Nella fase cautelare reale la motivazione sugli indici di fraudolenza della bancarotta contestata deve essere adeguata e confrontarsi anche con le allegazioni difensive.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 25834.2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, con la quale il Collegio del diritto, nello scrutinare in fase cautelare reale un caso di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, ha ritenuto di non discostarsi dall’orientamento giurisprudenziale secondo il quale, la astratta configurabilità del reato in provvisoria contestazione e la indefettibile componente psicologica a carico dell’indagato, vanno valutati alla stregua di una concreta e non opinabile ricorrenza degli indici sintomatici della condotta distrattiva.

 

I reati provvisoriamente contestati e la fase cautelare reale di merito

Nel caso di specie all’imputato erano provvisoriamente contestati i delitti di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e dissipazione e bancarotta impropria da operazioni dolose, nonché di bancarotta preferenziale.

Il Tribunale della Libertà di  Reggio Calabria rigettava la richiesta di riesame proposta dal prevenuto contro il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del denaro costituente profitto del reato fallimentare disposto  dal G.i.p. in sede in accoglimento della richiesta formulata dalla locale Procura.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso il provvedimento del Tribunale delle Libertà, articolando plurimi motivi di gravame.

La Suprema Corte, nell’annullare con rinvio il provvedimento impugnato per un nuovo esame da parte del Tribunale del riesame, nel disattendere le conclusioni del Collegio cautelare, ripropone i principi di diritto dettati in ordine alla ricorrenza degli indici di fraudolenza del reato fallimentare.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della decisione in commento:

<……Ora, in tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa (Sez. 5, n. 38396 del 23/06/2017, Sgaramella, Rv. 27076301)

In tale cornice di riferimento, l’estraneità dell’atto alla ragionevolezza imprenditoriale, come indice di fraudolenza, può anche discendere dalla manifesta incongruità del compenso previsto, laddove, nel quadro degli elementi valorizzati dal giudice di merito, essa denunci il carattere pretestuoso e strumentale della copertura formale data alla concreta distrazione delle risorse.

E, tuttavia, a fronte di tali rilievi e delle correlate censure difensive, riproposte col ricorso in cassazione, nel provvedimento impugnato si registrano  omissioni o affermazioni apparentemente contraddittorie.

Irrisolto è così rimasto il tema non solo astratto, ma di concreta definizione di rapporti fattuali nella vicenda della quale si discute, tra l’ipotesi della bancarotta fraudolenta distrattiva e quella preferenziale, giacché l’una presuppone, nella stessa economia del provvedimento impugnato, l’assenza di un sostanziale titolo giustificativo che la seconda fattispecie, invece, presuppone, unitamente alla non scandagliata alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione dei creditori (Sez. 5, n. 3797 del 15/01/2018, Hofnnann, Rv. 27216501).

Né s’intende come si collochi, nella prospettiva del carattere incongruo del compenso, la affermazione del «ruolo importante» assunto dal [omissis] nella fase di avvio della società, che sarebbe fallita anni dopo; così come, in una generalizzazione priva di specificità, non si comprende la relazione tra il contenuto dei singoli contratti e la relativa esecuzione (o inesecuzione), da un lato, e l’ammontare dei compensi correlati.

Infine, rispetto alla consulenza di parte prodotta dalla difesa e il cui contenuto è esposto in ricorso, si registrano affermazioni meramente assertive, che non si confrontano in termini specifici con le relative risultanze. Ne discende che non emerge alla stregua di quali valutazioni il Tribunale abbia concluso per la non conformità dei compensi alle tariffe professionali>.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 23/06/2017, n.38396

La casistica giurisprudenziale consegna non sporadicamente, casi in cui la fattispecie concreta dà conto, in termini di immediata evidenza dimostrativa (e al di fuori di qualsiasi logica presuntiva), della “fraudolenza” del fatto di bancarotta patrimoniale e, dunque, non solo dell’elemento materiale, ma anche del dolo del reato in esame: ciò in ragione dei più vari fattori, quali, ad esempio, il collocarsi del singolo fatto in una sequenza di condotte di spoliazione dell’impresa poi fallita ovvero in una fase di già conclamata decozione della stessa.

I fatti di bancarotta possono assumere rilievo in qualsiasi momento siano stati commessi e, quindi, anche se la condotta si è realizzata quando l’impresa non versava in condizioni di insolvenza, come da ultimo ribadito da Sez. U Passarelli: in questo reato di pericolo concreto è comunque necessario, da un lato, che il fatto di bancarotta abbia determinato un depauperamento dell’impresa e un effettivo pericolo per la conservazione dell’integrità del patrimonio dell’impresa da valutare nella prospettiva dell’esito concorsuale e sulla base dell’idoneità del fatto distrattivo ad incidere sulla garanzia dei creditori alla luce delle specifiche condizioni dell’impresa e, dall’altro, che tale effettivo pericolo non sia stato neutralizzato da una successiva attività “riparatoria” di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento.

 

Cassazione penale sez. V, 23/06/2017, n.38396

In tema di bancarotta fraudolenta per distrazione, l’accertamento dell’elemento oggettivo della concreta pericolosità del fatto distrattivo e del dolo generico deve valorizzare la ricerca di “indici di fraudolenza”, rinvenibili, ad esempio, nella disamina della condotta alla luce della condizione patrimoniale e finanziaria dell’azienda, nel contesto in cui l’impresa ha operato, avuto riguardo a cointeressenze dell’amministratore rispetto ad altre imprese coinvolte, nella irriducibile estraneità del fatto generatore dello squilibrio tra attività e passività rispetto a canoni di ragionevolezza imprenditoriale, necessari a dar corpo, da un lato, alla prognosi postuma di concreta messa in pericolo dell’integrità del patrimonio dell’impresa, funzionale ad assicurare la garanzia dei creditori, e, dall’altro, all’accertamento in capo all’agente della consapevolezza e volontà della condotta in concreto pericolosa.

 

Cassazione penale sez. V, 27/06/2016, n.44103

Non è configurabile il concorso formale tra il reato di bancarotta fraudolenta e quello di bancarotta impropria da operazioni dolose, di cui all’art. 223, comma secondo, n. 2 L. fall., che deve considerarsi assorbito nel primo quando l’azione diretta a causare il fallimento sia la stessa sussunta nel modello descrittivo della bancarotta fraudolenta.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA