Il sistematico inadempimento delle obbligazioni tributarie e previdenziali da parte della società costituisce condotta idonea ad ascrivere all’amministratore la penale responsabilità per bancarotta fraudolenta connessa ad operazioni dolose.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 22765.2021, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di bancarotta fraudolenta impropria per operazioni dolose si sofferma sulla struttura della fattispecie incriminatrice con particolare riferimento all’elemento psicologico del reato.

In particolare, la Suprema Corte, con l’interessante sentenza in commento, ponendosi in linea con il dominante orientamento di legittimità, ha enunciato il principio di diritto secondo la deliberata e sistematica violazione dei doveri concernenti il versamento dei contributi previdenziali e delle imposte integra il reato di bancarotta impropria per effetto di operazione dolose.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 22765/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di bancarotta fraudolenta impropria, oltre agli approfondimenti sul reato fallimentare che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

Il reato contestato e la doppia conforme di merito

Nel caso di specie all’imputato, tratto a giudizio per essere stato per un lungo periodo amministratore unico della società fallita, era stato contestato il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale impropria ex art. 223 co. 2 n. 2) legge fallimentare, per aver cagionato il fallimento della società, per effetto di operazioni dolose consistite nel sistematico inadempimento delle obbligazioni tributarie e previdenziali.

La Corte di appello di Milano confermava la sentenza con la quale il GUP presso il locale Tribunale aveva condannato il prevenuto per il reato ascrittogli.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione resa dalla corte distrettuale, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Come è noto, l’art. 223 comma secondo n. 2 L.F. configura una ipotesi di bancarotta fraudolenta impropria della quale possono rispondere amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori delle società fallite, che abbiano cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società. A differenza dalla bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale ( artt. 216 co. 1, e 223 co. 1 L. F.), che postulano il compimento di atti di distrazione o dissipazione di beni societari, tali da creare pericolo per le ragioni creditorie, a prescindere dalla circostanza che abbiano prodotto il fallimento, essendo sufficiente che questo sia avvenuto, nella bancarotta impropria cagionata da operazioni dolose, le condotte dolose, che non necessariamente costituiscono distrazione o dissipazione di attività, devono porsi in nesso eziologico con il fallimento; ciò che rileva, ai fini della bancarotta fraudolenta impropria, non è, dunque, l’immediato depauperamento della società, bensì la creazione, o l’aggravamento, di una situazione di dissesto economico che, prevedibilmente, condurrà al fallimento della società (in tal senso, Sez. 5, n. 40998 del 20/05/2014, Rv.262188, […]).

Si tratta di reato a forma libera, integrato da condotta attiva o omissiva, costituente inosservanza dei doveri rispettivamente imposti ai soggetti indicati dalla legge, nel quale il fallimento è evento di danno, e si ritiene che la fattispecie si realizza non solo quando la situazione di dissesto trovi la sua causa nelle condotte o operazioni dolose ma anche quando esse abbiano aggravato la situazione di dissesto che costituisce il presupposto oggettivo della dichiarazione di fallimento (Sez. 5, n. 40998, 20 maggio 2014, Rv. 262189, […]( Conf. Sez. 5, n. 8413 del 16/10/2013, Rv. 259051; Sez. 5, n. 17690 del 18/02/2010, Rv. 247316 ; Sez. 5 n. 19806 del 28/02/2003, Rv. 224947).

Secondo l’indirizzo di questa Corte, poiché l’amministratore ha un obbligo di fedeltà nei confronti della società, ogni violazione di questo integra, sussistendone le altre condizioni, un’operazione dolosa ai sensi dell’art. 223 co. 2 n. 2 L.F., che può, pertanto, consistere nel compimento di qualunque atto intrinsecamente pericoloso per la salute economica e finanziaria della impresa e, quindi, anche in una condotta omissiva produttiva di un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l’impresa (Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Rv. 260492, […]).

Come è stato già chiarito, in realtà, l’ “operazione” è termine semanticamente più ampio dell'”azione”, intesa come mera condotta attiva, e ricomprende l’insieme delle condotte, attive od omissive, coordinate alla realizzazione di un piano; sicché, può ben essere integrata dalla violazione – deliberata, sistematica e protratta nel tempo – dei doveri degli amministratori concernenti il versamento degli obblighi contributivi e previdenziali, con prevedibile aumento dell’esposizione debitoria della società ( Sez. 5 n. 24752 del 01/06/2018, Rv. 273337).

In effetti, nelle pronunce di questa Corte, si è affermato più volte che le operazioni dolose in commento possono consistere nel mancato versamento dei contributi previdenziali con carattere di sistematicità (Sez. 5 – , n. 43562 del 11/06/2019, Rv. 277125; Sez. 5, n. 24752 del 19/02/2018, Rv. 273337; Sez. 5, n. 15281 del 08/11/2016, dep. 2017, Rv. 270046; in senso analogo, Sez. 5, n. 29586 del 15/05/2014, Rv. 260492; Sez. 5 n. 12426 del 29/11/21013, dep. 2014, Rv. 259997) .

Si è detto, altresì, che integra il reato di fallimento cagionato per effetto di operazioni dolose la condotta dell’amministratore che ometta il versamento delle imposte dovute, gravando così la società da ingenti debiti nei confronti dell’erario, e successivamente proceda alla distribuzione dei predetti utili a favore dei soci, in quanto, allorché l’assegnazione dell’utile avvenga senza la pre-deduzione dell’onere tributario e della conseguente penalità tributaria – che sorge al momento dell’erogazione della ricchezza – si concreta una manomissione della ricchezza sociale, trattandosi di distribuzione che eccede quanto di pertinenza dei soci (Sez. 5, n. 17355 del 12/03/2015, Rv. 264080)”.

 

La fattispecie incriminatrice:

Art. 223 legge fallimentare – Fatti di bancarotta fraudolenta

Si applicano le pene stabilite nell’art. 216 agli amministratori, ai direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo.

Si applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma dell’art. 216, se:

1) hanno cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società, commettendo alcuno dei fatti previsti dagli articoli 2621, 2622, 2626, 2627, 2628, 2629, 2632, 2633 e 2634 del codice civile;

2) hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società.

Si applica altresì in ogni caso la disposizione dell’ultimo comma dell’art. 216.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. V, 11/06/2019, n.43562

Le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, l. fall. possono consistere anche in condotte omissive, ovvero nella sistematica elusione dei doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo, quando questa comporti il fallimento della società e un depauperamento del patrimonio non giustificato dall’interesse per l’impresa. (Fattispecie, anteriore al d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, in tema di omessa convocazione dell’assemblea per le deliberazioni di cui all’art. 2447 c.c., a seguito dell’azzeramento del capitale sociale, e continuazione dell’attività d’impresa in violazione dell’art. 2449, comma 1, c.c., alla quale era conseguito l’incremento dell’esposizione debitoria).

 

Cassazione penale sez. V, 19/02/2018, n.24752

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali.

 

Cassazione penale sez. V, 08/11/2016, n.15281

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma secondo, n. 2, l. fall. possono consistere nel mancato versamento dei contributi previdenziali con carattere di sistematicità.

 

Cassazione penale sez. V, 12/03/2015, n.17355

Integra il reato di fallimento cagionato per effetto di operazioni dolose la condotta dell’amministratore che ometta il versamento delle imposte dovute – in relazione ai profitti realizzati mediante operazioni di ‘trading’ immobiliare – gravando così la società da ingenti debiti nei confronti dell’erario e successivamente proceda alla distribuzione dei predetti utili a favore dei soci, in quanto allorché l’assegnazione dell’utile avvenga senza la pre-deduzione dell’onere tributario e della conseguente penalità tributaria – che sorge al momento dell’erogazione della ricchezza – si concreta una manomissione della ricchezza sociale, trattandosi di distribuzione che eccede quanto di pertinenza dei soci.

 

Cassazione penale sez. V, 20/05/2014, n.40998

Ai fini della configurabilità del reato di bancarotta impropria prevista dall’art. 223, comma 2, n. 2, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, non interrompono il nesso di causalità tra l’operazione dolosa e l’evento, costituito dal fallimento della società, né la preesistenza alla condotta di una causa in sé efficiente del dissesto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all’art. 41 c.p., né il fatto che l’operazione dolosa in questione abbia cagionato anche solo l’aggravamento di un dissesto già in atto, poiché la nozione di fallimento, collegata al fatto storico della sentenza che lo dichiara, è ben distinta da quella del dissesto, la quale ha natura economica ed implica un fenomeno in sé reversibile.

 

Cassazione penale sez. V, 15/05/2014, n.29586

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, l. fall., possono consistere nel compimento di qualunque atto intrinsecamente pericoloso per la salute economica e finanziaria dell’impresa e, quindi, anche in una condotta omissiva produttiva di un depauperamento non giustificabile in termini di interesse per l’impresa. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la decisione impugnata che aveva qualificato come operazione dolosa il mancato versamento dei contributi previdenziali con carattere di sistematicità).

 

Cassazione penale sez. V, 16/10/2013, n.8413

In tema di fallimento determinato da operazioni dolose, non interrompono il nesso di causalità tra l’operazione dolosa e l’evento fallimentare né la preesistenza alla condotta di una causa in sé efficiente verso il dissesto, valendo la disciplina del concorso causale di cui all’art. 41 c.p., né il fatto che l’operazione dolosa in questione abbia cagionato anche solo l’aggravamento di un dissesto già in atto.

 

Cassazione penale sez. V, 18/02/2010, n.17690

In dottrina si dubita dell’esistenza di un “sindaco di fatto”. Tuttavia la perplessità può superarsi tenendo presente che certamente il soggetto “di fatto”, che ha esercitato ai sensi dell’art. 2639 c.c. le funzioni dell’organo di vigilanza, conserva, proprio per la fondamentale disposizione introdotta dalla riforma societaria ed avente un’efficacia generale, quanto meno la posizione di garanzia – posta a tutela di quanti siano interessati all’attività societaria – collocazione che gli impone di dispiegare ogni comportamento utile a preservare la società dall’evento dannoso incombente e, quindi, di segnalare ai gestori della stessa l’illiceità della loro condotta.

 

Cassazione penale sez. V, 28/03/2003, n.19806

In tema di bancarotta c.d. impropria, la particolare fattispecie di cui all’art. 223 comma 2 n. 2 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, riguardante gli amministratori, i direttori generali, i sindaci ed i liquidatori di società fallite che hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il fallimento della società, si applica anche nell’ipotesi in cui la condotta di una delle anzidette persone abbia aggravato una situazione di dissesto già esistente. L’aggravamento del dissesto deve essere considerato globalmente e non già con riferimento a singole situazioni debitorie, sicché quando l’entità complessiva del medesimo sia comunque rimasta invariata o sia stata persino ridotta, la circostanza che la condotta abusiva abbia incrementato determinate voci di passivo non giustifica, di per sè, un’affermazione di responsabilità ai sensi della disposizione in questione, salvo che non si accerti che la diminuzione del passivo, con riguardo ad altre voci, sia stata causata da fattori autonomi ed indipendenti. Solo in questo caso, infatti, è possibile affermare che, essendo per tali fattori migliorata la situazione, la condotta del soggetto, in sè considerata, ha comunque comportato un peggioramento.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di bancarotta fraudolenta impropria:

Cassazione penale sez. V, 01/07/2020, n.27930

In caso di contestazione alternativa, la decisione che prescelga una delle qualificazioni giuridiche del medesimo fatto proposte, definisce un solo capo della sentenza e non dà luogo alla formazione del giudicato sull’ipotesi di reato esclusa, né ad alcuna preclusione, con la conseguenza che, in caso di impugnazione, la formulazione alternativa viene devoluta al giudice del gravame. (Fattispecie relativa alla contestazione in via alternativa del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e di bancarotta impropria da operazioni dolose causative del dissesto).

 

Cassazione penale sez. V, 27/02/2020, n.13284

I principi cristallizzati nell’art. 2634 c.c. debbono trovare applicazione non solo nell’ambito della bancarotta da reato societario, ma altresì con riguardo a quella impropria patrimoniale al fine di determinare il carattere distrattivo o dissipativo di un’operazione infragruppo. In tal senso, nel valutare come distrattiva un’operazione di diminuzione patrimoniale senza apparente corrispettivo per una delle società collegate, occorre tenere conto del rapporto di gruppo, perché il reato resta escluso se i benefici indiretti per la società fallita si dimostrino idonei a compensare efficacemente gli effetti immediatamente sfavorevoli, sì da rendere l’operazione stessa incapace di incidere negativamente sulle ragioni dei creditori della società fallita. II vantaggio compensativo derivante alla società fallita dall’operazione infragruppo per la stessa sfavorevole nell’immediato non può peraltro coincidere con la mera partecipazione al gruppo, né può identificarsi con la generica utilità ritratta da quest’ultimo o con quello ricavato dalla società controllante. In altri termini, il difetto di tipicità della condotta non può in alcun modo derivare dal mero sacrificio imposto al patrimonio di una componente del gruppo al fine di assicurare la continuità di quest’ultimo o di altre sue componenti, a meno che non si dimostri – e il relativo onere grava per cui grava su chi invochi l’applicazione dell’art. 2634 comma 3 c.c. – che tale risultato si sia tradotto o sia fondatamente destinato a tradursi concretamente (e non solo in termini astratti) in un vantaggio, ancorché indiretto, in  grado quantomeno di corrispondere il suddetto sacrificio. 

 

Cassazione penale sez. V, 12/12/2019, n.10995

Il fallimento per effetto di operazioni dolose implica la commissione di abusi di gestione o di infedeltà ai doveri imposti dalla legge all’organo amministrativo nell’esercizio della carica ricoperta, ovvero di atti intrinsecamente pericolosi per la salute economico-finanziaria della impresa e che postulano una modalità di pregiudizio patrimoniale discendente non già direttamente dall’azione dannosa del soggetto attivo – distrazione, dissipazione, occultamento, distruzione – bensì da un fatto di maggiore complessità strutturale riscontrabile in qualsiasi iniziativa societaria implicante un procedimento o, comunque, una pluralità di atti coordinati all’esito divisato.

 

Cassazione penale sez. II, 04/07/2019, n.44198

In caso di fallimento, la distrazione di beni sociali, se vale ad integrare — sul piano oggettivo — il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale (semplice o c.d. impropria, di cui rispettivamente agli artt. 216, comma 1, n. 1 e 223, comma 1 l. fall.), non realizza al contempo la condotta di autoriciclaggio di cui all’art. 648-ter.1 c.p., in assenza di condotte concretamente idonee ad ostacolare l’origine delittuosa dei medesimi beni.

 

Cassazione penale sez. V, 05/04/2019, n.30735

Integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose previsto dall’art. 223, secondo comma, n. 2), legge fall., l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto e dei contributi previdenziali e assistenziali che abbia causato il dissesto della società, potendo il reato fallimentare concorrere con quello tributario e con quello previdenziale in ragione della diversità sia dei beni tutelati sia della struttura dei reati.

 

Cassazione penale sez. V, 15/02/2019, n.22488

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, l. fall., possono consistere anche nella compensazione dell’ingente esposizione debitoria della società nei confronti del fisco con crediti inesistenti, in quanto siffatta operazione, comportando l’azzeramento meramente formale dei debiti, consente alla società di operare e contribuisce, in modo prevedibile, ad aggravare il dissesto della stessa determinando il maturarsi di ulteriori debiti con il fisco.

 

Cassazione penale sez. V, 19/09/2018, n.49506

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2 l. fall., diverse da quelle integranti una condotta distrattiva, possono consistere anche nell’aver omesso, in presenza di una riduzione del capitale sociale al di sotto della soglia di minimo legale, di convocare l’assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al minimo, o la trasformazione della società secondo quanto imposto dall’art. 2447 c.c.

 

Cassazione penale sez. V, 19/02/2018, n.24752

In tema di bancarotta fraudolenta fallimentare, le operazioni dolose di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, legge fall. possono consistere nel sistematico inadempimento delle obbligazioni fiscali e previdenziali, frutto di una consapevole scelta gestionale da parte degli amministratori della società, da cui consegue il prevedibile aumento della sua esposizione debitoria nei confronti dell’erario e degli enti previdenziali.

 

Cassazione penale , sez. I , 09/03/2018 , n. 14783

Nel caso di fallimento di società di capitali derivato anche da operazioni dolose, protrattesi nel tempo, in danno di soggetto diverso da una pubblica amministrazione ovvero di un ente pubblico, determinanti nel breve periodo un arricchimento del patrimonio sociale, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria è configurabile, sotto il profilo soggettivo, quando il dissesto della società come effetto di tali condotte illecite divenga astrattamente prevedibile da parte degli amministratori per effetto della loro concreta previsione dell’accertamento delle pregresse attività illecite da parte del soggetto immediatamente danneggiato da tali attività.

 

Cassazione penale , sez. V , 29/01/2018 , n. 18089

In materia di reati fallimentari, non sussiste la possibilità di ritenere assorbito il reato di insolvenza fraudolenta e quello di bancarotta impropria se i fatti che sono alla base delle imputazioni sono diversi. Non può sostenersi, infatti, che vi sia identità delle condotte se manca la corrispondenza storico naturalistica. Ad affermarlo è la Cassazione che respinge il ricorso dell’imputato contro la sentenza della corte d’appello che aveva negato la possibilità di assorbire il reato di insolvenza fraudolenta in quello di bancarotta impropria. Per la Corte però nella fattispecie non c’è ne bis in idem, in quanto manca l’identità tra le due condotte che scatta quando c’è una “corrispondenza storico naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo di luogo e di persona”.

 

Cassazione penale , sez. V , 29/01/2018 , n. 18089

Il delitto di bancarotta impropria ex art. 223, comma 2, n. 2, l.fall . può concorrere con quello di insolvenza fraudolenta ex art. 641 c.p. qualora la condotta di acquisizione di obbligazioni con il proposito di non adempierle si collochi storicamente solo come antefatto di una serie di più complesse operazioni fraudolente finalizzate a causare (od aggravare) il dissesto della società fallita.

 

Cassazione penale sez. fer., 10/08/2017, n.52433       

L’art. 223, comma 2, n. 2, legge fallimentare comprende due ipotesi autonome che, dal punto di vista oggettivo, non presentano sostanziali differenze, mentre da quello soggettivo vanno tenute distinte perché, nella causazione dolosa del fallimento, questo è voluto specificamente, mentre nel fallimento conseguente ad operazioni dolose, esso è solo l’effetto, dal punto di vista della causalità materiale, di una condotta volontaria, ma non intenzionalmente diretta a produrre il dissesto fallimentare, anche se il soggetto attivo dell’operazione ha accettato il rischio dello stesso, pertanto la prima fattispecie è a dolo specifico mentre la seconda è a dolo generico.

 

Cassazione penale , sez. V , 07/12/2017 , n. 11956

In tema di bancarotta fraudolenta impropria, integra il delitto di causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose, previsto dall’ art. 223, comma 2, n. 2, l. fall ., il meccanismo di frode fiscale realizzato attraverso la formazione e l’utilizzazione, mediante annotazione nella contabilità, di fatture per operazioni inesistenti, quando le sanzioni conseguenti all’accertamento ed alla contestazione dell’illecito fiscale abbiano determinato la situazione di dissesto della società.

 

Cassazione penale , sez. V , 14/09/2017 , n. 50081

La presentazione per lo sconto presso diversi istituti bancari delle medesime fatture concreta quelle operazioni dolose che inevitabilmente, aumentando il passivo (ottenendo più anticipazioni a fronte del medesimo ed unico credito), conducono all’aggravamento dello stato di dissesto e, quindi, al fallimento. Una simile condotta integra gli elementi costitutivi della bancarotta impropria e non configura la diversa ipotesi del ricorso abusivo al credito, posto che tale fattispecie si concreta nel caso in cui si ottengano finanziamenti dissimulando il dissesto o lo stato di insolvenza, in assenza, quindi, degli ulteriori elementi che caratterizzano il delitto di cui all’art. 223, comma 2, n. 2, seconda ipotesi, e cioè il cagionare il fallimento attraverso operazioni dolose.

 

Cassazione penale , sez. V , 24/03/2017 , n. 17819

La condotta consistente nella vendita sottocosto di un cespite conferito nel capitale sociale, con acquisizione di liquidità per la società e contestuale vantaggio (anche solo indiretto) dell’amministratore di questa, può integrare infedeltà patrimoniale, ex art. 2634 c.c., ma perché tale condotta venga qualificata come bancarotta fraudolenta impropria, ex art. 223, comma 2, n. 1) l. fall., deve aver cagionato, o concorso a cagionare, il dissesto della società.

Cassazione penale , sez. V , 14/10/2016 , n. 533

Non è configurabile il concorso formale tra il reato di bancarotta fraudolenta e quello di bancarotta impropria di cui all’art. 223, comma 2, l. fall., che deve considerarsi assorbito nel primo quando l’azione diretta a causare il fallimento sia la stessa sussunta nel modello descrittivo della bancarotta fraudolenta.

 

Cassazione penale , sez. V , 04/10/2016 , n. 47683

Il reato di bancarotta fraudolenta documentale non può avere ad oggetto il bilancio, non rientrando quest’ultimo nella nozione di “libri” e “scritture contabili” prevista dalla norma di cui all’art. 216, comma primo, n. 2, l. fall. (In motivazione, la Corte ha precisato che, invece, eventuali omissioni nei bilanci, sussistendone i presupposti, possono integrare solo la fattispecie di bancarotta impropria da reato societario).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA