Sequestro preventivo, riciclaggio e reati fiscali: ai fini dell’emissione della misura cautelare è sufficiente accertare l’astratta configurabilità del reato presupposto del delitto contro il patrimonio.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 2466.2021, resa dalla II Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in sede cautelare reale in merito ad un caso di riciclaggio, riporta il dominante indirizzo giurisprudenziale in tema di individuazione del reato presupposto.

In particolare, la Suprema Corte, con sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui, in tema di sequestro preventivo di ingenti somme di denaro di sospetta provenienza, non è necessario individuare e accertare specificamente il delitto presupposto, bensì occorre verificarne l’astratta configurazione alla luce degli elementi di fatto disponibili.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 2466.2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di sequestro preventivo e riciclaggio, oltre agli approfondimenti sul tema che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

Il reato in provvisoria contestazione e la fase cautelare reale di merito

Nel caso di specie, agli indagati era provvisoriamente contestato il delitto di riciclaggio ex art. 648 bis c.p. avente ad oggetto il denaro proveniente da delitti di emissione e utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti, consistenti nella fittizia cessione di beni da parte di società estere in favore di società italiane appena costituite e rappresentare da prestanome.

Il Tribunale di Bolzano annullava il provvedimento con il quale il GIP aveva convalidato il sequestro preventivo delle somme di denaro disposto d’urgenza dal PM.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La Pubblica Accusa proponeva ricorso per cassazione avverso l’ordinanza resa dal Tribunale delle Libertà, deducendo l’inosservanza degli artt. 648 bis c.p., 321 c.p.p. e vizio di motivazione, in considerazione della sussistenza, secondo la tesi accusatoria, del fumus commissi delicti del reato di riciclaggio con riferimento ai reati di frode fiscale.

La Suprema Corte, in accoglimento del ricorso proposto dal PM, annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del Riesame di Bolzano per un nuovo giudizio.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dal compendio motivazionale della pronuncia in commento:

È pure risalente e consolidato l’orientamento di questa Corte e, in particolare, di questa Sezione, secondo cui, in tema di misure cautelari, l’accertamento del reato di riciclaggio non richiede l’individuazione dell’esatta tipologia del delitto presupposto, né la precisa indicazione delle persone offese, essendo sufficiente che venga raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute (cfr., Cass. Pen. 2, 4.2.2015 n. 20.188; conf., Cass. Pen., 2, 7.1.2011 n. 546; cfr., ancora, Cass. Pen., 5, 21.5.2008 n. 36.940; Cass. Pen., 2, 19.6.2019 n. 42.052; conf., ancora, Cass. pen., 2, 19.11.2013 n. 7.795).

Di recente, peraltro, si è affermato che, nell’ipotizzare il delitto di riciclaggio, pur non essendo necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, occorre tuttavia che esso sia individuato nella sua tipologia (cfr., Cass. Pen., 2, 28.5.2019 n. 29.689).

Con riguardo alla ipotesi di sequestro probatorio, si è affermato che, ai fini di una valida motivazione del sequestro di cose che si assumono pertinenti al reato di riciclaggio di cui all’art. 648bis cod. pen., pur non essendo necessario, con riguardo ai delitti presupposti, che questi siano specificamente individuati ed accertati, è però indispensabile che essi risultino, alla stregua degli elementi di fatto, almeno astrattamente configurabili; il che non si verifica quando il giudice si limiti semplicemente a supporne l’esistenza sulla sola base del carattere asseritamente sospetto delle operazioni relativa ai beni e valori che si intendono sottoporre a sequestro (cfr., Cass. Pen., 2, 19.11.2003 n. 813; conf., più recentemente, Cass. Pen., 2, 29.10.2019 n. 51.200).

È allora alla luce dei principi sopra richiamati che, nella fattispecie esaminata, il Tribunale di Bolzano dovrà riesaminare la vicenda cautelare valutando se gli elementi disponibili consentissero di ritenere sufficientemente delineato il “fumus” del delitto di riciclaggio con riferimento ad operazioni di emissione di fatture per operazioni (in tutto o in parte, oggettivamente o soggettivamente) inesistenti considerando, per l’appunto, le peculiarità della fase incidentale rispetto alla necessità di identificare la loro esatta e specifica dinamica e consistenza.

Il dato della disponibilità di una ingentissima somma di denaro in contanti come quello del rinvenimento di fatture per operazioni di acquisizione dall’estero di beni da parte di società appena create e che, in virtù dei soggetti che ne avevano assunto la rappresentanza, poteva ipotizzarsi essere state costituite con finalità fraudolente, sono elementi che, per delineare il “fumus” del delitto per cui si procede, andranno valutati tenendo conto della fase in cui si trovano le indagini e della stessa “liquidità” della imputazione (cfr., Cass. pen., 2, 8.11.2018 n. 10.231)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 648 bis c.p. – Riciclaggio

Fuori dei casi di concorso nel reato, chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da 5.000 euro a 25.000 euro.

La pena è aumentata [64] quando il fatto è commesso nell’esercizio di un’attività professionale.

La pena è diminuita [65] se il denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione inferiore nel massimo a cinque anni.

Si applica l’ultimo comma dell’articolo 648.

 

Art. 2 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 

[Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.] 

 

Art. 8 D.lgs. 74/2000 – Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti

E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. 

Ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.

Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

[Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a euro 154.937,07 per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.]

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. II, 29/10/2019, n.51200

Ai fini della legittimità del sequestro probatorio, benché non sia necessaria la prova del carattere di pertinenza o di corpo di reato della cosa oggetto del vincolo, occorre la possibilità effettiva, cioè non fondata su elementi astratti ed avulsi dalle caratteristiche del caso concreto, di configurare un rapporto fra questa ed il reato stesso. (In applicazione di tale principio, la Corte ha ritenuto che il mero possesso di un’ingente somma di denaro, in parte occultata nell’autovettura ed in parte rinvenuta presso l’abitazione dell’indagato, non fosse sufficiente a giustificarne il sequestro, difettando, in assenza di qualsiasi riscontro investigativo circa l’esistenza del delitto presupposto, il fumus del delitto di riciclaggio).

 

Cassazione penale sez. II, 19/06/2019, n.42052

In tema di riciclaggio ed autoriciclaggio, non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo e che il giudice procedente per il riciclaggio o autoriciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza, in mancanza imponendosi l’assoluzione dell’imputato perché il fatto non sussiste.

 

Cassazione penale sez. II, 28/05/2019, n.29689

Ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio, pur non essendo necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, tuttavia occorre che esso sia individuato nella sua tipologia. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo, in cui la Corte ha censurato l’ordinanza del tribunale che aveva ravvisato il “fumus” del delitto di cui all’art. 648-bis c.p. senza fornire elementi sufficienti per individuare la provenienza delittuosa del denaro trovato in possesso degli indagati, occultato sulla persona per sfuggire ai controlli valutari nell’aeroporto di arrivo in Italia).

 

Cassazione penale sez. II, 08/11/2018, n.10231

In tema di sequestro preventivo, la valutazione da parte del giudice del “fumus commissi delicti” è contenutisticamente differenziata in ragione dei diversi stadi di accertamento dei fatti e del materiale probatorio prodotto, che va esaminato nella sua interezza.

 

Cassazione penale sez. II, 04/02/2015, n.20188

In tema di misure cautelari l’accertamento del reato di riciclaggio non richiede l’individuazione dell’esatta tipologia del delitto presupposto, né la precisa indicazione delle persone offese, essendo sufficiente che venga raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute. (Nella fattispecie, gli indagati trasportavano nei rispettivi trolley l’ingente somma contante di 500.000,00 euro, della quale non fornivano alcuna plausibile giustificazione).

 

Cassazione penale sez. II, 19/11/2013, n.7795

In tema di riciclaggio, non è necessario che la sussistenza del delitto non colposo presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo e che il giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza; ne consegue che non può essere automaticamente esclusa la configurabilità del delitto di riciclaggio, per effetto della intervenuta sentenza di non luogo a procedere, confermata in sede di legittimità, in ordine al delitto presupposto, trattandosi di sentenza non irrevocabile.

 

Cassazione penale sez. V, 21/05/2008, n.36940

Ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio non si richiede l’accertamento giudiziale del delitto presupposto, né dei suoi autori, né dell’esatta tipologia di esso, essendo sufficiente che sia raggiunta la prova logica della provenienza illecita delle utilità oggetto delle operazioni compiute e ciò “a fortori” nell’ambito del procedimento cautelare in cui è sufficiente la “probatio minor” scaturente dalla valutazione di gravità degli indizi acquisiti.

 

Cassazione penale sez. II, 19/11/2003, n.813

Ai fini di una valida motivazione del sequestro preventivo di cose che si assumono pertinenti al reato di riciclaggio di cui all’art. 648 bis c.p., pur non essendo necessario, con riguardo ai delitti presupposti, che questi siano specificamente individuati ed accertati, è però indispensabile che essi risultino, alla stregua degli acquisiti elementi di fatto, almeno astrattamente configurabili; il che non si verifica quando il giudice si limiti semplicemente a supporre l’esistenza, sulla sola base del carattere asseritamente sospetto delle operazioni relative ai beni e valori che si intendono sottoporre a sequestro. (Fattispecie in cui l’imputazione del reato di cui all’art. 648 bis c.p. era stata ritenuta sussistente in base all’asserita commissione di reati fiscali commessi all’estero, ma di cui non era stata data alcuna congrua rappresentazione, neppure astratta).

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di sequestro preventivo e riciclaggio

Cassazione penale sez. VI, 23/01/2020, n.14800

In tema di riciclaggio ed autoriciclaggio, ai fini dell’individuazione del fumus del sequestro non è necessario che la sussistenza del delitto presupposto sia stata accertata da una sentenza di condanna passata in giudicato, essendo sufficiente che il fatto costitutivo di tale delitto non sia stato giudizialmente escluso, nella sua materialità, in modo definitivo, e che il giudice procedente per il riciclaggio ne abbia incidentalmente ritenuto la sussistenza; in difetto, venendo meno uno dei presupposti del delitto di riciclaggio, l’imputato deve essere assolto perché il fatto non sussiste. Per di più la circostanza che alcuni reati non siano ancora oggetto di indagini preliminari, in difetto della necessaria iscrizione nell’apposito Registro delle notizie di reato, o che comunque per alcuni di essi pendessero mere indagini preliminari, non impedisce di accertarne incidentalmente la configurabilità ai fini della cautela reale.

 

Cassazione penale sez. V, 14/11/2019, n.1203

Il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione può concorrere, quale reato presupposto, con quello di auto-riciclaggio, a condizione che l’impiego dei beni dell’impresa fallita o del loro ricavato in attività a questa estranee avvenga con modalità idonee a renderne obiettivamente difficoltosa l’individuazione dell’origine delittuosa e che non si realizzi attraverso la destinazione al mero utilizzo o godimento personale dell’agente. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo, nella quale la Corte ha ritenuto correttamente ravvisato il “fumus” del delitto di auto-riciclaggio, in concorso con quello di bancarotta per distrazione, in una condotta consistita nella “polverizzazione” del patrimonio dell’impresa fallita, reimpiegato nella creazione di diverse società “cloni” intestate a prestanome).

 

Cassazione penale sez. II, 01/10/2019, n.51199

In assenza di elementi di novità, non è consentito al pubblico ministero richiedere una misura cautelare reale sollecitando un nuovo vaglio degli stessi elementi già ritenuti insussistenti o insufficienti dal giudice del riesame. (Fattispecie in cui la Corte ha censurato la decisione del tribunale del riesame che aveva escluso il vincolo del c.d. giudicato cautelare con riguardo all’emissione di un decreto di sequestro preventivo a fini di confisca, ex art. 648-quater c.p., di una somma di denaro ritenuta provento di riciclaggio, già oggetto di sequestro probatorio in relazione al reato di ricettazione; provvedimento, quest’ultimo, in seguito annullato con pronunzia non più soggetta a gravame per insussistenza del “fumus commissi delicti” rispetto alla provenienza delittuosa del denaro).

 

Cassazione penale sez. fer., 01/08/2019, n.37120

Nei delitti di riciclaggio e reimpiego, in caso di concorso di persone nel reato, trova applicazione il principio solidaristico che implica l’imputazione dell’intera azione in capo a ciascun concorrente e pertanto, una volta perduta l’individualità storica del profitto illecito, la sua confisca e il sequestro preventivo ad essa finalizzato possono interessare indifferentemente ciascuno dei concorrenti anche per l’intera entità del profitto accertato. Fermo il principio che l’espropriazione non può essere duplicata o comunque eccedere nel quantum l’ammontare complessivo dello stesso, è dunque irrilevante quale sia la quota di profitto eventualmente incamerata dall’imputato o anche solo se egli abbia effettivamente ricavato una parte dello stesso a seguito della consumazione in concorso con altri.

 

Cassazione penale sez. II, 28/05/2019, n.29689

Ai fini della configurabilità del reato di riciclaggio, pur non essendo necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, tuttavia occorre che esso sia individuato nella sua tipologia. (Fattispecie in tema di sequestro preventivo, in cui la Corte ha censurato l’ordinanza del tribunale che aveva ravvisato il “fumus” del delitto di cui all’art. 648-bis c.p. senza fornire elementi sufficienti per individuare la provenienza delittuosa del denaro trovato in possesso degli indagati, occultato sulla persona per sfuggire ai controlli valutari nell’aeroporto di arrivo in Italia).

 

Cassazione penale sez. II, 10/04/2019, n.22020

In tema di sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca diretta o per equivalente, nel caso di consumazione dei delitti di autoriciclaggio e riciclaggio da parte di soggetti diversi, all’autore di tale ultima condotta è sequestrabile soltanto l’importo del profitto di tale delitto e non anche di quello derivante dalle operazioni poste in essere dall’autore dell’autoriciclaggio, che può avere ad oggetto somme superiori o quantitativi di beni di origine illecita trasferiti a soggetti giuridici differenti.

 

Cassazione penale sez. V, 18/01/2018, n.5459

Il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente del profitto relativo al delitto di riciclaggio, ai sensi dell’art. 648-quater c.p. introdotto con l’art. 63 d.lg. n. 231/2007, è applicabile anche ai beni acquistati dall’indagato prima dell’entrata in vigore della norma, giacché il principio di irretroattività attiene solo al momento di commissione della condotta e non anche al tempo di acquisizione dei beni.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA