La percezioni del compenso da parte dell’amministratore di una società decotta configura il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione e non la meno grave bancarotta preferenziale

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 27132.2020, depositata il 29 settembre 2020, resa dalla Sezione feriale penale della Corte di Cassazione, che pronunciatasi in merito ad un caso di bancarotta fraudolenta ha ritenuto di dare continuità all’orientamento giurisprudenziale più rigoroso  secondo il quale la condotta dell’amministratore della società che si appropria di somme per compensi  da parte della società poi fallita, nella consapevolezza dello stato di dissesto in cui versa l’impresa, integra il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, in ragione dell’impossibilità di scindere la qualità di creditore da quella di organo gestorio dell’impresa collettiva.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato, nella qualità di amministratore della società, era stato contestato il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione, per aver dissipato o comunque occultato beni sociali,  distratto, dissipato o occultato i ricavi economici provento dell’alienazione dei medesimi beni e per aver appreso somme di denaro a titolo di compenso, nonostante le crescenti perdite e lo stato di indebitamento della società.

La Corte di appello di Catania riformava, limitatamente alla durata delle pene accessorie, la sentenza con la quale il locale Tribunale aveva condannato il giudicabile per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, assolvendolo da altro reato e dichiarando di non doversi procedere per altra imputazione

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Il difensore del prevenuto proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

In particolare, per quanto qui di interesse, veniva censurato il capo della sentenza di condanna per  bancarotta fraudolenta patrimoniale e non preferenziale riferito alla condotta dell’amministratore della società che prelevi somme dalle casse della società per soddisfare un suo preteso diritto di credito.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, fa applicazione nel caso concreto del più rigoroso orientamento di legittimità che riconduce la condotta nel più grave reato fallimentare, spiegandone compitamente le ragioni  espresse nei più  significativi passaggi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:

<Il Collegio, pur dando atto dell’esistenza di un indirizzo contrario, ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale che appare preferibile, secondo cui l’amministratore (o il liquidatore) che sia anche creditore nei confronti della società, ove si appropri di somme per crediti vantati nei confronti della stessa fallita, commette il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione e non preferenziale.

La ragione di tale affermazione risiede nell’impossibilità di scindere la qualità di creditore da quella di amministratore (Sez. 5, n. 25292 del 30/05/2012, Massocchi, Rv. 253001; Sez. 5, n. 2647 del 07/06/2006, dep. 2007, Caprino ed altro, Rv. 236293).

Peraltro, anche a voler ammettere, così come sostiene il ricorrente, che si trattasse di pagamenti delle proprie spettanze per l’attività lavorativa prestata in favore della società – ed evidentemente prescindendo dalla valutazione sulla congruità degli stessi – resta il fatto, evidenziato in entrambe le sentenze di merito, che la deliberazione in proprio favore degli emolumenti di cui si tratta, nonché la loro percezione da parte del socio amministratore unico, venivano effettuati in un’epoca in cui erano già ravvisabili chiari segnali di allarme circa la grave crisi finanziaria della società.

Ricorda, al riguardo, la sentenza di primo grado come il [omissis]non solo avesse consapevolmente eluso gli obblighi imposti dalla legge a fronte dell’erosione del capitale sociale (avendo omesso di chiedere all’assemblea di deliberare l’aumento del capitale sociale o la messa in liquidazione della società), ma avesse aggravato il dissesto deliberando in proprio favore emolumenti esorbitanti e percependo importi comunque ingenti e sproporzionati rispetto alla situazione economica in cui versava la società, agendo in totale spregio ai ripetuti moniti, rivoltogli dal collegio sindacale, finalizzati ad una gestione finanziaria più oculata e ad una contrazione delle spese, ivi comprese quelle per il compenso dell’amministratore. Atteso il preoccupante contesto di riferimento, dunque, il pagamento di pretesi e peraltro assai genericamente prospettati compensi all’amministratore unico, assume all’evidenza un significato diverso e più grave rispetto alla mera volontà di privilegiare un creditore in posizione paritaria rispetto a tutti gli altri (Sez. 5, n. 50495 del 14/06/2018, Sestili Antonio, Rv. 274602).

In rilievo non viene, quindi, il tema, proposto dalla difesa, della violazione della par condicio creditorum quanto quello della distrazione di circa 581.000,00 euro dal patrimonio sociale, effettuata dall’imputato con piena consapevolezza dell’inevitabile sorte della società, atteso che egli si era occupato dell’amministrazione della società sin dalla sua costituzione. Il che ha correttamente reso improponibile, nel caso in esame, anche la configurabilità del meno grave reato di bancarotta preferenziale, ascrivibile, secondo il cennato diverso orientamento giurisprudenziale (Sez. 5, n. 5186 del 02/10/2013, dep. 2014, Giamundo, Rv. 260196; Sez. 5, n. 43869 del 05/10/2007, Mazzoleni, Rv. 237975) all’amministratore che si ripaghi di propri crediti nei confronti dell’impresa fallita>.

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. V, 14/06/2018, n.50495

In tema di bancarotta fraudolenta, l’amministratore della società che, in periodo di dissesto, soddisfi un proprio credito quale socio finanziatore integra il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale, poiché nel contesto di riferimento la restituzione assume un significato diverso e più grave rispetto alla mera volontà di privilegiare un creditore in posizione paritaria rispetto a tutti gli altri.

 

Cassazione penale sez. V, 06/06/2014, n.34505

In tema di bancarotta, qualora il socio creditore si identifichi con lo stesso amministratore della società, la condotta di quest’ultimo, volta alla restituzione, in periodo di dissesto, di finanziamenti in precedenza concessi, integra il reato di bancarotta per distrazione e non quello di bancarotta preferenziale.

 

Cassazione penale sez. V, 02/10/2013, n.5186

In tema di reati fallimentari, l’amministratore che si ripaghi di propri crediti verso la società fallita risponde di bancarotta preferenziale – non di bancarotta fraudolenta patrimoniale – specificamente connotata dall’alterazione della “par condicio creditorum”, essendo, invece irrilevante, ai fini della qualificazione giuridica del fatto, la specifica qualità di amministratore della società, se del caso censurabile in sede di commisurazione della sanzione.

 

Cassazione penale sez. V, 30/05/2012, n.25292

L’amministratore che si ripaghi di un proprio credito verso la società risponde del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e non di bancarotta preferenziale, non potendo scindersi la sua qualità di creditore da quella di amministratore, come tale vincolato alla società dall’obbligo di fedeltà e da quello della tutela degli interessi sociali nei confronti dei terzi.

 

Cassazione penale sez. V, 15/04/2011, n.28077

Non integra il reato di bancarotta per distrazione ma quello di bancarotta preferenziale il liquidatore che riconosca a se stesso il credito vantato nei confronti della società fallita o fallenda e lo incassi; infatti, il fatto che attraverso tale condotta favorisca se stesso e non un qualsiasi creditore non impedisce che sussista l’ipotesi di cui all’art. 216, comma 3, l. fall., mentre la particolare gravità della condotta, consistente nell’approfittamento di una posizione di privilegio può essere apprezzata in sede di trattamento sanzionatorio, ben potendo l’autoliquidazione valutarsi, ai fini della pena, condotta più grave sotto il profilo soggettivo ed oggettivo, rispetto ad altre condotte preferenziali.

 

Cassazione penale sez. V, 05/10/2007, n.43869

Non risponde di bancarotta fraudolenta per distrazione, ma di bancarotta preferenziale l’amministratore che si ripaghi dei suoi crediti verso la società fallita.

 

Cassazione penale sez. V, 07/06/2006, n.2647

Integra il delitto di bancarotta per distrazione l’amministratore che si ripaghi di suoi crediti nei confronti della società, considerato che non si può scindere la qualità di amministratore da quella di creditore.

By Claudio Ramelli@RIPRODUZIONE RISERVATA