E’ responsabile dell’incidente sul lavoro il preposto che non impedisce al dipendente di un grande magazzino di lavorare in altezza utilizzando una semplice scala a libro in luogo del prescritto carrello elevatore.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 22271.2021, resa dalla IV Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di lesioni personali colpose in violazione della normativa a tutela della sicurezza sul lavoro, si sofferma sul perimento della posizione di garanzia del preposto come ritagliato dal D.lgs. 81/2008 e successive modificazioni.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, enuncia il principio di diritto secondo cui, ai fini dell’individuazione del garante della sicurezza nell’ambito delle organizzazioni complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio dalla cui concretizzazione sono derivate le lesioni personali.

Segnatamente, nella pronuncia in disamina il Collegio del diritto, facendo applicazione al caso di specie di principi già elaborati afferma che  la responsabilità penale in caso di incidente sul lavoro avvenuto in una delle sedi di grande gruppo commerciale non è da ascrivere al datore di lavoro ma al preposto  e deriva dall’obbligo su di lui gravante di sovrintendere e vigilare sull’osservanza da parte dei lavoratori delle misure cautelari in materia antinfortunistica, se del caso intervenendo per garantirne il rispetto.

Per una migliore comprensione dell’argomento qui trattato, di seguito al commento della sentenza il lettore troverà:

(i) il testo della fattispecie incriminatrice;

(ii) gli arresti giurisprudenziali citati nella sentenza 22271/2021;

(iii) la rassegna delle più recenti massime riferite alle pronunce di legittimità relative alla posizione di garanzia del preposto, oltre agli approfondimenti sulla posizione di garanzia che il lettore può trovare nell’area del sito dedicata all’argomento.

 

L’infortunio sul lavoro, il reato contestato e il doppio giudizio di merito

Nel caso in disamina il lavoratore, impegnato nell’allestimento di una zona di esposizione all’interno dello stabilimento, cadeva dalla struttura metallica sulla quale si trovava per svolgere l’attività di movimentazione di carichi in quota – senza uso del mezzo sovente utilizzato per tale operazione vale a dire muletto o carrello elevatore – così riportando lesioni personali.

All’imputato, tratto a giudizio nella qualità di responsabile dei reparti di falegnameria e sistemazione dello stabilimento, era stato contestato dalla Procura capitolina il delitto di lesioni personali colpose (previsto e punito dall’art. 590 c.p.), per aver omesso di sovrintendere e vigilare sulla osservanza delle disposizioni aziendali sull’uso dei mezzi di protezione individuali e collettivi.

La Corte di appello di Roma, in riforma della sentenza di condanna resa dal Tribunale di Velletri, assolveva il prevenuto con formula piena.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa della parte civile proponeva ricorso per cassazione (limitatamente agli effetti civili) contro  la decisione della Corte distrettuale, articolando due motivi di gravame.

La Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili, con rinvio al giudice civile competente per grado (la Corte di appe

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“La corte territoriale, infatti, ha ritenuto accertata la qualità di preposto dell’imputato, ma non vi ha ricondotto gli obblighi propri di quella posizione, come puntualmente richiamati nella imputazione, vale a dire quello di vigilanza sulla osservanza da parte dei lavoratori delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e, segnatamente, di quella che prevede l’uso dei presidi collettivi e individuali disponibili per movimentare i carichi in quota.

Trattasi di un obbligo espressamente contemplato dall’art. 19 c. 1 lett. a), d.lgs. 81/08, a mente del quale, per l’appunto, il preposto deve «sovrintendere e vigilare sulla osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza della inosservanza, informare i loro superiori diretti».

A fronte di tale specifico obbligo e di esiti istruttori incontestabilmente dimostrativi del fatto che, nell’occorso, non era stato utilizzato il presidio previsto (muletto o elevatore), siccome temporaneamente spostato in altro reparto dello stesso stabilimento, ma una ordinaria scala a libro che non raggiungeva l’altezza del piano di lavoro, la Corte capitolina ha apoditticamente affermato, da un lato, l’equivalenza dei due strumenti di lavoro (elevatore e comune scala a libro); dall’altro, attribuito a una scelta improvvida del lavoratore l’accesso alla scaffalatura per raggiungere la quota di lavoro. Così facendo, tuttavia, non ha tenuto in alcun conto la diversa altezza raggiungibile con i due strumenti, né valutato se, per quel tipo di lavorazione, lo strumento di sicurezza aziendale consentisse l’utilizzo dell’uno, piuttosto che dell’altro, limitandosi ad affermare che sul punto non esistevano indicazioni in «alcun regolamento». Entrambi gli assunti sono fallaci, non solo alla luce dei principi da tempo elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in materia, ma anche da un punto di vista logico.

Sotto il primo profilo, infatti, si è già chiarito, in tema di infortuni sul lavoro, che il datore di lavoro può assolvere all’obbligo di vigilare sull’osservanza delle misure di prevenzione adottate attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi (cfr. sez. 4 n. 14915 del 19/02/2019, Rv. 275577 […]). Ciò costituisce diretto precipitato del principio secondo cui, ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse, occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa, a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo (cfr. sez. 4 n. 22606 del 04/04/2017, Rv. 269972 […])”.

La fattispecie incriminatrice:

Art. 590 c.p. – Lesioni personali colpose

Chiunque cagiona ad altri per colpa [43] una lesione personale [582] è punito con la reclusione fino a tre mesi o con la multa fino a 309 euro.

Se la lesione è grave [5831] la pena è della reclusione da uno a sei mesi o della multa da 123 euro a 619 euro; se è gravissima [5832], della reclusione da tre mesi a due anni o della multa da 309 euro a 1.239 euro.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro la pena per le lesioni gravi è della reclusione da tre mesi a un anno o della multa da euro 500 a euro 2.000 e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da uno a tre anni.

Se i fatti di cui al secondo comma sono commessi nell’esercizio abusivo di una professione per la quale e’ richiesta una speciale abilitazione dello Stato o di un’arte sanitaria, la pena per lesioni gravi e’ della reclusione da sei mesi a due anni e la pena per lesioni gravissime e’ della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni.

Nel caso di lesioni di più persone si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentata fino al triplo; ma la pena della reclusione non può superare gli anni cinque.

Il delitto è punibile a querela della persona offesa [120], salvo nei casi previsti nel primo e secondo capoverso, limitatamente ai fatti commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all’igiene del lavoro o che abbiano determinato una malattia professionale.

 

Le pronunce citate nella sentenza in commento:

Cassazione penale sez. IV, 19/02/2019, n.14915

In tema di infortuni sul lavoro, il datore di lavoro può assolvere all’obbligo di vigilare sull’osservanza delle misure di prevenzione adottate attraverso la preposizione di soggetti a ciò deputati e la previsione di procedure che assicurino la conoscenza da parte sua delle attività lavorative effettivamente compiute e delle loro concrete modalità esecutive, in modo da garantire la persistente efficacia delle misure di prevenzione scelte a seguito della valutazione dei rischi. (Fattispecie in tema di responsabilità del datore di lavoro per il decesso di un lavoratore dovuto alla sopravvenuta inadeguatezza delle misure di prevenzione adottate in conseguenza del mutamento delle modalità esecutive delle lavorazioni rispetto a quelle previste nel POS, in cui la Corte ha annullato con rinvio la sentenza che aveva affermato la responsabilità del datore di lavoro, nonostante la nomina di un preposto presente al momento dell’infortunio, riconducendo la mancata conoscenza della decisione di ricorrere a modalità esecutive diverse da quelle previste ad una violazione del suo obbligo di controllare personalmente l’andamento dei lavori in cantiere).

Cassazione penale sez. IV, 04/04/2017, n.22606

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, il che non vale, tuttavia, a rendere efficace una delega priva dei requisiti di legge. (Fattispecie relativa al rilascio di una delega priva di elementi che consentissero di verificarne con certezza l’epoca del conferimento e caducata in seguito al mutamento dell’organo di governo dell’ente).

 

La rassegna delle più recenti massime relative alla posizione di garanzia del preposto

Cassazione penale sez. IV, 20/02/2019, n.22079

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto. (Fattispecie relativa all’assunzione di fatto degli obblighi di garanzia del datore di lavoro da parte del legale rappresentante di una ditta subappaltatrice di lavori di posa in opera della copertura in legno di un fabbricato, nei confronti di un artigiano da lui incaricato di provvedere allo scarico di un automezzo, nonostante tale attività non fosse di competenza né della sua impresa né della sua committente).

 

Cassazione penale sez. IV, 05/10/2018, n.49373

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto, anche se formalmente ha appaltato a terzi le opere che hanno dato origine all’infortunio. In particolare, ai sensi dell’art. 26 d.lg. n. 81 del 2008, il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo, è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa e a coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori.

 

Cassazione penale sez. IV, 10/10/2017, n.50037

In materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, in base al principio di effettività, assume la posizione di garante colui il quale di fatto si accolla e svolge i poteri del datore di lavoro, del dirigente o del preposto. (Fattispecie relativa all’assunzione di fatto degli obblighi di garanzia del datore di lavoro o del preposto da parte del dipendente che dirigeva personalmente gli operai in cantiere, dando indicazioni al lavoratore infortunato circa le modalità di esecuzione dei lavori, in difformità da quanto previsto nel piano operativo di sicurezza).

 

Cassazione penale sez. IV, 06/05/2016, n.24136 

In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, ai fini dell’individuazione del garante nelle strutture aziendali complesse occorre fare riferimento al soggetto espressamente deputato alla gestione del rischio essendo, comunque, generalmente riconducibile alla sfera di responsabilità del preposto l’infortunio occasionato dalla concreta esecuzione della prestazione lavorativa; a quella del dirigente il sinistro riconducibile al dettaglio dell’organizzazione dell’attività lavorativa e a quella del datore di lavoro, invece, l’incidente derivante da scelte gestionali di fondo. (In motivazione la Corte ha precisato che deve ritenersi, comunque, responsabile il datore di lavoro, per il potere-dovere generale di vigilanza su di lui gravante, in tutte le ipotesi in cui l’organizzazione aziendale non presenta complessità tali da sollevare del tutto l’organo apicale dalle responsabilità connesse gestione del rischio).

 

Cassazione penale sez. IV, 24/11/2015, n.4340

In tema di sicurezza sul lavoro, il capo cantiere, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza sul lavoro, tra cui rientra il dovere di segnalare situazioni di pericolo per l’incolumità dei lavoratori e di impedire prassi lavorative “contra legem”. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità del capo-cantiere in ordine al reato di omicidio colposo per non aver impedito che i lavoratori operassero quotidianamente all’interno di uno scavo privo delle idonee armature di sostegno).

 

Cassazione penale sez. IV, 17/04/2013, n.24764

In tema di prevenzione degli infortuni, il “sorvegliante di cava”, la cui posizione è assimilabile a quella del preposto, assume la qualità di garante dell’obbligo di assicurare la sicurezza del lavoro, in quanto sovraintende alle attività, impartisce istruzioni, dirige gli operai, attua le direttive ricevute e ne controlla l’esecuzione, sicché egli risponde delle lesioni occorse ai dipendenti. (Fattispecie nella quale è stata ritenuta la responsabilità di un “sorvegliante di cava” per aver consentito ad un dipendente inesperto di movimentare blocchi di marmo, la cui caduta provocava a quest’ultimo lo schiacciamento e la successiva amputazione di una gamba).

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA