La Cassazione annulla per due volte la sentenza di appello che non motiva adeguatamente sulla condotta materiale ed il dolo della bancarotta fraudolenta documentale

Si segnala ai lettori del sito la recente sentenza numero 4634.2022, con la quale la Suprema Corte, chiamata allo scrutinio di legittimità per decidere su una ipotesi di bancarotta fraudolenta documentale, ha annullato nuovamente la sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe omesso di sciogliere i nodi giuridici sulla condotta materiale e sulla componente psicologica evidenziati con la precedente sentenza rescindente.

 

L’imputazione e le fasi processuali.

Gli imputati nella loro qualità di liquidatori della medesima società che si erano avvicendati nel tempo erano stati condannati nel doppio grado di merito per il delitto di bancarotta fraudolenta documentale.

Interposto ricorso per cassazione la sentenza della Corte territoriale veniva annullata perché a fronte di una contestazione aperta di bancarotta documentale generica e specifica, condotte corrispondenti alle due diverse fattispecie di reato previste alternativamente dall’art. 216, primo comma, n. 2 legge fallimentare, non era stata fornita adeguata motivazione in ordine alla condotta materiale tenuta da ciascuno degli imputati e dell’indefettibile elemento psicologico del reato.

In sede di rinvio veniva confermata la penale responsabilità di entrambi gli imputati: la sentenza veniva nuovamente impugnata.

 

La decisione della Cassazione ed il principio di diritto.

La suprema Corte investita dal ricorso da parte delle difese degli imputati ha annullato con rinvio la sentenza impugnata al altra sezione della Corte di appello di Milano.

Di seguito si riportano i più significativi passaggi estratti dal tessuto motivazionale della sentenza in commento:

“Nel processo in esame, come già sopra notato, la Corte suprema di cassazione, Sezione Quinta Penale, con la citata sentenza n. 52058/2019, emessa il 27 novembre 2019 e depositata il 27 dicembre 2019, ha annullato la menzionata sentenza della Corte di appello di Milano datata 9 aprile 2018 e ha disposto il rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Milano, sulla base del rilievo che il giudice di appello non aveva chiarito quale delle due fattispecie alternative, previste dall’art. 216, primo comma, n. 2, legge fall., fosse stata integrata dai prevenuti con la loro condotta.

Ai sensi dell’art. 627, comma 3, cod. proc. pen., la Corte di appello di Milano, in sede di rinvio, avrebbe dovuto uniformarsi alla sentenza di annullamento e, in particolare, sciogliere il nodo relativo alla individuazione della condotta materiale concretamente integrata dagli imputati e verificare la sussistenza del corrispondente elemento soggettivo; inoltre, in caso di conferma della condanna, avrebbe dovuto rivalutare la sussistenza della circostanza attenuante del danno di particolare tenuità, ex art. 219 legge fall., alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità che considera detta attenuante compatibile con il reato di bancarotta fraudolenta documentale.

Ebbene, la Corte di appello di Milano, giudice di rinvio, non si è uniformata al disposto della citata sentenza della Corte di cassazione e ha persistito nell’omissione della puntuale ricostruzione della condotta materiale e del dolo caratterizzanti i comportamenti degli imputati.

Invero, anche nella sentenza ora impugnata si fa riferimento in modo ambiguo: all’occultamento e alla distruzione della documentazione contabile – riferibile alla seconda fattispecie del reato contestato, caratterizzata da dolo generico – quali condotte materialmente commesse dagli imputati per ostacolare la ricostruzione dei movimenti; ma, al contempo, per quanto riguarda l’elemento soggettivo, alla volontà degli stessi di trarre profitto e nuocere ai creditori – caratterizzante la prima fattispecie di bancarotta fraudolenta documentale -, volontà desunta “dall’esistenza di debiti non saldati nel corso di una gestione confusa e connotata da plurime irregolarità [e] dalla commistione di interessi con altre società riconducibili al [omissis]”

Peraltro, non è riscontrabile, nella motivazione, una precisa divisione temporale basata sulla revoca del [omossis] dalla carica di liquidatore idonea a scandire cronologicamente le due ipotesi previste dall’art. 216, primo comma, n. 2, legge fall. e a porle in rapporto di consecutività, poiché nella motivazione si fa comunque riferimento al deposito, da parte di [omissis]del bilancio del 31 dicembre 2006.

Pertanto, la motivazione, facendo talora riferimento all’occultamento e alla distruzione delle scritture contabili, talaltra alla tenuta irregolare delle stesse, non scioglie l’alternativa riguardante l’individuazione delle condotte materiali effettivamente tenute dagli imputati, e tale vizio inficia anche le valutazioni sull’elemento soggettivo.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA