Può rispondere del danno il medico che non informa adeguatamente la gestante affetta da infezione virale del potenziale danno che può derivare al feto impedendogli di interrompere la gravidanza.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 653.2021 pubblicata il 15.01.2021 – resa dalla III Sezione civile della Corte di Cassazione, pronunciatasi su un caso inadeguata informazione da parte del sanitario alla paziente che in giudizio aveva lamentato un danno risarcibile correlato al fatto di non essere stata posta in grado di autodeterminarsi in ordine ad una possibile interruzione volontaria della gravidanza.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, chiarisce che all’interruzione volontaria della gravidanza, praticabile, come noto, solo nel rispetto  delle procedure e nei termini di legge, si può fare ricorso non solo quando vi sia evidenza clinica di gravi anomalie o malformazioni del feto, ma anche nell’ipotesi in cui risulti, con apprezzabile probabilità, che all’infezione contratta dalla madre durante la gestazione possa conseguire la malformazione del nascituro.

Conseguentemente, secondo il Supremo Consesso, il medico che ha in cura la gestante, al fine di consentire l’esercizio del superiore diritto,  ha l’onere di informare correttamente e compiutamente la paziente in ordine al rischio di anomalie o malformazioni derivanti da patologie dalla medesima contratte durante la gravidanza, esponendosi a responsabilità risarcitoria laddove la paziente dimostri che, se fosse stata adeguatamente informata, avrebbe proceduto alla interruzione  della gravidanza.

Di seguito al commento della sentenza il lettore troverà la rassegna dei più recenti arresti giurisprudenziali in materia di consenso informato, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il caso clinico, la domanda di risarcimento del danno e i giudizi  di merito

Nel caso di specie, la gestante, giunta alla ventiduesima settimana di gestazione, contraeva un’infezione da citomegalovirus e si rivolgeva ad un medico circa l’opportunità o meno di interrompere la gravidanza.

Il sanitario escludeva l’esistenza di rischi in merito allo sviluppo di anomalie o malformazioni fetali ed escludeva l’aborto terapeutico in ragione del superamento dei termini di cui alla legge 194/1978.

I genitori del figlio minore, nato con gravi malformazioni comportanti invalidità totale, convenivano in giudizio il medico e la struttura sanitaria per ottenere il risarcimento del danno derivato dall’omessa adeguata informazione da parte del medico e dalla sofferenza fetale cagionata dal parto cesareo.

La Corte di appello di Roma confermava la decisione con la quale il Tribunale capitolino aveva rigettato la domanda attorea di risarcimento del danno.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

Gli attori proponevano ricorso per cassazione avverso la pronuncia resa dalla Corte territoriale, articolando tre motivi di impugnazione.

La Suprema Corte, in accoglimento del primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata con rinvio per un nuovo giudizio alla Corte distrettuale.

Di seguito si riporta il principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nella pronuncia in commento:

L’accertamento di processi patologici che possono provocare, con apprezzabile grado di probabilità, rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro consente il ricorso all’interruzione volontaria della gravidanza, ai sensi dell’art. 6, lett. b) della legge n. 194/78, laddove determini nella gestante -che sia stata compiutamente informata dei rischi- un grave pericolo per la sua salute fisica o psichica, da accertarsi in concreto e caso per caso, e ciò a prescindere dalla circostanza che l’anomalia o la malformazione si sia già prodotta e risulti strumentalmente o clinicamente accertata;

il medico che non informi correttamente e compiutamente la gestante dei rischi di malformazioni fetali correlate a una patologia dalla medesima contratta può essere chiamato a risarcire i danni conseguiti alla mancata interruzione della gravidanza alla quale la donna dimostri che sarebbe ricorsa a fronte di un grave pregiudizio per la sua salute fisica o psichica”.

 

La rassegna dei più recenti arresti giurisprudenziali in tema di consenso informato:

Cassazione civile sez. III, 10/11/2020, n.25272

Deve essere escluso il risarcimento per la patologia manifestatasi dopo la sottoposizione a una vaccinazione sperimentale allorché risulti rilevante la mancanza di prove certe sul nesso tra l’inoculazione del vaccino e la malattia. Decisiva, nella specie, anche la constatazione che il consenso informato era stato correttamente acquisito e che su questo fronte era stata evidenziata la possibilità di eventi avversi sconosciuti.

 

Cassazione civile sez. III, 03/11/2020, n.24462

In assenza del consenso informato, l’ospedale deve risarcire la lesione del diritto all’autodeterminazione del paziente, consistente nel meditare su possibili alternative all’intervento eseguito, o ricorrere a diverse strutture, o ancora di accettare psicologicamente l’idea di subire interventi demolitivi. Ad affermarlo è la Cassazione confermando la decisione già presa dai giudici di merito. Nel caso di specie, si trattava di un uomo che aveva convenuto in giudizio un’azienda ospedaliera e un medico per i pregiudizi cardiovascolari seguiti, a suo dire, all’inadempimento dell’obbligo al consenso informato relativamente a un intervento di angioplastica, che avrebbe potuto essere evitato seguendo una terapia farmacologica.

 

Cassazione civile sez. III, 26/08/2020, n.17806

Il risarcimento del danno da lesione del diritto di autodeterminazione che si sia verificato per le non imprevedibili conseguenze di un atto terapeutico, pur necessario ed anche se eseguito “secundum legem artis”, ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, dovrà conseguire alla allegazione del relativo pregiudizio ad opera del paziente, riverberando il rifiuto del consenso alla pratica terapeutica sul piano della causalità giuridica ex art. 1223 c.c. e cioè della relazione tra evento lesivo del diritto alla autodeterminazione – perfezionatosi con la condotta omissiva violativa dell’obbligo informativo preventivo – e conseguenze pregiudizievoli che da quello derivano secondo un nesso di regolarità causale. Il paziente che alleghi l’altrui inadempimento sarà dunque onerato della prova del nesso causale tra inadempimento e danno, posto che: a) il fatto positivo da provare è il rifiuto che sarebbe stato opposto dal paziente al medico; b) il presupposto della domanda risarcitoria è costituito dalla scelta soggettiva del paziente, sicché la distribuzione del relativo onere va individuato in base al criterio della cd. “vicinanza della prova”; c) il discostamento della scelta del paziente dalla valutazione di necessità/opportunità dell’intervento operata dal medico costituisce eventualità non corrispondente all’”id quod plerumque accidit”. Tale prova potrà essere fornita con ogni mezzo, ivi compresi il notorio, le massime di esperienza, le presunzioni, queste ultime fondate, in un rapporto di proporzionalità diretta, sulla gravità delle condizioni di salute del paziente e sul grado di necessarietà dell’operazione, non potendosi configurare, “ipso facto”, un danno risarcibile con riferimento alla sola omessa informazione, attesa l’impredicabilità di danni “in re ipsa” nell’attuale sistema della responsabilità civile.

 

Cassazione civile sez. III, 26/05/2020, n.9887

Al fine di ottenere il risarcimento del danno da lesione del consenso informato, spetta al paziente provare che, se fosse stato correttamente informato, avrebbe rifiutato il trattamento medico. Non è quindi sufficiente allegare la mera omessa informazione, non trattandosi di un’ipotesi di danno in re ipsa.

 

Cassazione civile sez. III, 10/12/2019, n.32124

Posto che il consenso all’atto medico non può mai essere presunto o tacito, ma deve essere fornito espressamente dal paziente, anche se oralmente, dopo aver ricevuto un’adeguata informazione dai sanitari, è ammissibile che se ne dia la prova con mezzi diversi dalla dichiarazione scritta (nella specie, la Suprema corte ha confermato la sentenza di appello che aveva ritenuto idonea la sottoscrizione di un modulo di consenso informato, avvenuta la mattina stessa dell’intervento, ma che era stata tuttavia preceduta da incontri con la paziente, alla presenza anche di suo cognato medico, dipendente della medesima struttura ospedaliera).

 

Cassazione civile sez. III, 10/12/2019, n.32124

Il modulo di prestazione del consenso sottoscritto lo stesso giorno dell’intervento non inficia la conclusione del corretto adempimento del relativo obbligo dei medici curanti, qualora il documento scritto appaia come approdo di un percorso seguito in precedenti incontri e discussioni aventi ad oggetto la valutazione delle patologie preesistenti della paziente, la necessità di procedere all’intervento, i rischi ad esso connessi e le sue eventuali complicanze e possibili infezioni. Le aggiunte manoscritte riferite alla situazione della paziente rendono irrilevanti ai fini del giudizio di adeguatezza del consenso ulteriori rilievi sul contenuto del modulo.

 

Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28985

La violazione, da parte del medico del dovere di informare il paziente, può causare due diversi tipi di danni: a) un danno alla salute, quando sia ragionevole ritenere che il paziente, sul quale grava il relativo onere probatorio, se correttamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento; b) un danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, predicabile se, a causa del deficit informativo, il paziente abbia subìto un pregiudizio, patrimoniale oppure non patrimoniale, in tale ultimo caso di apprezzabile gravità, diverso dalla lesione del diritto alla salute.

 

Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28985

In tema di responsabilità sanitaria non può affermarsi una assoluta autonomia delle fattispecie illecite – per omessa informazione e per errata esecuzione del trattamento terapeutico – tale da escludere ogni interferenza delle stesse nella produzione del medesimo danno-conseguenza, bene essendo – invece – possibile che anche l’inadempimento della obbligazione avente a oggetto la corretta informazione sui rischi benefici della terapia venga a inserirsi tra i fattori concomitanti della stessa serie causale determinativa del pregiudizio alla salute, dovendo pertanto riconoscersi alla omissione informativa una astratta capacità plurioffensiva, in quanto potenzialmente idonea a ledere distinti interessi sostanziali, rispettivamente il diritto alla autodeterminazione e il diritto alla salute entrambi – quindi – suscettibili di reintegrazione risarcitoria, laddove sia fornita la prova che dalla lesione di ciascuno di tali diritto siano derivate conseguenze dannose.

 

Cassazione civile sez. III, 11/11/2019, n.28985

La manifestazione del consenso del paziente alla prestazione sanitaria costituisce esercizio di un autonomo diritto soggettivo all’autodeterminazione che deve essere tenuto nettamente distinto dal diritto alla salute. Il consenso informato trova il suo fondamento negli articoli 2,13 e 32 della Costituzione, ponendosi in risalto la sua funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all’autodeterminazione e quello alla salute. Al diritto del paziente corrisponde l’obbligo del medico di rendere consapevole il paziente della natura dell’intervento, della sua estensione, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative.

 

Cassazione civile sez. III, 19/09/2019, n.23328

In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all’uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell’informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non adeguata l’informazione fornita ad una paziente dapprima mediante consegna di un modulo prestampato dal contenuto generico in occasione del primo intervento chirurgico e poi, senza indicazione degli esatti termini della patologia determinatasi a causa di questo, delle concrete prospettive di superamento della medesima attraverso una serie di interventi successivi).

 

Cassazione civile sez. III, 25/06/2019, n.16892

La prova che a una corretta diagnosi di malformazioni fetali avrebbe fatto séguito l’interruzione volontaria della gravidanza, necessaria all’accoglimento della pretesa risarcitoria della madre per nascita indesiderata di un figlio menomato, è raggiungibile in via presuntiva. Per giudicare dell’assolvimento del relativo onere deve procedersi, in base ai fatti di causa, a una valutazione quantitativa di probabilità

 

Cassazione civile sez. III, 25/06/2019, n.16892

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, l’acquisizione del consenso informato del paziente, da parte del sanitario, costituisce prestazione diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico anche in ragione della diversità dei diritti – rispettivamente, all’autodeterminazione delle scelte ed all’integrità psicofisica – pregiudicati nelle due differenti ipotesi, con la conseguente configurazione di due diversi tipi di danno.

 

Cassazione civile sez. I, 15/05/2019, n.12998

La l. 22 dicembre 2017, n. 219, recante norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento, è priva di efficacia retroattiva e non si applica dunque alle manifestazioni di volontà relative ai trattamenti sanitari espresse in data anteriore all’entrata in vigore della legge (31 gennaio 2018), fatta salva l’ipotesi, prevista dall’art. 6 della legge, in cui la volontà del disponente sia stata manifestata in documenti depositati presso il comune di residenza o presso un notaio prima della stessa data; ne consegue che la legge nuova è inapplicabile alle direttive anticipate di trattamento terapeutico che siano state, come nella specie, formulate in sede di designazione anticipata dell’amministratore di sostegno ai sensi dell’art. 408, comma 1, c.c. prima dell’entrata in vigore della legge e che siano contenute in una scrittura privata personalmente conservata dall’interessato.

 

Cassazione civile sez. III, 15/04/2019, n.10423

L’acquisizione del consenso informato del paziente da parte del sanitario costituisce prestazione altra e diversa rispetto a quella avente ad oggetto l’intervento terapeutico, e costituisce autonoma fonte di responsabilità; pertanto, se viene lamentata la violazione al diritto all’autodeterminazione, l’esito dell’intervento e la sua necessarietà sono irrilevanti.

 

Cassazione civile sez. III, 15/04/2019, n.10423

Il diritto al consenso informato del paziente, in quanto diritto irretrattabile della persona, va comunque e sempre rispettato dal sanitario, a meno che non ricorrano casi di urgenza, rinvenuti a seguito di un intervento concordato e programmato, per il quale sia stato richiesto ed ottenuto il consenso, e tali da porre in gravissimo pericolo la vita della persona – bene che riceve e si correda di una tutela primaria nella scala dei valori giuridici a fondamento dell’ordine giuridico e del vivere civile -, o si tratti di trattamento sanitario obbligatorio. Tale consenso è talmente inderogabile che non assume alcuna rilevanza, al fine di escluderlo, il fatto che l’intervento “absque pactis” sia stato effettuato in modo tecnicamente corretto, per la semplice ragione che, a causa del totale “deficit” di informazione, il paziente non è stato messo in condizione di assentire al trattamento, consumandosi nei suoi confronti, comunque, una lesione di quella dignità che connota l’esistenza nei momenti cruciali della sofferenza fisica e/o psichica.

 

Cassazione civile sez. III, 29/03/2019, n.8756

La correttezza o meno del trattamento sanitario non assume alcun rilievo ai fini della sussistenza dell’illecito per violazione del consenso informato, in quanto è del tutto indifferente ai fini della configurazione della condotta omissiva dannosa e dell’ingiustizia del fatto, la quale sussiste per la semplice ragione che il paziente, a causa del deficit di informazione non è stato messo in condizione di assentire al trattamento sanitario con una volontà consapevole delle sue implicazioni.

 

Cassazione civile sez. VI, 06/03/2019, n.6449

Il principio del consenso informato all’atto medico chirurgico è desumibile dai principi generali dell’ordinamento giuridico, senza la necessità di una qualche previsione specifica. Ne consegue il diritto del paziente al risarcimento del danno, per mancanza di prova del consenso informato, anche rispetto a fattispecie verificatasi anteriormente all’entrata in vigore della l. n. 281/1998 e dell’art. 5 della Convenzione di Oviedo del 1997, ratificata in Italia con l. n. 145/2001.

 

Cassazione civile sez. III, 17/01/2019, n.1043

Qualora l’attore abbia chiesto con l’atto di citazione il risarcimento del danno da colpa medica per errore nell’esecuzione di un intervento chirurgico (e, quindi, per la lesione del diritto alla salute), e domandi poi in corso di causa anche il risarcimento del danno derivato dall’inadempimento, da parte dello stesso medico, a dovere di informazione necessario per ottenere un consenso informato (inerente al diverso diritto alla autodeterminazione nel sottoporsi al trattamento terapeutico), si verifica una mutatio libelli e non una mera emendatio, in quanto nel processo viene introdotto un nuovo tema di indagine e di decisione, che altera l’oggetto sostanziale dell’azione e i termini della controversia, tanto da porre in essere una pretesa diversa da quella fatta valere in precedenza.

 

Cassazione civile sez. III, 04/12/2018, n.31234

Laddove, in assenza di adeguato consenso informato, sia eseguito secundum leges artis un intervento chirurgico, che il paziente, se edotto, avrebbe rifiutato, la lesione al diritto di autodeterminarsi costituirà oggetto di danno risarcibile tutte le volte in cui il soggetto abbia subìto le inaspettate conseguenze dell’intervento senza la necessaria e consapevole predisposizione ad affrontarle e ad accettarle, trovandosi invece del tutto impreparato di fronte ad esse. Se, a fronte del corretto assolvimento degli obblighi informativi a carico del sanitario, il paziente avrebbe comunque assentito all’intervento, il risarcimento del danno all’autodeterminazione è da escludersi, difettando il nesso di causalità materiale tra la condotta del medico e il pregiudizio lamentato.

 

Cassazione civile sez. III, 29/11/2018, n.30852

Il giudice non può presumere che il paziente, poi deceduto, si sarebbe sottoposto all’intervento chirurgico anche se fosse stato prima e compiutamente informato dei rischi. Il paziente che si sottopone a intervento chirurgico, infatti, deve essere sempre messo al corrente dei possibili rischi derivanti dall’operazione, anche se sono minimi. A ricordarlo è la Cassazione in relazione alla richiesta di risarcimento del danno da mancata informazione promossa dall’erede di un paziente deceduto a seguito di un’operazione per una complicazione che rientrava tra le possibili cause di peggioramento.

 

Cassazione civile sez. III, 23/10/2018, n.26728

In tema di consenso informato, qualora risulti accertata, con riferimento alla sottoposizione di un coniuge ad un intervento, una situazione peggiorativa della salute incidente nella sfera sessuale, rientrante nel rischio dell’intervento, e peggiorativa della condizione del medesimo, sebbene non imputabile a cattiva esecuzione dello stesso, il coniuge che risente in via immediata e riflessa del danno, incidente nella sfera sessuale e relazionale della vita di coppia, collegato a detto peggioramento, ha diritto al risarcimento del danno, in quanto tale danno è conseguenza della condotta di violazione della regola del consenso informato in danno del coniuge, nei limiti di come è stato rilevato nei suoi confronti.

  

Cassazione civile sez. III, 22/08/2018, n.20885

In tema di responsabilità professionale del medico, l’inadempimento dell’obbligo di informazione sussistente nei confronti del paziente può assumere rilievo a fini risarcitori – anche in assenza di un danno alla salute o in presenza di un danno alla salute non ricollegabile alla lesione del diritto all’informazione – a condizione che sia allegata e provata, da parte dell’attore, l’esistenza di pregiudizi non patrimoniali derivanti dalla violazione del diritto fondamentale all’autodeterminazione in sè considerato, sempre che essi superino la soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale e non siano futili, ovvero consistenti in meri disagi o fastidi.

 

Cassazione civile sez. III, 19/07/2018, n.19199

In tema di responsabilità medica da violazione dell’obbligo di consenso informato, l’allegazione dei fatti dimostrativi dell’opzione “a monte” del paziente (ossia che, se debitamente informato, egli si sarebbe sottratto all’intervento chirurgico che ne ha determinato l’exitus) costituisce elemento integrante dell’onere della prova, a carico del danneggiato, della compatibilità eziologica tra l’omissione informativa e l’evento di danno alla salute.

 

Cassazione civile sez. I, 02/07/2018, n.17278

In tema di consenso al trattamento dei dati personali, la previsione dell’art. 23 del d.lgs. n. 196 del 2003, nello stabilire che il consenso è validamente prestato solo se espresso liberamente e specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato, consente al gestore di un sito internet, il quale somministri un servizio fungibile cui l’utente possa rinunciare senza gravoso sacrificio (nella specie servizio di “newsletter” su tematiche legate alla finanza, al fisco, al diritto e al lavoro), di condizionare la fornitura del servizio al trattamento dei dati per finalità pubblicitarie, sempre che il consenso sia singolarmente ed inequivocabilmente prestato in riferimento a tale effetto, il che comporta altresì la necessità, almeno, dell’indicazione dei settori merceologici o dei servizi cui i messaggi pubblicitari saranno riferiti.

 

Cassazione civile sez. III, 28/06/2018, n.17022

In tema di responsabilità sanitaria, l’omessa acquisizione del consenso informato preventivo al trattamento sanitario – fuori dai casi in cui lo stesso debba essere praticato in via d’urgenza e il paziente non sia in grado di manifestare la propria volontà – determina la lesione in sé della libera determinazione del paziente, quale valore costituzionalmente protetto dagli artt. 32 e 13 Cost., quest’ultimo ricomprendente la libertà di decidere in ordine alla propria salute ed al proprio corpo, a prescindere quindi dalla presenza di conseguenze negative sul piano della salute, e dà luogo ad un danno non patrimoniale autonomamente risarcibile, ai sensi dell’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c.

 

Cassazione civile sez. III, 21/06/2018, n.16336

Il medico potrà essere chiamato a risarcire il danno alla salute laddove il paziente dimostri — anche tramite presunzioni — che, ove compiutamente informato, avrebbe rifiutato di sottoporsi all’intervento terapeutico. Affinché possa essere risarcito anche il danno all’autodeterminazione è necessario dar prova che il pregiudizio abbia varcato la soglia della gravità dell’offesa e, dunque, che il relativo diritto sia stato inciso oltre un certo livello minimo di tollerabilità, non essendo predicabile un danno in re ipsa.

 

Cassazione civile sez. III, 21/06/2018, n.16324

In tema di responsabilità sanitaria la dimostrazione dell’assolvimento dell’obbligo (di avere posto il paziente nelle condizioni) di prestare il consenso informato, che si qualifica quale obbligo contrattuale ex articolo 1218 del codice civile grava sulla struttura ospedaliera. La violazione di tale obbligo ha potenzialmente rilievo a prescindere dall’esito favorevole o meno della prestazione medica, in quanto in grado di incidere sulla capacità di autodeterminazione del paziente. La dimostrazione – invece – di un nesso causale tra la lesione del diritto di autodeterminazione e danno effettivamente subito, spetta al paziente, rientrando tale elemento tra gli oneri in capo all’attore qui dicet.

 

Cassazione civile sez. III, 15/05/2018, n.11749

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, laddove si alleghi che la violazione, da parte del medico, dell’obbligo di acquisire il consenso informato abbia determinato (anche) un danno alla salute, è onere del paziente dimostrare, anche per presunzioni, che, ove compiutamente informato, avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento; questa prova non è invece necessaria ai fini dell’autonoma risarcibilità del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione in sé considerato, ossia del danno-conseguenza rappresentato dalla sofferenza e dalla contrazione della libertà di disporre di se stesso, e che corrisponde allo sviluppo di circostanze connotate da normalità e all’”id quod plerumque accidit”, la cui risarcibilità non esige una specifica prova, ferme restando la possibilità di contestazione della controparte e quella del paziente di allegare e provare fatti a sé ancor più favorevoli, di cui intenda giovarsi ai fini risarcitori.

 

Cassazione civile sez. III, 15/05/2018, n.11749

In caso di violazione, da parte del medico chirurgo, dell’obbligo di acquisire il consenso informato, se si allega un danno alla salute, il paziente deve dimostrare, anche tramite presunzioni, che, ove debitamente informato, avrebbe verosimilmente rifiutato l’intervento, mentre una siffatta prova specifica non è necessaria ai fini dell’autonoma risarcibilità del danno da lesione del diritto all’autodeterminazione, che corrisponde allo sviluppo di circostanze connotate da normalità e all’id quod plerumque accidit, salve la possibilità di contestazione della controparte e quella del paziente di allegare e provare fatti a sé ancor più favorevoli, di cui intenda giovarsi a fini risarcitori.

  

Cassazione civile sez. III, 04/05/2018, n.10608

La violazione del dovere del medico di informare preventivamente e chiaramente il paziente può comportare il danno alla salute, oppure il danno al diritto all’autodeterminazione. In particolare, nel caso di omessa informazione circa un intervento, necessario e correttamente eseguito, che non ha causato danno alla salute del paziente, il risarcimento del danno al diritto all’autodeterminazione, in via equitativa, è subordinato alla prova che il paziente abbia subìto le inaspettate conseguenze senza la necessaria consapevolezza; il danno deve superare il limite della normale tollerabilità. La prova del danno potrà essere fondata anche su presunzioni fondate, in un rapporto di proporzionalità inversa, sulla gravità delle condizioni di salute del paziente e sul grado di necessarietà dell’operazione.

 

Cassazione penale sez. IV, 18/04/2018, n.31628

Non integra il reato di lesioni personali, né quello di violenza privata, la condotta del medico che sottoponga il paziente ad un trattamento terapeutico in relazione al quale non sia stato prestato il consenso informato, nel caso in cui questo, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis, si sia concluso con esito fausto.

  

Cassazione civile sez. III, 27/03/2018, n.7516

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, se il paziente conosce perfettamente quale sia l’intervento cui si accinge ad essere sottoposto, con relative conseguenze, rischi e complicazioni, l’eventuale inadempimento, da parte del medico, dell’obbligo di informarlo è giuridicamente irrilevante, per l’inconcepibilità di un valido nesso di causa tra detto inadempimento e le conseguenze dannose del vulnus alla libertà di autodeterminazione.

 

Cassazione civile sez. III, 23/03/2018, n.7248

In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all’uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell’informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone.

  

Cassazione penale sez. IV, 21/12/2017, n.2354

Ai fini dell’apprezzamento della condotta del sanitario, non è di regola possibile fondare la colpa sulla mancanza del consenso del paziente, giacché la valutazione del comportamento del medico, sotto il profilo penale, quando si sia in ipotesi sostanziato in una condotta (vuoi omissiva, vuoi commissiva) dannosa per il paziente, non ammette un diverso apprezzamento a seconda che l’attività sia stata prestata con o in assenza di consenso informato da parte del paziente. L’obbligo di acquisire il consenso informato non integra, infatti, una regola cautelare la cui inosservanza influisce sulla colpevolezza, giacché l’acquisizione del consenso non è preordinata (in linea generale) a evitare fatti dannosi prevedibili (ed evitabili), ma a tutelare il diritto alla salute e, soprattutto, il diritto alla scelta consapevole in relazione agli eventuali danni che possano derivare dalla scelta terapeutica in attuazione di una norma costituzionale (articolo 32, comma 2). In questa prospettiva, in un unico caso la mancata acquisizione del consenso potrebbe avere rilevanza come elemento della colpa: allorquando, la mancata sollecitazione di un consenso informato abbia finito con il determinare, mediatamente, l’impossibilità per il medico di conoscere le reali condizioni del paziente e di acquisire un’anamnesi completa (ciò che potrebbe verificarsi, esemplificando, in caso di mancata conoscenza di un’allergia a un determinato trattamento farmacologico o in quello di mancata conoscenza di altre specifiche situazioni del paziente che la sollecitazione al consenso avrebbe portato all’attenzione del medico). In questa evenienza, il mancato consenso rileverebbe non direttamente, ma come riflesso del superficiale approccio del medico all’acquisizione delle informazioni necessarie per il corretto approccio terapeutico.

 

Cassazione civile sez. III, 14/11/2017, n.26827

La risarcibilità del danno da lesione della salute che si verifichi per le imprevedibili conseguenze dell’atto terapeutico necessario e correttamente eseguito secundum legem artis, ma tuttavia effettuato senza la preventiva informazione del paziente circa i suoi possibili effetti pregiudizievoli e dunque senza un consenso consapevolmente prestato, necessariamente presuppone l’accertamento che il paziente quel determinato intervento avrebbe rifiutato se fosse stato adeguatamente informato.

 

Cassazione civile sez. III, 05/07/2017, n.16503

Il paziente, che, dispiegando la relativa domanda risarcitoria, invochi l’incompletezza del consenso informato e, quindi, l’inadempimento del correlativo obbligo dei sanitari di rendere le informazioni necessarie per formarlo, allega implicitamente il danno a quella sua libera e consapevole autodeterminazione che, in base a quanto accade normalmente e per riferirsi la lesione ad un diritto personalissimo e relativo alla sfera interna del danneggiato (almeno quanto alla sofferenza ed alla contrazione della libertà di disporre di sé stesso, psichicamente e fisicamente patite dal paziente in ragione dello svolgimento sulla sua persona dell’esecuzione dell’intervento durante la sua esecuzione e nella relativa convalescenza), si ricollega quale conseguenza ineliminabile alla carenza di un quadro informativo completo e ben compreso o spiegato a chi dovrebbe valutarlo come base di una responsabile decisione. Sulla base di nozioni di comune esperienza può dirsi anche provato, essendo stato per implicito allegato attraverso la formulazione di una domanda siffatta, che con il danno-evento dell’esecuzione dell’intervento sanitario, seguito all’incompleta serie di informazioni, si sia prodotta quale danno-conseguenza, quanto meno, la lesione della libertà di autodeterminazione del paziente e la sofferenza ad essa connessa.

 

Cassazione civile sez. III, 28/02/2017, n.5004

Non libera il professionista ginecologo della sua responsabilità per mancata formazione di un consenso informato il fatto che questi abbia individuato, tramite un particolare esame, la presenza di una alterazione cromosomica del feto ed abbia, così, indirizzato la paziente in gravidanza al centro di genetica per avere ulteriori informazioni sull’esito dell’esame, considerato che l’informazione dovuta deve essere comprensiva di tutti gli elementi per consentire alla paziente una scelta informata consapevole, sia volta alla interruzione, sia alla prosecuzione di una gravidanza il cui esito possa comportare delle problematicità da affrontare.

 

Cassazione civile sez. III, 20/05/2016, n.10414

In materia di responsabilità per attività medico-chirurgica, il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, impone che quest’ultimo fornisca al paziente, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente possibili riguardanti le terapie che intende praticare o l’intervento chirurgico che intende eseguire, con le relative modalità ed eventuali conseguenze, sia pure infrequenti, col solo limite dei rischi imprevedibili, ovvero degli esiti anomali, al limite del fortuito, che non assumono rilievo secondo l’id quod plerumque accidit, in quanto, una volta realizzatisi, verrebbero comunque a interrompere il necessario nesso di casualità tra l’intervento e l’evento lesivo.

  

Cassazione civile sez. III, 04/02/2016, n.2177

In tema di attività medico-chirurgica, il consenso informato deve basarsi su informazioni dettagliate, idonee a fornire la piena conoscenza della natura, portata ed estensione dell’intervento medico-chirurgico, dei suoi rischi, dei risultati conseguibili e delle possibili conseguenze negative, non essendo all’uopo idonea la sottoscrizione, da parte del paziente, di un modulo del tutto generico, né rilevando, ai fini della completezza ed effettività del consenso, la qualità del paziente, che incide unicamente sulle modalità dell’informazione, da adattarsi al suo livello culturale mediante un linguaggio a lui comprensibile, secondo il suo stato soggettivo ed il grado delle conoscenze specifiche di cui dispone. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto non adeguata l’informazione sui rischi connessi ad un intervento di cheratomia radiale, fornita ad una paziente mediante consegna di un “depliant” redatto dallo stesso oculista, che peraltro non riportava l’eventuale regressione del “visus”, statisticamente conseguente ad un simile intervento, anche quando correttamente eseguito).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA