La Cassazione traccia il perimetro della prova liberatoria che la difesa dell’imputato deve fornire per l’assoluzione dal reato di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 40042.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, si sofferma sul valore probatorio dei modelli DM 10 tramite i quali l’accusa può dimostrare la materialità del fatto di reato ed il contenuto dell’onere di allegazione e di prova che la difesa deve articolare nel processo per propiziare una pronuncia assolutoria  connessa alla lamentata crisi di liquidità.

In particolare, quanto alla prima questione, la Suprema Corte enuncia il principio di diritto secondo cui i modelli DM 10 formati secondo il sistema informatico UNIEMENS e provenienti dal datore di lavoro, possono essere valutati come piena prova dell’effettiva corresponsione delle retribuzioni ai lavoratori, gravando sul contribuente l’onere di allegazione della prova contraria.

Con riferimento alla seconda questione, al fine di andare esente da responsabilità penale, l’imputato è tenuto a fornire la prova di essersi trovato nell’assoluta impossibilità di adempiere alle obbligazioni previdenziali e assistenziali in ragione della crisi di liquidità che ha investito l’impresa, non imputabile a scelte imprenditoriali del contribuente e di aver posto in essere tutte le possibili azioni volte a consentirgli di recuperare le somme destinate al pagamento dei lavoratori.

 

Il reato contestato e il giudizio di merito

Nel caso di specie all’imputato, tratto a giudizio nella qualità di legale rappresentante dell’impresa, era  stato contestato il delitto di omesso versamento di ritenute previdenziali e assistenziali (previsto e punito dall’art. 2 comma 1 bis d.l. 463/1983), operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti ma non versate nelle casse dell’ente previdenziale.

La Corte di appello di Bologna, riformava parzialmente riforma la sentenza resa dal locale Tribunale, limitatamente ad alcune condotte per le quali si era maturata la prescrizione.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

 

(i) La prova della condotta illecita attraverso  i modelli DM 10.

“Tale impostazione deve ritenersi corretta, dovendosi al riguardo richiamare l’ormai prevalente orientamento di questa Corte (cfr. ex multis Sez. 3, n. 42715 del 28/06/2016, Rv. 267781), secondo cui, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali operate dal datore di lavoro, i modelli DM 10, formati secondo il sistema informatico UNIEMENS, possono essere valutati come piena prova della effettiva corresponsione delle retribuzioni, trattandosi di dichiarazioni che, seppure generate dal sistema informatico dell’INPS, sono formate esclusivamente sulla base dei dati risultanti dalle denunce individuali e dalla denuncia aziendale fornite dallo stesso contribuente. Peraltro, nel caso di specie, la difesa non ha fornito alcun elemento idoneo a smentire la valenza probatoria dei modelli DM10, ferma restando l’inverosimiglianza dell’ipotesi secondo cui i dipendenti abbiano continuato a lavorare per circa un anno, senza mai ricevere e pretendere alcun emolumento. Di qui la manifesta infondatezza della doglianza”.

 

(ii) La crisi di liquidità e la sua incidenza sulla penale responsabilità.

“Ed invero, per quanto concerne il tema della rilevanza della crisi di liquidità dell’imprenditore tenuto al pagamento degli oneri previdenziali e delle obbligazioni tributarie, deve richiamarsi la consolidata affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 20266 dell’08/04/2014, Rv. 259190, Sez. 3, n. 8352 del 24/6/2014, Rv. 263128, Sez. 3, n. 5467 del 05/12/2013, Rv. 258055 e Sez. 3, n. 20725 del 27/3/2018, non mass.), secondo cui l’imputato può invocare la assoluta impossibilità di adempiere il debito erariale, quale causa di esclusione della responsabilità penale, a condizione che provveda ad assolvere gli oneri di allegazione concernenti sia il profilo della non imputabilità a lui medesimo della crisi economica che ha investito l’azienda, sia l’aspetto della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto, occorrendo cioè la prova che non sia stato altrimenti possibile per il contribuente reperire le risorse necessarie a consentirgli il corretto e puntuale adempimento delle obbligazioni tributarie, pur avendo posto in essere tutte le possibili azioni, anche sfavorevoli per il suo patrimonio personale, dirette a consentirgli di recuperare, in presenza di una improvvisa crisi di liquidità, quelle somme necessarie ad assolvere il debito erariale, senza esservi riuscito per cause indipendenti dalla sua volontà e ad egli non imputabili”.

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