Il limite dell’espropriazione dell’unico immobile di proprietà del contribuente non si applica in materia di sequestro preventivo del profitto del reato tributario.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 35809.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi in materia di misure cautelari reali, si sofferma sul tema spesso ricorrente nella pratica giudiziaria quotidiana dell’applicabilità o meno dei limiti di espropriazione immobiliare previsti dalla disciplina fiscale nell’ambito del diritto penale tributario.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ripropone, dandogli continuità, il principio di diritto secondo cui il limite all’espropriazione dell’abitazione del contribuente debitore previsto dalla legislazione tributaria (art.76 comma 1 n. 2) D.P.R. 602/1973), riguarda non già la prima casa, bensì l’unico immobile di proprietà e vale solo nei confronti dell’Erario per i debiti tributari e non di altre categorie di creditori.

Conseguentemente nell’ambito del diritto penale tributario l’indagato proprietario (o comproprietario) dell’immobile nulla può opporre all’applicazione del vincolo ablatorio del sequestro preventivo funzionale alla confisca del profitto del delitto.

 

I reati provvisoriamente contestati e la fase cautelare reale di merito

Nel caso di specie all’indagato erano stati provvisoriamente contestati i delitti di omessa dichiarazione, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsti e puniti rispettivamente dagli artt. 5, 2, 8 D.lgs. 74/2000.

Il Tribunale di Trento rigettava la richiesta di riesame avanzata dal prevenuto avverso il decreto con il quale il GIP presso il Tribunale di Rovereto che aveva disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta o per valore.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione contro l’ordinanza resa dal Tribunale della Libertà, deducendo, con un unico motivo di gravame, la violazione dell’art. 76 d.P.R. 602/73.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“Secondo il consolidato insegnamento della Corte di cassazione, il limite alla espropriazione immobiliare previsto dall’art. 76, comma 1, lett. a), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, nel testo introdotto dall’art. 52, comma 1, lett. g), del d.l. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98), opera solo nei confronti dell’Erario, per debiti tributari, e non di altre categorie di creditori, riguarda l’unico immobile di proprietà, e non la “prima casa” del debitore, e non costituisce un limite all’adozione né della confisca penale, sia essa diretta o per equivalente, né del sequestro preventivo ad essa finalizzato (Sez. 3, n. 8995 del 07/11/2019, Rv. 278275 – 01; Sez. 5, n. 48616 del 20/09/2018, Rv. 274145 – 01; Sez. 3, n. 7359 del 04/02/2014, Rv. 261500 – 01); […]

non si applica al caso di specie il principio affermato da Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, Rv. 268797 – 01, secondo cui la disposizione di cui all’art. 52, comma primo, lettera g), del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, in legge 9 agosto 2013, n. 98) – che vieta all’agente della riscossione, in specifiche ipotesi e condizioni, di procedere all’espropriazione della “prima casa” del debitore – preclude l’applicazione del sequestro preventivo, finalizzato alla confisca diretta, dell’abitazione di soggetto indagato per il delitto di cui all’art.11, comma primo, d. Igs. 10 marzo 2000, n.74, commesso mediante l’alienazione simulata del cespite immobiliare; ciò sul rilievo che il delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte è reato di pericolo concreto ed esige pertanto che la condotta sia idonea a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, quivi già ” ex ante” non consentita per mancanza dei relativi presupposti normativi”.  

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