Il dolo della bancarotta fraudolenta documentale è ricavabile dal sistematico inadempimento dei debiti tributari che ha portato al fallimento dell’impresa, desumendosi dalla condotta di depauperazione l’intenzione di sottrarre le scritture contabili al fine di occultare le operazioni dolose.

Si segnala ai lettori del blog la sentenza numero 1369.2022, resa dalla V Sezione penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su un caso di bancarotta fraudolenta documentale e causazione del fallimento per effetto di operazioni dolose, si sofferma sulla prova dell’elemento psicologico della fattispecie di bancarotta documentale contestato all’imputato nell’ambito del medesimo procedimento penale.

In particolare, la Suprema Corte, con la sentenza in commento, ha enunciato il principio di diritto secondo il quale il dolo della bancarotta fraudolenta documentale, consistente nel fine di recare pregiudizio ai creditori impedendo la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari della fallita, è desumibile, indirettamente, dalla condotta di depauperazione posta in essere attraverso il sistematico inadempimento dei debiti tributari.

Invero, secondo i Giudici di legittimità, la condotta di sottrazione della documentazione contabile relativa all’ultimo periodo di vita della società, durante il quale sono stati realizzati i suddetti sistematici inadempimenti, è ritenuta funzionale all’occultamento delle operazioni dolose che hanno interessato la gestione della società e che l’hanno portata al fallimento.

 

I reati contestati e il doppio giudizio di merito.

Nel caso di specie, all’imputato, tratto  a giudizio nella qualità di Presidente del C.d.A della società fallita, erano stati contestati i delitti di bancarotta fraudolenta documentale, cagionamento del fallimento della società per effetto di operazioni dolose e omesso versamento dell’Iva, per aver sottratto le scritture contabili obbligatorie e omesso sistematicamente il versamento dei debiti tributari.

La Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado in punto di trattamento sanzionatorio, della sentenza resa dal Giudice per l’udienza preliminare del locale Tribunale, confermava la condanna inflitta al prevenuto per i reati a lui ascritti.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione contro la decisione della Corte territoriale.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento:

“La fraudolenza, e dunque il dolo della bancarotta documentale, sono stati desunti dalla condotta depauperatoria posta in essere attraverso il sistematico inadempimento dei debiti tributari e previdenziali, che aveva determinato un passivo di quasi 20 milioni di euro; al riguardo, la sentenza impugnata ha affermato che l’assenza di qualsivoglia documentazione contabile inerente all’ultimo periodo della vita societaria evidenziasse appunto l’intenzionalità della mancata consegna o della mancata tenuta della stessa, evidentemente funzionale a tenere celata una parte degli eventi che caratterizzarono proprio l’ultimo e più delicato anno di vita della società che ha preceduto il fallimento; tante che l’asserita inattività della società nei due anni precedenti non è stata suscettibile di accertamento, proprio a causa della mancanza dei documenti concernenti tale periodo, durante il quale non è stato possibile verificare quali operazioni commerciali lecite o illecite, e potenzialmente dannose, possono essere state poste in essere dall’amministratore.

Al riguardo, va dunque ribadito che integra il reato di bancarotta documentale fraudolenta, e non di quello di bancarotta semplice, l’omessa tenuta della contabilità interna quando lo scopo dell’omissione è quello di recare pregiudizio ai creditori, impedendo la ricostruzione dei fatti gestionali (Sez. 5, n. 18320 del 07/11/2019, dep. 2020, Rv. 279179)”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA