Dichiarazione infedele e art. 13 D.lgs. 74/2000: la Suprema Corte conferma l’orientamento rigoroso sulla operatività della causa di non punibilità solo se l’integrale pagamento interviene prima dell’apertura del dibattimento

Si segnala ai lettori del blog la sentenza 24589.2020, depositata il 31 agosto 2020, resa dalla Sezione feriale penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, esprimendosi in merito alla causa di non punibilità dell’integrale pagamento del debito tributario ex art. 13 D.lgs. 74/2000, enuncia il principio di diritto secondo il quale essa risulta applicabile al delitto di dichiarazione infedele, solo quando il pagamento di quanto concordato con l’Agenzia delle Entrate sia intervenuto prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, valendo al contrario solo come circostanza attenuante.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie all’imputato era contestato il delitto di dichiarazione infedele ex art. 4 D.lgs. 74/2000, per aver indicato nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2010, elementi attivi (le vincite conseguite presso il Casinò) di ammontare inferiore a quello effettivo non ritenendo dirimente la prova dell’avvenuto pagamento del debito tributario prodotto nel corso del giudizio di primo grado dopo l’apertura del dibattimento.

La Corte di appello di Ancona confermava la sentenza con la quale il Tribunale di Macerata aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa in grado di appello, articolando quattro motivi di impugnazione.

Ai fini del presente commento riveste maggiore interesse la deduzione della violazione di legge con riferimento all’art. 13 D.lgs. 74/2000, per non aver i Giudici del merito ritenuto applicabile al prevenuto la causa di non punibilità, pur in presenza dell’integrale pagamento del debito tributario.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, si esprime in merito all’ambito applicativo della causa di non punibilità ex art. 13 D.lgs. 74/2000 (come risultante dalla riforma del 2015) e riporta gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità elaborati con riferimento ai reati di omesso versamento e indebita compensazione, relativi all’applicazione retroattiva della causa di estinzione del reato nel caso di procedimenti penali in corso alla data di entrata in vigore della predetta riforma (orientamenti valevoli anche per il delitto di dichiarazione infedele), fermo restando lo sbarramento processuale previsto dalla norma.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

<Come si evince dalla lettura del secondo comma, il ravvedimento operoso, al quale la norma subordina l’applicazione della causa di non punibilità per il delitto di cui all’art. 4, d.lgs. n. 74 del 2000, deve intervenire prima che l’autore del reato abbia formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di una qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali, di talchè non rientrano nell’ambito applicativo della norma i pagamenti effettuati a seguito di speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento che presuppongono l’accertamento della pretesa tributaria, i quali possono esclusivamente rilevare ai fini della applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 13-bis, comma 1, del medesimo legislativo, con una riduzione di pena fino alla metà.

Pur dandosi atto nella sentenza del Tribunale in più punti dell’integrale pagamento del debito tributario, delle sanzioni e degli interessi, risulta tuttavia che tale pagamento si era concluso nel 2015, «a processo avviato»: essendo infatti il dibattimento iniziato il 28/11/2014 ed avendo a tale udienza il difensore del ricorrente prodotto l’istanza di accertamento con adesione relativa (anche) all’anno 2010 ed il provvedimento di adesione dell’Agenzia delle Entrate, solo all’udienza del 20/11/2015 risulta essere stato prodotto il piano di ammortamento concordato con l’amministrazione finanziaria per il versamento rateale delle somme oggetto di accertamento.

Nel caso in esame, non essendo il pagamento del debito tributario intervenuto prima dell’apertura del dibattimento e non avendo, pertanto, il ricorrente esercitato la facoltà attribuitagli dalla norma citata, già vigente (in quanto introdotta dall’art. 12 d. Igs. 24.9.2015 n.158) al momento dell’apertura del dibattimento – essendone stata univocamente sottolineata dalla giurisprudenza la portata retroattiva applicabile cioè ai procedimenti in corso (Sez. 3, n. 30139 del 12/04/2017, Fregolent, Rv. 270464; Sez. 3, n. 15237 del 01/02/2017, Volanti, Rv. 269653; Sez. 3, n. 40314 del 30/03/2016, Fregolent, Rv. 267807) -, la decisione del Tribunale di valorizzare l’integrale estinzione del debito quale condotta positivamente valutabile ai soli fini della applicazione delle circostanze attenuanti generiche deve ritenersi, non potendo l’imputato fruire della causa di non punibilità sollecitata con il presente ricorso, corretta>.

 

Norma di riferimento:

Art. 4 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione infedele

  1. Fuori dei casi previsti dagli articoli 2 e 3, è punito con la reclusione da due anni a quattro anni e sei mesi chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo od elementi passivi inesistenti, quando, congiuntamente:
  2. a) l’imposta evasa è superiore, con riferimento a taluna delle singole imposte, a euro centomila;
  3. b) l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione, anche mediante indicazione di elementi passivi inesistenti, è superiore al dieci per cento dell’ammontare complessivo degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, è superiore a euro due milioni.

1-bis. Ai fini dell’applicazione della disposizione del comma 1, non si tiene conto della non corretta classificazione, della valutazione di elementi attivi o passivi oggettivamente esistenti, rispetto ai quali i criteri concretamente applicati sono stati comunque indicati nel bilancio ovvero in altra documentazione rilevante ai fini fiscali, della violazione dei criteri di determinazione dell’esercizio di competenza, della non inerenza, della non deducibilita’ di elementi passivi reali.

1-ter. Fuori dei casi di cui al comma 1-bis, non danno luogo a fatti punibili le valutazioni che complessivamente considerate, differiscono in misura inferiore al 10 per cento da quelle corrette. Degli importi compresi in tale percentuale non si tiene conto nella verifica del superamento delle soglie di punibilita’ previste dal comma 1, lettere a) e b).

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. III, 12/04/2017, n.30139

Nei reati tributari la causa di non punibilità ex art. 13 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, come modificato ad opera della legge n. 158 del 2015, trova applicazione ai fatti commessi precedentemente alla sua entrata in vigore e ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento di primo grado se i debiti tributari, comprese le sanzioni amministrative e interessi, risultano essere stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti anche se a seguito delle speciali procedure conciliative e di adesione all’accertamento previsto dalle norme tributarie.

Cassazione penale sez. III, 01/02/2017, n.15237

In tema di reati tributari, la causa di non punibilità contemplata dall’art. 13 del D.Lgs. n. 74 del 2000, come sostituito dall’art. 11 del D.Lgs. n. 158 del 2015 – per la quale i reati di cui agli articoli 10-bis, 10-ter e 10-quater del decreto 74 del 2000 non sono punibili se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, sono stati estinti mediante integrale pagamento degli importi dovuti – è applicabile ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 158 del 2015, anche qualora, alla data predetta, era già stato aperto il dibattimento. (In applicazione di questo principio la S.C. ha ritenuto ammissibile la rilevabilità della suddetta causa di non punibilità anche nel giudizio di legittimità, rinviando al giudice di merito per la valutazione circa la sussistenza in concreto delle condizioni previste dall’art. 13 del D.Lgs. n.74 del 2000).

 

Cassazione penale sez. III, 30/03/2016, n.40314

I contribuenti che hanno procedimenti in corso al 22 ottobre 2015 data di entrata in vigore del d.lg. n. 158 del 2015 per i reati di omesso versamento dell’Iva, delle ritenute e indebite compensazioni possono avvalersi della causa di non punibilità introdotta all’art. 13 d.lg. n. 74 del 2000, consistente nel pagamento integrale dell’imposta, fino al momento in cui la sentenza non sia divenuta definitiva e non sino all’apertura del dibattimento. La Cassazione fornisce così una utile lettura della riforma tributaria del 2015 che aveva trasformato il pagamento del debito tributario da attenuante in causa di non punibilità. Per la Corte, in virtù del principio di uguaglianza, il pagamento del debito tributario, quale fatto che non riguarda più soltanto il quantum ma l’an della punibilità, comporta che nei procedimenti in corso, anche se sia stato oltrepassato il limite temporale di rilevanza previsto dalla norma, l’imputato deve essere considerato nelle medesime condizioni fondanti l’efficacia della causa estintiva.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA