Frode carosello: grava sull’Amministrazione finanziaria l’onere di provare in giudizio la consapevolezza da parte del destinatario della natura illecita della transazione dedotta nel documento fiscale

Si segnala ai lettori del blog l’ordinanza numero 15005.2020, resa dalla V Sezione Civile della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito ad una frode carosello perpetrata attraverso l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, ripropone, dandogli continuità con la decisone in commento, l’indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria che contesti la fatturazione di operazioni soggettivamente inesistenti ha l’onere di provare, anche attraverso elementi indiziari, l’oggettiva fittizietà del fornitore e la consapevolezza del destinatario, acquisibile con ordinaria diligenza, della finalità di evasione dell’imposta propria dell’operazione fraudolenta posta in essere, laddove sul contribuente grava la prova contraria di aver agito in assenza di tale consapevolezza e con la massima diligenza esigibile.

Il fatto contestato e i giudizi di merito

Nel caso di specie l’Agenzia delle entrate rilevava il coinvolgimento della società in una frode carosello perpetrata a mezzo emissione di fatture soggettivamente inesistenti.

Veniva quindi emesso avviso di accertamento a fini IRPEG, IRAP ed IVA relative all’anno di imposta 2004 con ripresa a tassazione dei relativi importi, annullato in primo grado dalla Commissione tributaria provinciale.

In sede di gravame la Commissione tributaria regionale della Toscana accoglieva parzialmente l’appello interposto dall’Agenzia delle Entrate limitatamente all’IVA.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La società proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla Commissione tributaria regionale, articolando due motivi di impugnazione.

L’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.

In particolare, il ricorrente deduceva l’omessa o insufficiente motivazione in ordine alla qualificazione come frode carosello delle operazioni poste in essere e alla consapevolezza in capo alla società ricorrente della propria partecipazione ad un’operazione fraudolenta.

La Suprema Corte, nell’accogliere il motivo di ricorso e nel cassare la sentenza impugnata con rinvio alla Commissione tributaria regionale, richiama, facendone applicazione al caso di specie, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità in ordine alla ripartizione dell’onere probatorio tra contribuente e l’Amministrazione finanziaria, qualora quest’ultima contesti la natura soggettivamente inesistente del rapporto negoziale sotto stante la fattura.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della sentenza in commento:

<Come di recente evidenziato dalla S.C., «in tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziarla, non, solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta; la prova della consapevolezza dell’evasione richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, ossia che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente; incombe sul contribuente la prova contraria di aver agito in assenza di consapevolezza di partecipare ad un’evasione fiscale e di aver adoperato, per non essere coinvolto in una tale situazione, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi» (così Cass. n. 9851 del 20/04/2018, alla cui motivazione integralmente si rimanda; con’ f. Cass. n. 27555 del 30/10/2018; Cass. n. 27566 del 30/10/2018).

Nel caso di specie, la CTR si è limitata a fare riferimento per relationem all’avviso di accertamento, affermando, da un lato, che i soggetti che hanno emesso le fatture sono evanescenti, sospetti o dediti ad altra attività e, dall’altro, che [omissis] avrebbe dovuto essere consapevole della frode trattando con soggetti siffatti; sebbene la motivazione non può dirsi propriamente mancante, non è dubbio che la stessa sia gravemente insufficiente in quanto il giudice di appello non spiega, anche alla luce della documentazione prodotta dalla ricorrente, sulla base di quali elementi indiziari abbia ritenuto che: a) i fornitori siano delle cd. “cartiere”; b) [omissis]sia stata consapevole della frode IVA perpetrata ovvero non abbia tenuto il contegno richiesto ad un operatore commerciale accorto e diligente>.

Quadro giurisprudenziale di riferimento in tema di ripartizione dell’onere probatorio:

Cassazione civile sez. trib., 17/03/2020, n.7337

In tema di Iva, l’Amministrazione finanziaria che contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta. La prova di tale consapevolezza richiede che l’Amministrazione finanziaria dimostri, in base ad elementi oggettivi e specifici non limitati alla mera fittizietà del fornitore, che il contribuente sapeva o avrebbe dovuto sapere, con l’ordinaria diligenza in rapporto alla qualità professionale ricoperta, che l’operazione si inseriva in una evasione fiscale, oppure che egli disponeva di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque imprenditore onesto e mediamente esperto sulla sostanziale inesistenza del contraente.

Cassazione civile sez. trib., 05/02/2020, n.2625

In tema di imposte sui redditi sono deducibili per l’acquirente dei beni i costi relativi ad operazioni soggettivamente inesistenti (non utilizzati direttamente per commettere il reato), anche per l’ipotesi che l’acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che siano in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.

Cassazione civile sez. trib., 17/12/2019, n.33320

In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in un’evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, spetta al contribuente dimostrare di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.

Cassazione civile sez. trib., 27/06/2019, n.17259

Con riferimento all’i.v.a., l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza, in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi .

Cassazione civile sez. trib., 05/04/2019, n.9588

Ove vengano contestate al contribuente operazioni soggettivamente inesistenti, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente mentre, ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.

 

Cassazione civile sez. VI, 28/02/2019, n.5873

Nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione che contesti il diritto del contribuente a portare in deduzione il costo ovvero in detrazione I’IVA pagata su fatture emesse da un concedente diverso dall’effettivo cedente del bene o servizio, dare la prova che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere, con l’uso della diligenza media, che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si è iscritta in un’evasione o in una frode. La dimostrazione può essere data anche attraverso presunzioni semplici, valutati tutti gli elementi indiziari agli atti, attraverso la prova che, al momento in cui ha stipulato il contratto (nella specie di leasing immobiliare), il contribuente è stato posto nella disponibilità di elementi sufficienti per un imprenditore onesto che opera sul mercato e mediamente diligente, a comprendere che il soggetto formalmente cedente il bene al concedente aveva, con l’emissione della relativa fattura, evaso l’imposta o compiuto una frode. (Nella specie, la decisione ha riguardato un caso di operazione immobiliare complessa, in cui è stata contestata, tra l’altro, l’indebita deduzione, come componenti negativi di reddito, dei costi dei canoni di leasing di un complesso immobile sopravvalutato).

Cassazione civile sez. trib., 30/10/2018, n.27566

In tema di IVA, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi.

Cassazione civile sez. trib., 28/09/2018, n.23511

In tema di iva, l’Amministrazione finanziaria, la quale contesti che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, anche solo in via indiziaria, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta.

Cassazione civile sez. trib., 24/08/2018, n.21104

Nei casi di operazioni soggettivamente inesistenti, ai fini della contestazione del diritto di detrazione IVA del cessionario, l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, sulla base di elementi oggettivi e specifici, anche in via presuntiva, non solo l’inesistenza del fornitore, ma anche che il cessionario disponeva o avrebbe dovuto disporre — usando l’ordinaria diligenza ed alla luce della sua qualifica professionale — di indizi idonei a porre sull’avviso qualunque operatore accorto circa la sostanziale inesistenza del contraente.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA