La Cassazione annulla la sentenza della Corte di appello che ritiene provato induttivamente il dolo specifico del reato di emissione per fatture inesistenti

Si segnala ai lettori del sito la sentenza numero 8317/2022 – depositata il 10.03.2022, resa dalla Corte di Cassazione, Sezione terza penale, che, pronunciatasi su una incolpazione di  emissione di fatture per operazioni inesistenti, ha annullato con rinvio la sentenza impugnata per vizio di motivazione in ordine alla sussistenza del coefficiente psicologico richiesto per la punibilità del reato tributario ritenuto provato implicitamente dalla prova della condotta materiale.

La sentenza si inserisce nell’alveo del dominate orientamento di legittimità secondo il quale i reati (simmetrici) di cui agli artt.2 ed 8 d.lgs n.74/2000, richiedono la prova del dolo specifico per considerare integrato l’elemento soggettivo del reato.

 

Il reato contestato ed il doppio grado di merito.

Nel caso di specie, secondo quanto è dato ricavare dalla lettura della sentenza in commento, la la Corte d’appello di Milano confermava la sentenza di condanna con il quale il Giudice di prime cure aveva affermato la penale responsabilità dell’imputata tratta a giudizio in qualità di legale rappresentante di una società di capitali già oggetto di verifica fiscale, per rispondere del reato previsto e punito dall’art.8 del D.Igs. n.74 del 2000, in relazione all’emissione di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti.

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa del giudicabile proponeva ricorso per cassazione contro la decisione della Corte territoriale milanese articolando plurimi motivi di ricorso, contestando, per quanto qui di interesse, la carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dell’elemento psicologico del reato.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso cassando con rinvio l’impugnata sentenza.

Di seguito si riportano i passaggi più significativo tratto dalla trama argomentativa della pronuncia in commento:

“ E’ invece fondato il secondo motivo inerente la violazione di legge e il difetto di motivazione quanto alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato.

La sentenza impugnata, onde sostenere la prova del dolo specifico che, indubitabilmente, sorregge la previsione di reato in oggetto (dovendo la condotta di utilizzazione essere tenuta “al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto”),ha affermato che “la mera constatazione della condotta diventa…elemento sufficiente a ritenere integrata la fattispecie di reato sul piano soggettivo”, in tal modo tuttavia finendo, laddove pare far coincidere tra loro elemento oggettivo ed elemento psicologico, per obliterare la necessità di un quid pluris determinante, attesa la sua idoneità “selettiva”, ai fini della caratterizzazione della condotta come illecito penalmente sanzionato.

Né è meglio chiarito come, a fronte appunto della natura specifica del dolo, «la “consapevolezza” in capo all’amministratore di diritto del contesto criminoso in cui era inserita la società» possa fondare, sul piano motivazionale, la voluta direzione finalistica della condotta di utilizzazione delle fatture.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA