La Cassazione ritiene non punibile il commento oggettivamente offensivo inserito nel forum se le espressioni utilizzate dal suo autore rientrano nel perimetro del diritto di critica

Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 5704.2022, depositata il 17 febbraio 2022, con la quale la Suprema Corte – Sezione V Penale, chiamata allo scrutinio di legittimità per decidere in ordine alla sussistenza o meno del reato di diffamazione aggravata per la pubblicazione su un forum aperto all’intervento di una pluralità di utenti di un commento ritenuto offensivo da parte del destinatario.

L’imputazione ed il doppio grado di merito.

Gli imputati venivano tratti a giudizio per il delitto previsto e punito dall’art. 595 cod. pen. davanti al Tribunale di Perugia per avere pubblicato sul forum online un messaggio offensivo della reputazione di un addestratore cinofilo con lesione della sua reputazione professionale.

La Corte di appello di Perugia investita dell’appello sia da parte del Procuratore Generale sia dal difensore della persona offesa – costituita parte civile, riformava la sentenza impugnata limitatamente ai capi civili della sentenza, attesa la declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione della Pubblica accusa.

La decisione della Cassazione ed il principio di diritto.

La Suprema Corte investita dal ricorso interposto dagli imputati contro i capi civili della sentenza ha annullato con rinvio la sentenza impugnata ritenendo insussistente il fatto di reato perché scriminato dal diritto di critica, considerato legittimamente esercitato ex art. 51 cod. pen.

Di seguito si riportano i più significativi passaggi estratti dal tessuto motivazionale della sentenza in commento:

“E’ il caso di rammentare che, infatti, in caso di diffamazione, questa Corte può conoscere e valutare l’offensività della frase che si assume lesiva della altrui reputazione perché è compito del giudice di legittimità procedere in primo luogo a considerare la sussistenza o meno della materialità della condotta contestata e, quindi, della portata offensiva delle frasi ritenute diffamatorie, dovendo, in caso di esclusione di questa, pronunciare sentenza di assoluzione (cfr., Sez. 5, n. 2473 del 10/10/2019, dep. il 22/01/2020, Fabi M., Rv. 278145 – 01, relativa a fattispecie in cui questa Corte ha ritenuto che la frase incriminata potesse essere scriminata in base al diritto di “critica sindacale” ed ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna pronunciata ai soli effetti civili; Sez. 5, n. 48698 del 19/09/2014, P.G., P.C. in proc. Demofonti, Rv. 261284 – 01; Sez. 5, n. 41869 del 14/02/2013, Fabrizio e altri, Rv. 256706 – 01; Sez. 5, n. 832 del 21/06/2005, dep. il 12/01/2006, Travaglio, Rv. 233749 – 01).

Seppur pacifica, anche in primo grado, una certa corrispondenza tra la narrazione fornita sul blog e l’episodio realmente accaduto – essendo incontestato che vi sia stato un approccio violento da parte del [omissis] nei confronti del cane degli imputati, avendo lo stesso assestato all’animale un colpo con il piede, prima, e con il guinzaglio, poi, sia pure ricondotto dalla predetta persona offesa, addestratore di cani, ad una legittima impostazione di azione/reazione di fronte al comportamento assunto dal cane – la Corte territoriale ha pregiudizialmente escluso l’operatività del diritto di critica in relazione alle affermazioni rese senza esaminare preliminarmente la cornice storica quale contesto da cui è scaturita l’esigenza di commentare con toni accesi i metodi dell’addestratore su una piattaforma pubblica online di confronto esperienziale fra utenti cinofili.

È doveroso, a tal punto, rammentare che la critica, per definizione, si concretizza nell’espressione di un giudizio e, più in generale, di un’opinione che, come tale, non può che essere fondata su un’interpretazione soggettiva dei fatti, manifestata anche con toni forti e, talvolta, polemici.

In altri termini, in tema di diffamazione, l’esimente del diritto di critica postula una forma espositiva corretta, strettamente funzionale alla finalità di disapprovazione e che non trasmodi nella gratuita ed immotivata aggressione dell’altrui reputazione, ma non vieta l’utilizzo di termini che, sebbene oggettivamente offensivi, siano insostituibili nella manifestazione del pensiero critico in quanto non hanno adeguati equivalenti (cfr., fra tante, Sez. 5, n. 17243 del 19/02/2020, dep. il05/06/2020, Lunghini, Rv. 279133 – 01, Sez. 5, n. 15089 del 29/11/2019, dep. il14/05/2020, PM c/ Cascio, Rv. 279084 – 01, Sez. 5, n. 31669 del 14/04/2015, dep. il21/07/2015, Marcialis, Rv. 264442 – 01 ).

Ne consegue che è priva di giustificazione la tesi del superamento della continenza adottata dalla Corte territoriale: le affermazioni diffamatorie rese dai ricorrenti, in quanto manifestazioni dell'”amara delusione” (come motivato dal Giudice di primo grado) conseguente all’atteggiamento tenuto dal [omissis] verso il loro cane, devono ritenersi espressive di un giudizio di valore attribuito in relazione alla correttezza tecnica dell’azione adottata dall’addestratore – che in ogni caso per la veemenza con cui si esplicò ben si poteva prestare ai commenti formulati dagli imputati nei seguenti termini : “…l’addestratore gli rifila un calcio in bocca abbastanza forte…gli dà una sguinzagliata in mezzo agli occhi prendendo anche un occhio che ha tenuto chiuso per 20 minuti…secondo me è maltrattamento di animali quello che fa questo che si definisce “addestratore” …” – e non “ad hominem”, sicchè esse sono, piuttosto, da ricondursi al legittimo esercizio del diritto di critica.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA