. Bosco e altro, Rv. 253055; Sez. 3, n. 10394 del 14/01/2010 – dep. 16/03/2010, Gerotto, Rv. 246327).

Coerentemente con quest’impostazione, questa Corte ha predicato che l’indicazione di elementi passivi fittizi nella dichiarazione, avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, anziché relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, non incide sulla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta previsto dall’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, il quale, nel riferirsi all’uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non distingue tra quelle che sono tali dal punto di vista oggettivo o soggettivo (Sez. 3, n. 4236 del 18/10/2018 – dep. 29/01/2019, Di Napoli, Rv. 27569201; Sez. 3, n. 30874 del 02/03/2018 – dep. 09/07/2018, Hugony; Rv. 273728).

Logico corollario di tale ricostruzione è che il delitto ex art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 è astrattamente configurabile nel caso di intermediazione illegale di manodopera, stante la diversità tra il soggetto emittente la fattura e quello che ha fornito la prestazione.

Si tratta di una conclusione coerente con il principio affermato da questa Corte, secondo cui è configurabile il concorso fra la contravvenzione di intermediazione illegale di mano d’opera (art. 18 d.lgs. n. 276 del 2003) ed il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000), nel caso di utilizzo di fatture rilasciate da una società che ha effettuato interposizione illegale di manodopera (Sez. 3, n. 24540 del 20/03/2013 – dep. 05/06/2013, P.G. in proc. De Momi e altri, Rv. 25642401)Sez. 3, n. 24540 del 20/03/2013 – dep. 05/06/2013, P.G. in proc. De Momi e altri, Rv. 256424).

Il Tribunale cautelare, tuttavia, ha escluso la sussistenza del fumus commissi delicti non ritenendo acclarato, sotto il profilo della gravità indiziaria, il presupposto fattuale da cui si dipana l’argomentazione del ricorrente, ossia che si sia in presenza di un’illecita somministrazione di manodopera, dissimulata attraverso fittizi contratti di appalto di servizi, e ciò valorizzando le dichiarazioni e la documentazione acquisite in sede di investigazioni difensive, da cui emergerebbe sia la configurabilità di un diretto rapporto di organizzazione/direzione tra i responsabili della società dell’indagato e i dipendenti delle aziende subappaltatrici, sia la proprietà, in capo alle ditte esterne, dei mezzi necessari all’esecuzione dei lavori appaltati e l’esistenza, in capo alle stesse, di un’autonoma struttura organizzativa e amministrativa>.

La norma incriminatrice:

Art. 2 – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 

[Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.] 

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di art. 2 d.lgs 74/2000:

Cassazione penale sez. III, 15/11/2019, n.1998

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti sussiste sia nell’ipotesi di inesistenza oggettiva dell’operazione, cioè quando non sia stata posta mai in essere nella realtà, sia in quella di inesistenza soggettiva, ossia quando l’operazione vi sia stata ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura, sia infine nel caso di sovrafatturazione qualitativa, nel quale la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti, in quanto oggetto di repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’esposizione nella dichiarazione di dati fittizi anche solo soggettivamente implica la creazione delle premesse per un rimborso al quale non si ha diritto e l’indicazione di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la fornitura non è circostanza indifferente ai fini dell’Iva, dal momento che la qualità del venditore può incidere sulla misura dell’aliquota e, conseguentemente, sull’entità dell’imposta che l’acquirente può legittimamente detrarre).

 

Cassazione penale sez. III, 18/10/2018, n.4236

L’indicazione di elementi passivi fittizi nella dichiarazione, avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, anziché relative ad operazioni oggettivamente inesistenti, non incide sulla configurabilità del reato di dichiarazione fraudolenta previsto dall’art. 2 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, il quale, nel riferirsi all’uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non distingue tra quelle che sono tali dal punto di vista oggettivo o soggettivo.

 

Cassazione penale sez. III, 23/11/2017, n.6935

Il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti (art. 2, d.lgs. n. 74 del 2000) è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva delle prestazioni indicate nelle fatture, ovvero quella relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’IVA, esso comprende anche la inesistenza soggettiva, ovvero quella relativa alla diversità tra soggetto che ha effettuato la prestazione e quello indicato in fattura. (Fattispecie di utilizzo di fatture per operazioni di sponsorizzazione parzialmente inesistenti).

 

Cassazione penale sez. III, 20/03/2013, n.24540

È configurabile concorso fra la contravvenzione di intermediazione illegale di mano d’opera (art. 18 d.lg. n. 276 del 2003) ed il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 d.lg. n. 74 del 2000), nel caso di utilizzo di fatture rilasciate da una società che ha effettuato interposizione illegale di manodopera. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la sentenza di proscioglimento del g.u.p. che aveva escluso sussistesse il reato tributario sul presupposto che non potevano considerarsi soggettivamente inesistenti le fatture rilasciate dalla società svolgente l’intermediazione illegale di manodopera, perché comunque erano stati effettivamente sopportati i costi per il pagamento dei lavoratori).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA