La transazione post-fallimentare con la società concedente il leasing non esclude la bancarotta distrattiva dei beni già concessi in locazione finanziaria

Si segnala ai lettori del sito la recente sentenza numero 8197.2022, resa dalla Sezione quinta penale della Corte di Cassazione che, pronunciatasi su una imputazione di bancarotta fraudolenta per distrazione, ha confermato la condanna dell’imputato, amministratore della società (fallita) beneficiaria del leasing, che nel corso della procedura concorsuale non aveva provveduto a mettere a disposizione della curatela i beni ricevuti in forza del contratto.

 

Le imputazioni ed il doppio grado di merito.

La Corte di appello di Roma confermava la sentenza di condanna inflitta dal Tribunale capitolino per alcune ipotesi di reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione e documentale.

 

Il ricorso per cassazione, il giudizio di legittimità e il principio di diritto.

La difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione contro la sentenza della Corte territoriale romana denunciando, per quanto di interesse per la presente nota, vizio di legge e di motivazione del capo della sentenza impugnata che aveva affermato la penale responsabilità anche per l’ipotesi di distrazione dei beni oggetto di leasing.

In particolare, con l’impugnazione di legittimità, era stato dedotto che il reato fallimentare non poteva ritenersi sussistente sia perché i beni non erano stati riscattati, di talché difettava la disponibilità giuridica dei medesimi in capo alla società fallita, sia in ragione della avvenuta transazione con la società concedente che aveva eliso il relativo danno alla massa fallimentare.

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso.

Di seguito si riportano i passaggi più significativi tratti dalla parte motiva della pronuncia in commento relativi alla questione giuridica in disamina:

integra il reato di bancarotta patrimoniale la distrazione di beni entrati nella effettiva disponibilità della società fallita in virtù di un contratto di leasing, risolto prima della dichiarazione di fallimento per inadempimento. Quel che rileva, a tal fine, è, infatti, la disponibilità di fatto, in capo all’utilizzatore, dei beni successivamente distratti, considerato che, comunque, la sottrazione del bene comporta un pregiudizio per la massa fallimentare che viene gravata dell’onere economico derivante dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione, ai sensi dell’art. 79 I. fall.» (Sez. 5, n. 44350 del 17/06/2016, Guerri, Rv. 268469 – 01); «in tema di bancarotta per distrazione di beni ottenuti in leasing, ai fini della configurabilità del reato in capo all’utilizzatore poi fallito, è necessario che tali beni fossero nella sua effettiva disponibilità, in conseguenza dell’avvenuta consegna, e che di essi vi sia stata appropriazione» (Sez. 5, n. 44898 del 01/10/2015, Cantore, Rv. 265509 – 01)

Inoltre, la giurisprudenza di questa Corte è consolidata nel ritenere che la c.d. bancarotta riparata, che determina l’insussistenza dell’elemento materiale del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, si configuri quando la sottrazione dei beni facenti parte del compendio aziendale viene annullata da un’attività di segno contrario, che reintegri il patrimonio dell’impresa prima della soglia cronologica costituita dalla dichiarazione di fallimento e così annulli il pregiudizio per i creditori o anche solo la potenzialità di un danno (Sez. 5, n. 57759del 24/11/2017, Liparoti, Rv. 271922 – 01; Sez. 5, n. 4790 del 20/10/2015 – dep. 2016,Budola, Rv. 266025 – 01; Sez. 5, n. 52077 del 04/11/2014, Lelli Rv. 261347 – 01).

Dunque, il motivo in esame è manifestamente infondato, allorché:

– ha assunto che la risoluzione del contratto di leasing e il conseguente obbligo di restituzione dei beni che ne erano oggetto già in data anteriore al fallimento (dichiarato con sentenza del 16 luglio 2013), restituzione che non è stato neppure dedotto abbia avuto luogo (essendosi anzi prospettato che l’avente diritto vi abbia rinunciato all’atto di una transazione stipulata nel 2018, ossia successivamente al fallimento, e avendo i Giudici di merito esposto come i beni in parola non siano stati rinvenuti dalla curatela), escludano la rilevanza penale del fatto ai sensi della norma incriminatrice prima richiamata”.

By Claudio Ramelli© RIPRODUZIONE RISERVATA