Il sequestro totalitario finalizzato alla confisca diretta del denaro giacente sul conto corrente cointestato può essere disposto solo laddove si dimostri che il conto sia alimentato esclusivamente da somme riconducibili all’indagato.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 25427.2020, depositata l’8 settembre 2020, resa dalla VI Sezione penale della Corte di Cassazione, che pronunciatasi  in fase cautelare reale in merito ad un caso di peculato, truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso di ufficio e false attestazioni o certificazioni commessi da professionista sanitario, enuncia il principio di diritto secondo cui il sequestro totalitario funzionale alla confisca diretta del denaro giacente sul conto corrente cointestato all’indagato ed al terzo estraneo, può essere disposto non già sulla base di presunzioni e vincoli posti dal codice civile in materia di rapporti tra creditore e debitore, bensì a seguito della verifica che il conto corrente sia alimentato solo da somme dell’indagato; viceversa, il sequestro preventivo può essere disposto solo sulle somme riconducibili all’indagato.

 

I reati contestati e la fase cautelare di merito

Nel caso di specie all’imputata, nella qualità di medico ginecologo in servizio presso l’Azienda ospedaliera, autorizzata allo svolgimento di attività professionale in regime intra moenia, erano provvisoriamente contestati i delitti di peculato, truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso di ufficio e false attestazioni o certificazioni, sulla base delle verifiche svolte sul contenuto della relativa agenda.

Il Tribunale della Libertà di Reggio Calabria confermava il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca delle somme giacenti sul conto corrente cointestato alla prevenuta e al suo ex coniuge, terzo estrano rispetto al reato.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa della prevenuta interponeva ricorso per cassazione contro l’ordinanza reiettiva del Riesame, deducendo i vizi della violazione di legge con riferimento alla ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti e della motivazione apparente in ordine alla quantificazione del profitto.

La Suprema corte, nell’annullare il provvedimento impugnato con rinvio per un nuovo esame al Collegio cautelare di R.C, enunciano un principio di diritto in tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta disposto sulle somme giacenti sul conto corrente cointestato, discostandosi da precedenti pronunce.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

Il tema attiene al se, in caso di sequestro di somme di denaro giacenti su un conto corrente cointestato all’indagato ed ad un soggetto “terzo”, sia configurabile una presunzione generale, ancorché relativa, secondo cui tutte le somme giacenti sul conto dovrebbero considerarsi riferibili al soggetto indagato; la questione si pone, in particolare, nel caso di sequestro finalizzato alla confisca diretta del prezzo o del profitto del reato, cioè in relazione ad un “tipo” di confisca per il quale è invece necessario verificare il nesso di derivazione della “res” dal reato e che il bene sia “appartenente” al soggetto indagato e non ad un terzo estraneo al reato per cui si procede.

Ciò che dunque deve essere accertato non è la materiale disponibilità da parte dell’indagato del denaro versato sul conto corrente cointestato, non essendo peraltro in discussione nemmeno la comunione di quel denaro successivamente al suo versamento sul conto, quanto, piuttosto, il fatto che il denaro sia causalmente “riferibile” – riconducibile – allo stesso indagato, provenga cioè da questi, perché solo ciò consente di affermare, in ragione della sua fungibilità, che quel bene sia profitto o prezzo del reato (Sez. U., n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264437).

L’analisi cioè deve essere “spostata” al momento precedente la costituzione della comunione sul denaro; diversamente, si ammetterebbe, in via generalizzata, il sequestro funzionale alla confisca diretta del prezzo o del profitto del reato di beni che possono essere appartenenti a soggetti diversi dall’indagato.

La comproprietà del denaro che si realizza successivamente al versamento di questo sul conto corrente cointestato con un soggetto “terzo estraneo”, non rende cioè irrilevante l’accertamento della provenienza del denaro su quel conto.

Il sequestro totalitario finalizzato alla confisca “diretta” del denaro giacente sul conto corrente cointestato può essere disposto non sulla base di meccanismi presuntivi, ma a seguito di una verifica, anche solo a livello indiziario, che il conto sia alimentato solo da somme dell’indagato.

In mancanza di tale elemento, il sequestro può essere disposto solo sulla parte del denaro “riconducibile”, proveniente dall’indagato; la riferibilità, in tutto o in parte, del denaro all’indagato deve essere oggetto di accertamento, seppure a livello indiziario, da parte del pubblico ministero che chiede il sequestro totalitario o parziale delle somme.

Dunque, non una inversione probatoria su base presuntiva, ma l’applicazione di principi generali per cui il sequestro diretto del prezzo o del profitto del reato è ammesso solo su beni “riferibili” all’indagato.

Tale impostazione si pone in senso simmetrico con quanto la Corte di cassazione ha già chiarito in tema di sequestro conservativo; si è infatti affermato che il sequestro conservativo, avendo la funzione di garantire l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato a carico della persona dell’imputato, non può estendersi ai beni appartenenti al terzo estraneo al reato, salva la prova dell’intestazione fittizia (Sez. 2, n. 57829 del 14/11/2018, Vessella, Rv. 274460 in cui la Corte ha annullato la decisione del giudice territoriale che aveva confermato il sequestro conservativo in relazione a un immobile acquistato dall’imputato e dal coniuge in regime di comunione legale e alle somme depositate su un conto corrente bancario cointestato, disponendo, quanto a queste ultime, il rinvio al giudice del merito per la verifica della sostanziale esclusiva riferibilità all’imputato).

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. VI, 11/12/2019, n.19766

In tema di sequestro preventivo funzionale alla confisca del prezzo o del profitto del reato eseguito su conto corrente cointestato all’indagato ed a soggetto terzo, è necessario accertare la derivazione del denaro dal reato e la sua provenienza dall’indagato dovendosi verificare, anche solo a livello indiziario, se ed in che misura il conto sia stato alimentato con risorse derivanti dalla commissione del reato.

Cassazione penale sez. III, 13/02/2019, n.29079

Può essere disposto il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente di cui all’art. 322 ter c.p., dell’intera somma di denaro depositata su un conto corrente bancario cointestato con un soggetto estraneo al reato, senza che assumano rilievo le presunzioni o i vincoli posti dal codice civile (artt. 1289 e 1834) per regolare i rapporti interni tra creditori e debitori solidali o i rapporti tra banca e depositante, ferma restando la successiva possibilità di procedere a un effettivo accertamento dei beni che siano di esclusiva proprietà di terzi estranei al reato.

 

Cassazione penale sez. II, 14/11/2018, n.57829

Il sequestro conservativo, avendo la funzione di garantire l’adempimento delle obbligazioni civili derivanti dal reato a carico della persona dell’imputato, non può estendersi ai beni appartenenti al terzo estraneo al reato, salva la prova dell’intestazione fittizia. (In applicazione del principio, la Corte ha annullato la decisione del giudice territoriale che aveva confermato il sequestro conservativo in relazione a un immobile acquistato dall’imputato e dal coniuge in regime di comunione legale e alle somme depositate su un conto corrente bancario cointestato, disponendo, quanto a queste ultime, il rinvio al giudice del merito per la verifica della sostanziale esclusiva riferibilità all’imputato).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA