La transazione con il fallimento per il pagamento del debito tributario non osta alla confisca del profitto del reato di omesso versamento dell’IVA.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 46031.2021, resa dalla III Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di omesso versamento dell’Iva, si sofferma sul tema della confisca del profitto del reato tributario.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha espresso il principio di diritto secondo cui in presenza di una transazione con il fallimento, con conseguente assunzione da parte del fallito dell’impegno di pagare i debiti tributari, è comunque possibile disporre la confisca diretta e per equivalente del profitto del reato tributario, poiché l’art. 12 bis d.lgs. 74/2000 si riferisce unicamente agli impegni formalmente assunti dal contribuente con l’erario e non anche con la curatela fallimentare.

Il reato contestato e il giudizio di merito

La Corte d’appello di Milano confermava la sentenza di condanna inflitta in primo grado all’imputato per il delitto di omesso versamento dell’Iva ex art. 10 ter d.lgs. 74/2000 commesso nella sua qualità di legale rappresentante dell’impresa e la conseguente applicazione delle sanzioni accessorie e della confisca diretta e per valore del profitto del reato tributario ai sensi dell’art. 12 bis d.lgs. 74/2000.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto

La difesa del prevenuto proponeva ricorso per cassazione avverso la decisione di secondo grado, articolando plurimi motivi di impugnazione.

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, il profitto del delitto ex art. 10-ter d.lgs. 74/2000 è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale. Nel caso in esame, il profitto è stato correttamente determinato nella somma evasa, a cui è stato sottratto l’importo successivamente versato.

Si sostiene poi che la confisca non potrebbe operare per effetto della transazione con il fallimento della società che prevederebbe l’impegno del ricorrente a pagare i debiti tributari.

Tale transazione non impedisce la confisca, diretta e per equivalente, perché il comma secondo dell’art.12-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000, norma introdotta dal D.Lgs. n.158 del 2015, fa riferimento esclusivo agli impegni formali con l’erario, non con la curatela fallimentare”.  

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA