Reati tributari e testimonianza indiretta: sono utilizzabili le dichiarazioni rese nel processo dal funzionario dell’Agenzia delle entrate anche se fanno riferimento ad accertamenti eseguiti da altri colleghi del medesimo ufficio se fondate su dati oggettivi.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 22306.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di dichiarazione fraudolenta ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, si sofferma sulla questione procedurale dell’utilizzabilità della dichiarazione rese dal funzionario dell’Agenzia delle entrate e del processo verbale di constatazione versato agli atti del fascicolo per il dibattimento.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in comento,  enuncia il principio di diritto secondo cui non costituisce violazione del divieto di testimonianza indiretta ex art. 195 c.p.p. l’utilizzo della testimonianza resa dal funzionario dell’Agenzia delle entrate e del verbale di constatazione acquisito all’esito dell’escussione, laddove le dichiarazioni facciano riferimento a fatti riscontrabili dalla documentazione acquisita in sede di accesso effettuato dal teste stesso ovvero da altri funzionari (tale ipotesi, invero, è assimilabile, alle dichiarazioni rese da ufficiali o agenti di polizia giudiziaria che riferiscano in merito alle indagini espletate da altri colleghi, pacificamente ammesse dalla giurisprudenza di legittimità).

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo delle fattispecie incriminatrici;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 22306/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità in materia di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e di emissione di fatture per operazioni inesistenti, oltre agli approfondimenti sui reati tributari che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

I reati contestati e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie agli imputati, tratti a giudizio nelle rispettive qualità  di amministratori pro- tempore della società succedutisi nel tempo per la carica di organo gestorio, erano stati  contestati i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e di emissione di fatture per operazioni inesistenti reato, rispettivamente, previsti e puniti dagli artt. 2, 8 D.lgs. 74/2000.

La Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di condanna resa dal locale Tribunale, dichiarava non doversi procedere nei confronti di un imputato per estinzione di alcuni reati per intervenuta prescrizione e rideterminava la pena per i residui delitti; confermava la condanna inflitta per l’altro imputato imputato per i reati ascrittigli.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

I giudicabili, per il tramite del comune difensore, proponevano ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibili i ricorsi.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“La Corte di appello ha escluso l’inutilizzabilità della testimonianza resa dalla funzionaria dell’Agenzia delle entrate e del verbale di constatazione acquisito all’esito dell’escussione, rilevando come la teste avesse riferito sui contenuti di tale atto a sua firma, redatto sulla base di documentazione dalla stessa acquisita in sede di accesso effettuato da lei direttamente o da suoi colleghi.

Correttamente viene fatto rilevare, nella sentenza impugnata, che la testimonianza riguardava elementi risultanti da riscontri documentali e non anche circostanze apprese da terzi e che la difesa non aveva comunque indicato quali fatti specifici sarebbero stati appresi dalla funzionaria da soggetti terzi. Tale laconicità deve riscontrarsi anche nel motivo di ricorso in esame, avendo al difesa genericamente lamentato la violazione dell’art. 195 cod. proc. pen. senza ulteriori chiarimenti, peraltro indicando, a conferma della fondatezza della censura, la testuale trascrizioni di brani delle dichiarazioni della teste estrapolati dal verbale di udienza ed anche incompleti, contenenti brevi frasi, anch’esse in alcuni casi incomplete. Deve peraltro considerarsi che, nel caso specifico, pur accedendo alla tesi prospettata dalla difesa della violazione del divieto di testimonianza indiretta previsto dall’art. 195, comma quarto, cod. proc. pen., si verserebbe comunque in una situazione analoga a quella dell’ufficiale o agente di polizia giudiziaria che riferisca non in merito a dichiarazioni di terzi, ma sulle attività di indagine svolte da da altri ufficiali, agenti o ausiliari di polizia giudiziaria nello stesso contesto investigativo, rispetto alla quale tale violazione si è sempre esclusa (Sez. 6, n. 53174 del 27/9/2018, Rv. 274614; Sez. 3, n. 6116 del 14/1/2016, Rv 266284 ed altre prec. conf.)”.

 

Le fattispecie incriminatrici:

Art. 2 D.lgs. 74/2000 – Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti:

E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni [annuali] relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

Il fatto si considera commesso avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti quando tali fatture o documenti sono registrati nelle scritture contabili obbligatorie, o sono detenuti a fine di prova nei confronti dell’amministrazione finanziaria.

Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni. 

[Se l’ammontare degli elementi passivi fittizi è inferiore a euro 154.937,07, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.] 

 

Art. 8 D.lgs. 74/2000 – Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti:

E’ punito con la reclusione da quattro a otto anni chiunque, al fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. 

Ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l’emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si considera come un solo reato.

Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti, per periodo d’imposta, è inferiore a euro centomila, si applica la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni.

[Se l’importo non rispondente al vero indicato nelle fatture o nei documenti è inferiore a euro 154.937,07 per periodo di imposta, si applica la reclusione da sei mesi a due anni.]

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. VI, 27/09/2018, n.53174

Non viola il divieto di testimonianza indiretta previsto dall’art. 195, comma 4, cod. proc. pen. la deposizione di ufficiale o agente di polizia giudiziaria che riferisca non in merito a dichiarazioni di terzi, ma sulle attività di indagine svolte da ausiliari di polizia giudiziaria nello stesso contesto investigativo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima la deposizione di ufficiale di polizia giudiziaria su circostanze apprese da un carrozziere, nominato, in quella specifica vicenda, ausiliario di polizia giudiziaria).

Cassazione penale sez. III, 14/01/2016, n.6116

Non viola il divieto di testimonianza indiretta previsto dall’art. 195, comma 4, c.p.p. la deposizione di ufficiale o agente di polizia giudiziaria che riferisca non in merito a dichiarazioni di terzi, ma sulle attività di indagine svolte da altri ufficiali o agenti nello stesso contesto investigativo. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto legittima la deposizione di ufficiale di p.g. sul contenuto di comunicazioni scritte, prodotte dal p.m., intervenute fra uffici della Guardia di finanza e gestori di telefonia ed altri servizi pubblici e privati).

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti:

Cassazione penale sez. III, 03/11/2020, n.36915

In tema di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, anche nell’ipotesi lieve prevista dall’art. 2, comma 2-bis, d.lg. n. 74 del 2000 non opera la causa di esclusione della punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p., neppure a seguito della parziale declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza della Corte costituzionale n. 156 del 2020, che, essendo riferita ai reati per i quali non è stabilito un minimo edittale di pena detentiva – con conseguente operatività del minimo assoluto di cui all’art. 23, comma 1, c.p. – e nei quali, pertanto, sono potenzialmente sussumibili condotte della più tenue offensività, non può essere estesa ad una ipotesi in cui la pena minima è stabilita in un anno e sei mesi di reclusione.

Cassazione penale sez. III, 20/10/2020, n.6163

In tema di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, in caso di società di persone, il dolo specifico di evasione può riferirsi anche all’evasione dell’Irpef, atteso che la dichiarazione societaria deve avere ad oggetto anche tale imposta, fermo restando che assoggettati al pagamento sono i singoli soci con riguardo alla rispettiva quota di partecipazione.

 

Cassazione penale sez. III, 26/06/2020, n.20901

È configurabile il concorso fra la contravvenzione di cui all’art. 18 d.lg. 10 settembre 2003, n. 276 ed il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ai fini dell’i.v.a., nel caso di utilizzo di fatture rilasciate da una società che ha effettuato interposizione illegale di manodopera.

 

Cassazione penale sez. III, 19/03/2020, n.12680

In tema di reati tributari, il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’articolo 2 del Dlgs 10 marzo 2000 n. 74, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l’evento tipico (la presentazione della dichiarazione), è compatibile con il dolo eventuale, da intendere in termini di lucida accettazione, da parte dell’agente, dell’evento lesivo, e quindi anche del fine di evasione o di indebito rimborso, come conseguenza della sua condotta. La prova del dolo va desunta dagli elementi indiziari ricavati dalla fattispecie (cfr. sezioni Unite, 24 aprile 2014, Espenhahn) (ciò che, nella specie, relativa peraltro ad applicazione di misura cautelare reale, risultava essere stato motivatamente fatto, avendo il giudice del riesame valorizzato, in particolare: a) la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa, stante l’assenza di qualunque accertamento su fornitori che pure avevano erogato beni per importi consistenti; b) la durata e la ripetizione dell’azione, articolatasi per più forniture; c) il comportamento successivo al fatto, e cioè l’immediata cessazione in coincidenza della verifica fiscale eseguita nei confronti della società “cartiera”; d) il fine della condotta, di conseguire un “risparmio” di spesa, e la compatibilità con esso dell’accettazione di utilizzare fatture per operazioni soggettivamente inesistenti).

 

Cassazione penale sez. III, 15/11/2019, n.1998

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti sussiste sia nell’ipotesi di inesistenza oggettiva dell’operazione, cioè quando non sia stata posta mai in essere nella realtà, sia in quella di inesistenza soggettiva, ossia quando l’operazione vi sia stata ma per quantitativi inferiori a quelli indicati in fattura, sia infine nel caso di sovrafatturazione qualitativa, nel quale la fattura attesti la cessione di beni e/o servizi aventi un prezzo maggiore di quelli forniti, in quanto oggetto di repressione penale è ogni tipo di divergenza tra la realtà commerciale e la sua espressione documentale. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’esposizione nella dichiarazione di dati fittizi anche solo soggettivamente implica la creazione delle premesse per un rimborso al quale non si ha diritto e l’indicazione di un soggetto diverso da quello che ha effettuato la fornitura non è circostanza indifferente ai fini dell’Iva, dal momento che la qualità del venditore può incidere sulla misura dell’aliquota e, conseguentemente, sull’entità dell’imposta che l’acquirente può legittimamente detrarre).

 

Cassazione penale sez. III, 12/11/2019, n.10916

In tema di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, integra una operazione soggettivamente inesistente quella non realmente intercorsa tra i soggetti che figurano quale emittente e percettore della fattura. La diversità può riguardare chi abbia emesso il documento ma non abbia in realtà effettuato alcuna prestazione, ovvero il caso in cui essa sia stata effettuata non in favore di colui che risulta destinatario del documento fiscale. In quest’ultimo caso la diversità riguarda il destinatario della fattura, che quindi la utilizza pur non essendo committente, né beneficiario di alcuna prestazione, annotando nella contabilità i costi sostenuti ed i crediti d’IVA senza che ciò corrisponda ad una operazione realmente intercorsa tra le parti: il beneficiario è un altro, mentre non documento è indicato un soggetto che non ha preso parte all’operazione economica.

Cassazione penale sez. III, 07/11/2019, n.8995

In tema di reati tributari, il limite alla pignorabilità fissato dal comma 1, lett. a), dell’art. 76 d.P.R. n. 602/1973 nel testo introdotto dall’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. n. 69/2013 convertito, con modifiche, dalla l. n. 98/2013 si riferisce solo alle espropriazioni da parte del Fisco, e non a quelle promosse da altre categorie di creditori; non riguarda la “prima casa”, ma l’unico immobile di proprietà del debitore; non trova comunque applicazione alla confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né al sequestro preventivo ad essa preordinato.

 

Cassazione penale sez. III, 12/02/2019, n.29977

In tema di utilizzazione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, i costi relativi alle stesse non sono mai deducibili, con la conseguenza che la loro indicazione in dichiarazione configura una finalità di evasione e realizza un corrispondente profitto senza che rilevi in senso contrario la circostanza che, pur avendo sostenuto tali costi nei confronti del soggetto fittiziamente interposto, il destinatario della fattura sia tenuto a corrispondere nuovamente l’Iva al soggetto che ha realmente fornito la prestazione, quale normale conseguenza di ogni interposizione fittizia.

 

Cassazione penale sez. III, 30/01/2019, n.17702

In tema di reati tributari, ai sensi dell’art. 18, comma 2, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, i delitti in materia di dichiarazione previsti dal capo primo del titolo secondo del medesimo decreto legislativo si considerano consumati nel luogo in cui il contribuente ha il domicilio fiscale, che, nel caso di impresa individuale, coincide con quello del titolare dell’impresa medesima.

Cassazione penale sez. III, 24/01/2019, n.16768

Il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti (articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000) è integrato, con riguardo all’evasione delle imposte sui redditi, dalla sola inesistenza oggettiva delle prestazioni, ove si ha diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre non è ravvisabile nell’ipotesi di inesistenza soggettiva, ove l’operazione oggetto di imposizione fiscale è stata effettivamente eseguita, rilevando la mancata corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato in fattura e il soggetto che abbia erogato la prestazione solo ai fini Iva.

 

Cassazione penale sez. III, 23/11/2018, n.10801

In tema di delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, la causa di non punibilità, prevista dall’art. 5-quinquies d. l. 28 giugno 1990, n. 167, che opera per l’imputato che abbia prestato collaborazione volontaria ai sensi dell’art. 5-quater del medesimo decreto legge (cd. voluntary disclosure), determina, al completamento della procedura ed al pagamento delle somme dovute, il venir meno della natura di profitto del reato delle somme derivate dalla utilizzazione delle fatture emesse per operazioni inesistenti, precludendone la confiscabilità e rendendo, conseguentemente, illegittima la protrazione di un sequestro finalizzato unicamente a detta confisca.

 

Cassazione penale sez. III, 25/10/2018, n.6360

In tema di frodi fiscali, è configurabile il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 2 d.lgs.10 marzo 2000, n. 74 del 2000, ogni qualvolta il contribuente, per effettuare una dichiarazione fraudolenta, si avvalga di fatture o altri documenti che attestino operazioni realmente non effettuate, non rilevando la circostanza che la falsità sia ideologica o materiale. (In motivazione, la Corte ha escluso che il riferimento a talune ipotesi di fatturazione, contenuto nell’art. 3, comma 3, del medesimo decreto legislativo dopo la riforma di tale disposizione operata dal d.lgs. 24 settembre 2015, n. 158, abbia inciso sul rapporto di specialità reciproca esistente tra il reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000 e quello di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, in quanto, accanto ad un nucleo comune costituito dalla presentazione di una dichiarazione infedele, il primo presuppone l’utilizzazione di fatture o documenti analoghi relativi ad operazioni inesistenti, mentre il secondo, una falsa rappresentazione delle scritture contabili obbligatorie nonché l’impiego di altri mezzi fraudolenti idonei a ostacolare l’accertamento e il raggiungimento della soglia di punibilità).

 

Cassazione penale sez. III, 20/07/2018, n.53318

In tema di reati tributari, il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di cui all’art. 2 del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, tutela l’interesse dello Stato a riscuotere ciò che è dovuto nell’ambito e nei limiti del diritto tributario. (In motivazione la Corte ha precisato che l’utilizzazione delle fatture per operazioni inesistenti costituisce un ante factum meramente strumentale alla realizzazione dell’illecito).

 

Cassazione penale sez. III, 26/06/2018, n.53637

In tema di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, per la determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa non assume rilievo la natura soggettiva o meno dell’operazione che ha portato all’emissione delle fatture, quanto, piuttosto, il principio generale dell’”effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità”, che, se superato, inibisce l’operazione deduttiva, dei costi. Per l’effetto, devono considerarsi indeducibili i costi comunque “riconducibili” alla condotta criminosa, conseguendone che i costi sostenuti per la realizzazione della frode, essendo essi stessi lo strumento per i realizzare l’evasione di imposta, sono indeducibili e non possono essere considerati per ridurre il quantum dell’imposta evasa (la Corte ha precisato anche che sul principio affermato non esplica alcuna rilevanza la disposizione di cui all’ articolo 14, comma 4 bis della legge 24 dicembre 1993, n. 537, come modificato dall’ articolo 8, comma 1, del Dl 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012 n. 44,  perché trattasi di previsione che, nel prevedere l’indeducibilità dei soli componenti negativi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi, si limita a stabilire una regola per le sole procedure di accertamento tributario ai fini delle imposte sui redditi, inapplicabile quindi per la determinazione dell’ammontare dell’imposta evasa in relazione al reato di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti).

 

Cassazione penale sez. III, 19/06/2018, n.52411

In tema di reati tributari, il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 2 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l’evento tipico (la presentazione della dichiarazione), è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’Iva.

 

Cassazione penale sez. III, 24/05/2018, n.46956

In tema di reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture, la sussistenza a carico del cessionario, ai sensi dell’art. 60-bis del DPR 26 ottobre 1972, n. 633, di un obbligo solidale di versamento dell’IVA gravante sul cedente, peraltro riguardante le sole cessioni reali effettuate a un prezzo inferiore al valore normale e non anche le operazioni inesistenti, non esclude che, a carico del primo, sia comunque ipotizzabile il dolo specifico di evasione, atteso che il meccanismo dell’IVA, basato sulla continuità della registrazione di debiti e crediti nelle contabilità dei soggetti operanti, ammette la possibilità che l’utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti sia finalizzata all’evasione.

 

Cassazione penale sez. IV, 20/03/2018, n.17401

I reati di dichiarazione fraudolenta ai fini Iva mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti ex articolo 2 del decreto legislativo n. 74 del 2000 commessi in epoca precedente la pronuncia della sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, Grande Sezione, Taricco, dell’8 settembre 2015, anche se non ancora prescritti a tale data, rimangono soggetti alla disciplina nazionale in materia di prescrizione, pur se questa risulti in contrasto con il diritto europeo, perché idonea a pregiudicare gli obblighi imposti a tutela degli interessi finanziari dell’Unione europea. Infatti, come del resto puntualizzato dalla successiva sentenza della stessa Corte di giustizia in data 5 dicembre 2017, il contrasto – quanto al regime di prescrizione – tra il diritto europeo e il diritto nazionale non può condurre alla disapplicazione della norma di diritto interno laddove essa comporti violazione del “principio di legalità” dei reati e delle pene, nei suoi aspetti di prevedibilità, determinatezza e irretroattività della legge penale (la Corte, anzi, ha ritenuto tale affermazione di principio in grado di superare il vincolo formale del giudicato e, per l’effetto, ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata per intervenuta prescrizione, nonostante che il procedimento provenisse da precedente annullamento con rinvio, dove la Corte si era limitata ad annullare la sentenza in ordine al profilo sanzionatorio, onde si sarebbe dovuto considerare formato il giudicato sulla responsabilità).

 

Cassazione penale sez. fer., 31/08/2017, n.47603

Ai fini della configurabilità del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000 (dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti), non è necessario che le fatture o gli altri documenti siano creati da terzi compiacenti, ben potendo essi essere creati dallo stesso utilizzatore.

 

Cassazione penale sez. V, 14/07/2017, n.43976

È configurabile il concorso tra il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000) e quello di bancarotta impropria mediante operazioni dolose previsto dall’art. 223, comma 2, n. 2 l. fall. (Fattispecie in cui l’evasione dell’imposta aveva determinato l’insorgenza di consistenti debiti a carico della società amministrata dovuti a sanzioni, interessi ed oneri accessori, oltre all’IVA, con conseguente incapacità della predetta società di fare fronte alle proprie obbligazioni e conseguente fallimento della stessa).

 

Cassazione penale, sez. III, 09/06/2017, n. 39541

Il reato di utilizzazione fraudolenta in dichiarazione di fatture per operazioni inesistenti è integrato, con riguardo alle imposte dirette, dalla sola inesistenza oggettiva, relativa alla diversità, totale o parziale, tra costi indicati e costi sostenuti, mentre, con riguardo all’IVA, esso comprende anche l’inesistenza soggettiva.

 

 

Cassazione penale, sez. III, 21/04/2017, n. 34534

Ai fini della configurabilità del delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni soggettivamente inesistenti, quando risulti provata dalla pubblica accusa la fittizietà dell’intestazione delle fatture, è onere del soggetto emittente dimostrare la corrispondenza fra il dato fattuale, relativo ai rapporti giuridici che si affermano essere effettivamente intercorsi, e quello documentale, attraverso il quale tali rapporti sono attestati. (Nella specie, la Corte ha confermato la decisione di merito che aveva ritenuto sprovvista di prova la mera allegazione difensiva circa l’esistenza di una delegazione di pagamento intercorsa fra l’intestatario delle fatture di vendita di alcune autovetture ed i diversi soggetti che avevano versato il relativo prezzo).

 

Cassazione penale sez. III, 29/03/2017, n.37848

In tema di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2 d.lg. n. 74/2000), qualora si deduca, a fronte dell’obiettiva, mancata effettuazione della prestazione fatturata, che la stessa era stata comunque pagata in anticipo, occorre, per attribuire valore a tale deduzione, che la mancata effettuazione risulti annotata, entro il prescritto termine, nel registro di cui all’art. 23 d.P.R. n. 633/1972.

 

Cassazione penale, sez. III, 19/01/2017, n. 24307

In tema di reati finanziari e tributari, il delitto di emissione di fatture od altri documenti per operazioni inesistenti è configurabile anche in caso di fatturazione solo soggettivamente falsa, quando cioè l’operazione oggetto di imposizione fiscale sia stata effettivamente eseguita e tuttavia non vi sia corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato nella fattura od altro documento fiscalmente rilevante e il soggetto giuridico che abbia erogato la prestazione, in quanto anche in tal caso è possibile conseguire il fine illecito indicato dalla norma in esame, ovvero consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

 

Cassazione penale, sez. III, 30/11/2016, n. 14815

Risponde di concorso nel reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (art. 2 d.lg. n. 74 del 2000) il soggetto che, d’intesa con gli autori delle dichiarazioni, fornisca ai medesimi, nell’ambito dell’attività di “esperto contabile” prestata in loro favore, le fatture per operazioni inesistenti all’uopo fatte predisporre da terzi.

 

Cassazione penale, sez. III, 19/05/2016, n. 7941

Il reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ex art. 2 d.Lg. n. 74/2000, è integrati dalla registrazione in contabilità delle false fatture o dalla loro conservazione ai fini di prova, nonché dall’inserimento nella dichiarazione di imposta dei corrispondenti elementi fittizi, condotte queste ultime tutte congiuntamente necessarie ai fini della punibilità.

 

La rassegna delle più recenti massime in tema di emissione di fatture per operazioni inesistenti:

Cassazione penale sez. III, 04/02/2020, n.9883

In tema di reati tributari, l’attenuante di cui all’art. 13-bis, comma 1, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, che consegue al pagamento dei debiti tributari, comprese sanzioni amministrative e interessi, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, richiede il presupposto della esistenza di un debito tributario suscettibile di essere adempiuto sicché non è applicabile in relazione ai reati che sussistono pur in assenza di un’evasione di imposta. (Fattispecie di reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti).

 

Cassazione civile sez. trib., 16/12/2019, n.33050

Il contribuente risponde contemporaneamente di sanzioni penali (es. pena ai sensi dell’art. 444 c.p.p. in relazione al reato di emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti) e amministrative nel caso in cui abbia emesso fatture false. Non c’è violazione del principio del ne bis in idem in caso di condanna, per gli stessi fatti, di un soggetto alle sanzioni penali e a quelle amministrative/tributarie, anche se di natura sostanzialmente penale. Sia a livello europeo che nazionale è, infatti, riconosciuta la possibilità del cumulo tra le due sanzioni, purché le stesse, sommate, non siano eccessivamente gravose rispetto al reato commesso e i due giudizi, penale e tributario, siano strettamente connessi, sia dal punto di vista sostanziale che temporale.

 

Cassazione penale sez. III, 22/11/2019, n.3163

In tema di reati tributari, la fattispecie di cui all’art. 8, comma 3, d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, abrogata dal d.l. 13 agosto 2011, n. 138, conv., con modificazioni, dalla l. 14 settembre 2011, n. 148, ha natura di reato autonomo e non di circostanza attenuante ad effetto speciale.

 

Cassazione penale sez. III, 06/11/2019, n.6509

In tema di reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, la mancata indicazione specifica dei soggetti beneficiari delle stesse nel capo di imputazione non comporta alcuna genericità o indeterminatezza della contestazione del delitto di cui all’art. 8 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, allorché tali soggetti siano agevolmente identificabili in forza di elementi fattuali che ne rendano comunque possibile l’individuazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto sufficientemente determinato il capo di imputazione che si riferiva a tutte le fatture dell’anno 2011).

 

Cassazione penale sez. III, 16/07/2019, n.40072

Il sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta o per equivalente, non impedisce il sequestro preventivo cd. impeditivo ove sussista il fumus di un diverso e successivo reato. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto applicabile il sequestro preventivo cd. impeditivo di una unità operativa di una società utilizzata per l’emissione di fatture per operazioni inesistenti, anche se era già stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per equivalente sul rilievo del differente oggetto e della differente finalità dei due istituti).

 

Cassazione penale sez. III, 24/05/2019, n.39316

In tema di reati tributari, ai fini della configurabilità del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, non è necessario, sotto il profilo soggettivo, che il fine di favorire l’evasione fiscale di terzi attraverso l’utilizzo delle fatture emesse sia esclusivo, essendo integrato anche quando la condotta sia commessa per conseguire anche un concorrente profitto personale.

 

Cassazione penale sez. III, 10/05/2019, n.29519

In tema di competenza per territorio relativa ai reati di emissione di più fatture per operazioni inesistenti, il criterio del luogo di iscrizione nel registro degli indagati del primo procedimento penale dettato dall’art. 18, comma 3, d lg. n. 74 del 2000, opera unicamente con riguardo a più condotte di emissione riguardanti il medesimo periodo di imposta e non anche nel caso di emissione relativa a periodi di imposta diversi.

 

Cassazione penale sez. III, 28/09/2018, n.53319

In tema di reati tributari, il delitto di emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti è configurabile esclusivamente in caso di fatturazione che presenta una diversità tra uno o entrambi i soggetti indicati nel documento e coloro che hanno posto in essere l’operazione oggetto di imposizione fiscale e, pertanto, ha rilievo penale la sola identità individuale del soggetto e non le diverse qualifiche, qualità o altri elementi che connotano il soggetto dell’operazione inesistente. (Fattispecie in cui la Corte ha annullato la sentenza di merito che aveva ravvisato l’inesistenza soggettiva con riguardo alla mancanza nell’acquirente della qualità di soggetto esente IVA).

 

Cassazione penale sez. III, 28/09/2018, n.53319

Il reato di emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti è configurabile esclusivamente in presenza di fatture che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi, assumendo rilevanza penale solo la diversità tra uno o entrambi i soggetti indicati in fattura rispetto a coloro che hanno posto in essere l’operazione indicata. Ne consegue che tale diversità non riguarda qualifiche, qualità o altri elementi del soggetto o dei soggetti dell’operazione inesistente, bensì la sola identità individuale, che identifica il soggetto rispetto a terze parti (nella specie, la Corte ha ritenuto errata la tesi secondo cui l’inesistenza soggettiva potesse affermarsi con riguardo alla mera mancanza nell’acquirente commerciale della qualità di soggetto esente Iva).

 

Cassazione penale sez. III, 05/07/2018, n.47459

Il delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall’art. 8 d.lg. 10 marzo 2000, n. 74, è reato istantaneo che si consuma nel momento di emissione della fattura ovvero, ove si abbiano plurimi episodi nel medesimo periodo di imposta, nel momento di emissione dell’ultima di esse, non essendo richiesto che il documento pervenga al destinatario, né che quest’ultimo lo utilizzi. (Fattispecie in cui la Suprema Corte, ai fini della decorrenza del termine di prescrizione del reato, ha tenuto conto della data riportata sulla fattura, in assenza di altri elementi da cui desumere la data reale di emissione del documento).

 

Cassazione penale sez. II  07/06/ 2018  n. 30401  

In materia di reati tributari, ai fini del sequestro e successiva confisca, il prezzo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti è identificabile nel compenso pattuito o riscosso per eseguire il delitto.

 

Cassazione penale sez. VI  13/10/ 2016 n. 52321  

Integra il reato di emissione di fatture inesistenti al fine di eludere le imposte dirette e l’IVA, previsto dall’art. 8, D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, l’emissione di fatture aventi ad oggetto la prestazione di servizi di consulenza, al fine di “coprire” l’erogazione di somme di denaro in esecuzione di un accordo corruttivo, essendo tali operazioni riconducibili alla categoria delle “operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte” prevista dall’art. 1, comma primo, lett. a), D.Lgs. n. 74 del 2000.

 Cassazione penale sez. III  20/09/2016 n. 47972  

L’amministratore condannato per il reato di cui all’art. 8 d.lg. n. 74/2000, relativo all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, per invocare l’esimente dello stato di necessità, ex art. 54 c.p., ha l’onere di allegare di aver agito per insuperabile stato di costrizione, avendo subito la minaccia di un male imminente non altrimenti evitabile (nel caso di specie, l’amministratore di diritto sosteneva di essere una mera “testa di legno” e di aver sottoscritto le fatture sotto la minaccia di licenziamento da parte dell’amministratore di fatto).

 

Cassazione penale sez. III  15/10/2014 n. 50628  

In tema di reati tributari, non integra la fattispecie di emissione di fatture per operazioni inesistenti (art. 8 d.lg. n. 74 del 2000) la consegna di fattura priva dei requisiti di forma e contenuto indicati dall’art. 21, comma 2, d.P.R. n. 633 del 1972, che costituiscono gli elementi necessari affinché si possa presumere la veridicità di quanto rappresentato nel documento, così da renderlo idoneo a costituire titolo per il contribuente ai fini della deduzione del costo relativo. (Fattispecie di rilascio a terzi di bollettari, in bianco, completi di partita i.v.a. e del timbro con la ragione sociale dell’impresa).

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