Risponde di falso ideologico in certificati il medico libero professionista che redige ricette bianche ideologicamente false per la prescrizione di farmaci anabolizzanti

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 28847.2020, depositata il 19 ottobre 2020, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione, pronunciatasi in merito ad una fattispecie qualificata come falsità ideologica in certificati commessa dal medico, nella qualità di esercente un servizio di pubblica necessità.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, chiarisce che il medico che opera in regime privatistico come libero professionista che certifica nella ricetta bianca fatti non corrispondenti al vero, risponde del reato previsto e punito dall’art. 481 cod. pen..

Questo perché secondo l’interpretazione offerta dalla Corte di legittimità, la prescrizione farmacologica, in quanto atto certificativo e autorizzativo, presuppone un’attività di accertamento diretto da parte del sanitario redigente, la quale può avvenire con varie modalità ricognitive – non necessariamente vincolate alla visita medica, purché vi sia una cognizione diretta della specifica situazione patologica che rende necessaria la prescrizione del medicinale.

Analogo discorso si applica quando il sanitario prescrive al paziente approfondimenti diagnostici mediante esami clinici ovvero visite specialistiche.

 

Il reato contestato e il doppio giudizio di merito.

Nel caso di specie l’imputato, nella qualità di medico libero professionista, redigeva prescrizioni farmacologiche su ricettari liberi – non riferibili, dunque, al Servizio Sanitario Nazionale – per un paziente non conosciuto e non sottoposto a visita medica, consentendo così al farmacista la vendita al soggetto interessato di  farmaci a base di testosterone con effetto anabolizzante.

Il Giudice dell’udienza preliminare presso il Tribunale di Verbania condannava il prevenuto per il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative ex art. 480 c.p. – avendo così riqualificato l’originaria contestazione del reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici ai sensi dell’art. 479 c.p.

La Corte di appello di Torino riformava la predetta sentenza, riqualificando la condotta come sopra qualificata dal primo giudice, ai sensi dell’art. 481 c.p., che punisce la falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, deducendo la violazione di legge con riferimento all’art. 481 c.p.,

Secondo la tesi difensiva, il reato ascritto all’imputato non risulta configurabile, in ragione dell’impossibilità di qualificare come certificati le ricette bianche redatte dal medico, le quali, piuttosto, costituiscono scritture private di natura non certificatoria bensì esclusivamente autorizzativa, in quanto volte non già ad attestare lo stato patologico del paziente e la necessità di assunzione di farmaci, bensì a rimuovere l’ostacolo alla vendita di farmaci non da banco.

La Suprema Corte, nel dichiarare inammissibile il ricorso, riassume l’attuale quadro dell’interpretazione giurisprudenziale  facendone applicazione al caso oggetto di scrutinio.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento di estremo interesse per gli esercenti la professione sanitaria e gli operatori di diritto che si occupano della materia:

(i) Le fattispecie di falso ideologico connesse alla certificazione dei sanitari.  

<Dal punto di vista dell’inquadramento della fattispecie, correttamente effettuato dalla Corte di merito, va ricordato quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con una non recente ma incontestata pronuncia (Sez. U, sentenza n. 18056 del 24/04/2002), che ha chiarito come, non provenendo da un pubblico ufficiale, i certificati rilasciati da persone esercenti un servizio di pubblica necessità non sono né atti pubblici, tutelabili a norma degli art. 476 o 479 cod. pen., né certificati amministrativi, tutelabili a norma degli art. 477 o 480 cod. pen. L’art. 481 cod. pen., infatti, prevede uno speciale titolo di reato per le falsità ideologiche relative a questi atti, che hanno rilevanza pubblica in quanto certificazioni, ma natura privata in quanto provenienti da soggetti non investiti di pubbliche funzioni. […] A differenza del certificato amministrativo proveniente da un pubblico ufficiale, quindi, il certificato disciplinato e tutelato dall’art. 481 cod. pen. va individuato in qualsiasi attestazione di fatti rilevanti nell’ambito del servizio di pubblica necessità esercitato dall’autore dell’atto.

Proprio detta delimitazione della categoria – secondo le Sezioni Unite – fa sì che “i certificati di esercenti un servizio di pubblica necessità non sono certificati in senso proprio, in quanto possono anche richiedere un accertamento di fatti direttamente percepiti da parte dell’autore dell’atto (Cass., sez. V, 14 dicembre 1977, Cass., sez. V, 26 novembre 1981)”>.

 

(ii) La natura certificatoria ed autorizzativa  della prescrizione farmacologica del medico.

 

<Non vi è alcun dubbio, quindi, alla luce della giurisprudenza di legittimità, che la prescrizione medica, documento compilato da un esercente la professione sanitaria, abbia duplice natura: di atto certificativo, da un lato, in quanto presuppone una condizione di malattia o, comunque, di sofferenza del soggetto che richiede la somministrazione della terapia prescritta e, in tal senso, la prescrizione rappresenta l’attività ricognitiva, da parte del sanitario, circa il diritto dell’assistito alla erogazione di quello specifico medicinale; per altro verso, se ne apprezza la natura autorizzativa, in quanto la prescrizione rende fruibile detto diritto, consentendo all’amministrazione, tramite il servizio farmaceutico, la vendita del medicinale stesso, con rimozione di ogni ostacolo alla erogazione, escluse le ipotesi di farmaci “da banco”, per i quali la vendita è libera, essendo gli stessi commerciabili a prescindere da prescrizione medica>.

 

(iii) La qualificazione giuridica del condotta rientrante nel perimetro dell’art. 481 c.p.

<È stato infatti affermato, sul tema, che il reato di falsità ideologica in certificazioni amministrative deve ritenersi sussistente in tutti i suoi elementi quando il giudizio diagnostico espresso dal medico certificante si fonda su fatti esplicitamente dichiarati o implicitamente contenuti nel giudizio medesimo, che siano non rispondenti al vero, e che ciò sia conosciuto da colui che ne fa attestazione (Sez. 5, sentenza n. 13509 del 13/01/2015; Sez. 5, sentenza n. 6934 del 16/02/1981; Sez. 5, sentenza n. 9412 del 03/07/1979; Sez. 5, sentenza n. 2514 del 14/12/1977, dep. 06/03/1978; Sez. 6, sentenza n. 11482 del 24/05/1977; Sez. 1, sentenza n. 1073 del 25/06/1969). In altre parole, alla luce della peculiare natura della prescrizione farmacologica, è evidente, anzitutto sotto un profilo logico, che tale documento non possa essere considerato la mera riproduzione di un fatto già rappresentato da altri documenti; esso, infatti, presuppone un’attività di accertamento diretto da parte del sanitario che emette la prescrizione, che si pone in rapporto di funzionalità con il contenuto della certificazione stessa.

Detta attività di accertamento diretto può assumere varie forme, a seconda dei casi, ma non può certamente basarsi sulla mera riproduzione di una semplice notizia, in quanto, nel prescrivere un farmaco specifico, il sanitario attesta che il soggetto fruitore appartiene ad una delle categorie rispetto alle quali il farmaco è destinato a produrre i propri effetti.

Detta attestazione si può basare, evidentemente, su svariate modalità ricognitive: su di una specifica visita del paziente, ovvero sul colloquio personale del medico con il paziente che gli riferisce determinati sintomi, ovvero ancora sullo svolgimento di esami clinico-diagnostici, sulla pregressa conoscenza del paziente da parte del medico e sulle pregresse cure allo stesso somministrate, modalità tutte che, in ogni caso, implicano una cognizione diretta della specifica situazione rispetto alla quale la prescrizione si pone come necessaria.

Ciò che rileva, infatti, non è la specifica modalità ricognitiva a monte dell’attestazione, bensì la circostanza che un’attività diretta di ricognizione vi sia stata, […]certamente, quindi, non può essere considerata attività ricognitiva – nonostante la prassi diffusa in tal senso – quella del medico che prescriva un farmaco semplicemente colloquiando al telefono con un assistito mai incontrato, il quale gli descrive determinati sintomi, senza averlo mai visitato e senza neanche conoscerne, ad esempio, le potenziali reazioni allergiche ad un determinato farmaco>.

La norma incriminatrice:

Art. 481 c.p. – Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità.

Chiunque, nell’esercizio di una professione sanitaria o forense, o di un altro servizio di pubblica necessità [359], attesta falsamente, in un certificato, fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da 51 euro a 516 euro.

Tali pene si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro.

 

Quadro giurisprudenziale di riferimento:

Cassazione penale sez. IV, 06/03/2019, n.20270

Integra il reato di cui all’art. 481 c.p. la falsificazione della sottoscrizione sui c.d. ‘fogli di prescrizione interna’ redatti da chi esercita un servizio medico ospedaliero dopo la visita dei pazienti e contenenti sia le diagnosi che le prescrizioni farmacologiche, atteso che essi, presupponendo un’attività diretta di accertamento da parte di chi li emette, hanno natura certificativa.

 

Cassazione penale sez. II, 12/05/2015, n.20184

Il medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale che rilasci tre ricette mediche false con la prescrizione di farmaci in esenzione totale dal pagamento del ticket risponde dei reati di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o autorizzazioni amministrative (art. 480 c.p.) e di truffa ai danni dello Stato (art. 640 cpv c.p.), non venendo meno l’offensività della condotta in ragione del valore venale dei farmaci medesimi.

 

Cassazione penale sez. V, 24/09/2012, n.7538

Integra il delitto di falso ideologico in atto pubblico e non quello di falso ideologico in certificati commesso da persone esercenti un servizio di pubblica necessità la condotta del medico che attesti falsamente di avere sottoposto a visita medica un minore prima dell’assunzione al lavoro, considerato che la dichiarazione di idoneità al lavoro è un atto pubblico, dotata di una propria individualità ed autonomia, stante il dovere, attribuito dalla legge al medico, non già di certificare, ma di accertare e, quindi, di attestare – attraverso, non solo la documentazione esibita dall’interessato, ma anche mediante la visita ed il controllo diretto – lo stato di salute del soggetto ai fini dell’assunzione al lavoro, con conseguente funzione pubblicistica della data, di necessità anteriore all’assunzione.

 

Cassazione penale sez. V, 02/02/2012, n.18687

Non è consentito al medico effettuare valutazioni o prescrizioni semplicemente sulla base di dichiarazioni effettuate per telefono dai suoi assistiti (confermata, nella specie, la condanna per il reato di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in certificati o in autorizzazioni amministrative per il sanitario che aveva rilasciato un certificato medico di proroga della prognosi a favore di una paziente senza averla previamente visitata).

 

Cassazione penale sez. VI, 08/02/2011, n.13315

Risponde del delitto di falso ideologico in certificati il medico che consegni ricettari di prescrizioni firmati in bianco in ogni foglio e con il proprio timbro a farmacisti allorquando costoro li compilino in tutte le loro parti all’atto di fornire il medicinale al richiedente. La falsità ideologica risiede nella falsa attestazione del compimento della ricognizione del diritto dei pazienti all’assistenza farmacologica, essendo irrilevante che costoro fossero affetti da patologie croniche, posto che anche per loro il legislatore impone al medico, dopo la diagnosi iniziale e la prima prescrizione farmacologica, di attuare controlli intermedi predefiniti, al fine di emettere prescrizioni ripetute. Dello stesso reato rispondono anche i farmacisti, posto che l’attività di compilazione delle ricette non è meramente materiale, e ha carattere intrinsecamente diagnostico.

 

Cassazione penale sez. un., 24/04/2002, n.18056

È assicurata tutela penale ex art. 481 c.p. contro la falsità ideologica anche a quei certificati, attestazioni private qualificate da una particolare rilevanza pubblica, rilasciati da persone esercenti un servizio di pubblica necessità.

 

Cassazione penale sez. V, 03/07/1979

Affinché un documento proveniente da un medico possa qualificarsi certificato medico, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 481 c.p., è necessario che il suo contenuto rappresenti in tutto o in parte una “certificazione”, cioè che attesti fatti dei quali l’atto è destinato a provare la verità.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA