Emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti: ai fini dell’adozione della confisca, il profitto del reato conseguito dall’emittente va tenuto distinto da quello dell’utilizzatore.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 37933.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di emissione di fatture per operazioni inesistenti e dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti, si sofferma sull’istituto della confisca per equivalente del profitto dei reati tributari.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha enuncia il principio di diritto secondo cui, posto che l’art. 9 d.lgs. 74/2000 esclude il concorso reciproco tra l’emittente le fatture per operazioni inesistenti e il fruitore delle stesse, il profitto del reato conseguito dall’emittente, da sottoporre a sequestro preventivo funzionale alla confisca, non può coincidere con quello conseguito dall’utilizzatore.

Invero, il profitto conseguito dal primo – il cd. prezzo del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti – va individuato in qualsiasi utilità economica valutabile e immediatamente o indirettamente derivante dalla commissione del delitto; viceversa, il profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture per operazioni inesistenti, è dato dall’indebito risparmio di imposta risultante dall’uso delle suddette fatture.

I reati contestati e il doppio giudizio di merito

Nel caso di specie agli imputati erano stati contestati i delitti di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsti e puniti, rispettivamente, dagli artt. 2 e 8 d.lgs. 74/2000.

La Corte di appello di Trento – Sezione distaccata di Bolzano, in parziale riforma della sentenza di condanna resa dal locale Tribunale, dichiarava non doversi procedere nei confronti di uno dei prevenuti per estinzione dei reati ascrittigli per intervenuta prescrizione e confermando la confisca diretta; dichiarava non doversi procedere nei confronti del secondo imputato per alcuni dei delitti addebitatigli, rideterminando la pena inflitta per gli altri e confermando la confisca diretta e per equivalente.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa dei giudicabili proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di gravame.

La Suprema Corte sul punto qui di interesse,  ha annullato la sentenza impugnata, limitatamente alla disposta confisca, con riferimento ad entrambi i ricorrenti, con rinvio per nuovo giudizio sul punto alla Corte d’appello di Trento.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento che trattano l’argomento oggetto del presente commento:

“Deve, a questo punto, considerarsi che, mentre l’utilizzatore consegue un profitto pari all’indebito risparmio di imposta risultante dall’utilizzo delle fatture per operazioni inesistenti, l’emittente consegue, abitualmente, un utile dalla commissione del reato, da qualificare dogmaticamente quale “prezzo del reato”, da tenersi distinto dal ricordato profitto conseguito dall’utilizzatore, pari al compenso versatogli da questo per l’emissione delle fatture; si tratta di regola di un importo inferiore, anche in maniera macroscopica, al profitto realizzato dell’utilizzatore. Non potendosi configurare il concorso, come sopra precisato, non appare conforme al diritto prevedere per l’emittente un sequestro preventivo e una successiva confisca per un importo finanziario avente un valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture. Nei suoi confronti, il sequestro potrà essere disposto solo ed esclusivamente per il compenso (id est: il prezzo del reato) da lui conseguito (per altro non in termini di necessarietà ai fini della integrazione del reato, trattandosi di delitto di pericolo e non di danno).

In tal senso, giova tener presente il principio di diritto secondo cui, in materia di emissione di fatture per operazioni inesistenti, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente non può essere disposto sui beni dell’emittente per il valore corrispondente al profitto conseguito dall’utilizzatore delle fatture medesime, poiché il regime derogatorio previsto dall’art. 9 del d.lgs. n. 74 del 2000 escludendo la configurabilità del concorso reciproco tra chi emette le fatture per operazioni inesistenti e chi se ne avvale – impedisce l’applicazione in questo caso del principio solidaristico, valido nei soli casi di illecito plurisoggettivo. (In motivazione, la Suprema Corte ha chiarito che il vincolo nei confronti dell’emittente può essere imposto in relazione al solo prezzo del delitto di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 74 del 2000, da individuare – in sede di sequestro – con riferimento a qualsiasi utilità economica valutabile ed immediatamente o indirettamente derivante dalla commissione del reato) (Sez. 3, n. 43952 del 05/05/2016, Rv. 267925; Sez. 3, n. 15458 del 04/02/2016, Rv. 266832; Sez. 3, n. 42641 del 26/09/2013, Rv. 257419). Inoltre, in tema di reati tributari, la confisca per equivalente del profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti, astrattamente consentita dall’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, non può essere disposta qualora dalla commissione della condotta non sia derivato un effettivo risparmio di imposta né per l’emittente, né per il destinatario dei documenti fittizi (Sez. 3, n. 48104 del 06/11/2013, Rv. 258052)”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA