Il comportamento imprudente del terzo estraneo alla forza lavoro dell’impresa non esclude la responsabilità penale dell’addetto al trasporto e alla consegna delle merci
Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 32178.2020, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in merito ad un caso di lesioni colpose commesse in violazione della normativa a tutela della sicurezza sul lavoro, si sofferma sul tema dell’interferenza della condotta imprudente del terzo.
In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui l’obbligo del garante della sicurezza di assicurare il rispetto delle norme antinfortunistiche sul luogo di lavoro si estende anche a favore dei terzi estranei alla compagine aziendale che si interpongano nelle varie fasi dell’attività come avvenuto nel caso in scrutinio.
Con la medesima sentenza il Collegio del diritto torna ad affrontare il tema centrale di ogni difesa tecnica in questa materia del comportamento imprudente dell’infortunato, in questo caso terzo estraneo, confermando il pacifico orientamento secondo il quale il comportamento imprudente dell’infortunato non vale ad escludere il nesso causale tra condotta antigiuridica ed evento lesivo, se l’incidente costituisce la realizzazione di un rischio potenziale, magari raro o improbabile, ma non esorbitante dalla sfera di governo del titolare della posizione di garanzia.
L’infortunio sul lavoro, il reato contestato e il doppio giudizio di merito.
Nel caso di specie, in occasione del trasporto e della consegna di merci, il terzo interessato alla consegna si avvicinava e si issava più volte al montacarichi del furgone per agevolarne la discesa, riportando lesioni personali da caduta sul suolo.
All’imputato, nella qualità di dipendente della ditta e incaricato del trasporto e della consegna di merci, era contestato il delitto di lesioni colpose in danno del terzo interessato alla consegna, per aver continuato ad operare sulla pulsantiera che regolava il meccanismo di sollevamento e di discesa della pedana che presentava un malfunzionamento, cagionando la caduta al suolo del terzo.
La Corte di appello di Bologna riformava parzialmente e solo ai fini sanzionatori la sentenza con la quale il Tribunale di Ravenna aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli
Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto
La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione della Corte territoriale, articolando due motivi di impugnazione.
La Suprema Corte, nell’annullare senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali per intervenuta prescrizione del reato, rigettando, al contempo, il ricorso agli effetti civili, enuncia i principi di diritto in materia di obblighi del garante della sicurezza e di interruzione del nesso causale per abnormità del comportamento della persona offesa, come riportati nei passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:
(I) la condotta colposa dell’imputato quale fonte di penale responsabilità.
<Quanto alla prima articolazione del ricorso, il quale attiene ai profili soggettivi afferenti alla esigibilità dell’osservanza della regola cautelare che imponeva al conducente di accertarsi di potere azionare il meccanismo di movimentazione della pedana semovente dell’autoarticolato (art.20 D.Lgs. 81/2008), il ricorrente non si confronta con le argomentazioni del giudice di appello, che in questa sede appaiono incensurabili in quanto del tutto logicamente motivate, secondo cui l’imputato avrebbe dovuto ispezionare il retro dell’automezzo per sincerarsi del fatto che nessuno interferisse con le operazioni di movimentazione della piattaforma. Sotto questo profilo il giudice di appello ha correttamente rimarcato che non solo il [omissis]si era pericolosamente avvicinato all’area di azione della pedana, ma addirittura aveva manifestato, con un comportamento concludente e assai avventato, di volere accelerare le operazioni di scarico tanto da salire sopra la piattaforma tentando di sbloccarla. Invero la regola cautelare impone al titolare della posizione di garanzia di assicurare nel corso delle operazioni di scarico la sicurezza di chiunque si trovi presente nel luogo di lavoro e pertanto anche di eventuali soggetti, estranei al rapporto di lavoro, che manifestino di volere comunque collaborare in tali operazioni, vuoi pure perché titolari di un personale e legittimo interesse allo svolgimento di esse. La condotta del[omissis], precedente e coeva all’infortunio, era peraltro ben riconoscibile da parte del ricorrente nella sua invadente interferenza rispetto a quanto demandato al conducente, di talchè nessun profilo di inevitabilità e di imprevedibilità può essere nella specie sostenuto.
(II) La esclusione della condotta abnorme dell’infortunato.
Infondata si presenta poi la seconda articolazione che attiene ai profili causali dell’evento, atteso che come ben rappresentato dal giudice di appello la interruzione del rapporto di causalità materiale, in ipotesi di condotta gravemente colposa della persona offesa, può prospettarsi quando la stessa si ponga al di fuori dell’area di rischio garantito dalla regola cautelare, e presenti i caratteri della esorbitanza, della eccezionalità e della abnormità (da ultimo sez.4, 19.7.2019), ipotesi certamente non ricorrente nella specie laddove il terzo, estraneo alle operazioni di scarico si era palesemente intromesso nello svolgimento della lavorazione e che il[omissis], che a tali operazioni era addetto, ben avrebbe potuto sospendere le stesse imponendo al [omissis]di desistere dalla illegittima interferenza, attesa la palese riconoscibilità da parte del lavoratore della illegittima interferenza del terzo>.
Quadro giurisprudenziale di riferimento:
Cassazione civile sez. III, 05/03/2020, n.6182
Le norme antinfortunistiche non sono dettate soltanto per la tutela dei lavoratori, ossia per eliminare il rischio che i lavoratori (e solo i lavoratori) possano subire danni nell’esercizio della loro attività, ma sono dettate anche a tutela dei terzi, cioè di tutti coloro che, per una qualsiasi legittima ragione, accedono nei cantieri o comunque in luoghi ove vi sono macchine che, se non munite dei presidi antinfortunistici voluti dalla legge, possono essere causa di eventi dannosi. Le disposizioni prevenzionali, infatti, sono da considerare emanate nell’interesse di tutti, finanche degli estranei al rapporto di lavoro, occasionalmente presenti nel medesimo ambiente lavorativo, a prescindere, quindi, da un rapporto di dipendenza diretta con il titolare dell’impresa e sempre che la presenza del soggetto passivo, estraneo all’attività e all’ambiente di lavoro, nel luogo e nel momento dell’infortunio, non rivesta carattere di anormalità, atipicità ed eccezionalità, tali da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra l’evento e la condotta inosservante. In particolare le norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro devono essere osservate non solo a tutela dei dipendenti, ma anche delle persone estranee che occasionalmente si trovino sui luoghi di lavoro.
Cassazione penale sez. IV, 20/06/2018, n.29514
Qualora sia riscontrabile una forte criticità nel sistema di sicurezza approntato dal datore di lavoro, non si può invocare l’interruzione del nesso di causalità facendo riferimento a condotte del lavoratore solo perché queste risultino ‘eccentriche’ o ‘non corrette’ rispetto alle mansioni tipiche. Ciò in quanto le disposizioni antinfortunistiche perseguono il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l’area del rischio da gestire include il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro dominare ed evitare l’instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e per tale ragione foriere di pericoli.
Cassazione penale sez. IV, 20/03/2018, n.17404
Nel sistema della normativa antinfortunistica, per potere considerare interrotto il nesso causale tra l’incidente e la condotta del datore di lavoro, è necessario che la condotta del lavoratore cui si vuole ricondurre la causa esclusiva dell’evento sia caratterizzata dalla cosiddetta “abnormità”; ossia da quel comportamento del lavoratore che assume valenza interruttiva nel nesso di causalità fra la condotta del garante in tema di sicurezza e l’evento dannoso verificatosi a suo danno: tale condizione, peraltro, si verifica non perché il comportamento del lavoratore qualificato come abnorme sia “eccezionale”, ma perché esso risulta eccentrico rispetto al rischio lavorativo che il garante è chiamato a governare (cfr. sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn e altri) (ciò che la Corte, nella specie, ha escluso, versandosi in un’ipotesi disciplinata dall’articolo 71, comma 1, del decreto legislativo n. 81 del 2008, che pone a carico del datore di lavoro l’obbligo di mettere “a disposizione dei lavoratori attrezzature conformi ai requisiti di cui all’articolo 70, idonee ai fini della salute e della sicurezza e adeguate al lavoro da svolgere o adattate a tali scopi che devono essere utilizzate conformemente alle disposizioni legislative di recepimento delle direttive comunitarie”).
Cassazione penale sez. IV, 22/03/2016, n.14775
Il titolare dell’impresa, il quale è tenuto a garantire la sicurezza di soggetti estranei all’attività lavorativa che, seppure occasionalmente, si trovano all’interno dell’ambiente di lavoro, è colpevole del reato di omicidio colposo in caso di evento mortale occorso ad uno di tali soggetti in occasione della sua presenza nel luogo di lavoro, a meno che l’anormalità, atipicità ed eccezionalità della condotta di quest’ultimo non sia stata tale da interrompere il nesso di causalità fra condotta ed evento.
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